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Argentina: il teorema Cipolletta.
ARGENTINA: IL TEOREMA CIPOLLETTA.
Tra le molte opinioni espresse sulla crisi Argentina quella più curiosa e
grottesca (visto che ci avviciniamo al carnevale) è quella dell'ex vice
presidente di Confindustria Innocenzo Cipolletta ora manager delle industrie
Marzotto.
Cipolletta sostiene sulle pagine del quotidiano Il sole 24ore, del
10.01.2002, che la colpa della bancarotta Argentina è da addebitarsi ad USA
e UE che si ostinano a chiudere i mercati a quei prodotti agricoli ed
alimentari di cui questo paese è forte produttore.( latte, carne, cereali
come soia, mais, frumento, ecc.)
Continua dicendo: "La strada da percorrere è quella dell'inserimento
maggiore dell'Argentina, come di altri Paesi sud americani, nell'ambito
della libertà di commercio, alla fine di bilanciare i conti con l'estero di
questi Paesi attraverso maggiori esportazioni (che significa maggior
sviluppo) e non attraverso la compressione delle loro esportazioni ( che
significa maggiori controlli). In questo senso, l'Unione Europea può giocare
il suo ruolo rilevante attraverso una modifica della politica agricola".
Sembra tratto dal "Manuale del perfetto globalizzatore", ma come tutti i
sostenitori della globalizzazione non tiene conto degli effetti che
queste scelte provocano sulla popolazione, si "ipotizza", come al solito, la
creazione dello sviluppo. Cipolletta dice che l'esportazione dei prodotti
agricoli porterebbe beneficio all'economia Argentina, ma quanti e quali
argentini beneficerebbero di questa scelta economica?
In Argentina le grandi produzioni agricole sono concentrate nelle mani dei
latifondisti argentini e delle multinazionali. Essi hanno attuato una
politica produttiva basata sulle coltivazioni intensive a base di OGM
(Organismi Geneticamente Modificati), accompagnata da una forte automazione
che ha permesso di risparmiare sulla manodopera e quindi sui prezzi di
produzione. Queste scelte, però, hanno portato al fallimento di migliaia di
piccoli produttori che si son trovati a non essere più competitivi sul
mercato perché le dimensioni delle loro aziende non permettevano di fare gli
stessi investimenti dei grandi produttori.
Cipolletta dovrebbe spiegare chi vuole aiutare: la popolazione inclusa
quella classe media di cui una volta facevano parte i piccoli proprietari
terrieri, tutti insieme colpiti dalla crisi, oppure i latifondisti e le
multinazionali che sono quelli che hanno tratto vantaggio, in questi ultimi
dieci anni, delle politiche scellerate dei vari partiti al potere da quello
di Menem e Dhualde a quello di De La Rua.
E' vero che ora la crisi la subiscono anche le multinazionali e i super
ricchi ma negli anni Novanta sono quelli che hanno partecipato alle
privatizzazioni delle aziende statali ricavandone lauti profitti. Sono
quelli che hanno dato corpo alla "ristrutturazione" (sarebbe meglio dire
"alla distruzione") del sistema economico argentino concentrando le attività
considerate "obsolete" tramite il taglio di manodopera e talvolta
sopprimendo le nuove aziende rilevate in modo da eliminare la concorrenza.
Questo tipo di politica economica ha fatto sicuramente lievitare le
quotazioni in Borsa di questi colossi, ma hanno distrutto il tessuto sociale
argentino con l'aumento della disoccupazione, tagli salariali e conseguente
diminuzione dei consumi.
Questa nuova situazione ha portatato anche la riduzione delle entrate
tributarie e lo Stato, guidato da politici inetti attenti più ai loro affari
personali che alle esigenze della popolazione, ha continuato ad indebitarsi
con i risultati che tutti conosciamo. Quindi, ritornando alle teorie di
Cipolletta (che ricalcano perfettamente le orme della politica della
globalizzazione),bisogna essere veramente incoscienti a proporre la
continuazione delle stesse politiche che hanno generato lo stato di
depressione economica (e non di recessione economica come erroneamente viene
detto).
Le politiche della globalizzazione generano e sempre genereranno delle forti
concentrazioni economiche nelle mani di pochi super ricchi,
contemporaneamente contrapposte a una situazione di povertà diffusa per la
maggior parte della popolazione, inclusa la classe media. Questo
succederebbe ancora se venissero applicate le proposte di Cipolletta:
continuerebbe a concentrarsi la ricchezza nelle mani dei soliti pochi mentre
la maggioranza della popolazione rimarrebbe con i problemi di oggi.
