L'Inganno della Popolarità
Premessa
Il
CO.RE.ri – Coordinamento Regionale rifiuti della Campania,
si occupa da anni del tema rifiuti a livello regionale e nazionale,
svolgendo un ruolo di approfondimento e proposta riconosciuto anche sul
piano internazionale da parte di organismi Comunitari Europei. Questo
lavoro si è reso possibile con il contributo sul territorio dei saperi e
delle esperienze delle oltre 80 realtà che lo compongono; persone
attive e motivate che hanno saputo focalizzare problemi e
soluzioni.
Dalle
lotte territoriali, a salvaguardia di ambiente, salute e paesaggio, e
dalla difesa dei diritti costituzionali è scaturita una elaborazione
comune che ha trovato realizzazione e sintesi in molti momenti di
proposta e denuncia, sino alla sottoscrizione di un testo guida che oggi
costituisce la base della nostra posizione e definisce il paradigma
della progettualità futura.
Per noi i rifiuti non sono un problema,
ma una risorsa da gestire ed è per questo che in “RIFIUTI CHE
FARE” (http://www.rifiuticampani
a.org/docs/127.pdf) abbiamo dettagliato le azioni importanti da
realizzare, affinché il recupero della materia sia al centro delle azioni:
RICICLO TOTALE DELLA MATERIA, COMBUSTIONE ZERO e NESSUN
RECUPERO ENERGETICO DA RIFIUTI sono le precondizioni di principio per
organizzare un ciclo eco-compatibile,
dove per compatibile si intende ciclo capace di integrarsi con gli
equilibri naturali, senza intaccare o snaturare i beni essenziali alla
vita.
Dal ciclo integrato al riciclo totale:
un nuovo paradigma è possibile
Nell'elaborare un cambio di
paradigma nella visione del modello di gestione dei rifiuti il
CO.RE.ri
ha puntato sulla centralità del tema RECUPERO DELLA MATERIA.
Quest'ottica prevede di pensare i rifiuti come materia da reimmettere
nel ciclo: non è infatti possibile continuare a ragionare con il folle
binomio “produzione-consumo” proprio del ciclo integrato, alla base del
quale vige la presunzione di una disponibilità illimitata di risorse
primarie, tale da consentire che il passaggio finale, successivo al
consumo, sia la distruzione della materia tramite processi di
combustione, dai quali ottenere poi un presunto recupero energetico, ai
danni dell’ambiente e della salute umana.
Con il riciclo totale
si invertono le priorità
e diventa importante la selezione e la cura dei processi, attraverso
puntuali verifiche della qualità. La convenienza dei processi e dei
cicli deve perciò rispondere a logiche di efficacia in virtù
dell'obiettivo finale: chiudere il ciclo della materia, verificare la
compatibilità dei prodotti, correggere i difetti di produzione che
rendono inevitabili sprechi e smaltimento ai danni della possibilità del
riuso e del recupero della materia.
In quest'ottica RICICLO
TOTALE è antitetico al ciclo integrato,
il quale ultimo ammette “errori qualitativi” nella differenziazione dei
materiali e trova conveniente il recupero energetico, di per sé
facilitato dagli errori stessi.
L'equivoco delle biomasse e la trappola
industriale della biodigestione
Il
testo di proposta di legge RZ dichiara, tra le proprie intenzioni, di
voler ottimizzare la salvaguardia dei cicli naturali, ma altro è il
contenuto pratico ed operativo del testo, che non accenna alcunché circa
il feedback del ciclo di gestione ipotizzato.
Ancora una volta si
punta su semplici definizioni quantitative, accentuando le modalità
correnti di gestione rifiuti, senza nulla definire circa la qualità
della raccolta, né la programmazione di precise filiere di recupero dei
materiali.
Rimane quindi irrisolto il grande equivoco del ciclo
integrato, poiché il testo lascia insidiosamente e ripetutamente aperta
la strada al recupero energetico da rifiuti, anche per la preziosa
materia organica, tramite l’insistente proposta della biodigestione a
discapito delle soluzioni aerobiche, che sarebbero pienamente
eco-compatibili.
Questa
falla è, peraltro, connessa con il problema delle biomasse, tuttora
intese anche come “rifiuti trattati”. Ed ancora poco chiara appare nella
LIP la distinzione di destinazione tra l’umido ricavato da raccolta
differenziata (FORSU) e quello della FOS proveniente dagli impianti
di
Trattamento Meccanico Biologico, che rientrano, questi ultimi, nella
logica di mantenimento dell’esistente. Inoltre non viene fatto cenno
alcuno, con una impostazione della LIP assolutamente omissiva, al
problema indotto della gestione e depurazione dei reflui da
biodigestione, che rendono di fatto i suddetti impianti inadatti sia dal
punto di vista dell’impoverimento della materia, che riduce anche
l’organico ad una fonte di energia, sia dal punto di vista del
potenziale impatto ambientale di tali impianti in territori in cui la
depurazione rappresenta una gravissima criticità.
