Ciao,Holà! Hoi! L'aggressione al
prof. Luis Marsiglia di Verona è un altro segnale della cultura razzista,
xenofoba,secessionista che serpeggia nel nord-est. Anch'io sono originario di
quelle zone e conosco bene i piedi d'argilla di un "miracolo
economico" dal volto intollerante, chiuso alla diversità.
L'impegno di tanti gruppi di Lillipuziani del Terzo Settore, della cooperazione
sociale, della cittadinanza attiva, ci testimoniano l'importanza di indignarci e
costruire insieme la cultura della solidarietà, dello scambio
multiculturale.
Vi allego il comunicato di Pax Christi di Verona e un articolo
di Paolo Rumiz intitolato "razzismo sottopelle".
Saluti di pace da Cristiano Morsolin.
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Sottoscrivendo il comunicato di Pax Christi, la Rete Lilliput di
Verona esprime solidarietà al Professor Luis Marsiglia, vittima di un
grave episodio di odio razziale. La violenza contro il Professor Marsiglia
costituisce l'affermazione di un crescente clima di intolleranza e di
sopraffazione che è estraneo alla cultura veronese. La Rete Lilliput
intende riaffermare, attraverso azioni concrete, i valori della tolleranza, del
dialogo tra culture e religioni e del rispetto delle diversità.
"Esprimiamo la nostra fraterna solidarietà all'amico Luis Marsiglia
- si legge nel comunicato del Gruppo Pax Christi di Verona - educatore alla
convivenza umana, al pluralismo delle culture, al rispetto dei diritti della
persona e dei popoli, con cui stiamo camminando da tempo sulla difficile strada
della costruzione della pace. Gli siamo vicini con profondo affetto e grande
partecipazione. La brutale aggressione da lui subita per opera di neonazisti
simpatizzanti di Haider si affianca ad altri episodi violenti e drammatici e si
colloca all'interno di un clima culturale degradato e di una vita civile che si
sta facendo sempre più cupa e offensiva della dignità umana, della
civiltà, della fede religiosa e della democrazia. Scriveva Primo Levi,
testimone di Auschwitz, che quando si pensa che un 'diverso' da noi sia un
nemico da escludere o da eliminare, si pongono le premesse di una catena al cui
termine c'è il campo di sterminio. Auspichiamo che le autorità
scolastiche e religiose della città manifestino maggiore coraggio nella
denuncia dell'inciviltà e una decisa capacità di indignazione. Ci
sono momenti in cui bisogna alzarsi, camminare a testa alta, esercitare la
propria sovranità civile. Verona è ricca di risorse democratiche
troppo spesso timide o distratte, passive o emarginate. Vorremmo ci fosse uno
scatto della coscienza etica. Da parte nostra, siamo disponibili a intensificare
gli sforzi per moltiplicare i segni di vita, i luoghi della comunicazione,
l'energia della nonviolenza. In piedi, costruttori di pace!. E' necessario, in
particolare, - conclude il documento - sviluppare iniziative formative
riproponendo nelle scuole il 'Manifesto 2000' per una cultura della pace e della
nonviolenza, i documenti delle Nazioni Unite, la Dichiarazione del Consiglio
d'Europa relativa al rispetto delle diversità e alla lotta contro il
razzismo. Può diventare significativo preparare con cura la Giornata
della Memoria".
IL RAZZISMO SOTTOPELLE
di PAOLO RUMIZ
VERONA - L'Alabama d'Italia. Così un grande giornale
americano aveva chiamato Verona poco più di un mese fa, a proposito del
suo razzismo sottopelle. C' era evidentemente qualcosa di annunciato nel
pestaggio di ieri a Verona di un professore ebreo. Non erano solo le minacce
anonime, le telefonate antisemite partite da fuori ma anche da dentro la
città. Era qualcosa che stava nell'aria.
