12.07.2003 http://www.unita.it/index.asp?SEZIONE_COD=ARKINT&TOPIC_TIPO=I&TOPIC_ID=27284 Salvaguardia della foresta amazzonica, ogm (gli organismi geneticamente modificati), il progetto «Fame zero» e quello «Sete zero». Ha una voce tranquilla, Marina Silva, la ministro dell’Ambiente del nuovo governo brasiliano guidato da Lula. Voce tranquilla e un volto rilassato. Ma nessun romanticismo tropicale: Marina Silva è una donna cresciuta in Amazzonia, da anni impegnata nelle lotte ambientaliste al fianco di Chico Mendes, il sindacalista brasiliano ucciso per la sua battaglia in difesa del «polmone del mondo». «Quando sono arrivata a Brasilia da ministro - ci racconta tra una visita al segretario della Cgil, Guglielmo Epifani, e una conferenza stampa alla Camera - non ci credevo: ero emozionatissima: prima, solo per poter parlare con il portiere del Ministero dell’Ambiente era un’impresa e adesso...». Adesso è uno dei volti più noti del governo-Lula. E sul suo dicastero sono puntati gli occhi di mezzo mondo. «È vero ed è una scommessa che mi piace. Conosco la complessità della questione ambientale in Brasile ma abbiamo le idee chiare e, soprattutto, abbiamo tanta voglia di ascoltare». In questi giorni, in Italia, ci sono anche il ministro Luiz Dulci e Gilberto Gil, ministro della Cultura. Che relazioni vi aspettate con l’Italia? «Vogliamo aprire più canali possibili. Canali istituzionali - come quello aperto dai Ds nel Parlamento italiano per chiedere un sostegno concreto al nostro progetto “Fame Zero” - e locali, con enti pubblici, associazioni e società civile. Per azzerare la fame vogliamo partire dalla riforma agraria per dare la terra ai 5 milioni di contadini ancora senza un campo da coltivare. L’idea del nostro governo è quella di ribaltare il concetto che per sviluppare la società basta incentivare l’economia. Per questo il Ministero dell’Ambiente, per la prima volta nella storia del Brasile, è completamente integrato al resto dell’esecutivo. Prima era considerato come una ong. Adesso vogliamo fare sul serio attraverso un coordinamento interministeriale». Oltre al progetto “Fame Zero” state lanciando anche quello di “Sete Zero”. Ce ne può parlare? «Vogliamo portare acqua potabile nelle regioni più povere del Brasile. Coinvolgeremo la popolazione, i partiti, le imprese per mobilitare tutti i brasiliani. L’obiettivo, entro quattro anni, sarà quello di fornire un milione di cisterne e, già quest’anno, arrivare a una cifra di 200mila». In Brasile, alcuni settori politici ed economici criticano le vostre promesse. «È naturale ma i nostri progetti sono fondati sull’idea della solidarietà e dello sviluppo. Non sono solo parole: partiamo da un’idea semplice che, lo stesso Lula, spesso sintetizza con un proverbio: “Non dare solo il pesce a chi ha fame, ma insegnagli a pescare”. Non abbiamo la bacchetta magica, questo è certo, ma stiamo seguendo una nuova strada per cancellare l’esclusione sociale dal nostro Paese. Tra quattro anni, alla fine del mandato, faremo i conti». Sono appena usciti gli ultimi dati sulla deforestazione in Amazzonia. Che progetti avete per la salvaguardia della foresta? «Il problema-Amazzonia non è solo ambientale ma anche politico ed economico. Gli ultimi dati sono allarmanti e anche quelli del 2003 saranno drammatici ma dobbiamo impegnarci a invertire la tendenza. Puntiamo a creare delle infrastrutture capaci di creare integrazione sociale e sviluppo, fermo restando il rispetto dell’enorme patrimonio biologico che abbiamo. Per noi la biodiversità non è solo una parola scientifica ma è il nostro stesso patrimonio. Ci impegneremo anche a ratificare il protocollo di Kyoto, anche se non siamo obbligati a farlo. Molti vedono l’Amazzonia come un patrimonio dell’umanità ma vorrei far capire che solo i paesi amazzonici hanno la possibilità di salvare la foresta. Mi chiedo: perché non considerare patrimonio dell’umanità tutti i bambini che in Brasile soffrono la fame? Invece c’è persino un paese, il Giappone, che ha brevettato l’opossum, il simbolo dell’Amazonia». Al centro di molte trattative col Brasile c’è la questione degli ogm. Qual è la sua posizione? «Di massima precauzione. Non siamo contro la scienza ma vogliamo cautelarci sul loro utilizzo. Fino ad adesso, le uniche ricerche sono state fatte negli Usa. Ma col nostro patrimonio biologico siamo obbligati ad analizzare queste nuove scoperte, in casa nostra». |