Segnali di fumo per un'altra città



Segnali di fumo per un'altra città
Appello per una cittadinanzia attiva e responsabile


Negli ultimi mesi, attorno/dentro ad alcune questioni, si sono sviluppate
esperienze positive di movimento dal basso e di costruzione di alternative
al modello socio-economico dominante.

Si tratta dei movimenti e delle comunità resistenti sui temi dei rifiuti e
della difesa dei beni comuni, ad iniziare dall'acqua; delle migliaia di
persone che hanno manifestato e consegnato spontaneamente le proprie
impronte per autodenunciarsi come clandestini in netta opposizione alle
scelte razziste del governo sulla questione rom e immigrazione; di quanti
hanno caparbiamente portato avanti un ricco quanto concreto programma di
richieste a favore dei tanti cittadini senza fissa dimora che popolano
Napoli; dei tanti operatori e operatrici, delle tante esperienze del
lavoro sociale che hanno provato a gridare che il "welfare non è un
lusso", ma sistema indispensabile per poter garantire legalità, sicurezza,
aumento delle condizioni di benessere collettivo; non ultimi, dei tanti
giovani, insegnanti, genitori che nel segno della lotta pacifica e con
tanta creatività difendono il bene primario dell'istruzione. Esperienze e
competenze che hanno anche sentito l'esigenza di incontrarsi nella comune
ricerca di forme nuove di relazione, coordinamento e reciproca
valorizzazione.

In tale direzione sono andate tutte le iniziative che hanno tentato di
costruire ponti tra i tanti modi di fare una città diversa partendo dai
diritti degli ultimi, e che hanno provato a stabilizzare luoghi comuni,
come i tanti comitati che si battono per l'acqua come bene pubblico, per
un diverso ciclo dei rifiuti, per rinnovare le forme della partecipazione
e della rappresentanza, per affermare e sostenere la democrazia della
pace, in medio oriente, per il Tibet, in tutti i luoghi di guerra e di
totalitarismo. Così come sono coerenti a tale approccio tutte quelle
realtà che provano a "ridisegnare a colori" le periferie, animando
relazioni e spazi accoglienti per le bambine e i bambini, proponendo
cinema, musica e cucina, organizzando carnevali di strada e occupando di
sorrisi strade e piazze. Ancora sono riportabili in tale contesto le reti
basse e orizzontali di auto-mutuo aiuto e conciliazione, il commercio equo
e solidale, i gruppi di acquisto solidale che vanno finalmente
sviluppandosi anche in città, insieme alle esperienze più consolidate dei
movimenti pacifisti, delle culture di genere, del sostegno alle lotte di
autodeterminazione dei popoli.

Esperienze che hanno percepito che uno dei limiti del passato, una delle
criticità più forti che hanno depotenziato e limitato le diverse istanze,
è stato quello di rinchiudersi nei propri specifici, di pensarsi ognuno
come portatore di "verità assolute", di far prevalere l'idea dell'altro
non tanto come risorsa ma come possibile elemento contaminante e dannoso.

Insomma, tutti piccoli, deboli, ma bellissimi "segnali di fumo" di
"indiani indipendenti" che si sono stufati di stare nelle loro riserve:
uomini e donne che in questi anni, pur tra le mille contraddizioni e
difficoltà quotidiane, hanno provato a sperimentare una città diversa,
capace di riconoscere le persone prima di tutto nei loro diritti e
aspettative; di pensare al territorio come risorsa da tutelare e difendere
dalle voglie onnivore e incontrollate del profitto e del mercato; di
praticare una legalità diffusa come unico strumento per produrre giustizia
sociale e sicurezza diffusa.

Per questo ci pare urgente avviare un processo che, per tappe, sia in
grado di dare contenuti ad un progetto per la città, un progetto che
individui nella partecipazione di movimenti, di forme auto-organizzate di
società civile, di quelle intellettualità che, pur non compromesse,
continuano ad assistere silenti al degrado della città, di quella rete che
pure esiste in città, e che si prende cura del "pubblico" e che vuole in
prima persona elaborare il proprio futuro.