TE LO dice chi vive e
conosce Verona dal di dentro. Qualcosa che cresceva da tempo in questo mondo
ricco e apparentemente tranquillo, ma capace di tenersi tremendi segreti. Di
precedenti, nella storia di Verona, ne puoi trovare fin che vuoi. C'è il
clima duro, intransigente, controriformista, che dal Concilio di Trento fa
dell'ultima città sull'Adige il bastione del conservatorismo nella
Repubblica di Venezia. C'è la rivolta contro i francesi "atei e
bestemmiatori", rei, con Napoleone, di avere aperto il ghetto e sanzionato
la libertà di culto. C'è la ritorsione contro gli ebrei giacobini,
arrestati dalla Serenissima più per accontentare i cattolici veronesi che
per reali motivi di pubblica sicurezza. C'è la Repubblica di Salò,
il finale rosso sangue del fascismo italiano. E una Destra estrema che, da
allora, è più Destra che altrove. Più fascista, più
nazista, più bombarola. E Ludwig, ancora, con la sua banda che ammazzava
la gente con un crocefisso, piantato in testa. Quando cerchi di capire
Verona, ti viene da cercar lontano, di pensare a una maledizione. Diventa
più facile, e anche più comodo, giustificare così i segni
del nuovo razzismo. Il manichino nero impiccato qualche anno fa in fondo alla
curva Sud durante una partita in serie A. Le manifestazioni di skinhead con
bandiere naziste nelle strade del centro. E, negli ultimi mesi, il riscaldarsi
del clima contro gli extracomunitari e gli irregolari. Con la storia di un noto
avanguardista di An che, dopo l'ultima partita dell'Italia agli europei, prende
a bastonate un autobus con dentro un africano. Può essere facile
spiegare, con quel passato, anche la recentissima tragedia di piazza Isolo: un
morto e due feriti gravi, tutti extracomunitari, nell'incendio di un gruppo di
catapecchie destinate, proprio in quelle ore, alla demolizione; stamberghe che
un anno prima, forse non a caso, erano state prese d'assalto da un gruppo di
skinhead, partiti nel cuore della notte per una spedizione punitiva. Un fuoco
ammonitore, secondo qualcuno, un segnale per tutti coloro che stavano in Italia
"senza averne il diritto". Eppure, stavolta hai la sensazione che
altrove devi cercare, non nel passato, ma nel presente. Il fenomeno Haider non
si esaurisce nei suoi legami col nazismo, ma affonda nel cuore della
società austriaca e nella sua ossessione vittimistica. Allo stesso modo,
il razzismo e l'antisemitismo che si annidano nel cuore del Veneto ricco e
benpensante non li troverai solo nella storia di Verona, ma nella testa di un
Nord che perde la bussola. Non solo a Destra, ma nel centro di un blocco sociale
impaurito che sa produrre più di ogni altro ma vive incubi identitari,
perde il suo aggancio tradizionale al territorio. Un mondo che ha disperatamente
bisogno di stranieri per sopravvivere economicamente, ma culturalmente non
è in grado di assorbirli, assimilarli. E nemmeno di confrontarsi con
loro. E' un presente fatto di silenzi felpati e autoassolutori, di pacche
sulle spalle a certe ragazzate fatte da "gente nostra", di un
borbottìo che parte dal cuore industriale e curiale della città. A
Verona non si respira mai tensione. E' una quiete che inganna. Proprio quella
quiete, quell'inerzia, ha consentito al germe di crescere e moltiplicarsi. Non
è la forza del nazismo o del fascismo. E' il suo contrario: l'assenza di
forza, il letargo, la non resistenza della società civile, un silenzio
assenso che ha prodotto altri silenzi e altre complicità. Un silenzio
degli innocenti che diventa fuoco sotto la cenere e fa di Verona lo specchio
deformante di un clima generale nuovo e preoccupante. Hanno taciuto in troppi
in questi mesi, mentre i segnali d'allarme si moltiplicavano. Hanno taciuto e
hanno dato persino dei segnali di incoraggiamento. Cos'ha detto la Verona
illuminata quando la Lega Nord, pochi mesi fa, proponeva in consiglio comunale
di far entrare gli extracomunitari da una porta separata? Dov'erano Berlusconi e
Fini, padroni dei partiti che con Bossi governano la città, quando un
loro assessore decideva, per scopi mai resi ufficiali, di dotare di manganello
la polizia municipale? Dov'era la potentissima Curia, che attraverso la Banca
Popolare di Verona gestisce per conto del Vaticano le migliaia di miliardi che
gli italiani devolvono con la tassa dell'otto per mille? Dov'erano il mondo
assicurativo e finanziario, dov' era l'Opus Dei quando i nazisti sfilavano sotto
l'Arena? Dove stava la società che conta, dove stavano il giornale della
città e quello della diocesi quando un assessore comunale andava a
festeggiare fuori dalla questura i reduci di una bravata notturna anti-stranieri
beccati dalla polizia? E soprattutto, dov'erano gli inesorabili difensori
della pubblica moralità e dell'ordine costituito veronese, i crociati
delle associazioni "Sacrum Imperium", "Prinz Eugen" o
"Famiglia e civiltà"? Non c'erano, nemmeno loro. Troppo
impegnati a cercare altri mostri: omosessuali, coppie di fatto, islamici,
drogati. E incapaci di vedere il nero dentro la società dei puri.
Tratto da "La Repubblica", mercoledì 20
settembre 2000
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