[napoli] Una bussola impazzita. Ritroviamo la rotta.
- Subject: [napoli] Una bussola impazzita. Ritroviamo la rotta.
- From: "Vittorio Moccia" <v.moccia at itb.it>
- Date: Sat, 30 Nov 2013 10:01:08 +0100
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- Reply-to: v.moccia at itb.it
Una bussola impazzita. Ritroviamo la rotta.
Le manifestazioni di piazza, i convegni tecnico/scientifici, i tavoli istituzionali convocati nell’ultimo mese ci restituiscono un quadro molto compromesso del livello di informazione e consapevolezza dei movimenti campani che oggi si stanno occupando della “vicenda rifiuti”.E' sicuramente un momento difficile.
E' complicato spiegare, per chi ha
provato per tanti anni ad orientarsi nelle intricatissime vicende legate
alla 'questione rifiuti' in Campania, quello che si prova in queste
ore.
Vorremmo che la mobilitazione di questi giorni fosse già
capillarmente informata e attenta. Invece.
Le manifestazioni
di piazza, i convegni tecnico/scientifici, i tavoli istituzionali
convocati nell’ultimo mese ci restituiscono un quadro molto
compromesso del livello di informazione e consapevolezza dei movimenti
campani che oggi si stanno occupando della “vicenda
rifiuti”.
Alla spinta forte e sincera dei movimenti spontanei,
purtroppo, si sono associate le adesioni di soggetti direttamente e
indirettamente coinvolti in commissioni, tavoli, laboratori dove le
proteste e le lotte storiche sono state depotenziate ed inquinate da
infiltrazioni, contiguità e vicinanze che hanno rappresentato
null’altro che tentativi di asservimento delle stesse ad interessi
altri, in maggior parte politici ed economici.
Così ad oggi
la mobilitazione di massa viene deliberatamente utilizzata per
giustificare la pubblicazione di piattaforme 'non emendabili', frutto di
strategie verticistiche, mai sottoposte ad un vero confronto nei
contenuti; tutto ciò al solo fine di promuovere un equivoco
“dialogo con le istituzioni”, reiterando metodi da vera e
propria concertazione sindacale.
Tutto questo avviene mentre,
in un rapido susseguirsi degli eventi da un mese a questa parte,
assistiamo, senza che si registri alcuna reazione da parte dei territori,
neppure quelli interessati dal disastro, all'assoluzione di
Bassolino e di tutti gli imputati al processo
FIBE-Impregilo; siamo forzati a subire il solito teatrino della
“compagnia di giro” di Rifiuti Zero che, con 'People building
future, Un futuro senza rifiuti', chiama a raccolta, in più giorni
di convegno, ogni istituzione possibile e la quasi totalità dei
personaggi che hanno permesso alla Rete Rifiuti Zero Italia, nei
suoi percorsi impliciti ed espliciti, di mantenere le proprie
ambiguità ed equivoci sul recupero energetico da rifiuti e sulla
sua ingannevole utilità; assistiamo per di più alla
promozione e realizzazione di un convegno da parte delle Assise della
Città di Napoli e del Mezzogiorno d'Italia, le cui
modalità vengono stranamente disconosciute persino dai
responsabili della segreteria, mentre le personalità invitate alla
discussione sono espressione, anche troppo evidente, di tutto quello che
i comitati hanno combattuto con il loro impegno in questi anni.
È legittimo, dunque, il sospetto che tutto
ciò sia funzionale ai disegni di chi, attorno alla
“munnezza” e su di essa, ha guadagnato soldi e potere e oggi
vuole confermare le proprie rendite di posizione e rilanciare proposte
dannose per l’equilibrio ambientale; il tutto grazie ad un certo
tipo di politica vetero-ambientalista, singolarmente disattenta e
approssimativa.
Restare indifferenti di fronte a tutto
questo è impossibile.
