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Da Porto Alegre un SOS per difendere i brasiliani dai loro mass-media



Un dibattito sul potere. Globalizzazione e comunicazione:
jason
La sala Anfiteatro dell'Educazione della PUC era piena al limite, con code
fuori dall'unico accesso. Ma il pubblico, in maggioranza di giovani
brasiliani, é rimasto attentissimo e pronto a cogliere ogni battuta. Tutti a
sentire Ignacio Ramonet, Michael Albert e Mino Carta parlare di
comunicazione, informazione, potere e politica, politica brasiliana.

Comincia Ramonet (Le Monde Diplomatique) con una lezione di scienza della
comunicazione: "La rivoluzione digitale é la seconda globalizzazione. Non ci
sarebbe globalizzazione senza rivoluzione tecnologica, la quale ha prodotto
il capitalismo, prima come industrializzazione e poi come movimento del
capitale finanziario in tempo reale. La rivoluzione digitale ha cambiato
anche la comunicazione, amplificandola ma al tempo stesso concentrandola in
poche mani. Prima esistevano solo tre veicoli mediatici: testo, suono,
immagine; adesso i tre media viaggiano insieme, riunendo le tre industrie
relative e dando loro piú potere. Il Citizen Kane di Kubric a confronto di
quello odierno non é niente: Murdoch possiede
media in tutti i continenti, Kane li aveva solo nel suo. Ecco dunque
confermata l'equazione potere economico + potere mediatico = potere politico
(ovvero, sicura vittoria elettorale: si prenda per esempio L'Italia di
Berlusconi)".

Ramonet affronta poi il paradosso dell'informazione moderna: piú accessibile
ma al tempo stesso piú debole.
"L'informazione di oggi é in tempo reale, non é razionalizzata e resa
"comprensibile" con dati di un osservatore distaccato. La stessa censura ha
subito una radicale modificazione: prima si trattava di togliere parti di
informazioni, oggi é l'opposto: dare troppe informazioni e confondere il
"consumatore". Il quinto elemento (dopo aria, acqua, fuoco, terra) é
l'informazione, ma ne siamo sommersi..."

Secondo il massmediologo americano Micheal Albert, l'informazione é una
parte essenziale per l'organizzazione e la mobilitazione delle comunitá di
base. Ad esempio, in Nicaragua, se gli Stati Uniti temono che possano
esserci libere elezioni, la prima cosa che fanno é di far chiudere radio e
giornali locali, impediscono il libero scambio d'informazioni e tagliando
alle comunitá la possibilitá di mettersi in collegamento e tenersi
informarti. Il New York Times non é da meno quanto a censura: il suo motto
"all the news there is to fit" (tutte le notizie che céntrano) va in realtá
letto come "all the news there is to PROfit" (tutte le notizie che creano
profitto). L'l1 settembre i grandi media non hanno filmato solo l'evento
tragico delle torri, ma anche il dolore e le reazioni delle persone. I media
sanno trasmettere le emozioni e anche bene. Ma come mai non hanno trasmesso
allo stesso modola tragedia della guerra in Iraq, anche dopo i
bombardamenti? Lo fanno solo quando hanno un ritorno immediato e non
pregiudicano il potere costituito. L'America é un paese un libero per la
stampa - un giornalista puó effettivamente scrivere quello che vuole, e
passa tempo prima che perda il posto. Il problema é che il suo materiale, se
contrario all'opinione pubblica che il potere vuole trasmettere, viene
ignorato".

Interviene Mino Carta, arguto editorialista di uno dei principali
settimanali brasiliani (Carta Maior): "se, come dice Albert, l'America é
ancora un paese libero per quanto riguarda la stampa, non é la stessa cosa
qui in Brasile. La stampa é evidentemente al servizio del potere nella
maggior parte dei casi e ció non é affatto strano: la stampa é uno strumento
del potere politico ed economico e i maggiori quotidiani e televisioni sono
diretti da pseudo giornalisti (che aspirano ad essere star come i
giornalisti americani) che guadagnano stipendi esorbitanti. Sono
semplicemente funzionari governativi". Secondo Mino Carta, non basta
un'analisi critica dei media e dei sistemi di comunicazione. "Occorre
trovare nuovi mezzi di comunicazione", afferma Carta, "che non siano
monopolizzabili dal potere politico ed economico; ma bisogna anche lanciare
una proposta forte: dobbiamo formare una organizzazione internazionale che
costituisca un sistema di monitoraggio della stampa brasiliana in occasione
delle prossime elezioni, un osservatorio che abbia grande e indubbio
prestigio. Questo é quello che vorremmo si realizzasse concretamente dal
Forum Social Mundial."





Nello

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