Inoltre è da incoscienti ed irresponsabili pensare che una maggior
esportazione possa risolvere i problemi economici di un Paese. Neanche il
Giappone che è economicamente sviluppato e che basa la sua crescita sull'
aumento delle esportazioni, ed è in questo campo un leader mondiale, in
dieci anni di alti e bassi recessivi non è riuscito a risolvere i propri
problemi. Anzi, i continui ed inevitabili interventi dello Stato a sostegno
dell'economia ha gonfiato in maniera oramai incontrollata il debito pubblico
aggravando la sua posizione economica. Se in questa strategia
globalizzatrice non è riuscito il colosso Giappone perché dovrebbe riuscire
la, ahimè, disastrata Argentina?
Oltretutto, Cipolletta dovrebbe essere più informato perché ci sono studi di
eminenti analisti che sostengono l'impossibilità del pagamento dei suoi
debiti anche a fronte di una fortissima espansione delle esportazioni (vedi
Economia & Finanza, inserto de La Repubblica 14.01.2002).
Ma quello che Cipolletta non riesce ad immaginare è cosa succederebbe agli
agricoltori europei, se il suo piano venisse attuato. I costi di molti
prodotti in discussione sono mantenuti con le sovvenzioni U.E., ciò sta a
dire che senza quegli aiuti gli agricoltori non potrebbero produrre a fronte
dei prezzi altamente competitivi dei prodotti provenienti dall'Argentina.
Molti agricoltori sarebbero costretti a chiudere le aziende e magari ad
andare a lavorare in fabbrica o ad incrementare le schiere dei disoccupati.
Oppure potrebbe intervenire la UE con l'aumento dei contributi all'
agricoltura ma questo ricadrebbe sulle tasse dei cittadini europei, perchè
in qualche maniera anch'essa dovrà provvedere a tenere sotto controllo i
conti di bilancio.
Abbandonare la terra, o il lavoro che si è fatto per anni è un trauma che
coinvolge non solo economicamente ma anche emotivamente una persona e tutta
la sua famiglia e non sempre si è preparati ad affrontare e superare tali
situazioni. Ma a persone come Cipolletta che vuole risolvere i problemi dell
'Argentina fulminato da un inaspettato e sorprendente senso di servizio all'
umanità non interessano che fine faranno i nostri agricoltori. Evidentemente
lui e gli imprenditori al pari della sua sensibilità umana, non si sono mai
preoccupati di che fine fanno le persone che hanno licenziato e che
conseguenze i loro atti hanno provocato su queste persone e sulle loro
famiglie, tanto non è loro responsabilità sociale pensare alla vita di chi
magari per decenni ha lavorato per la loro azienda contribuendo ai loro
successi di imprenditori. Quella di immolare sistematicamente le persone
sull'altare del "Dio Mercato" ogni qualvolta si creano delle recessioni o
depressioni economiche è una pratica da Cannibali!
La nostra, sicuramente, non è una difesa alle politiche agricole della UE,
che peraltro vanno modificate trovando le condizione dell'auto sufficienza
produttiva e facendo a meno delle sovvenzioni, ma le proposte pervenute da
Cipolletta non fanno altro che generare maggiori squilibri economici come se
il mondo attualmente non ne avesse abbastanza.
Invece crediamo che se l'Argentina vuole restaurare il suo tessuto
produttivo e commerciale debba innanzitutto liberarsi del peso del debito
estero e questo può avvenire solo tramite l'estinzione, altrimenti la sua
economia rimarrebbe strozzata da questo peso. La colpa della "deuda" non è
solo da addebitarsi alla voracità dei politici e degli economisti argentini
ma soprattutto al Fondo Monetario Internazionale e alla Banca Mondiale che
hanno da sempre interpretato i prestiti come arma di controllo delle scelte
di politica economica dell'Argentina finalizzate alla creazione di una
indissolubile dipendenza finanziaria dai paesi ricchi (USA, UE, e Giappone).
Quindi è principalmente compito di queste istituzioni internazionali ( che
tra l'altro hanno il compito di vigilare sull'andamento del mercato)
prendersi l'onere e la responsabilità di tutti quei piccoli investitori
stranieri che hanno in buona fede investito in obbligazioni in Argentina ed
ora si trovano con un pugno di mosche perché l'Argentina non può tener fede
ai crediti ricevuti. Di sicuro non si può far pesare questa sitazione sul
popolo argentino. Questo tipo di strategie non sono usate solo con l'
Argentina, le multinazionali, beneficiano delle politiche finanziarie del
FMI e della BM, introducendo i loro interessi nei settori più importanti e
remunerativi dei paesi in via di sviluppo o del terzo mondo.
Sicuramente l'estinzione o la rinegoziazione del debito estero non è
sufficiente se non si estirpano le strategie della globalizzazione attivando
valide alternative economiche.
