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Contributo dal Chiapas alla Conferenza Mondiale sul Razzismo
Consiglio di Medici ed Ostetriche Indigene Tradizionali del Chiapas (COMPITCH)
Consejo de Médicos y Parteras Indígenas Tradicionales de Chiapas (COMPITCH)
compitch@hotmail.com
Contributo presentato alla Conferenza Mondiale delle Nazioni Unite sul
Razzismo, la Discriminazione Raziale, la Xenofobia e le Forme Connesse di
Intolleranza
Durban (Sud Africa) 28 agosto ñ 7 settembre 2001
Buon giorno, sorelle e fratelli dei popoli, delle organizzazioni sociali,
delle organizzazioni che chiamano multilaterali, signore e signori dei
governi, signore e signori che prendete nota e fate foto affinchè coloro
che mai vedono, possano vedere.
Vi racconteremo una storia di discriminazione e sopruso che abbiamo
sofferto e vi proporremo, nei dieci minuti che ci sono concessi, alcune
alternative perchè ci&ogra;0! e; non si ripeta, speriamo. Ci perdonerete se
líintervento non sarà completo però per noi è molto difficile spiegare il
nostro caso ed ancora, presentare alternative in così poco tempo.
Prima di iniziare, vi informo che io sono quì perchè la direzione del
Consiglio delle Organizzazioni dei Medici e delle Ostetriche Tradizionali
del Chiapas, il COMPITCH, lo ha deciso e ciò significherà che le mie parole
saranno quelle dei medici e delle ostetriche che fanno parte delle 13
organizzazioni del Consiglio.
Non vengo quindi solo, ma accompagnato dal cuore di tutti loro, perchè il
caso che vi racconterò ha coinvolto tutti, comunità comprese, mettendo in
pericolo le basi minime della convivenza collettiva dei nostri popoli ed
anche i diritti di altri popoli e persone come voi che siete venuti quì
perchè di tutti sono le risorse che si utilizzano per curare la salute,
indipendentemente dal! la forma e dalla tecnica di come si preparino e dal
lavoro che comportino, perchè questíultimo è proprio di ogni cultura.
Questo volevo chiarirvi perchè quando mi ascolterete capiate che quando io
vi parlerò, sarà la narrazione di un atto commesso, fondamentalmente, non
contro líostetrico Arturo Gómez, che sono io, nè contro il COMPITCH, che mi
ha mandato quì, ma contro le comunità indigene che serviamo e che ci hanno
consegnato in custodia le loro risorse e le loro conoscenze perchè le
utilizzassimo a favore di quanti ne avessero bisogno.
Due sono le offese che ci sono state fatte direttamente, due le tristezze e
le arrabbiature che conserva il nostro cuore indio, la prima sorta dal
progetto di bioricerca che ci sono venuti ad offrire; la seconda, la più
grave, nata non solamente ostentazione di superiorità e dal disprezzo con
cui da 500 anni ci trattano questi cattivi governi e coloro! che li
comandano (i grandi imprenditori), ma anche dalla paura di perdere i loro
affari lucrosi e privilegi se la nostra parola fosse rimasta nella loro
legge, come diritto dei nostri popoli.
Il progetto di bioricerca statunitense, chiamato ICBG MAYA, è stato
presentato alla nostra organizzazione con líinganno, per approfittare delle
piante medicinali e delle nostre conoscenze tradizionali ad esse associate.
I suoi partecipanti: líUNIVERSITAí DELLA GEORGIA, un laboratorio inglese
chiamato MOLECULAR NATURE LIMITED e le autorità di un centro pubblico di
ricerca, chiamato ECOSUR. Loro ci hanno invitato a riunire le comunità per
convincerle a realizzare la raccolta, sebbene mai ci avessero detto le
ragioni esatte dei loro propositi e le basi della loro associazione,
nonostante noi avessimo loro chiesto di farci pervenire informazioni per
sapere nei dettagli di che cosa si trattava e decidere, quindi, se starci o
no.