Così come è stato
impossibile per noi accettare acriticamente slogan di mobilitazione di
massa, incapaci di esprimere tutti i contenuti e le
modalità di lotta che l'esperienza ci ha insegnato essere
fondamentali, affinché i movimenti non vengano
strumentalizzati da chi intende appropriarsi della loro rappresentanza, o
da certa politica d’accatto sempre pronta ad “affacciarsi al
balcone” fingendo di corrispondere a bisogni ed istanze, mentre
nell’ombra sostiene piani industriali di distruzione del
territorio e del tessuto sociale.
Il percorso in cui siamo coinvolti
ci conferma come oggi le lotte cosiddette "dal basso", non solo
rappresentate dalle mobilitazioni di piazza, ma anche e soprattutto dal
lavoro di elaborazione culturale svolto nei territori, siano facile
obiettivo di controllo e strumentalizzazione da parte di soggetti o
gruppi organizzati che hanno il preciso compito di tutelare gli interessi
di partiti e di stakeholders economico-finanziari.
In una
prospettiva ampia, è chiara la preoccupazione, da parte di un
sistema integralmente fondato su un coacervo di poteri e interessi
distorti, per ciò che un movimento per sua natura autonomo e non
controllabile potrebbe produrre in termini di idee innovative, proposte e
percorsi. Governando e manipolando i processi dall'interno è facile
evitare che nascano nuovi soggetti politici in grado di farsi portatori
sani di nuove idee di mondo, in contrasto con gli interessi in campo.
La trappola dei "recinti del dissenso" e delle
"rivoluzioni controllate" scatta inequivocabilmente: le
rivoluzioni arancioni di Napoli e Milano e il grillismo sono alcuni
esempi recenti e chiari di una politica spregiudicata che intende
cavalcare la buona fede dei cittadini, convogliandone il dissenso sui
“binari morti” della politica.
La novità è
che a questo tentativo di manipolazione si stiano riaffacciando, oltre
alle forze tradizionalmente presenti della sinistra storica, perfino
realtà, quali il Partito Democratico e Sel, che
da lungo tempo avevano registrato uno scollamento profondo tra la
base elettorale ed i propri “rappresentanti”. O ancora forze
che da un lato sono contigue al governo arancione della
città di Napoli e, dall’altro, tentano di spacciarsi per la
“novità dal basso” che avanza. Oppure, ancora,
rappresentanti di rigurgiti neoborbonici che, in una insolita
unione con aree di antagonismo contrarie alla colonizzazione del Sud,
cavalcano l’orrore dei cittadini meridionali per
l’inquinamento da rifiuti tossici, prodotto dalle industrie del nord
Italia, e propongono deliranti percorsi di ricostruzione unitaria di un
meridionalismo malato. Infine osserviamo che la consolidata propensione
dei gruppi afferenti a certa sinistra, da sempre inclini al
“dialogo” e alla trattativa con le istituzioni, trova ampia
convergenza con la strategia di nuovi coordinamenti e gruppi comparsi
sulla scena nell’ultimo anno; laddove incontri privati, separati,
nelle segrete stanze di parrocchie, circoli e ministeri rappresentano
ormai la norma, proponendo di fatto come inevitabile alla pubblica
opinione un percorso di sudditanza istituzionale, il che costituisce un
notevole arretramento in termini di dignità ed autonomia dei
cittadini, con grave vulnus nell’esercizio dei loro fondamentali
diritti di partecipazione.
Questi manipolatori del consenso
sfruttano una subdola dinamica, mai mutata nel tempo, basata su alcune
procedure operative ormai ampiamente riconoscibili:
- sollevare il problema o contribuire a sollevarlo;
- orientare la dinamica del confronto;
- alimentare la confusione sui contenuti e sulle modalità della lotta;
- promuovere strategie solo apparentemente partecipative in ambito istituzionale o para-istituzionale;
- scegliere alcune parole d'ordine propagandistiche che possano creare consenso, all'interno del movimento, tra quanti si accostano alla questione con la sincera intenzione di spendersi per una causa sacrosanta;
- censurare i contenuti scomodi accusando chi li propone di voler dividere anziché unire.
