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Ancora lontana la pace e la riconciliazione in Chiapas
Posti di blocco ed accampamenti militari hanno solo cambiato posto
Hermann Bellinghausen (www.carta.org)
Guadalupe Tepeyac, 24 aprile
Gli abitanti originari di questa comunità si preparano a tornare. Per prima
cosa devono ripulire. Poi ricostruire. Oggi sono scesi dal loro "nuovo
villaggio", sulla montagna, circa un centinaio di braccianti tojolabales per
strappare la vegetazione che copre quasi completamente le rovine di
Guadalupe Tepeyac. "Andiamo a controllare che cosa resta dell'impianto
idrico che avevamo", comunica Fidel, padre di famiglia e uno dei fondatori
della comunità.
"Dobbiamo vedere anche come fare per rifare i tetti e le case crollate e
costruirne altre, perché adesso siamo molte più famiglie di quando siamo
fuggiti in esilio", aggiunge. "Speriamo nel sostegno della società civile.
Ci hanno detto che collaboreranno con noi. Vedremo". Da qualche giorno è
stato installato un accampamento per la pace, inizialmente occupato da otto
pacifisti statunitensi ai quali potranno aggiungersi carovanieri ed altre
buone braccia. I primi campamentisti hanno inviato recentemente una lettera
all'ONU richiamando l'attenzione sul "caso Guadalupe Tepeyac", quale esempio
dei disastri causati dalla militarizzazione del territorio chiapaneco.
Gli indigeni sperano di restare qui circa quattro giorni, "pulendo" i
terreni che devono essere recuperati. "Stiamo controllando che i soldati non
abbiano lasciato pericoli, cose che possano esplodere o veleni.
Controlleremo bene", dice Fidel iniziando i lavori domestici che aspettano
di essere eseguiti da sei anni, due mesi e quindici giorni. Dal 9 febbraio
1995, i "tepeyaqueros" sono vissuti in esilio mentre l'Esercito occupava le
loro terre e la loro comunità in forma, si diceva, "definitiva".
I campesinos dichiarano che non parleranno con i rappresentanti del governo
federale, né con quelli della Sedeso né della Presidenza. "Non abbiamo
ancora raggiunto un accordo nel villaggio", spiega Fidel, che si mostra
contento, anche se parla con cautela, quasi triste. Quando se ne andò da
questi luoghi della 'cañada' di Las Margaritas, quel febbraio, era solo un
padre di famiglia. Oggi ha nuora, genero e nipoti. Per questo le 82 case
originarie non saranno più sufficienti, ce ne sarà bisogno di altre.
La terza fondazione di Guadalupe Tepeyac deve percorrere ancora una lunga
strada. I terreni su cui l'Esercito ha costruito il suo quartiere e la sua
colonia sono di possesso della Sedeso e "legalmente" appartengono al governo
federale, in quanto il presidente precedente vide bene di appropriarsi di
quelle terre per decreto così che ora non appartengono più ai loro veri
proprietari.
Sullo sfondo della gobba da dromedario del monte Tepeyac, che si alza dietro
l'ospedale ed è servito da posto di osservazione delle forze di occupazione,
i "tepeyaqueros" ci danno dentro con la doppia forza dell'indignazione non
ancora dissipata e della speranza che si fa strada nel loro animo. Ma il
ritorno della popolazione non è imminente, bisogna ricostruire il villaggio
che non sarà più lo stesso anche se qualche materiale residuo può essere
recuperato.
La chiesa sarà ricostruita sulla stessa altura in cui si trovava prima e la
scuola, le cui mura sono servite in questi anni da posti di polizia, campo
sportivo per i soldati, bordello multiuso e poi ad immondezzaio, richiede
una completa ricostruzione. "Oltretutto, ora abbiamo più bambini, mancano le
classi": Bisogna aggiungere che molti bambini e giovani dovranno recuperare
il tempo speso in quell'altra scuola, quella dell'esilio. Quella della vita.
Ora gli steccati di quel che fu il quartiere, fuori della comunità, si
aprono su di una desolazione profusamente riforestata con pini che non
smettono di risultare strani in piena selva. Questo ed una spianata di
cemento che attraversa la tenuta, pieno ora di mucchi di calcinacci e di
grandi buche nel terreno dove sono state smantellate e distrutte le
installazioni militari presenti fino ad una settimana fa, sono l'eredità
della militarizzazione. Ed un edificio di due piani e di grandi dimensioni,
vuoto, di cui la Sedeso non sa che farsene e dichiara che "lo decideranno le
comunità", un interessante plurale, visto che le terre appartengono
originariamente solo ad una comunità.
Il luogo è molto trasformato. Quello che era un posto aperto, con guayabos
ed una spianata, oggi sembra un bosco urbano dove i contorni sono
irriconoscibili. E' stata completamente cancellata la fisionomia di quello
che fu un pendio convertito in scalinata di un grande auditorio all'aria
aperta. Non resta ombra della biblioteca, dell'aula di computo, degli
alloggi, lo scenario della prima Aguascalientes, consegnata dall'EZLN alla
società civile nell'agosto del 1994 durante la celebrazione della prima
Convenzione Nazionale Democratica.