Un contatto allíinterno del governo! ci fece però arrivare líaccordo del
progetto e quindi scoprimmo alcune cose come, per esempio, che volevano
ottenere le risorse genetiche della biodiversità chiapaneca per ottenere
applicazioni medicinali, patentarle e poi sfruttarle commercialmente e che,
per questo, si sarebbero avvalsi delle conoscenze tradizionali dei popoli,
che le comunità avrebbero avuto diritto a regalie sotto forma di progetti
destinati alla continuazione di una produzione (a vantaggio del consorzio
ICBG MAYA) ed anche a fitomedicine ottenute dalla ricerca.
Líutilizzo però sarebbe rimasto vincolato alla autorizzazione del consorzio
sotto la facciata di una associazione neutrale chiamata PROMAYA, di cui
líUniversità della Georgia era padrona della produzione intellettuale dei
suoi impiegati.
Così bisogna anche che voi sappiate che il dottor BRENT BERLIN, che da
quarantíanni si trova in Chiapas raccogliendo dati e compilando registri
nellíambito delle n! ostre conoscenze, è il lider di questo ICBG MAYA,
nonchè impiegato della Università della Georgia.
La versione in inglese dellíaccordo, poi, non coincideva con la versione in
spagnolo posta al lato sinistro dello stesso accordo, e che in una di
queste parti che non coincideva in inglese, si dice che le attività del
consorzio risultano sottoposte alle leggi federali degli Stati Uniti
díAmerica.
Allora i nostri assessori hanno cercato le basi stesse del progetto (RFA TW
98 001) e lì abbiamo scoperto ulteriori discriminazioni e soprusi; per
esempio, che líobiettivo di tutto líICBG era ed è quello di trovare
medicine importanti per i programmi di salute pubblica degli Stati Uniti o
dei paesi sviluppati, però solamente quelle díimportanza primaria nei paesi
in via di sviluppo; che con i materiali raccolti si sarebbero cercate anche
applicazioni veterinarie, industriali, agricole, cosmetiche ed altre di
interesse per gli Stati! Uniti; che la nostra conoscenza tradizionale era
parte del loro patrimonio culturale; che qualsiasi applicazione scoperta
con potenziale commerciale sarebbe stata coperta da segreto e posta in
deposito nella ìAmministrazione di Alimenti e Medicineî fino a che loro non
líavessero patentata, sebbene la proprietà dei materiali biologici raccolti
e líinformazione ottenuta associata veniva lasciata al paese in via di
sviluppo, costretto però, a continuare questo lavoro di raccolta; che
avrebbero addestrato i loro ricercatori nelle nostre terre in aree
esclusive della nostra conoscenza tradizionale; che avrebbero preso
solamente quelle risorse e conoscenze tradizionali dalle quali avrebbero
potuto trarre vantaggi; che le regalie alle comunità sarebbero finite in
progetti per obbligarle a lavorare nello stesso ambito, sempre e quando
queste avessero conservato e consegnato puntualmente ed efficacemente i
materiali che il consorzio avrebbe loro richiesto; che l! e nostre autorità
avrebbero dovuto accettare e riconoscere i propositi e le basi di questo
ìappelloî a formare gruppi che, a torto, definiscono di ìcooperazione
internazionale in biodiversitàî, dove la cooperazione consiste nel
ìcooperareî, appunto, ai loro profitti.
Saputo tutto ciò, abbiamo chiesto ai signori del Consorzio ñ Ecosur ed al
suo lider, il Dottor Brent Berlin - che sospendessero il loro progetto in
ragione, per prima cosa, che non cíera nel nostro paese una legge che
regolasse lo sfruttamento commerciale delle risorse genetiche; secondo, che
si trattava di una risorsa universale e che, per tanto, era necessario
consultare tutti/e per decidere le basi ed i termini del loro sfruttamento
e, terzo, che il loro contratto abusivo implicava la sottomissione alle
leggi di un altro stato.