L’impiego di grossi
impianti di biodigestione favorisce, in questo scenario, il trattamento
massivo ed indifferenziato dell’umido a discapito di una filiera di
qualità del materiale organico
(pur con il proposto trattamento finale in aerobico presente nella
LIP), e ciò fa sì che la destinazione del materiale prodotto da questi
impianti mantenga una incerta destinazione.
Va inoltre notato come
sia assolutamente insufficiente la connessione tra tematiche agricole e
di arricchimento dei terreni, e le soluzioni proposte da RZ-Italia in
ordine alla filiera dell'organico: ciò pone ampia incertezza
sull'efficacia dell'intero impianto normativo redatto.
Il mantenimento dello status
quo
A
supporto di quanto sopra, si nota che troppo poco viene normato e
organizzato nell'ambito della raccolta, mentre si dettaglia la parte
impiantistica, sottacendo una chiara opposizione alla produzione di CDR,
laddove gli impianti vengono solo in parte penalizzati con l'esclusione
da specifici benefici.
Ulteriore riprova dell'ottica obsoleta della
proposta di RZ-Italia si trova nella riconferma di incentivi per la
produzione di energia da biodigestione (o affini), segno evidente che
ancora una volta si vuole rendere conveniente una raccolta differenziata
di media qualità, penalizzando così apertamente circuiti innovativi per
il recupero dei materiali e per l'interazione col mondo agricolo.
Il
proporre, in più, moratorie sugli impianti di termodistruzione in via
di costruzione rappresenta solo l’ennesima forma di tutela e di
mantenimento dell’esistente: un atteggiamento così cerchiobottista
(dichiararsi a favore del cambiamento ma mantenere lo status quo) non
viaggia dunque verso il percorso coraggioso del cambiamento di
paradigma, che richiederebbe norme rigide per vietare il ricorso ad
inceneritori e cementifici, utilizzati per il recupero energetico da
materia, ma addirittura finisce per favorire l’allungamento della vita
d’esercizio di impianti obsoleti ed altamente inquinanti.
Considerato
tutto ciò, il CO.RE.ri
non può che dissociarsi dal testo sottolineando come la proposta di
legge popolare si collochi sostanzialmente entro i confini della logica
di ciclo integrato dei rifiuti; resta da capire se, al di là della
propaganda pubblicitaria, la stessa organizzazione di RZ- Italia non
stia di fatto tradendo i principi di Rifiuti Zero nel mondo.
Il monopolio de facto del CONAI e i
ritardi nello sviluppo di riciclo e recupero dei
materiali
Entrando
nel merito dei circuiti di riciclo e gestione dei materiali previsti
dal testo, la conferma della centralità del CONAI risulta
particolarmente connotativa, anche in questo caso, di una volontà di
preservazione dell'esistente. Il ruolo non viene ridefinito, né tanto
meno si accentuano gli obblighi o se ne corregge con chiarezza la
mission.
Oggi il CONAI punta sul recupero energetico da rifiuti in
un’ottica di convenienza esclusivamente economica,
supportata in termini comunicativi da messaggi fuorvianti ai cittadini,
condizionando così comportamenti e scelte, tanto della popolazione
quanto della filiera di sistema gestionale, dal livello
amministrativo-comunale al livello industriale: tale aspetto è solo
parzialmente accennato tra le righe del testo della LIP-RZ, quando si
richiede “trasparenza sull’esclusione del conferimento di frazioni
differenziate ad impianti di incenerimento”, ma nei fatti la LIP-RZ non
corregge nulla delle distorsioni indotte dal “sistema” CONAI.
Altrettanto
incerta e opinabile appare la proposta di organizzazione della gestione
in “distretti” e “ambiti ottimali”: tutto ciò può aprire la strada a
sovrapposizione di competenze e distorsione delle convenienze, anche
tramite apparenti ottimizzazioni di scala, che allontanano cittadini e
amministrazioni dalla responsabilità diretta dei risultati e dei
possibili benefici, conferendo al modello caratteristiche di
ingiustificata rigidità, che facilmente può rispondere ad esigenze
di lobby industriali e politiche, piuttosto che realizzare efficaci
standard di gestione.
Ovvio che tutto ciò va a scapito della corretta
raccolta dei materiali e di una nuova educazione al non spreco.
I reati ambientali
La
questione dei reati ambientali, che oggi assume proporzioni drammatiche
in termini di vastità ed impatto sulla salute umana e di conflitti tra
interessi economico-industriali e tutela dei cittadini, sia per le
tematiche di gestione dei rifiuti ordinari sia per l’illegalità diffusa
relativa allo smaltimento dei rifiuti speciali, dovrebbe essere trattata
con logiche ferree che affermino finalmente in Italia il principio
della proporzionalità tra danno ambientale e pena inflitta.
