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04/02 Campobasso: Proiezione di Garage Olimpo
- Subject: 04/02 Campobasso: Proiezione di Garage Olimpo
- From: "disobbedientimolise\@libero\.it" <disobbedientimolise@libero.it>
- Date: Mon, 2 Feb 2004 10:55:56 +0100
Mercoledi 4 febbraio alle ore 21 presso la sala del dopolavoro ferroviario
secondo appuntamento della rassegna "CìBì Cinemà - assaggi, assalti e altri
accidenti cinematografici" a cura del movimento dei disobbedienti.
Proiezione di Garage Olimpo
GARAGE OLIMPO
Maria è una maestra militante di 19 anni che vive con sua madre Diane in
una bidonville. Un giorno viene catturata dai militari e rinchiusa in un
garage di Buenos Aires dove viene interrogata e torturata.
Nazione: Argentina/Italia
Anno: 1999
Durata: 1h e 38'
Regia: Marco Bechis
Sito italiano: www.garageolimpo.it
Attori protagonisti: Carlos Echeverria, Antonella Costa
Cast: Dominique Sanda, Chiara Caselli, Enrique Pineyro, Pablo Razuk.
Produzione: Classic Paradis Films Nisagra, Rai, Rai Cinema, Tele+.
Distribuzione: Istituto Luce
"Un documentario su un campo di concentramento in funzione non e' mai stato
fatto, per intuibili motivi non e' possibile farlo. Ho voluto documentare
il mio rapporto con quell'esperienza e quindi ridare immagini a delle
vicende che non ne hanno nemmeno una. I desaparecidos non hanno immagini.
La domanda che mi sono posto e' stata: quali immagini? Qualunque immagine
va bene? Evidentemente no. E questo problema e' stato una ossessione ad
ogni inquadratura. Secondo me l'immagine ha una sua etica. Cosa significa?
Che un'intenzione puo' essere tradita dall'immagine che si usa perche'
l'immagine ha dei codici propri che non sono quelli della scrittura.
Allora quali immagini per descrivere un campo di concentramento? Nei
sotterranei, la macchina da presa è sempre in spalla, la luce e' quella
della lampadina che si vede nell'inquadratura. Non c'e' stata alcuna luce
aggiunta. Fuori, nella superficie, la città è stata invece raccontata come
fiction, con luce artificiale, carrelli, che in questo dispositivo
funzionavano come fiction uguale finzione: gli abitanti vivevano nella
finzione, sotto c'era la realtà. Sul set c'erano sopravvissuti, madri e
figli di desaparecidos, che osservavano in silenzio. L' attore
necessariamente si è dovuto calare in una situazione che non era quella a
cui e' abituato per professione.
Ho girato in modo sequenziale. Gli attori non hanno letto mai la
sceneggiatura intera, ricevevano giorno per giorno le scene da girare.
Volevo che si concentrassero sul qui e ora, su chi erano e non sull'intero
arco del loro personaggio che li avrebbe messi inevitabilmente in una
prospettiva più speculativa. Se la domanda è: la violenza si puo'
rappresentare? La risposta é: la violenza non si può rappresentare perchè é
soggettiva. Non c'è alcuna oggettività nella violenza. Quindi: come fare
con un mezzo come il cinema a raccontare qualcosa di così intimo?
Una donna sopravvissuta a un lungo periodo di detenzione e di tortura disse
un giorno a qualcuno che le chiedeva cosa le avevano fatto: "Di certe cose
parlo solo con le mie piante". Questa risposta mi ha accompagnato sempre,
dalla scrittura al montaggio."
(Marco Bechis - regista del film)