Incuranti della nostra segnalazione, costoro raccolsero le firme delle
autorità di cinquanta comunità dellíAlto Chiapas ed allo stesso modo ten!
tarono di fare in altre regioni, da dove io stesso provengo.
Allora ci siamo arrabbiati e li abbiamo denunciati alla autorità ambientale
perchè sospendesse il progetto e li sanzionasse. Però, invece di ciò,
líautorità ci ha convocati per fare pressione su di noi, affinchè
accettassimo il progetto, dicendoci che questo progetto era quanto di
meglio potesse accadere al paese, che era molto giusto e profittevole per
le nostre comunità però che se volevamo, ci avrebbero dato di più.
Ci siamo rifiutati di venderci, di legittimare il sopruso, di dare líavallo
in nome dei popoli del mondo, possessori legittimi delle risorse genetiche.
Siamo allora passati alla stampa ed alle comunità per informare di questi
soprusi e delle complicità dellíautorità. Siamo anche stati nelle comunità
vinte da questi, per sapere perchè avevano accettato il progetto.
In queste comunità ci! dissero che quelli del ICBG Maya erano arrivati ad
offrire loro di curare le malattie, affermando però che per questo era
necessario che si ottenesse il coinvolgimento della gente nella raccolta
delle piante medicinali della zona. Dissero anche loroche il consorzio le
avrebbe portate in Gran Bretagna, da dove sarebbe uscita la miglior
medicina che sarebbe, poi, stata riportata nuovamente alle comunità.
Mai dissero loro che gli Stati Uniti avevano a che vedere con questo
progetto o che questa medicina prodotta fuori sarebbe rimasta in Gran
Bretagna o negli Stati Uniti.
Líindignazione e líopposizione al progetto iniziò a crescere tanto nelle
comunità che líautorità ed il consorzio dovettero sospenderlo ufficialmente
sebbene non se ne andarono senza prima affermare che il conflitto con il
COMPITCH non era venuto dai propri medici e ostetrici ma da alcuni
assessori non indigeni.
Su questa ripetuta segnalazione, vogliamo chiarirvi che ! non siamo nè
sprovveduti, nè indios furbastri. I nostri assessori sono sottoposti alla
nostra autorità e noi badiamo di più allíorientamento dei passi delle
persone che non al colore della loro pelle o alla loro origine. Eí così che
tra tutti, medici, ostetriche e assessori, indigeni e non, abbiamo definito
la strategia e le proposte presentate; tra tutti, perchè di tutti era
líinteresse ed il diritto, perchè comuni e chiari erano i principi delle
persone coinvolte.
Nel razzismo e nella ostentazione di una superiorità tutelante bisogna
cercare le origini degli interessi che suppongono che noi indios possiamo
lottare, però mai con efficacia, per un foglio di cartone da avere come
tetto e mai, però, per la nostra liberazione.
Non è nè di adesso nè solamente per una questione come la biopirateria o
líinganno o il sopruso neocoloniale che stiamo lottando ed organizzando la
nostra res! istenza a seconda delle circostanze e dei mezzi che ci danno e
ci obbligano ad utilizzare, la nostra secolare resistenza si basa sulle
decisioni collettive di rimanere uniti, nella considerazione degli altri
come fratelli, nelle parole sincere, nel rispetto della terra che è madre e
compagna e che dobbiamo conservare e rispettare e non vederla come un
oggetto nè una proprietà da sfruttare e esaurire, come suggeriscono la
cupidigia e la superbia.
