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In attesa dei risultati elettorali in Nicaragua...
In attesa dei risultati delle elezioni presidenziali
in Nicaragua(speriamo vinca Ortega!)allego un articolo
dela scrittrice Gioconda Belli per capire la realta'
del paese centroamericano.
saluti latinoamericani
cristiano morsolin
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dicembre 2000, di Gioconda Belli, scrittrice
nicaraguense, da ALAI
L'ambiente che ho percepito percorrendo le strade di
Managua il giorno dopo le elezioni amministrative, lo
scorso 6 novembre, mi ha fatto ricordare il giorno che
seguì la sconfitta elettorale dell' FSLN, il 26
febbraio del 1990. Si respirava la stessa aria di
città assediata, di una cittadinanza che sembrava
giocasse a nascondino, anche quando questa volta si è
trattato di una vittoria sandinista. Non so se è
perchè i nicaraguensi non riescono ancora a credere
alla libertà conquistata di poter eleggere attravrso
il suffragio. Oppure se si tratta di un silenzio
originato da una paura accumulata degli uni verso gli
altri in una società dove l'arbitrarietà possiede
ancora ampio margine di manovra.
Dovremmo però essere ciechi per non vedere che andiamo
avanti. Per la prima volta, i nicaraguensi hanno
eletto autorità comunali in una elezione separata da
quella presidenziale. E per la seconda volta nella
storia del paese, il partito al potere accetta la
volontà popolare a lui sfavorevole. Il FSLN ha vinto
non solo nel comune di Managua ma anche nelle
amministrazioni degli altri principali distretti del
Paese. Di fronte a questa rivincita tanto
sorprendente, il Partito Liberale non ha perso tempo a
cercare capri espiatori. Il presidente Alemàn ha
accusato il Partito Conservatore, i Liberali subito
dopo hanno accusato Alemàn di non punire in modo
esemplare i casi di flagrante corruzione dei suoi
funzionari. Ma chi volesse trovare la ragione della
sconfitta inflitta dai nicaraguensi al partito al
potere, dovrebbe guardare a come sono peggiorate le
condizioni di vita dei nicaraguensi più poveri.
Nel 1990, nonostante le guerre e le disgrazie, nelle
stime degli indicatori dello sviluppo delle Nazioni
Unite, il Nicaragua occupava l'85° posto in una lista
di 175 Paesi. Attualmente occupa il 140° posto. Ossia
si è ridotta la speranza di vita della popolazione, è
aumentato l'analfabetismo, è aumentata la mortalità
infantile. Siamo il secondo Paese con la mortalità
materna più alta in America Latina. Le epidemie
diventano più feroci ogno anno, il sistema della
sanità è seriamente danneggiato, sono saliti i prezzi
dei servizi di base.
"Fatti non parole", la parola d'ordine del governo
liberale, si riferisce a strade solo per chi ha le
automobili, statue di santi in ogni rotonda, luci
sulla strada che conduce alla casa del presidente,
fontane che cantano e ballano, centri commerciali,
hotels. Il Paese è cresciuto, il PIL è salito, però
questo a benificio solo di chi sta in alto nella
piramide sociale. I poveri non solo hanno continuato a
essere poveri, ma si sono impoveriti. Duramente puniti
dai fenomeni naturali: uragani e terremoti, hanno
visto che mentre loro soffrono, i funzionari corrotti
si arricchiscono impunemente. Adesso non solo la
natura e la disoccuazione li minacciano, ma anche i
delinquenti, categoria ingrossata dai propri figli, e
dalle proprie figlie costrette a prostituirsi.
Davanti a questo panorama, il sandinismo sapeva di
avere una nuova possibilità di governare. Non solo per
essere il partito di opposizione più grande, ma anche
per i suoi trascorsi rivoluzionari, le sue radici
popolari e la sua rete organizzativa. Dati i miei
trascorsi sandinisti certo non mi lamento di questa
vittoria del FSLN.
Al contrario voglio credere che questo nuovo voto di
fiducia del popolo, la volontà di conciliazione
dell'impresa privata, la presenza di Herty Lewites
come sindaco di Managua e gli impegni per l'autonomia
della sua funzione condurrano la dirigenza del FSLN a
riconoscere la positività del processo di apertura.
Non c'è dubbio che la situazione del FSLN a Managua
sarebbe stata molto diversa se, come nel 1996, Carlos
Guadamuz fosse stato candidato a sindaco. Nonostante
il sostegno del FSLN e persino di Radio Ya, Guadamuz
avrebbe ottenuto solamente i voti duri del sandinismo.
La sua immagine, la sua personalità, avrebbero
impedito la crescita del consenso. La stessa cosa
succederebbe se Daniel Ortega si lanciasse come
candidato per le presidenziali.
Contrariamente a quello che egli pensa, questa
vittoria sandinista è la prova che per tornare a porsi
di fronte al popolo come un partito vincente, il
Fronte richiede non solo un discorso unitario, ma
persone che diano credibilità a questo discorso, come
è stato il caso di Herty Lewites.
Questo trionfo elettorale, non bisogna ingannarsi, non
è figlio del patto ma dell'apertura. Se il Segretario
Generale del FSLN avesse permesso la democratizzazione
interna, il rinnovamento e il cambio della guardia
all'interno del partito dai primi anni novanta, il
sandinismo non sarebbe caduto nei vizi del patto con
la destra. E' negativo che sia stato più facile
scendere a patti con gli avversari che con i propri
compagni.
Speriamo che se la sconfitta non è servita ad imparare
questa lezione, la vittoria sì, possa servire. Forse è
la prova che manca alla dirigenza del FSLN per
rendersi conto che per proclamare tempi nuovi occorono
anche facce nuove. E che coloro che propongono ricambi
nei gruppi dirigenti meritano di essere ascoltati e
non vilipesi.
Se il Fronte si presenterà con nuovi candidati,
unitari, alla presidenza, queste elezioni possono
considerarsi un buon augurio per questo partito nel
2001. Però se la candidatura di Daniel Ortega è
inevitabile come sembra, c'é da aspettarsi una
divisione del voto. Lo spazio di crescita per una
terza forza potrebbe collocarsi in quel 40% di
astensione.
Il numero coincide con la percentuale degli indecisi
che risultavano dalle inchieste preelettorali. E' una
percentuale consistente. C'è da meditare prima di
scrivere sui muri delle strade "ha vinto Daniel".
Vedremo se l'opportunità che la storia sta offrendo
verrà colta o no dal Fronte Sandinista.
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