Dei nove gruppi di negoziazione che si riuniscono periodicamente per favorire l'avvio dell'Alca, uno si occupa della questione dell'agricoltura. Secondo l'anodino testo di presentazione di questo gruppo, il suo compito principale è ridurre e, con il tempo, livellare tutte le tasse doganali dei 34 paesi che faranno parte di questo blocco economico. Le regole da seguire sarebbero quelle dell'accordo agricolo AoA negoziato all'interno del WTO. L'obiettivo è quello di liberalizzare totalmente la circolazione di merci in un continente che comprende 808 milioni di abitanti.
Secondo l'attivista canadese Maude Barlow, che segue attentamente le negoziazioni dell'Alca, questo gruppo tende a limitare al massimo il già precario appoggio dei governi locali ai piccoli e medi proprietari agricoli e ai lavoratori rurali. In questo modo vuole rafforzare ancora di più il potere dell'agro-business statunitense e dell'agroindustria esportatrice dei paesi dipendenti della regione. Secondo lei, l'Alca causerà il fallimento di milioni di coltivatori latino-americani, l'aumento di dipendenza dai prodotti agricoli USA e metterà in grave pericolo la stessa sicurezza alimentare dei popoli del continente, riducendo gli stock di emergenza ed eliminando altre misure di protezione dell'agricoltura.
Ma non è solo il Gruppo di Negoziazione dell'Agricoltura
che minaccia coloro che vivono del lavoro della terra. Un'altra commissione,
quella che si occupa dei "diritti di proprietà intellettuale",
presenta diversi rischi per il futuro. Tra le altre misure, pretende di
brevettare tutti gli esseri viventi - comprese le piante utilizzate dalle
comunità locali. In questo modo, questo gruppo vuole che si ricavino
profitti dalla industrializzazione di queste coltivazioni. In realtà
tutti e nove i gruppi di negoziazione dell'Alca, che cospirano in
modo frenetico e segreto, hanna finito per colpire, direttamente
o indirettamente, i produttori rurali e l'agricoltura dei paesi della regione.
FALLIMENTO E DISUCCUPAZIONE
Un libretto pubblicato da 'Via Campesina Brasile', che raccoglie opinioni di movimenti rurali attivi come il MST e la CPT, spiega, in forma abbastanza didattica, le principali "conseguenze dell'Alca sull'agricoltura brasiliana". Il paese - dice - è un importante esportatore di prodotti agricoli, come caffé in grani, soia, succo di arancia in botti, tabacco in foglia, zucchero grezzo, tra gli altri. Tutti sono prodotti dall'agroindustria nazionale, che riunisce i potenti latifondisti locali. Con l'Alca, questa élite agraria spera di ottenere un maggiore appoggio dello Stato per le esportazioni. In questo modo le risorse pubbliche sarebbero ancora più generose nei confronti di questo settore già ricco, che produce poco per il popolo brasiliano.
In linea di massima, la produzione per il consumo familiare, indispensabile all'alimentazione dei brasiliani, dipende fondamentalmente dai piccoli e medi proprietari rurali. Questi già possono contare su scarse risorse dello Stato. Non godono di prezzi minimi che garantiscano la produzione, né di sussidi per lo stoccaggio, i trasporti ecc. In genere sono indebitati e poveri. Con l'Alca questo scenario, già negativo, tenderebbe ad aggravarsi. Il già precario appoggio al piccolo e medio produttore rurale sarebbe ridotto, poiché il grosso delle risorse pubbliche sarebbe trasferito in misura ancora maggiore ai settori esportatori. Al di là del fallimento di milioni di lavoratori e della disoccupazione dei lavoratori rurali, la tendenza sarebbe quella dell'aggravamento della crisi di approvvigionamento del paese.