Volevano prenderci soli e sottomessi, renderci complici a buon mercato del
loro saccheggio, della loro politica di una sovranità monca e venduta, così
come stanno facendo con altri popoli, della riconfigurazione dei concetti
di diversità biologica e culturale, del prevedibile crollo della comunità a
cui ci avrebbe condotto un simile progetto, anche perchè da questo ne
avrebbero tratto beneficio poche comunità, sia perchè avrebbe rafforzato
líegoismo utilitaritis! ta, sia perchè ci avrebbe integrato socialmente ai
loro sistemi delle patenti, della proprietà intellettuale e dei marchi ed a
tutte quelle forme di appropriazione e discriminazione che hanno portato
dolore e disuguaglianze alle società cui sono state imposte. Per
concludere, volevano piegarci per obbligarci a prendere il posto nel mondo
che loro ci avrebbero assegnato e dal quale avremmo ricevuto le loro
istruzioni.
Con il nuovo governo federale pensammo che le cose sarebbero cambiate
perchè così ci avevano promesso le autorità ambientali federali, in una
riunione che si tenne il 25 gennaio, presso Palenque. Lì accordammo che tra
i popoli indigeni e la società avremmo organizzato, senza líintervento del
governo, riunioni e dibattiti per raggiungere un accordo su quali sarebbero
dovute essere le basi per lo sfruttamento delle risorse biologiche e
genetiche e che il governo avrebbe ottenuto il proprio acco! rdo per suo
conto e che poi, noi, come società, ed il governo ci saremmo seduti per
ottenere un accordo di consenso che definisse il contenuto di una possibile
legge di accesso alle risorse biologiche e genetiche.
Un mese dopo questa stessa autorità ci manda a dire che sono cambiate le
formule: adesso è il governo che determinerà per primo il proprio accordo e
che poi verrà quello della società e dei popoli, dove, però, sarà il
governo stesso ad organizzare anche questíultimo incontro in tutte le sue
fasi e che la linea sulla quale verterà la discussione sarà precisamente
stabilita dal governo.
Protestammo per il mancato compitmento della parola data, ma non ci risposero.
Due mesi più tardi e quattro mesi prima che terminassero i lavori
legislativi, il Partito di Azione Nazionale (PAN), il partito di quelle
stesse autorità, presenta al Senato una iniziativa di legge per líaccesso
all! e risorse biologiche e genetiche, comprendendo le conoscenze
tradizionali ad esse associate, senza avere consultato e definito
preventivamente il loro contenuto con i popoli e le comunità indigene, così
come invece ordina il Trattato 169° della Organizzazione Internazionale del
Lavoro, ratificato da questo stesso organismo legislativo.
Gli accordi di San Andrés Larr&aacut;-inzar.
Un giorno dopo che si presentasse questa iniziativa di accesso alle risorse
biologiche e genetiche, un gruppo di senatori latifondisti, MANUEL BARTLET
DIAZ (del P.R.I.) e DIEGO FERNANDEZ DE CEVALLOS (del P.A.N.), presentavano
una iniziativa di riforma sui diritti e sulla cultura indigena, in senso
contrario agli Accordi di San Andrés che settimane prima era stato loro
presentato. Cíerano voluti anni di preparazione e sofferenze, di lavoro ed
insonnie, per riunire in un documento unico, firmato dal governo, quei
diritti minimi per i popoli, diritti che sono per a! ltro già contenuti nel
Trattato 169 della Organizzazione Internazionale del Lavoro, che è legge
nel nostro paese.
Attraverso questa legge costituzionale avremmo potuto porre un freno
formale al sopruso ed allíavidità, al fatto di non domandarci mai nulla, a
quello di comandarci sempre senza sapere nè chi lo fa nè perchè lo fa, a
quello di imporci uno sviluppo che solamente beneficia e rafforza altri, a
tutto ciò che ci nega un luogo per essere diversi, per non essere
sottomessi al sistema attuale che non riconosce ed anzi condanna la nostra
medicina tradizionale, allíaffanno di rendere tutto merce, al sistema che
giudica e regola la nostra vita con leggi scritte che disconosciamo,
allíegoismo che lacera la cooperazione e la diversità con cui viviamo la
nostra vita comunitaria.