In tal modo si evita accuratamente, anzi si impedisce, di dare alle lotte stesse obiettivi che possano incidere seriamente, radicalmente e in maniera strutturale e sistemica, sul problema in essere, perseguendo finalità totalmente estranee alla sua risoluzione, e orientando le decisioni politico-amministrative esclusivamente a proprio vantaggio.
La stessa manifestazione “Fiumeinpiena/Stopbiocidio” del 16 Novembre 2013 si è svolta sotto l’”ombrello” di una piattaforma calata dall’alto e resa pubblica all’ultimo momento dagli organizzatori, i quali hanno imposto a tutti i loro contenuti e le loro strategie, censurando i contributi di coloro che, in un impeto di rinnovato slancio sociale, avevano provato, ingenuamente, a partecipare alla sua stesura.
Ecco allora che il coinvolgimento di centinaia di migliaia di cittadini, scesi in piazza per esprimere il proprio dolore e la propria rabbia, viene ridotto in una piattaforma fintamente “condivisa”, che sul tema rifiuti, rappresenta quanto di più omissivo, ambiguo e compromissiorio si potesse proporre:
- Cos'ha di diverso la richiesta di un “reale controllo del territorio” rispetto alla militarizzazione delle discariche del D.L. 90/2008 convertito in L.123/2008? Soprattutto che senso ha tale richiesta se non quello di buttare fumo negli occhi, quando, ad esempio, è evidente che l’industria sommersa del tessile campano, di cui sono ben noti ambiti e finalità produttive mirate alla riduzione dei costi, non verrà mai smantellata? E che senso ha parlare genericamente di “controllo”, spalancando di fatto le porte alla militarizzazione, quando basterebbe da parte delle istituzioni garantire il funzionamento degli ordinari strumenti che qualunque stato democratico possiede già e dovrebbe poter attivare, provvedendo ad esempio, nello specifico, al controllo delle due principali arterie stradali attraverso le quali scorre oggi il 90% del traffico di rifiuti tossici provenienti da fuori regione?
- Può un “Osservatorio Tecnico Scientifico Indipendente” far parte di una richiesta rivolta alle istituzioni, o si tratta piuttosto dell’ennesimo tavolo di concertazione, nel quale dispensare poltrone? Il “dialogo istituzionale”, i tavoli interministeriali, elementi non presenti tra i punti della piattaforma e non collettivamente condivisi, bensì “lanciati” dal palco, a fine manifestazione, dagli organizzatori sembrano confermare questo sospetto. Su tale percorso, a nostro avviso, è bene fare chiarezza: riconoscere i limiti compromissori dei tavoli di concertazione comporta la necessità di compiere scelte differenti, trovando la forza politica e intellettuale per proporre, determinare, organizzare momenti pubblici di denuncia e di confronto su tesi alternative, dove affermare con forza i valori di un nuovo paradigma ambientale, sui quali costringere le istituzioni a misurarsi.
- Ha ancora senso perdere tempo utile chiedendo un inutile e costoso Registro Tumori (ripetutamente respinto al mittente dalla Corte dei Conti) quando basterebbe una analisi informatizzata dei ticket sanitari di esenzione? O, peggio, ha ancora senso ipotizzare un osservatorio per definire il “nesso di causalità”, quando è conclamato che la gente non può vivere su territori in cui la catena alimentare è seriamente compromessa da migliaia di discariche illegali di rifiuti industriali usati al pari di concimi?
- Si può ancora utilizzare la parola “bonifica” (ma ben più raramente messa in sicurezza) e “valorizzazione dei prodotti agricoli di qualità” quando si propongono soluzioni parziali e inefficaci, utili solamente ad alimentare le tasche dei tecnici di turno, o peggio ancora mentre si insiste, nelle segrete stanze del Ministero dell’Ambiente, su un cambio di destinazione d’uso dei nostri suoli, promuovendo disastrosi accordi sul no-food con cui alimentare centrali a biomasse da costruire in tutta la regione?
