----- Original Message -----
From: Marisa Rosa
Sent: Friday, May 25, 2001 7:31 PM
Subject: IMPORTANTE...LEGGERE CON ATTENZIONE Cari amici ho un
appello molto importante da girarvi. E' una lettera in favore dell'indulto a
Marina Gamboa. Prima però la testimonianza del figlio che vi prego leggere con
attenzione
MARINA GAMBOA – Prigioniera per essere madre "Vicino alla croce stava sua madre" (Giovanni 19;25)
La immagine di una made al fianco del figlio prigioniero e torturato è un simbolo universale dell’umanità. Forse è Michelangelo colui che meglio la rappresentò nella sua opera "La Pietà"; lì giaceva tra le braccia di sua madre il Cristo, figlio torturato e assassinato; e il volto di sua madre rifletteva incommensurabile dolore. Queste immagini smettono di essere simbolo artistico nel nostro paese per convertirsi in dolorosa realtà. Sulle porte delle carceri e altri luoghi di tortura è comune incontrare questi esseri piccoli con i capelli canuti, protestando per il figlio prigioniero o per il figlio assassinato. Ma fino a dove può arrivare l’amore di una madre? Racconta una leggenda che la giovane Proserpina la condannarono a soffrire il tormento nel fondo del mondo, allora sua madre Ceres scese all’interno della terra, attraversò il fiume dei morti, conobbe il temibile cane dalle tre teste che faceva la guardia a che nessuno potesse fuggire da quell’inferno, così arrivò questa madre fino all’ombra del re degli inferi per chiedere giustizia per sua figlia. Nuovamente incontriamo una immagine tanto comune nel nostro paese. Molte madri di migliaia di prigionieri furono a reclamare giustizia al padrone degli inferi e non furono ascoltate, e il drammatico fu che alcune di loro si fermarono all’inferno condividendo la terribile sorte del figlio. Così accadde una notte del 5 di maggio del 1986 in cui la casa di Marina Gamboa fu assaltata da decine di poliziotti. Portarono via il figlio accusato di essere un terrorista, la madre voleva evitare con le sue forze che lo portassero via, non riuscendoci essa stessa salì sull’auto della polizia accompagnando il figlio detenuto, temeva che lo facessero scomparire come era accaduto in tanti casi. Nelle celle della "comisarìa" accompagnò il figlio per ventidue giorni, ascoltando le grida strappate dalla tortura a lui e a molti altri giovani. Marina era scesa allo stesso inferno. Da quel momento la vita di questa umile donna, che era stata una donna di casa per tutta la sua vita, si vide profondamente compromessa con la lotta per il rispetto dei diritti umani di tanti giovani come suo figlio. Il figlio lo trasferirono al carcere di Massima Sicurezza a scontare una lunga condanna, da allora sua madre gli fu vicino in ogni giorno di visita. Nel Maggio del 1988 giunse in Perù il Papa Giovanni Paolo II, allora Marina si riunì con altre madri di prigionieri per portare una lettera al Sommo Pontefice dove chiedevano Pace e Giustizia per il loro popolo e per i loro figli. Tutte loro furono violentemente buttate fuori dalla chiesa dove si trovavano e finirono nelle celle della "comisaria". Un’altra volta lo stesso inferno! E’ una crudele tortura per una madre ascoltare le urla di tanti giovani torturati…può questo fermare una madre e farle abbandonare il figlio prigioniero e torturato? Mai! Nel dicembre del 1989 nuovamente incarcerarono Marina quando si trovava in riunione con altri familiari di prigionieri. Questa volta non ricorsero solo alla torturo psicologica ma anche a quella fisica. "Mi presero a schiaffi e mi colpirono alla testa, volevano che mi auto incolpassi di terrorismo", raccontava Marina nella sua testimonianza. Non considerarono la sua condizione di madre di un prigioniero e il diritto che ha di accompagnare suo figlio. Marina trascorse due mesi in carcere. Tuttavia il peggio sarebbe venuto più avanti. Marina continuò