E, nel negare i nostri diritti, ci negano ed al tempo stesso ci ricordano
che al di là dei colori e delle sigle, di fronte agli indi! os o ai
diversi, di fronte a coloro che resistono e lottano per un luogo per tutti,
il potere del denaro e la superbia saranno sempre uniti e disposti a non
concederci alcun diritto, nessun rispetto, nessun luogo dove poter
crescere, o essere esempio, cacciandoci sempre dai propri domini.
Oggi più che mai siamo solamente di loro, ma anche carich dei nostri
valori. Abbiamo già fatto la diagnosi, abbiamo già visto che non cíè
rimedio. Allora, che fare?
Da parte nostra, vanno alcune proposte perchè insieme alle vostre possiamo
trovare, tra tutti, le nostre buone strategie.
Proposte alternative
Per affrontare e superare la discriminazione e líesclusione, per rimanere
completi, vale a dire, per rimanere tutti: gli indios, però anche le
minoranze, le maggioranze escluse e sfruttate, la terra stessa ed ancora i
responsabili di questa esclusione e questo sfruttamento, il Consiglio di
Medici e Ostr! etiche Indigene Tradizionali del Chiapas (COMPITCH) propone:
1. Recuperare le ceneri della memoria, bruciata dal potere della cupidigia
e del denaro, ed il nostro passo. Questo ci serve ancora. Dobbiamo poi
trasformare ciò che a causa del tempo ha perso di attualità, per tornare a
procedere stabilmente;
2. Percorrere la nostra autonomia, come di per sè già facciamo, con o senza
il permesso del potere, con o senza le leggi e gli accordi che
obbligatoriamente passano per i loro spazi e la loro parola e mai per i
nostri e la nostra parola. Sviluppare strategie alternative di resistenza
attiva in cui líelaborazione e líarticolazione di proposte alternative
consensuali con il maggior numero possibile ed opportuno di gruppi,
organizzazioni e popoli, costituiscano il loro asse portante.
Conseguentemente con quanto scritto sopra, incorporare ogni volta un
maggior numero possibile di popoli, settori, gruppi ed organizzazioni nella
pianificazione, ela! borazione, esecuzione e supervisione dei principi e
delle strategie di organizzazione e lotta così come a quella di proposte
alternative in tutti ed in ognuno dei diversi argomenti che, per loro
natura universale, in qualche modo coinvolgono il divenire degli altri, in
particolare, per quanto concerne temi relazionati con la salute,
líeducazione, il lavoro, líalimentazione, lo scambio, líuguaglianza e la
fraternità di tutte le donne e tutti gli uomini, la terra, la biosfera, la
diversità biologica e la diversità culturale, la democrazia, la giustizia,
la pace e la libertà.
3. Una azione complessa e flessibile nelle nostre lotte e proposte, sapendo
che la vittoria o la proposta ad un determinato argomento o per un gruppo,
non costituiscono un obiettivo ma una strategia, cioè solamente una
battaglia ed una soluzione, dal momento che nessun tema o attore nella
lotta o nella costruzione di opzioni è isolato ma, anzi, è s! trettamente
legato a tutti gli altri temi e gruppi che lottano e propongono. Per queste
ragioni, appoggiaremo, nel modo e con líintensità che ogni organizzazione o
popolo determinino in coscienza, al resto delle lotte ed elaborazioni di
proposte, vedendoci nel dolore e nella speranza di tutti gli altri con i
quali aspiriamo ad essere e ad agire coerentemente.
4. Riunire gli altri perchè ci conoscano, anche coloro che storicamente
sono responsabili della nostra povertà ed emarginazione, perchè vengano tra
i nostri popoli, nelle nostre terre e noi alle loro, perchè vivano e
camminino come noi facciamo e noi possiamo vivere e camminare come loro
fanno, anche solo per un tempo, purchè fatto con sincerità; che ci
conoscano nella nostra parola e nelle nostre scelte, per poi vedere in che
modo possiamo camminare insieme, con che livello di autonomia, e che cosa
sia senza futuro, per migliorare ed arricchirci.