- Ha senso chiedere all’Europa il reato di ecocidio senza sollecitare energicamente, e in tutta Italia, l’attuazione di leggi di profilo europeo che già correlano la pena al danno ambientale prodotto?
- A cosa serve l'apertura di (finti) impianti di compostaggio (in realtà biodigestori buoni solo ad aggravare la situazione dei depuratori campani e ad incrementare il business del recupero energetico dai rifiuti, perfino destinando il prodotto finale della biodigestione agli impianti di incenerimento), se la raccolta differenziata di Asìa sta disastrosamente tracimando in un fallimento totale, con la sconcertante e disorientante riconversione della raccolta dal sistema porta a porta alla raccolta stradale?
- Si può criticare i CIP6 senza condannare la logica del recupero energetico dai rifiuti e senza esprimere una netta opposizione a tutti gli impianti che, tramite combustione, distruggono o depauperano la materia?
- Si può, dunque, continuare a dichiararsi contrari “agli inceneritori e ad ogni forma di combustione dei rifiuti” senza condannare il ciclo integrato, che, come dimostra un ventennio di mala gestione, rappresenta il viatico per mega-discariche ed inceneritori? L'inganno di Rifiuti Zero Italia è stato smascherato tempo fa, ma forse giova rinnovare certe conclusioni: il ciclo integrato previsto da RZ non esclude la possibilità del recupero energetico da rifiuti, aprendo la strada a diversi tipi di combustione: biomasse e biodigestori. Eppure dovrebbe essere ormai chiaro che riduzione degli sprechi, riciclo totale della materia e combustione zero sono le uniche e sole precondizioni di principio per organizzare una filiera eco-compatibile, capace di integrarsi con gli equilibri naturali.
Queste sono solo alcune delle palesi
contraddizioni: se si desiderano soluzioni, le richieste dovrebbero
essere altrettanto precise.
In ultima analisi, il pericolo che la
convergenza delle pressioni popolari verso una politica ambigua porti ad
una nuova emissione di leggi speciali è assai concreto, come si
preannuncia nel decreto del fare, che prevede
l’istituzione di commissariamenti sovranazionali che eliminino ogni
residuo ricordo (perché le tracce si sono perse tempo fa) di
democrazia nei nostri territori.
Avanziamo, oggi, la ferma
richiesta che non si legiferi più – mai
più – in situazione di emergenza, oltrepassando
ogni forma di reale partecipazione dei cittadini nella gestione del
proprio territorio e derogando ai sistemi di protezione e controllo
già previsti nella legislazione nazionale e comunitaria, ma che in
nome di finte emergenze vengono puntualmente disattesi, stravolgendo
così lo stato di diritto.
In conclusione,
le analisi più avanzate, le proposte più
significative sono state fino ad oggi elaborate a partire dalle
esperienze e dai saperi delle comunità che in questi anni hanno
subito l’arroganza del potere politico, la militarizzazione del
territorio, le leggi speciali ed i tavoli tecnici nel segno di una
emergenza creata ad arte per fare affari: portare questo sforzo
collettivo, ancora una volta, verso le paratie stagne di accordi politici
che danneggeranno ulteriormente la nostra terra è una
responsabilità che vogliamo lasciare ad altri. Noi costruiremo
canali laterali, che irrorino la conoscenza dal basso dei problemi, che
permettano ai territori di connettersi tra loro e
autodeterminarsi.
Assistiamo in Campania e nel
Mezzogiorno d’Italia alla caduta definitiva di finti
laboratori politici, i quali hanno svelato il loro vero volto e hanno
prodotto solo nuove compromissioni con il vecchio mondo dei partiti
e degli affari.
C’è la forte esigenza
di una rinascita di un momento di elaborazione condivisa e collettiva:
noi su questo punto ci saremo, con la nostra autonomia, sempre e
comunque.
Napoli 29/11/2013
CO.RE.ri. -
Coordinamento Regionale rifiuti della Campania
http://www.rifiuticampania.org
contatti at rifiuticampania.org
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www.facebook.com/CoordinamentoRegionalerifiutiCampania
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