Un'altra conseguenza naturale sarà quella dell'aumento della concentrazione di terre nel paese. Soprattutto a partire dal governo Cardoso, si è investito nella realizzazione del modello USA delle agroindustrie. Sempre di più esse sono responsabili della industrializzazione e standardizzazione dei prodotti, del loro immagazzinamento e trasporto a lunghe distanze. Il piccolo e medio agricoltore diventa soltanto il produttore di materie prime che sono trasferite alle agroindustrie prima di arrivare sulla tavola del consumatore urbano. Questo modello genera moltissime distorsioni. Tra le altre, rafforza la monopolizzazione nelle campagne, aggrava la denazionalizzazione dell'agricoltura (solo tre multinazionali, per esempio, detengono il controllo dell'agroindustria dei condimenti); restringe l'accesso alla terra del piccolo coltivatore e altera e accresce i prezzi della produzione di tipo tecnologico.
Come avverte il libretto "tutti questi problemi saranno aggravati con la realizzazione dell'Alca, poiché le grandi imprese USA che ancora non sono presenti nel mercato brasiliano, con la riduzione degli ostacoli e delle barriere, arriveranno in Brasile. Di conseguenza, aumenterà la concentrazione e la denazionalizzazione delle agroindustrie. E, ancora più grave, si trasferiranno in Brasile settori molto inquinanti, come quello dei frigoriferi, l'allevamento dei suini, l'industria della carta e della cellulosa". Un indizio di quel che può succedere in futuro è la recente installazione della multinazionale USA 'Carols', che ha impiantato nel paese un processo industriale che va dall'allevamento all'abbattimento dei suini e consta di circa 30.000 scrofe fertili. Questo investimento milionario ha fruito del finanziamento pubblico della BNDES
Un altro fattore che rafforzerà l'agroindustria e, di conseguenza, la concentrazione di terre nel paese, è il nuovo livello tecnologico in espansione nel mondo capitalista. Il modello anteriore, della cosiddetta "rivoluzione verde", basato sull'uso dei concimi, degli agrotossici e della meccanizzazione, dà segnali di esaurimento. Ha raggiunto il suo massimo livello e non riesce ad elevare di più la produttività agricola. Per questo è in corso l'instaurazione di un nuovo modello di produzione basato sulla biotecnologia, sulla manipolazione genetica, come meccanismo per elevare la produttività dei vegetali e degli animali e, in questo modo, aumentare il profitto delle agroindustrie.
Anche questo modello, sotto il controllo del capitale, produce gravi distorsioni nelle campagne. Da un lato, rafforza il monopolio delle conoscenze (solo dieci grandi compagnie, per la maggioranza statunitensi, controllano il settore della biotecnologia sul pianeta); dall'altro, la manipolazione genetica al servizio del profitto, realizza esperimenti pericolosi per l'umanità. Rispetto ai transgenici - combinazione di geni di diverse origini, vegetali o animali - non ci sono ancora prove sicure sui loro effetti nell'ambiente e nell'organismo umano. Nonostante questo le multinazionali insistono nel commercializzarli.
"Con il procedere dell'Alca, le imprese stanno esigendo libertà totale per la diffusione e lo sviluppo di semi transgenici, visto che in tutti i paesi latino-americani mantengono il diritto di proprietà privata di questi nuovi esseri viventi", denuncia il documento di Via Campesina. Questo spiega l'impegno del governo degli USA e delle compagnie statunitensi, come la Monsanto, per estendere la legge dei brevetti nel continente. In Brasile questa legge è stata approvata nel 1997 e attualmente esistono 2.094 richieste di registrazione di brevetti di esseri viventi. Le multinazionali hanno ora ottenuto, dal servile Cardoso, l'invio di un progetto di legge che libera totalmente la coltivazione, il commercio e il consumo di semi e prodotti transgenici. Ci sono indizi che il progetto sia stato redatto dalla stessa Monsanto!
Una volta entrato in vigore l' Alca, solo l'agroindustria
nazionale e straniera avrà accesso ai semi brevettati. I piccoli
e medi produttori rurali non avranno possibilità di comprarli
poiché il loro costo sarà accresciuto da inaccessibili royalties
delle compagnie. Questo aggraverà enormemente un processo che è
già in corso. Fino al '97, per esempio, il gigante USA della biotecnologia,
la Monsanto, quasi non aveva partecipato al mercato brasiliano dei semi
di mais. In poco tempo, dopo l'entrata in vigore della legge dei brevetti,
ha comprato varie aziende nazionali e oggi controlla il 60% del mercato.