Nei dintorni la selva risuona di grilli, uccelli e suoni vari che producono
un certo chiacchierio, come un coro alla Giorgy Ligeti, segnale di terra
viva. Solo nell'Aguascalientes riforestato ed urbanizzato la natura resta in
silenzio. Gli immondezzai non lontani continuano a riempirsi di avvoltoi
durante il giorno.
La zona abitativa militare situata in direzione di El Carmen è un'altra
faccia della stessa desolazione. Una strada asfaltata, qualche costruzione,
una cicatrice di pietra e ferro su questa terra che si sgranchisce e vuole
rinascere. Molti bambini calpesteranno per la prima volta il suolo in cui
sarebbero dovuti nascere. In cui cresceranno una volta che Guadalupe Tepeyac
sarà restituita ai suoi abitanti e proprietari.
Con la luna nuova, le comunità ribelli intraprendono un'altra impresa:
recuperare le terre e le case di Guadalupe Tepeyac, simbolo della resistenza
durata più del governo zedillista, causa di sofferenza per le famiglie
scacciate dall'offensiva militare con cui aveva inaugurato il suo sessennio.
Come lo dice Fidel: "Non abbiamo ancora il tempo di riposare". Non lo
avranno nell'immediato futuro.
TENSIONE E "SURRISCALDAMENTO" SOCIALE
Nel frattempo la militarizzazione nella zona di conflitto non è diminuita di
una virgola, nonostante le versioni dell'informazione ufficiale ed
ufficiosa, i posti di blocco militari, fissi e mobili, sono riapparsi alle
entrate della selva e nella zona di frontiera. Al ritornello di "stiamo
applicando la Legge Federale sulle Armi da Fuoco ed Esplosivi" in diversi
punti i soldati controllano notte e giorno il passaggio dei veicoli.
Si respira un'atmosfera di tensione soprattutto nelle comunità a maggioranza
priista. In maniera inconsueta, gruppi di uomini, giovani ed adulti, sostano
agli angoli delle strade ed osservano minacciosi il transito dei veicoli
militari, governativi e civili che vanno e vengono da Guadalupe Tepeyac,
tanto in direzione di Las Margaritas quanto a San Quintín e La Trinitaria.
C'è agitazione e si percepisce un "surriscaldamento" deliberato dal partito
"tricolore" tanto sulla stampa locale quanto in Parlamento, nelle
organizzazioni padronali e comunità, apertamente ostili al nuovo governo
statale. Il massacro di indigeni appartenenti all'Alleanza San Bartolomé de
los Llanos, nel municipio di Venustiano Carranza, che già i dirigenti e
giornalisti del priismo locale reclamano come il "proprio Acteal", così come
la liberazione dei dirigenti di Paz y Justicia nello stesso giorno, sono
parte di questo surriscaldamento di uno stato in cui la pace continua ad
essere un riflesso allo specchio. Rapporti giunti da Tila riferiscono che i
rilasciati Samuel Sánchez, Marcos Albino Torres ed i seguaci sono arrivati
minacciando le comunità zapatiste ed i membri delle organizzazioni civili
"per averli denunciati".
La pace e la riconciliazione sembrano ancora lontane. Una colpo di coda del
priismo sconfitto alle elezioni del 20 agosto ed una "mano nera" che
parrebbe nascondersi dietro l'imboscata criminale di Carranza, mettono a
rischio gli auspici di pace e le promesse del governo foxista. A difesa dell
'impunità perduta e con il Controllo della Federazione che li tallona, i
complici "dell'alborismo" attaccano tutto ciò che possono per recuperare
terreno. Per questo puntano "sull'ingovernabilità" nelle loro dichiarazioni
ed azioni.
Dalla zona di conflitto non è uscito un solo soldato. Si mantengono i
quartieri, gi accampamenti e di nuovo ci sono i posti di blocco, oltre 250
postazioni. Ed accadono episodi di tensione tra le truppe federali e la
popolazione civile in comunità distanti come Lázaro Cárdenas, a La
Trinitaria, e nel municipio autonomo Ricardo Flores Magón, nel frattempo a
Nicolás Ruiz la maggioranza perredista ha denunciato nuovi tentativi di
creare conflitti tra loro e la minoranza priista, tanto per cambiare,
provocati dal PRI dalla capitale chiapaneca. I conti "dell'alborismo" non
sono terminati. La militarizzazione resta di fatto intatta: le sette
postazioni dell'EZLN sono state solo riposizionate dentro la zona di
conflitto stessa, a distanze che variano dai quattro ai cento chilometri
dalla loro ubicazione originaria, nient'altro.
(traduzione Comitato Chiapas "Maribel" - Bergamo)
Nello
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