Per farlo realmente occorre che ciascuno di noi si senta parte, si metta
in relazione attiva e costruttiva con le aggregazioni che si sono create
nel territorio. Occorre che ognuno di noi si abitui ad abitare il dubbio e
le contraddizioni come modalità per riconoscere e contestualizzare in
alleanze le differenze. Occorre che ognuno di noi viva come nemico il
silenzio, la speculazione sui più deboli, il potere
politico-economico-mafioso-mediatico che schiaccia e opprime senza alcuna
legittimità, schiaccia gli ultimi, e noi tutti ultimi.

Solo in questo modo, peraltro, il percorso che si propone saprà parlare
anche a quello che oggi non solo non è ancora movimento, ma che non ha
forza alcuna per eccesso di degrado, di povertà, di dipendenza, di paura,
di bisogno. Quello che non si sente e non si vede, la periferia
silenziosa: la croce del lavoro, i precari, i cassintegrati, i senza
lavoro, i lavoratori in nero, gli occupati a rischio, gli occupati a
giornata; la dispersione sociale del sapere, vera dispersione scolastica,
gli studenti, i minori, i giovani; le marginalità povere e sole, gli
anziani, i disabili, i reclusi, i tossicodipendenti, i matti. Silenzi di
cui sentire il peso e il dolore, non solo politico, a cui portare
innanzitutto rispetto, e forse se ne udirà la voce lontana.

Insomma, va avviato un processo di scambio e di iniziativa comune e
condivisa che provi, consapevole della sua urgenza e delle sue difficoltà,
ad aprire un diverso ciclo politico, con l'obiettivo di costruire, senza
salti in avanti, con tempi adeguati e con l'opportuna leggerezza, una
forma solida e strutturata di organizzazione della cittadinanza
responsabile. Un percorso rispettoso delle differenze e delle autonomie,
un movimento a forte responsabilità sociale, trasparente e democratico nel
suo evolversi, preciso nella definizione dei contenuti e dei suoi
obiettivi.

Un percorso chiaro nel segnare indipendenza, autonomia dai palazzi,
lontananza dalle forme degradate della politica tradizionale.
Intendiamoci, non radicalmente e ottusamente chiuso o qualunquisticamente
apolitico, ma capace di continuare a privilegiare un'idea di politica
centrata sull'interesse collettivo e non sull'uso privato della cosa
pubblica.

Se vogliamo che Napoli rinasca deve avere vita una cittadinanza attiva e
responsabile che prema sulle istituzioni cittadine e regionali. Si tratta
di una rivoluzione sociale. Per questo noi proponiamo di provare insieme a
costruire uno spazio comune e continuativo per le nostre esperienze. Uno
spazio rispettoso delle autonomie, reciprocamente attento alla
valorizzazione dei soggetti che vi partecipano, capace, senza abbandonare
gli specifici, di cogliere i nodi che li legano per farli diventare
terreno di cultura, politica, iniziativa comune e condivisa.

Alex Zanotelli, Aldo Policastro, Andrea Morniroli, Angelica Romano, Carla
Orilia, Elena Coccia, Enrica Morlicchio, Geraldo Toraldo, Giacomo
Smarrazzo, Giampiero Arpaia, Giovanna D'Alonzo, Giovanni Laino, Gloria
Sanseverino, Maria Antonietta Selvaggio, Maria Pia Sanseverino, Massimo
Lampa, Nino Lisi, Paola Clarizia, Salvatore Romano, Sergio D'Angelo, Susi
Veneziano, Tiziana Iorio, Vittorio Moccia.

I sottoscrittori annunciano già, tra le prossime iniziative, un'assemblea
cittadina prevista per mercoledì 10 dicembre, a partire dalle ore 16.00.