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da Montevideo



Cari amici,

scrivo da una Montevideo in festa per il trionfo del referendum contro la 
privatizzazione della petrolifera ANCAP. E' il secondo grande trionfo dopo 
quello del '92 che fermò tutta la politica di svendita dei beni dello 
stato, un caso quasi unico al mondo. Questo paese è differente. Luce, 
acqua, gas, telefoni, sono e resteranno di tutti gli uruguayani e non di 
una multinazionale straniera. Un'ampia maggioranza (addirittura il 62% 
ieri) pensa da sempre che la proprietà pubblica di un bene sia la miglior 
garanzia perché questo bene risulti efficiente e disponibile al miglior 
prezzo e per il benessere di tutta la società.

Qui gli argomenti neoliberali, che nel resto del mondo si applicano come 
dogmi di fede, sono ridicolizzati da un popolo che si prende il diritto di 
discutere di economia e ragiona senza schemi mentali né fedeltà 
automatiche. Mi diverto spezzo a stuzzicare, giornalisti, accademici, 
politici, semplici amici: "ma dai, non è un tabù privatizzare i telefoni". 
Io scherzo, loro no. Sembra un sogno, e sarebbe ora che dall'Europa si 
ricominci a guardare alla coscienza di popoli come questo. Hanno solo da 
insegnarci.

Contemporaneamente un giudice, per la prima volta in questo paese (che è 
anche il paese dell'impunità totale), è così incosciente da pretendere di 
interrogare dei torturatori che come risposta si acquartierano nelle 
caserme. Non sono rumori di sciabole, è debolezza, come quella del governo, 
che può solo chiedere "perfavore" al potere giudiziario di fermarsi.

Così è cominciata la campagna elettorale che il prossimo ottobre con ogni 
probabilità porterà al governo il Frente Amplio. Ed è un Frente che 
arriverà al governo con degli equilibri interni spostati di molto a 
sinistra rispetto a quando nel 1999 si fermò al 46% dei voti. Anche in un 
fatto politico come questo, molte sarebbero le lezioni per l'Europa dove 
tutti sanno correre solo verso il centro.

Tabaré Vázquez sarà presidente, e la congiuntura regionale, con Lula, 
Nestor Kirchner, Hugo Chávez e probabilmente Evo Morales, fa sì che tutto 
questo continente non risponda più agli ordini del Fondo e di Washington.

Un servo sciocco come il centrosinistro cileno Ricardo Lagos, che dopo aver 
concesso di tutto sull'altare del "Trattato di libero commercio" con gli 
Stati Uniti, che entra in vigore dal primo gennaio, protesta oggi perché si 
rende conto che gli alunni discoli e non lui, l'alunno modello, otterranno 
condizioni radicalmente migliori.

Contemporaneamente, dall'altra parte del fiume, una notizia praticamente 
censurata da tutta la stampa europea, sconvolge. Fonti britanniche hanno 
ammesso ufficialmente che durante la guerra delle Malvinas avevano al 
seguito un arsenale atomico pronto all'uso. Ma "non pensavamo di usarlo", 
dicono. Margareth Thatcher, se qualcosa fosse andato storto, avrebbe 
trasformato Buenos Aires in una nuova Hiroshima?

Ciò in un conflitto a 15.000 km da Londra, senza la benché minima 
implicazione in termini di rischio per il territorio nazionale. Perfino per 
due scogli vicini al Polo Sud la luminosa democrazia britannica era 
predisposta ad usare l'arma atomica. E' un dato che riscrive radicalmente 
la storia di quel conflitto. E impone, purtroppo, domande tabù: quanto è 
sicuro il mondo del quasi monopolio nucleare occidentale? Quale percezione 
della propria sicurezza atomica debbono avere oggi un argentino, un 
brasiliano, ma anche un iraniano o un egiziano o un vietnamita? Le 
ammissioni britanniche sono anche una minaccia al presente verso un 
continente che si sta saldando politicamente? In che tipo di conflitti sono 
disposti a minacciare l'uso di armi atomiche?

L'irresponsabilità britannica apre le porte ad un'anarchia nucleare dalle 
conseguenze gravissime ed anche la quasi censura europea dovrebbe far 
pensare, molto.

Un abrazo celeste

Gennaro