La Monsanto e altre compagnie detengono già il commercio dei semi
ibridi di papaia, cocomero, ortaggi, etc. Questa brutale monopolizzazione,
oltre a portare al fallimento dei piccoli e medi produttori, è un
attentato alla sovranità alimentare del Brasile.
BANCHETTO NEOCOLONIALE
Ma il principale beneficiario dell'Alca, come riconosce il testo citato, non sarebbe l'agroindustria esportatrice del Brasile. Essa resterebbe appena con le briciole di questo banchetto neocoloniale. Essenzialmente questo accordo punta a rafforzare l'economia degli USA, favorendo la circolazione delle sue merci e dei suoi servizi. I prodotti agricoli USA, per esempio, sono fortemente sussidiati, contano su importanti infrastrutture (trasporto, immagazzinamento, ecc ) e un ampio vantaggio tecnologico. Con la fine delle barriere doganali, invaderanno i mercati dei paesi del continente, rovinando le agricolture locali. Il Brasile, con il suo elevato potenziale produttivo, sarà una delle vittime principali di questo "libero commercio" nella regione.
Prova di questo è che dopo che il WTO ha approvato accordi che liberalizzano il commercio agricolo, in soli tre anni, dal '94 al '96, gli USA hanno aumentato le loro esportazioni di 12 miliardi di dollari. La disputa tra queste due economie è divenuta più disuguale. Il Brasile esporta circa 15 miliardi di dollari in prodotti agricoli, all'anno; gli Stati uniti vendono, all'incirca, l'equivalente di 55 miliardi di dollari. Nello stesso periodo in cui l'agricoltura USA ha ampliato le sue esportazioni, devastando i mercati della periferia, la politica servile del governo Cardoso è stata responsabile dell'aumento delle importazioni in Brasile e della distruzione di vasti settori della nostra agricoltura. Circa un milione di stabilimenti agrozootecnici è fallito, nel paese, tra il 1985 e il 1996, in seguito alla apertura commerciale. L'Alca vuole consolidare questo servilismo!
Renderà anche più difficile la presenza brasiliana sul mercato mondiale. Oggi, in funzione dei prezzi, del volume e della qualità, il Brasile esporta i suoi prodotti agricoli in vari continenti: il 60% verso l'Europa, il 24% verso gli USA, e il 16% verso Asia e Medio Oriente. Il paese ha sempre contato su un ampio potenziale in questo campo: territorio di dimensione continentale, vaste risorse naturali, clima favorevole all'agricoltura, e lavoratori laboriosi. L'Alca vuole eliminare questo vantaggio competitivo della nostra economia nazionale. Vuole assoggettare la nostra agricoltura, inibendo la sua democratizzazioe e espansione. Nel livellare i prezzi agricoli, favorirà i prodotti USA nei mercati degli altri continenti.
Nonostante tutta la propaganda a favore del cosiddetto "libero commercio" con cui incanta oggi l'ingannevole Alca, il Brasile non ha guadagnato niente con le misure liberalizzatrici applicate dai governi neoliberisti in carica. Nel 1975, per esempio, i prodotti agricoli brasiliani rappresentavano il 7,27% del commercio mondiale; dopo le presidenze di Collor e Cardoso, oggi il paese è precipitato al 3,61% nel commercio mondiale di prodotti agricoli. Anche se il PIL agricolo brasiliano è aprossimativamente di 85 miliardi di dollari, incluso il settore dell'agroindustria, le nostre esportazioni, attualmente, raggiungono la mediocre cifra di 15 miliardi di dollari all'anno.
Di fronte a questi fatti incontestabili, anche settori dell'agroindustria nazionale dubitano ormai dei benefici dell'Alca. Durante un certo periodo, nelle ricerche realizzate da istituti imprenditoriali, questo settore era uno dei pochi ad affermare che avrebbe avuto vantaggi dal "libero commercio", ampliando le proprie esportazioni. Ma questa illusione è durata fino a che il presidente Bush ha approvato, nel maggio scorso, la Farm Bill. Questo provvedimento ha innalzato ancora di più i sussidi all'agricoltura USA, concedendo quasi 180 miliardi di dollari per i prossimi dieci anni. Gli effetti di questa misura protezionista sono devastatori, con la caduta dei prezzi mondiali delle commodities agricole e l'aumento della capacità competitiva degli USA.
