[napoli] Una bussola impazzita. Ritroviamo la rotta.



Una bussola impazzita. Ritroviamo la rotta.

Le manifestazioni di piazza, i convegni tecnico/scientifici, i tavoli istituzionali convocati nell’ultimo mese ci restituiscono un quadro molto compromesso del livello di informazione e consapevolezza dei movimenti campani che oggi si stanno occupando della “vicenda rifiuti”.

E' sicuramente un momento difficile.

E' complicato spiegare, per chi ha provato per tanti anni ad orientarsi nelle intricatissime vicende legate alla  'questione rifiuti' in Campania, quello che si prova in queste ore.
Vorremmo che la mobilitazione di questi giorni fosse già capillarmente informata e attenta. Invece.

Le manifestazioni di piazza, i convegni tecnico/scientifici, i tavoli istituzionali convocati nell’ultimo mese ci restituiscono un quadro molto compromesso del livello di informazione e consapevolezza dei movimenti campani che oggi si stanno occupando della “vicenda rifiuti”.
Alla spinta forte e sincera dei movimenti spontanei, purtroppo, si sono associate le adesioni di soggetti direttamente e indirettamente coinvolti in commissioni, tavoli, laboratori dove le proteste e le lotte storiche sono state depotenziate ed inquinate da infiltrazioni, contiguità e vicinanze che hanno rappresentato null’altro che tentativi di asservimento delle stesse ad interessi altri, in maggior parte politici ed economici.
Così ad oggi la mobilitazione di massa viene deliberatamente utilizzata per giustificare la pubblicazione di piattaforme 'non emendabili', frutto di strategie verticistiche, mai sottoposte ad un vero confronto nei contenuti; tutto ciò al solo fine di promuovere un equivoco “dialogo con le istituzioni”, reiterando metodi da vera e propria concertazione sindacale.

Tutto questo avviene mentre, in un rapido susseguirsi degli eventi da un mese a questa parte, assistiamo, senza che si registri alcuna reazione da parte dei territori, neppure quelli interessati dal disastro, all'assoluzione di Bassolino e di tutti gli imputati al processo FIBE-Impregilo; siamo forzati a subire il solito teatrino della “compagnia di giro” di Rifiuti Zero che, con 'People building future, Un futuro senza rifiuti', chiama a raccolta, in più giorni di convegno, ogni istituzione possibile e la quasi totalità dei personaggi che hanno permesso alla Rete Rifiuti Zero Italia, nei suoi percorsi impliciti ed espliciti, di mantenere le proprie ambiguità ed equivoci sul recupero energetico da rifiuti e sulla sua ingannevole utilità; assistiamo per di più alla promozione e realizzazione di un convegno da parte delle Assise della Città di Napoli e del Mezzogiorno d'Italia, le cui modalità vengono stranamente disconosciute persino dai responsabili della segreteria, mentre le personalità invitate alla discussione sono espressione, anche troppo evidente, di tutto quello che i comitati hanno combattuto con il loro impegno in questi anni.
È legittimo, dunque, il sospetto che tutto ciò sia funzionale ai disegni di chi, attorno alla “munnezza” e su di essa, ha guadagnato soldi e potere e oggi vuole confermare le proprie rendite di posizione e rilanciare proposte dannose per l’equilibrio ambientale; il tutto grazie ad un certo tipo di politica vetero-ambientalista, singolarmente disattenta e approssimativa.