5. Formare moltipl! icatori comunitari nelle più diverse, sebbene, per ora,
inaccessibili ed incomprensibili tecniche, temi ed argomenti di interesse
locale, regionale e globale, non solamente per trasmettere con una certa
frequenza e rendere più spedita e chiara líinformazione verso i nostri
popoli e comunità, ma fondamentalmente, per livellare, a partire dai nostri
processi e, con la nostra stessa gente, indios e contadini, líinformazione
e la sua comprensione precisa del contesto, perchè il potere non ci
sorprenda come estranei alla sua parola e così gli risulti più difficile
ingannarci o dividerci, come vorrebbe, abusare di noi; però anche per
crescere con coloro che hanno o portano fino a noi la loro parola sincera e
di cooperazione tra fratelli; affinchè, una volta che abbiamo assunto il
controllo di questo processo, possiamo integrarci pienamente ed una volta
per tutte a questa tanto ìimportataî e ìsospintaî globalizzazione,
per&og;v! ave; in un modo trasparente e democratico, partecipativo ed
equitativo e dove la diversità e la cooperazione solidarie siano i semi e
la radice che fondino tutte le nostre relazioni.
6. La formazione di reti regionali ñ locali, nazionali ed internazionali ñ
di monitoraggio autogestito, per scoprire, registrare, analizzare e
valutare, attraverso consigli di assistenza autonoma, piani, progetti ed
azioni dei governi, delle corporazioni o dei centri di ricerca a loro
affini, che vengano o si propongano ai nostri popoli e comunità, con
líobiettivo di sfruttare le risorse, di sviluppare alcun programma o
incidere in qualche modo nella nostra vita.
1.6 bis Rendere operative le consultazioni previste dal Trattato 169° della
Organizzazione Internazionale del Lavoro, mediante la creazione di consigli
o commissioni indipendenti proposte dagli stessi popoli e comunità,
affinchè i loro aggiustamenti ai postulati di questa convenzione possano
valutar! si almeno in quattro sensi: 1. Che líinformazione offerta dagli
informatori sia completa, comprendendo la visione del contesto, i
precedenti e la traiettoria dei proponenti, le esperienze comparative ed i
possibili scenari; 2. Che sia pienamente comprensibile per i destinatari;
3. Che ciò che si presenta includa tutti gli interessati o coloro che ne
vengono coinvolti; e 4. Che quanto proposto non deformi o vada contro una
cultura, le sue istituzioni, i suoi principi o le proprie forme di vita
comunitaria;
7. Come medici, ostetrici e ostetriche indigene tradizionali, proponiamo,
anche, un progetto autonomo sulla salute che, basato sulle risorse che
conosciamo e controlliamo, si leghi, a partire dalle nostre necessità e
processi, alla medicina occidentale, che prenda da questa quello che ci
serve, come vuole prenderlo, anche come hanno fatto i nostri fratelli del
Sud Africa o mediante altre scekte, nellíesercizio del nostro diritto alla
vita, e che getti tutto! ciò che non serve; affinchè possiamo crescere
sani, rafforzare e condividere ogni volta con più persone e gruppi solidali
e bisognosi anche di salute, le nostre conoscenze e risorse che, díaltra
parte, noi solamente abbiamo per custodirle e che ci sono state
raccomandate dalla nostra sacra madre terra.
8. Proposte alternative ai signori del Potere ed alle parole non sincere.
Questi signori ci hanno imposto il loro sistema di dominazione che
solamente beneficia loro, a pregiudizio crescente del resto della umanità e
della biosfera.
