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Argentina: Sfida allo stato d'assedio



(repubblica.it)
l'Argentina caccia Cavallo
Alla fine il ministro dell'economia ha dato le dimissioni
Saccheggi nei supermarket: sei morti negli scontri

    BUENOS AIRES - L'Argentina si è svegliata in stato d'assedio, come ai
tempi della dittatura. Nella turbinosa notte in cui il paese è precipitato
nel caos si è dimesso Domingo Cavallo, il superministro dell'economia, che
si è chiuso nella sua casa presidiata da decine di poliziotti. La gente lo
considera il responsabile del disfacimento economico della nazione, che non
può più pagare i suoi debiti con l'estero e a farne le spese sono i poveri e
la classe media. Così, nell'ora esatta in cui scattava lo stato d'assedio
deciso dal presidente Fernando De La Rua, migliaia di cittadini di Buenos
Aires sono scesi in piazza sfidando la polizia e chiedendo le dimissioni di
Cavallo e del governo. E i manifestanti, che hanno invaso i luoghi "sacri"
della politica argentina come Plaza de Mayo, hanno ottenuto quello che
volevano. Poche ore dopo l'annuncio delle dimissioni. Oltre Cavallo, hanno
lasciato altri membri del governo del presidente Fernando de la Rua.

Il presidente De La Rua, ieri sera ha annunciato in Tv lo stato di
emergenza, per fermare l'ondata di saccheggi nei supermercati che da giorni
andava avanti in tutto il Paese, compresa Buenos Aires. A partire dalla
mezzanotte di ieri, lo stato d'assedio doveva durare per 30 giorni.
L'esigenza, ha detto de la Rua è di "mettere un freno alle violenze",
perpetrate secondo lui "da alcuni gruppi nemici dell'ordine" che attuano
"manovre per raggiungere fini che non raggiungerebbero per via elettorale".
Ha infine assicurato, dai teleschermi della "Cadena Nacional" che la polizia
"saprà distinguere tra bisognosi e violenti". La decisione dovrà essere
approvata dal Parlamento.

L'ultimo bilancio dei morti negli scontri tra assalitori dei negozi e forze
dell'ordine, è di sei vittime. L'instaurazione dello stato di emergenza è
stato accolto con sdegno dalla popolazione. Al termine del messaggio del
presidente è esplosa la protesta in tutta l'Argentina. La gente, sostenuta
dai sindacati, ha deciso di sfidare lo stadio d'assedio, a Buenos Aires
migliaia di persone si sono riversate nelle strade, sia in periferia e sia
in centro: cortei, file di auto che suonavano il clacson, gente che gridava
dai balconi nei dintorni del "Congreso", il parlamento, della Casa Rosada,
della residenza presidenziale di Olivos, dell'Obelisco e nel quartiere di
Palermo. Il coro era: "Que se vayan", che se ne vadano. E anche dopo le
dimissioni di Cavallo, la protesta non si è fermata. In Plaza de Mayo sono
state lanciate molotov nella sede del ministero dell'economia dove si è
sviluppato un incendio, e bruciano le palme nella piazza che ha ospitato per
anni la protesta delle madri dei desaparecidos.

Per oggi il sindacato di sinistra Cta ha proclamato lo sciopero generale,
contro le misure del governo e per il risanamento. Nella notte si sono avute
assemblee spontanee di quartiere, con le persone radunate in tutte le piazze
della città. Sono partiti i "cacerolazos", le rumorose proteste con le
pentole, e i picchetti agli incroci.

Il bavaglio sta già avvolgendo i media: il Comfer, l'ente regolatore delle
trasmissioni radiotelevisive, ha emesso un comunicato in cui ricorda che
durante lo stato di assedio "l'informazione dovrà essere autentica,
obiettiva e opportuna" e "non dovrà mettere in pericolo la sicurezza
nazionale, né implicare l'elogio dei attività illegali o favorire la
violenza. Una condotta che violi i succitati codici sarà punita in base alla
legge 22285, approvata durante l'ultima dittatura militare".

La prima reazione degli Usa è arrivata dal ministro del Tesoro Paul O'Neill:
ha ridimensionato la gravità dello stato d'assedio proclamato in Argentina,
dicendosi sicuro che il governo di Buenos Aires riuscirà in breve tempo a
riportare la calma. O'Neill ha commentato che i problemi finanziari
dell'Argentina non peseranno sui mercati internazionali, ormai preparati
all'evenienza.


Nello

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