Restare indifferenti di fronte a tutto questo è impossibile.
Così come è stato impossibile per noi accettare acriticamente slogan di mobilitazione di massa, incapaci di esprimere tutti i contenuti e le modalità di lotta che l'esperienza ci ha insegnato essere fondamentali, affinché i movimenti non vengano strumentalizzati da chi intende appropriarsi della loro rappresentanza, o da certa politica d’accatto sempre pronta ad “affacciarsi al balcone” fingendo di corrispondere a bisogni ed istanze, mentre nell’ombra sostiene piani industriali di  distruzione del territorio e del tessuto sociale.
Il percorso in cui siamo coinvolti ci conferma come oggi le lotte cosiddette "dal basso", non solo rappresentate dalle mobilitazioni di piazza, ma anche e soprattutto dal lavoro di elaborazione culturale svolto nei territori, siano facile obiettivo di controllo e strumentalizzazione da parte di soggetti o gruppi organizzati che hanno il preciso compito di tutelare gli interessi di partiti e di stakeholders economico-finanziari.
In una prospettiva ampia, è chiara la preoccupazione, da parte di un sistema integralmente fondato su un coacervo di poteri e interessi distorti, per ciò che un movimento per sua natura autonomo e non controllabile potrebbe produrre in termini di idee innovative, proposte e percorsi. Governando e manipolando i processi dall'interno è facile evitare che nascano nuovi soggetti politici in grado di farsi portatori sani di nuove idee di mondo, in contrasto con gli interessi in campo.
La trappola dei "recinti del dissenso" e delle "rivoluzioni controllate" scatta inequivocabilmente: le rivoluzioni arancioni di Napoli e Milano e il grillismo sono alcuni esempi recenti e chiari di una politica spregiudicata che intende cavalcare la buona fede dei cittadini, convogliandone il dissenso sui “binari morti” della politica.
La novità è che a questo tentativo di manipolazione si stiano riaffacciando, oltre alle forze tradizionalmente presenti della sinistra storica, perfino realtà, quali il Partito Democratico e Sel, che da lungo tempo avevano registrato  uno scollamento profondo tra la base elettorale ed i propri “rappresentanti”. O ancora forze che da un lato sono contigue al governo arancione della città di Napoli e, dall’altro, tentano di spacciarsi per la “novità dal basso” che avanza. Oppure, ancora, rappresentanti di rigurgiti neoborbonici che, in una insolita unione con aree di antagonismo contrarie alla colonizzazione del Sud, cavalcano l’orrore dei cittadini meridionali per l’inquinamento da rifiuti tossici, prodotto dalle industrie del nord Italia, e propongono deliranti percorsi di ricostruzione unitaria di un meridionalismo malato. Infine osserviamo che la consolidata propensione dei gruppi afferenti a certa sinistra, da sempre inclini al “dialogo” e alla trattativa con le istituzioni, trova ampia convergenza con la strategia di nuovi coordinamenti e gruppi comparsi sulla scena nell’ultimo anno; laddove incontri privati, separati, nelle segrete stanze di parrocchie, circoli e ministeri rappresentano ormai la norma, proponendo di fatto come inevitabile alla pubblica opinione un percorso di sudditanza istituzionale, il che costituisce un notevole arretramento in termini di dignità ed autonomia dei cittadini, con grave vulnus nell’esercizio dei loro fondamentali diritti di partecipazione.
Questi manipolatori del consenso sfruttano una subdola dinamica, mai mutata nel tempo, basata su alcune procedure operative ormai ampiamente riconoscibili:

In tal modo si evita accuratamente, anzi si impedisce, di dare alle lotte stesse obiettivi che possano incidere seriamente, radicalmente e in maniera strutturale e sistemica, sul problema in essere, perseguendo finalità totalmente estranee alla sua  risoluzione,  e orientando le decisioni politico-amministrative esclusivamente a proprio vantaggio.

La stessa manifestazione “Fiumeinpiena/Stopbiocidio” del 16 Novembre 2013 si è svolta sotto l’”ombrello” di una piattaforma calata dall’alto e resa pubblica all’ultimo momento dagli organizzatori, i quali hanno imposto a tutti i loro contenuti e le loro strategie, censurando i contributi di coloro che, in un impeto di rinnovato slancio sociale, avevano provato, ingenuamente, a partecipare alla sua stesura.

Ecco allora che il coinvolgimento di centinaia di migliaia di cittadini, scesi in piazza per esprimere il proprio dolore e la propria rabbia, viene ridotto in una piattaforma  fintamente “condivisa”, che sul tema rifiuti, rappresenta quanto di più omissivo, ambiguo e compromissiorio si potesse proporre: 

Queste sono solo alcune delle palesi contraddizioni: se si desiderano soluzioni, le richieste dovrebbero essere altrettanto precise.
In ultima analisi, il pericolo che la convergenza delle pressioni popolari verso una politica ambigua porti ad una nuova emissione di leggi speciali è assai concreto, come si preannuncia nel decreto del fare, che prevede l’istituzione di commissariamenti sovranazionali che eliminino ogni residuo ricordo (perché le tracce si sono perse tempo fa) di democrazia nei nostri territori.
Avanziamo, oggi,  la ferma richiesta che non si legiferi più – mai  più – in situazione di emergenza, oltrepassando ogni forma di reale partecipazione dei cittadini nella gestione del proprio territorio e derogando ai sistemi di protezione e controllo già previsti nella legislazione nazionale e comunitaria, ma che in nome di finte emergenze vengono puntualmente disattesi, stravolgendo così lo stato di diritto.

In conclusione, le  analisi più avanzate,  le proposte più significative sono state fino ad oggi elaborate a partire dalle esperienze e dai saperi delle comunità che in questi anni hanno subito l’arroganza del potere politico, la militarizzazione del territorio, le leggi speciali ed i tavoli tecnici  nel segno di una emergenza creata ad arte per fare affari: portare questo sforzo collettivo, ancora una volta, verso le paratie stagne di accordi politici che danneggeranno ulteriormente la nostra terra è una responsabilità che vogliamo lasciare ad altri. Noi costruiremo canali laterali, che irrorino la conoscenza dal basso dei problemi, che permettano ai territori di connettersi tra loro e autodeterminarsi.
Assistiamo in Campania e nel Mezzogiorno d’Italia  alla caduta definitiva di finti laboratori politici, i quali hanno svelato il loro vero volto e hanno prodotto  solo nuove compromissioni con il vecchio mondo dei partiti e degli affari.
C’è la forte esigenza di una rinascita di un momento di elaborazione condivisa e collettiva: noi su questo punto ci saremo, con la nostra autonomia, sempre e comunque.

Napoli 29/11/2013

CO.RE.ri.  - Coordinamento Regionale rifiuti della Campania
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