Se non rinunceranno alla struttura delle loro relazioni sociali, sarà
storicamente impossibile, nel medio-lungo periodo, che ci rispettino in ciò
che in questi dibattiti o nelle nostre stesse lotte eventualmente possiamo
loro conquistare, dal momento che è più che noto che eventuali successi
legislativi o sociali non saranno per loro che una caduta e che,
successivamente alla tregua nec! essaria per riaggruppare le loro forze,
torneranno alla carica, già con i fianchi coperti.
Consentire questa realtà di momentanei risultati che il tempo sempre ci
rende con maggiori dolori e distruzioni alla nostra storia, solamente rende
più difficile e più lontano il momento in cui la nostra resistenza avrà
passo. Eí quindi urgente il dialogo e la transizione con loro, per trattare
le basi materiali ed effettive con cui fissare le nuove forme di convivenza
universale. Proponiamo quindi loro:
8.1 Che cambino il loro cuore;
8.2 Que siano sinceri, con gli altri e con se stessi, al di là della loro
proposta. Che la loro parola torni ad essere parola vera e degna di
rispetto perchè si possa valutarla ed in questo senso accettarla o
rifiutarla, tra tutti coloro che oggi danneggia;
8.3 Che cambino la loro forma di vita basata nel saccheggio e nello
sfruttamento degli altri, che rinuncino a fare proprio il mondo o ! a
presiederlo sotto le proprie leggi e valori, che ritornino ad essere
piccoli come lo è la natura di tutte le cose che sono grandi;
8.4 Che cerchino una loro nuova forma di vita. Se la natura creò migliaia e
migliaia di forme di vita che possono convivere in uno spazio relativamente
piccolo ed ancora se tra popoli diversi si riproduce questa coesistenza,
non crediamo che non esista per loro un altro cammino a quello che hanno
scelto.
Noi, se volete, mentre riflettete su questa scelta, possiamo offrirvi la
nostra esperienza che non è altro che quella di camminare attraverso le
terre come chi gira per casa propria: prendendo da essa solo ciò di cui ha
bisogno, per essere persone e restituire ad ella di più. Così parlano gli
stessi ricercatori dei nostri primi avi che fecero arricchire le altre
specie ed ancora, con le stesse, arricchirono la diversità dei boschi che
abitarono.
* Sulla proposta di compensazione per ripa! rare ai danni e pregiudizi
causati ai popoli originari dai processi di devastazione coloniale ai quali
furono sottoposti dalle metropoli, se alla fine cíè consenso tra i popoli e
le organizzazioni sociali, appoggiamo questa proposta.
Però chiediamo che si chiarisca che questa iniziativa e la loro eventuale
attivazione in nulla cambiano i nostri futuri ed in questo senso, nemmeno
cancellano la memoria dellíoffesa, dal momento che non impegna il capitale
ed i suoi governi metropolitani a realizzare cambiamenti nella struttura
egemonica, depredatrice e legata alla rendita del proprio modello che così
rimane intatto e mantiene, sotto nuove forme, le cause e gli effetti della
discriminazione e dello sfruttamento, senza misericordia di vite e risorse.
Speriamo che questa richiesta compensativa e la sua eventuale accettazione
da parte dei potenti, díaltra parte insignificante per le loro ricchezze ed
i danni e pregiudizi che hanno causato, non risulti lor! o in termini
storici come una maschera di fronte ai nostri popoli ma significhi il
proprio ritiro.
Ciò altrimenti, non cambiando nulla, creerebbe un odioso precedente di
indulgenza periodica a cui il potere devastatore di turno, senza ulteriori
problemi, potrebbe accedere per ìsaldareî le proprie violenze ed anche, per
ottenere quel riconoscimento politico e sociale da parte degli stessi
offesi.
Progetto di Difesa Integrale dei Diritti Umani
L'obiettivo della Solidarietà non è quello di fare cose impossibili,
ma di unire forze, creare sinergie, perchè le cose impossibili siano possibili.
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