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solidarieta' a Dom Pedro Casaldaliga



Di seguito vi invio la lettera che Dom Pedro Casaldaliga ha scritto ad 
amici ed enti sulla situazione drammatica che stanno vivendo in Araguaia
shalom-salam
Alberto Vitali



Alle persone e agli enti che stanno manifestando
solidarietà a noi e al popolo Xavante


Scrivo a nome mio e a nome della Prelatura di Sao Felix do Araguaia. E 
approfitto dell’occasione per rispondere collettivamente con questa 
circolare ai molti amici e amiche a cui devo una risposta.
Collettiva è la causa, collettiva la comunicazione. Ciascuno si senta 
corrisposto con grande affetto.

In quest’ora stiamo ricevendo molti comunicati di solidarietà, che ci 
interpellano sulla situazione attuale e ci chiedono anche quali iniziative 
di solidarietà si potrebbero fare.

La situazione è in “empasse”. Non c’è ancora una definizione ufficiale. Un 
gruppo di indigeni Xavante e un gruppo di occupanti dell’area degli 
indigeni sono appostati sulla strada, in atteggiamento di pressione. Il 
giorno 23 gennaio il governatore del Mato Grosso visiterà l’area. Il 29 
successivo ci sarà un’udienza giudiziale. E per gli inizi di febbraio si 
aspetta la decisione del giudice.

Non m’inoltro nei dettagli circa gli antecedenti e le cause del conflitto. 
Ricordo appena che gli indigeni Xavante furono deportati da quest’area 
nella decade degli anni 60, in aereo, dalla Forza Aerea Brasiliana, e che 
in ragione di questa deportazione morirono 90 indigeni a causa morbillo, 
per il quale essi non avevano difese. Sempre, a partire da questa data, gli 
indigeni hanno continuato a rivendicare l'area come propria e la visitarono 
con molta frequenza. L’area, inoltre, è ufficialmente riconosciuta come 
indigena, demarcata e omologata. Ma è stata occupata e venduta 
successivamente ad imprese latifondiste: Ariosto da Riva, Grupo Ometto, 
ENI-AGIP (impresa italiana mista nazionale e particolare). Nella ECO-92, in 
Rio de Janeiro, quest’ultima impresa promise, a parole, di rendere la terra 
agli indigeni Xavante. Venuti a conoscenza di ciò, i “fazendeiros” e i 
politici della nostra regione e del nostro Stato stimolarono l’invasione 
dell’area (per impedire il ritorno degli indigeni) e questa, nel corso di 
questi ultimi undici anni è stata occupata e rivenduta in modo frammentario 
da politici, fazendeiros, commercianti e imprese del legname. Si giunse 
persino a trasformare illegalmente l’area in distretto e, col nome di 
“Estrela do Araguaia”, si pretese anche di creare nell’area un municipio. 
Durante questi 13 anni, ci sono stati diversi tentativi di ritornare da 
parte degli indigeni Xavante e si sono fatti alcuni censi e indagini 
ufficiali nell’area; mai in maniera efficace. Finalmente, nell’o scorso 
mese di ottobre, i Xavante decisero fermamente di ritornare, perché il 
desiderio veemente dei vecchi indigeni, strappati da Marawatsede, era di 
non morire fuori dalla loro terra.

La situazione si è aggravata per la presenza nella nostra regione di un 
gruppo potente e ambiguo, con un forte appoggio politico, interessato alla 
piantagione della soia, che sorprendentemente ha appena comprato l’area, 
nel 2003.

In questo clima, sono sorte nuove minacce contro molti di noi e contro 
qualche funzionario della FUNAI (Fundacao Nacional do Indio). Le autorità 
competenti sono pienamente informate della situazione. Sappiamo 
perfettamente che la situazione non è semplice, ma difendiamo logicamente 
il diritto primo del popolo Xavante, così come difendiamo il diritto ad 
altra terra, di riforma agraria per coloro che sono lavoratori senza terra 
tra gli occupanti di quest’area indigena.

Oltre le molte manifestazioni di solidarietà di singoli ed enti, la 
Conferenza Nazionale dei Vescovi del Brasile e varie Pastorali hanno 
espresso la loro solidarietà ufficialmente. Anche il Ministero della 
Giustizia si è mostrato attento.
Dico che l’ora è di “empasse” ed il problema di questa area xavante si 
unisce a molti altri conflitti in terra indigena che si stanno consumando 
attualmente in Brasile. Ci sono molti interessi incrociati. Il latifondo e 
la monocultura depredatrice sono una piaga nazionale. I diritti dei popoli 
indigeni continuano ad essere calpestati da secoli. E la legislazione che 
dovrebbe custodire questi diritti quasi sempre è lasciata da parte. La 
causa indigena e la riforma agraria sono due debiti storici e fondamentali 
del Brasile.

Per rispondere alla domanda che ci viene rivolta su qualche possibile gesto 
di solidarietà concreta, suggeriamo che si inviino messaggi al Sig. 
Ministro Marcio Thomas Bastos, Ministero della Giustizia, Brasilia, DF: 
acs@mj.gov.br  e al Sig. Deputato Federale Enio Bacci, presidente della 
Commissione dei Diritti Umani della Camera Federale in Brasilia: 
cdh@camara.gov.br

Per il resto la “camminata” continua. Ringraziamo di cuore la tanta 
solidarietà fraterna e rinnoviamo l’impegno comune di lottare per questo 
“altro mondo possibile” più conforme al Regno di Dio.

Uniti nella militanza, nella preghiera e nella speranza, ricevete con la 
nostra gratitudine, un abbraccio molto fraterno.

Pedro Casaldaliga
Vescovo di Sao Felix do Araguaia
16 gennaio 2004


Alberto Vitali
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