Il PROUT (Vedi www.prout.it oppure www.proutworld.org ) propone una nuova
visione dello sviluppo sostenendo che l'economia basilarmente e
prioritariamente dovrebbe soddisfare le esigenze della popolazione locale in
maniera autosufficiente. Come principio, un'economia, va salvaguardata dalla
dipendenza estera: non può esistere la libertà economica o il libero mercato
se le necessità basilari di un popolo (cibo, casa, vestiario, istruzione e
sanità) dipendono direttamente o indirettamente da fattori esterni alle
potenzialità economiche di una certa zona.
Una nazione come l'Argentina potrebbe facilmente uscire da una situazione di
forte depressione solo se applica quello che in PROUT chiamiamo "People's
Economy", Economia Popolare.
Lo strumento dell'Economia Popolare è stato concepito per soddisfare la
copertura dei fabbisogni economici essenziali di una comunità ed è
particolarmente efficace nello sviluppo delle economie dei paesi poveri.
La sostenibilità di un sistema economico sta nel garantire il fabbisogno
minimo a tutta la popolazione ed è per questo che l'economia popolare
incentra i suoi sforzi allo sviluppo della produzione, distribuzione,
commercializzazione, vendita e consumo dei beni di primaria necessità.
Perciò, l'applicazione dell'economia popolare, incentra l'attività economica
sullo sviluppo dell'agricoltura, dell'edilizia popolare, e di tutti quei
settori industriali collegati direttamente al soddisfacimento di queste
necessità primarie. Questo, è a nostro avviso quello di cui ha bisogno l'
Argentina, quello di ricreare le esigenze minime per la propria popolazione.
Gli obbiettivi principali dell'economia popolare sono:
1. La piena occupazione
2. L'estirpazione della povertà di massa
3. Lo sviluppo dell'economia rurale
4. La socializzazione a fasi della terra nelle mani di coloro che ci
lavorano fisicamente o intellettualmente per garantirne un'adeguata
produzione
5. Programmi di formazione professionale per impartire le abilità che
rendano possibile trovare impiego nella località rurale o urbana d'origine
6. Collocamento nel lavoro
Nell'economia popolare il fabbisogno minimo è assicurato attraverso il
potere d'acquisto garantito che dovrebbe essere sancito anche dalla
Costituzione di ogni Paese come un diritto umano fondamentale o cardinale.
Un reale processo di allargamento dei diritti umani deve passare per un
percorso di acquisizione dei questo elementare principio di DEMOCRAZIA
ECONOMICA il quale garantirà alle persone la sicurezza sociale. Acquisire
questo "Diritto Costituzionale", darà ai cittadini potere legale nel caso
in cui le loro esigenze minime non fossero soddisfatte e in modo che la
necessità del potere d'acquisto sia rafforzata dalla Costituzione. Dato che
l'economia popolare si occupa delle necessità primarie e dei problemi di
sussistenza di tutta la popolazione nessuno escluso, deve avere la
precedenza su altre parti dell'economia.
Il PROUT sostiene che l'economia debba essere prevalentemente indirizzata
alla produzione e al consumo del mercato interno.
Ritornando ai problemi dell'Argentina, la "localizzazione dell'economia" è a
nostro avviso la vera alternativa alle imposizioni della globalizzazione e
gli Argentini che hanno a cuore le sorti del loro Paese, dovrebbero
richiedere oltre l'estinzione o la rinegoziazione del Debito, la possibilità
di poter usare le proprie risorse naturali a favore dei loro mercati interni
e cioè:
1.L'uso delle proprie materie prime ( delle quali sono metodicamente
derubati dai paesi ricchi) per la produzione di prodotti necessari alla loro
economia.
2.L'uso delle terre per la produzione del fabbisogno della popolazione
locale.
In questa maniera i capitali non verrebbero esportati e si creerebbero fondi
da investire, ad esempio, in istruzione e sanità. Perciò si avrebbe un ciclo
virtuoso dell'economia e se i diritti umani fossero rispettati, l'Argentina
avrebbe sufficiente autonomia e la strada aperta ad un reale progresso.
I paesi più ricchi dovrebbero sostenere l'Argentina in questo tipo di
sviluppo basato sul principio della "DEMOCRAZIA ECONOMICA" senza interferire
con pressioni ricattatorie o minacciando l'isolamento politico ed economico.
Alla luce di questo principio, gli scambi commerciali tra gli Stati
dovrebbero essere regolati in funzione dell'emancipazione economica del
Paese meno sviluppato e non di dipendenza drogata dai Paesi più ricchi come
il sistema neoliberista ci insegna! L'apertura o liberalizzazione dei
mercati, potrà essere sostenuta soltanto nel caso che differenti "unità
socio economiche" abbiano raggiunto lo stesso livello di sviluppo come nel
caso dell'Unione Europea.
Faraoni Dante Nicola. Istituto di Ricerca PROUT Italia.
Dante è nato in Argentina.