protestando per il figlio prigioniero e per gli altri giovani che si trovavano in prigione e non avevano nessun familiare al loro fianco. Intanto le leggi si facevano più dure e arbitrarie nel nostro paese Nel giugno del 1993 la incarcerano definitivamente mentre stava con altri familiari nell’ufficio dell’avvocato; la accusano di "tradimento alla patria" e fu giudicata da un tribunale militare e condannata a venti anni di carcere senza nessuna prova; attualmente questa condanna la sta scontando a più di duemila metri sopra il livello del mare, nel nord del paese e a centinaia di chilometri di distanza dalla sua famiglia e dal figlio prigioniero. Anche se il suo grido di giustizia segue intatto le sue forze si vanno debilitando per la cattiva salute dovuta all’età avanzata (64 anni). Già sono più di sette anni che vive in pessime condizioni de reclusione e alimentazione. I reumatismi, lo stomaco e malattie della pelle necessitano di attenzione medica specialistica che mai avrà in queste condizioni. Le autorità sempre le promisero di migliorare le sue condizioni, incluso l’indulto, ma solo furono delusioni alla sua speranza di giustizia. In questo paese la donna è sempre doppiamente punita, se non prestiamo attenzione alle condizioni di giustizia e carcerazione. Marina Gamboa è una di loro, non solo ha il figlio in carcere e lontano, questo di per se è una condanna per una madre, ma anche lei se trova in prigione. Doppio supplizio per una madre. Neppure il crudele impero che assassinò Cristo mise in carcere Maria, sua madre, per il solo fatto di stare vicino e prendersi cura del figlio prigioniero e assassinato. Così come Maria, molte madri di prigionieri accompagnano i loro figli nei difficili momenti vissuti e non c’è forza ne odio che possano impedire questa attitudine umana universale della madre. L’unico delitto di Marina Gamboa fu quello di esercitare il suo diritto naturale di madre di proteggere il figlio prigioniero. Non dobbiamo permettere che si puniscano con la prigione le madri che esercitano tale diritto naturale. MARINA GAMBOA LIBERTA’ !
Testimonianza del figlio prigioniero.(Roberto Villar Gamboa) Marina Gamboa Macizo fu arrestata nel 1993 e suo figli, il figlio prigioniero di cui vi ho tradotto la lettera è Roberto Villar Gamboa, recluso a Yanamayo...ora a Ica. Anche la sposa di Roberto si trova attualmente in carcere a Chorrillos. La signora Gamboa è stata presidende dell'associazione dei familiari dei prigionieri politici e dei desaparecidos e per questo e perchè indagava sulla detenzione del figlio che è stata incarcerata. Ha gravi problemi di salute e sembra che l'indulto che le renderà la libertà, ma non gli anni di sofferenza trascorsi in carcere e lontana da quel figlio e da quella famiglia che ama tanto, attenda solo la firma dell'attuale presidente della Repubblica Valentin Paniagua. Vi prego di trascrivere il testo che troverete qui di seguito e di inviarlo per posta prioritaria ( £ 1500) al Presidente del Perù di cui lascio l'indirizzo. Sono solo poche righe a cui dovrete apporre la vostra firma e aggiungere i soliti dati (Nome Cognome, Indirizzo Città e Nazione)...un'operazione che non necessita di molto tempo. Se poi qualcuno avesse la possibilità di fare qualche fotocopia e far apporre la firma di qualche amico...sarebbe splendido. Vi ringrazio in ogni caso...Marisa
Doctor VALENTIN PANIAGUA C.
Presidente
de la Republica de Perù
Palacio
de Gobierno
Plaza Mayor Lima 1 - Perú Señor Presidente, nos dirigimos a Ustedes para rogarLe dar solucion positiva al pedido de indulto en favor de la señora MARINA GAMBOA, de mas de 60 años de edad, desde el 1993 injustamente detenida. Confiando en Su humanidad, reciba
nuestro respectuoso saludo PS dimenticavo di dire che la richiesta è giunta dai prigionieri stessi e naturalmente da Roberto |