Qualsiasi articolazione blanda e generica sul tema finisce dunque ancora
una volta per risolversi nel nulla di fatto.
La partecipazione dei
cittadini
Il
vero e proprio “stato di crisi” ambientale che interessa l’intero
paese, rende indispensabile il piano di monitoraggio sanitario proposto
nella LIP-RZ, ma quest’ultimo viene demandato alle stesse realtà
che rappresentano oggi, per inadempienza o pessima gestione dovute ad
imperizia o ad interessi contrastanti con il bene comune, la causa dello
sfacelo sul tema dei rifiuti in Italia.
Non è possibile da un lato richiamarsi alle convenzioni europee che si
ispirano alla partecipazione attiva della cittadinanza e dall’altro
proporre che il monitoraggio ambientale sia curato da enti quali
Regioni, Province, ARPA ed ordini professionali vari, senza indicare un
ruolo preponderante, in termini di trasparenza, controllo e decisioni,
da parte delle comunità locali.
Ed
ancora in diversi articoli della LIP-RZ viene spesso richiamata la
necessaria presenza delle associazioni ambientaliste quali
rappresentanti esclusive delle istanze della cittadinanza, dimenticando
il ruolo fondamentale e peculiare dei coordinamenti e dei comitati di
cittadini che perfino la Commissione europea è stata obbligata a
riconoscere come seri interlocutori nel caso Campania: in questo modo si
intende dare ancora una volta credito al peggior ambientalismo italiano
di facciata, storicamente inadeguato nelle proposte e pienamente
integrato, fin nei più importanti organi dello Stato, con le lobby
politico-industriali che hanno costantemente condizionato strategie e
decisioni sui temi ambientali a livello nazionale.
Le distorsioni politiche che
condizionano l'elaborazione dei comitati e depotenziano le nostre
proposte
Ancora
una volta, dunque, verifichiamo gli effetti del potere distorcente
della politica rispetto ai bisogni e alle richieste dei cittadini. La
proposta di legge popolare Rifiuti Zero, quale atto politico calato da
un gruppo ristretto verso i cittadini, appare un vero e proprio inganno:
si presenta come soluzione contro pratiche inquinanti, ma contiene la
stessa logica di fondo che riconferma gran parte dei difetti che oggi
condizionano il sistema.
In assenza di dibattiti puntuali, censurate a monte le contestazioni
circa la filosofia di fondo dell'impianto normativo, ora si raccolgono
firme attraverso la pratica “populista” della propaganda e della
disciplina di branco. In questo modo si usa il cittadino per costruire
un sistema che andrà contro i suoi stessi interessi, mortificando
diritti e intelligenze. Naturalmente, tutto ciò avviene mentre si
disperdono energie sociali ed individuali sane nel convogliarle intorno
ad un falso obiettivo; il fine, che scientemente o meno si realizza, è
proteggere gli interessi dei grandi gruppi industriali e dell'oligarchia
politica, tutelando le posizioni di rendita in capo a fondi,
finanziarie, società miste ed altri soggetti pubblici e privati che
da
tempo lucrano sulla gestione dei servizi e dei beni comuni; con notevoli
conseguenze negative per i cittadini, sia in termini di disservizi che
di costi sproporzionati, se non addirittura con veri e propri rischi di
default dei bilanci locali.
Perché il documento è inemendabile e
perché lo dobbiamo respingere
Tutto quanto sopra spiega
perché il CO.RE.ri
abbia deciso di respingere il documento, ritenendo impossibile ed
inutile qualsiasi eventuale emendamento. La nostra esperienza ci insegna
che l'impostazione di base del testo è inadeguata a dare una risposta
normativa ai nostri problemi, anzi rischia di reiterarne gli effetti
devastanti.
NATURALMENTE NON CI FERMIAMO ALLA CRITICA, MA RILANCIAMO LA PROPOSTA DI UN NUOVO PARADIGMA.
Dobbiamo scrivere tutti insieme la legge che davvero ci interessa, a partire dalle esigenze dei singoli territori e prevedendo dettagliati strumenti di verifica dei risultati, in modo che tutti possano partecipare ad un progetto fatto di responsabilità e decisioni condivise.
RICICLO
TOTALE DELLA MATERIA – COMBUSTIONE ZERO
NESSUN RECUPERO ENERGETICO DA
RIFIUTI
sono le nostre linee guida per un rinnovato invito alla riflessione e alla mobilitazione di tutti coloro che hanno capito quanto sia importante esercitare senso critico autonomo ed evitare qualsiasi delega a scatola chiusa, specialmente quando si rischia di assecondare furbizie politiche che fanno dell'impegno dei cittadini un vero e propri cavallo di Troia a favore di interessi di parte o piccole ambizioni di vertice.
Napoli, 5/6/2013
CO.RE.ri - Coordinamento Regionale rifiuti
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