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presentazione Domitila Barrios
gente,
vi allego una breve presentazione di Domitila Barrios de Chungara, una
delle nostre ospiti all'incontro del 24-26/10. come avevo detto, lei si
fermerà in Italia per un mese ed è disponibile a portare la sua esperienze,
come contributo politico di confronto e analisi. se avete in mente
organizzare qualche iniziativa, vi prego di farmelo al più presto, per
poter organizzarci.
a presto,
mercedes
Domitila Barrios de Chungara
"El enemigo principal, ¿cuál es? ¿La dictadura militar? ¿La burguesía
boliviana? ¿El imperialismo? No, compañeros. Yo quiero decirles estito:
nuestro enemigo principal es el miedo. Lo tenemos adentro"
Domitila nasce il 7 maggio 1937 a Siglo XX, un villaggio di minatori della
Bolivia. Anche suo padre è minatore e Domitila è la primogenita di una
numerosa famiglia. A 10 anni , dopo la morte della madre per parto,
Domitila è costretta ad abbandonare la scuola per assistere le sorelle
minori. L'amore e il matrimonio la legano ad un minatore: insieme avranno
11 figli, soltanto 7 dei quali riscono a sopravvivere. Le tremende
condizioni di vita e di lavoro della miniera e del villaggio minerario
spingono Domitila a fondare nel 1961 il Sindacato delle casalinghe,
strumento di presa di coscienza delle donne, di sostegno alle lotte dei
loro uomini minatori, di solidarietà collettiva.
Nel 1967 la Bolivia è sotto dittatura militare e percorsa dalla guerriglia.
L'esercito attacca il villaggio minerario di Siglo XX. Domitila protesta
pubblicamente contro la sanguinosa repressione militare, è incarcerata
insieme a molti minatori e viene selvaggiamente torturata, nonostante il
suo avanzato stato di gravidanza.
Nel 1975, soltanto la minaccia di uno sciopero dei minatori costringe il
governo a lasciarla partire per Città del Messico, dove si svolge l'Anno
Internazionale della Donna, organizzato dalle Nazioni Unite. Domitila sale
alla tribuna e si presenta: "Sono la moglie di un minatore bolivianoŠ".
Parla della vita reale, delle lotte per la dignità umana pagate sulla
propria carne, della vita degli oppressi. Il suo parlare diretto e crudo
mette in crisi i "discorsi" delle donne accademiche che sono la maggioranza
in questa conferenza. Da questa esperienza nasce il libro-testimonianza "Si
me permiten hablarŠ" (Siglo XXI Editores, 1977), tradotto in 15 lingue.
In italiano esce nel settembre 1979, nell'Universale Economica Feltrinelli,
con il titolo "Chiedo la parola".
Nel 1977, contro la repressione del generale Banzer, che condanna al
carcere e all'esilio migliaia di donne e uomini boliviani, Domitila e altre
quattro donne "mineras", insieme ad i loro bambini, iniziano uno sciopero
della fame dentro l'Arcivescovado di La Paz. Un sacerdote le segue e poi in
pochissimi giorni l'esempio è seguito in tutta la Bolivia da migliaia e
migliaia di altri gruppi. La resistenza non violenta dura 23 giorni e si
conclude con l'occupazione di strade, piazze e palazzi da parte del popolo
boliviano, che mette così fine alla dittatura militare.
Nel 1980, mentre Domitila sta partecipando alla Conferenza Mondiale delle
Donne a Copenaghen, in Bolivia tornano il terrore e la dittatura militare.
Obbligata all'esilio, Domitila percorre l'Europa e l'America Latina
denunciando le condizioni del proprio paese.
Durante la sua permanenza in Europa riceve il titolo onorifico di
partigiana in Italia. In Olanda viene nominata componente del "Tribunal
Permanente Russell". "Tornata in Bolivia nel 1983, Domitila comprende che
si vuole cancellare ogni memoria delle lotte popolari e decide che è
necessario diffondere la storia di coloro che non sanno scrivere, di coloro
la cui storia non è mai stata scritta.. Nasce così la "Escuela Movil de
Educacíon Popular", e Domitila percorre con il suo gruppo tutto il paese,
dovunque venga chiamata, per creare uno spazio di scambio di esperienze e
di informazioni, per "dejar a las futuras generaciones la unica herencia
válida: un pais libre, una sociedad justa".
Nel 1985 Domitila pubblica "Aqui también Domitila" (Siglo XXI Editores),
dove racconta la sua esperienza di esiliata. Negli anni successivi si
trasferisce a Cochabamba dove continua a profondere le sue energie per la
Escuela Movil. Nel 1997, l'8 di ottobre, si reca a Vallegrande a rendere
omaggio al Che: "Lo han matado hace 30 años, pero vive porque hay más
pobreza che antes. Mientras haya pobreza y miseria, la utopia del Che
seguirá viva".