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Nicaragua La Revolucion PerdidaL 'ultimo libro del poeta sacerdote Ernesto Cardenal
- Subject: Nicaragua La Revolucion PerdidaL 'ultimo libro del poeta sacerdote Ernesto Cardenal
- From: "Nello peacelink" <n.margiotta at peacelink.it>
- Date: Mon, 6 Dec 2004 18:10:05 +0100
fonte : Peace Reporter
Carlo Carlucci
La Revoluciòn Perdida è il titolo dell'ultimo libro del poeta e sacerdote
Ernesto Cardenal, la personalità forse più rappresentativa di quella che è
stata la rivoluzione sandinista.
Nato da una delle famiglie dell'aristocrazia coloniale a Granada nel 1925,
studiò alla facoltà di lettere in Messico e alla Columbia University di New
York.
A trentun anni entrò nel monastero trappense fondato da Thomas Merton.
Ordinato sacerdote, su consiglio dello stesso Merton, fondò una comunità
contemplativa sulla regola dell'ora et labora nell'arcipelago di
Solentiname, nel Gran Lago del Nicaragua. Erano gli anni della teologia
della liberazione e Cardenal, da sempre oppositore della dittatura
somozista, condusse la sua comunità ad abbracciare la lotta del Frente
Sandinista de Liberaciòn Nacional. La comunità venne distrutta da Somoza.
Cardenal, esiliato, divenne una delle anime di una rivoluzione
autenticamente popolare e pluralista che, con sorpresa del mondo intero, il
19 luglio del 1979 avrebbe trionfato.
Il libro che qui presentiamo, ben 666 pagine, sarebbe in realtà il terzo
volume delle sue memorie, dove il vissuto personale è assolutamente,
indistricabilmente legato e vincolato alla storia, ai tentativi di riscatto
del popolo di un piccolo paese.
Vi sono due coincidenze che giustificano non solo la recensione di questo
libro, ma la ripresa del discorso intorno a una rivoluzione, l'ultima
vittoriosa rivoluzione di sinistra che poi avrebbe perso le libere elezioni
nel 1990. E le due coincidenze sono la presa di posizione di Cardenal contro
buona parte della dirigenza del Fronte Sandinista (rea di appropriazione
indebita di beni che erano del paese) e l'improvvisa rimonta del Fronte
Sandinista alle recenti elezioni amministrative del 6/7 novembre scorsi.
Innanzitutto, rileva Cardenal, le elezioni del 1990 si persero
fondamentalmente per le pressioni militari (la guerra dei contras) ed
economiche degli Stati Uniti. La stessa stampa USA, dal Boston Globe al Wall
Street Journal, scrisse che in quelle elezioni avevano vinto il cinismo e il
terrorismo della politica di Reagan e di Bush (senior), condannati anche dal
tribunale dell'Aja. E' certo che se la dirigenza sandinista non si fosse
macchiata di tante colpe avrebbe avuto dietro di sé la maggioranza del
popolo e le elezioni non si sarebbero perse. I partiti e le personalità
chiamati a succedere agli undici anni di governo rivoluzionario (l'ultimo
presidente Aleman è in carcere per corruzione), a cominciare da Violeta
Chamorro, non hanno saputo assolvere il loro compito e il Nicaragua oggi
precede appena Haiti, l'ultimo paese nella scala della miseria e della
povertà del continente latinoamericano.
E' vero che tutti gli aiuti promessi da Bush al paese, nel caso di sconfitta
del Fronte Sandinista (nient'altro che la riconversione, a fine di pace e di
ricostruzione, dei fondi che andavano ai contras) non si sono mai
concretizzati e che, tolto di mezzo il bubbone sandinista, quel povero
popolo, tanto osteggiato, fu lasciato al suo destino. Ecco dunque quanto
ebbe a decretare l'attore-imperatore Ronald Reagan: "Io Ronald Reagan,
presidente degli Stati Uniti d'America debbo constatare che politica e
azioni del governo del Nicaragua costituiscono una minaccia inusitata e
straordinaria per la sicurezza nazionale e per la politica estera degli
Stati Uniti e pertanto con la presente dichiaro lo Stato di Emergenza
Nazionale".
La rivoluzione nicaraguense è stata comunque qualcosa di unico nel suo
genere. Sul piano internazionale si rivelò come una inconsueta, inedita
guerra mediatica. L'anima ispiratrice di questa creatività di simboli e
metafore veicolate nei media è stato proprio Cardenal, sempre assecondato da
Daniel Ortega, pronto a cogliere al balzo ogni suggerimento del suo Ministro
della Cultura.
Dell'eroismo di quel popolo molte e straordinarie sono le testimonianze
raccolte da Cardenal. L'accusa nei confronti della dirigenza del partito,
invece, si fa netta a partire dalla sconfitta elettorale, quando ci fu la
così chiamata 'Pignatta' o divisione della torta: visto che si doveva
abbandonare il potere, era opportuno aggiudicarsi l'aggiudicabile. Siccome
tutti i beni confiscati ai Somoza, ai somozisti e non solo, erano
semplicemente usufruiti in quanto considerati proprietà dello Stato, fu
passata in fretta e furia una legge, prima della fine della legislatura, per
cui chi occupava una terra, una casa, o amministrava un'impresa o una banca,
ne diveniva proprietario. Questa legge - sacrosanta per i poveri contadini -
era meno sacrosanta per le lussuosissime ville e le imprese miliardarie
occupate e gestite dalla dirigenza del partito. Fino ad allora, parola di
Cardenal, "Il governo sandinista era stato il più onesto in tutta la storia
del Nicaragua. La stampa nemica aveva accusato di tutto la rivoluzione: di
totalitarismo, di persecuzione religiosa, di persecuzione ebraica, di
massacro dei miskitos, di falsa libertà di stampa, di militarismo, stato di
polizia, traffico di droga, esportazione della rivoluzione. Mai vi fu l'accusa
di corruzione. Tomàs Borges aveva dichiarato che la rivoluzione era
invincibile, e che nessuno l'avrebbe potuta distruggere salvo i sandinisti
stessi. E questo è accaduto. E uno dei principali responsabili è stato Tomàs
Borges".
La madre di un giovane poeta, eroe e martire della rivoluzione, Ernesto
Castillo, li ha denunciati con parole di fuoco: "Non avevano un soldo e ora
possiedono aziende, sono padroni di banche, imprese, di conti miliardari
dentro e fuori del paese. quello di cui oggi usufruiscono è bagnato dal
sudore e dalle lacrime di tutto un popolo. Che cosa è rimasto di questa
rivoluzione?". E Cardenal sottolinea come "La parte migliore del Fronte
Sandinista ha rinunciato al partito che, sotto la guida di Daniel Ortega, ha
tradito la rivoluzione". I dissidenti onesti e puri, non sono riusciti,
forse per mancanza di un leader carismatico, a costituirsi come valida forza
oppositiva al vecchio Frente Sandinista e ai vari nuovi partiti. Daniel
Ortega è rimasto, malgrado accuse e denunce, saldamente in sella E alle
recenti elezioni ha saputo abilmente presentare volti puliti.