La Confederazione Nazionale dell'Agricoltura (CNA) che
riunisce la crema dell'agroindustria nazionale, ha risentito immediatamente
del colpo. Una ricerca fatta su richiesta di questo ente, che ha consultato
1884 produttori, ha rivelato che il 97% degli intervistati temevano gli
effetti negativi della misura. "Il mutamento della Legislazione Agricola
nordamericana produrrà significativi impatti sul mercato agricolo
mondiale, danneggiando la redditività delle esportazioni brasiliane",
ha affermato il bollettino ufficiale della CNA. Il colpo è stato
così violento che perfino il docile governo Cardoso è stato
obbligato a pigolare. "Le negoziazioni dell'Alca sono diventate molto difficili".
Ha sgambettato il ministro dell'Agricoltura Pratini de Moraes. Secondo
calcoli di questo ministero, anche prima del Farm Bill il Brasile aveva
già smesso di esportare 1,2 miliardi in soia in relazione alle misure
protezioniste degli USA.
DEVASTAZIONE IN MESSICO
Per chi dubita degli effetti disastrori dell'Alca e ha ancora illusioni sulla chimera del 'libero commercio' vale la pena di conoscere un po' l'esperienza del Nafta, l'accordo che riunisce USA, Canada e Messico, in vigore dal 1994. Per l'agricoltura messicana, la più fragile di questo blocco economico regionale, gli impatti sono stati molto distruttivi e regressivi. Le stesse statistiche ufficiali confermano che c'è stato un aumento della concentrazione fondiaria, il fallimento di piccoli e medi produttori rurali, l'esplosione della disoccupazione di lavoratori rurali, un violento esodo verso i centri urbani e una notevole migrazione verso l'estero. Oggi l'agricoltura del paese è totalmente soggetta alla dittatura dell'agro-business degli USA.
Nel 1982 il Messico importava 790 milioni di dollari in alimenti. Già nel 1999, cinque anni dopo l'entrata in vigore del Nafta, è passato a importare alimenti per 8 miliardi! Da paese esportatore di vari prodotti agricoli, si è trasformato in un campo devastato. Oggi è obbligato a importare dagli USA circa il 50% di tutto quello che consuma. La 'libera competizione' con l'agricoltura USA, che gode di alti sussidi e conta su una base tecnologica più avanzata, è stata fatale per il Messico. Era un forte produttore di riso, ma oggi dipende dall'importazione di questo prodotto dagli USA per alimentare la sua popolazione. Era anche esportatore di patate, solo che sono state bloccate nel mercato USA con le discutibili barriere fitosanitarie. Il paese era un tradizionale esportatore di cotone, ma oggi dipende dal prodotto made USA.
Sotto l'impero del Nafta, la superficie agricola piantata
è stata drasticamente ridotta e, in un breve periodo, circa 6 milioni
di coltivatori messicani hanno perso le loro terre e il loro lavoro. Molti
oggi vivono nelle favelas della capitale e degli altri agglomerati urbani.
Altri lavorano nelle maquilladoras della frontiera, ricevendo miserabili
salari in questi nuovi "campi di concentramento". Milioni tentano di attraversare
il Muro della Vergogna, che separa il 3° dal 1° mondo, per andare
a svolgere lavori precari negli USA. Molti di questi sono già morti
alla frontiera. E altri, come gli indigeni contadini del Chapas, resistono
all'impero USA e dimostrano al mondo i malefìci del cosiddetto "libero
commercio";
Altamiro Borges, giornalista, , membro del Comitato Centrale del PCdoB, editore della rivista "Debate Sindical" e curatore del libro “Para entender e combater a Alca” (Editora Anita Garibaldi, 2002).
João Pedro Stedile, é dirigente del MST e membro di Via
Campesina Brasil