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Le Donne Indigene denunciano la Globalizzazione
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- Subject: Le Donne Indigene denunciano la Globalizzazione
- From: "Comit. Int.sta Arco Iris" <ale.ramon@numerica.it>
- Date: Sun, 11 Jun 2000 12:20:30 +0200
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| Sabato 24 Giugno 2000 |
| F I R E N Z E |
| < Diamo Ali alla Solidarietà con l'Ecuador > |
| Incontro per Sviluppare una Solidarietà Concreta |
| con i Popoli e le Nazionalità Indigene dell'Ecuador |
| Sala Conferenze del Dopolavoro Ferroviario |
| Via Lamanni 7 - zona Stazione FFSS S. Maria Novella |
| dalle ore 10:30 fino alle 18:00 |
| Prenotazioni ed Info: ale.ramon@numerica.it |
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Riceviamo e Diffondiamo:
Da "ALAI" <info@alai.ecuanex.net.ec>
Foro Internazionale delle Donne Indigene
La situazione a cinque anni dall'incontro di Beijing
di Victoria Tauli-Corpuz
Con la partecipazione di 60 delegate di 17 paesi di tutto il mondo, dall'1
al 2 giugno si è realizzato a New York il Foro Internazionale delle Donne
Indigene, dove sono confluite le reti regionali di Africa, Asia, della zona
artica, della Unione Continentale delle Donne Indigene delle Americhe
(Enlace Continental de Mujeres Indígenas de las Américas), oltre ad
organizzazioni degli Stati Uniti, del Canada e dell'Australia.
Realizzatosi in attesa della sessione speciale delle Nazioni Unite per
valutare la situazione specifica delle donne dopo la Conferenza sulla Donna
che ebbe luogo a Beijing, il Foro ha permesso alle donne indigene di
definire il proprio bilancio, la cui sintesi vi presentiamo a continuazione.
Tra le principali preoccupazioni delle donne indigene figurano la
globalizzazione e la crescente povertà. La liberalizzazione del commercio
ha determinato il "dumping" dei prodotti agricoli importati, altamente
sussidiati, dai paesi ricchi. Questi competono con le coltivazioni locali
che sono state sviluppate e curate dalle donne indigene. Le forme
sostenibili di sussistenza per gli indigeni, per i piccoli coltivatori e
per le piccole imprese si trovano erose o distrutte. In Perú, dove è nata
la patata, gli indigeni stanno lasciando che le patate, che coltivano per
il mercato, marciscano nelle proprie terre, quando non le utilizzano per
lanciarle contro il presidente Fujimori durante le loro manifestazioni. Il
"dumping" delle patate più a buon mercato, o di quelle già pelate o di
quelle pronte per essere fritte, importate dagli Stati Uniti e dal Canada,
così come il riso dall'Asia, pongono in grave svantaggio le patate locali.
Gli Igorots, nella regione della cordigliera delle Filippine, non
coltivavano tradizionalmente patate. Ciò nonostante, quando gli americani
colonizzarono le Filippine agli inizi del XX secolo, introdussero questa
coltivazione e facilitarono il ricambio della produzione di sussistenza con
le coltivazioni per il mercato.
Per più di trent'anni, le coltivazioni delle patate permisero quindi la
sussistenza di decine di migliaia di agricoltori indigeni. Con l'ingresso
nel paese delle stesse patate già lavorate, circa 50.000 agricoltori hanno
perso il loro unico mezzo di sussistenza.
In Messico esiste un caso simile per il granoturco, coltivazione
tradizionale dei popoli indigeni. La liberalizzazione delle importazioni,
promossa sotto il Trattato del Libero Commercio del Nord America (TLC) e
rafforzata dalla Organizzazione Mondiale del Commercio (OMC), si è tradotta
nel "dumping" verso il Messico di granoturco a buon mercato proveniente
dagli Stati Uniti.
Con il suo ingresso nel TLC, nel 1994, il Messico si è impegnato a smettere
di fornire sussidi alla produzione del granoturco e ad abbandonare le
restrizioni alle importazioni agricole.
Nell'arco di un anno, la sua produzione domestica di granoturco e di altri
cereali si è ridotta del 50%. Per conseguenza si sono prodotti milioni di
espedienti per la sussistenza, a livello locale.
Questo ha determinato una accellerazione dell'esodo dei messicani verso gli
Stati Uniti, messicani che mettono così a rischio le loro stesse vite. Si
è verificato, così che due donne del Chiapas sono morte alla frontiera con
gli Stati Uniti, alcuni giorni prima di questo Foro.
Così, la promessa che la liberalizzazione del commercio avrebbe portato la
crescita economica e fatto diminuire la povertà, non si è concretizzata per
molte comunità indigene.
La povertà e l'esclusione sono peggiorate. Il peso del debito estero dei
paesi in via di sviluppo, che ha obbligati questi stessi paesi a sottoporsi
ai programmi di aggiustamento strutturale della Banca Mondiale e del Fondo
Monetario Internazionale, ha peggiorato la situazione di povertà.
Si stanno cedendo i servizi sociali di base al settore privato, cosa che li
rende ancora più inaccessibili alle donne indigene. La privatizzazione dei
profitti e dei servizi fondamentali, come quello dell'acqua in Bolivia,
dell'energia elettrica nelle Filippine, ecc.. scatenano proteste di massa
da parte dei popoli indigeni, così come dei contadini e dei lavoratori.
Per colmo, il sistema internazionale dei mercati sotto la conduzione della
OMC spinge i paesi a sviluppare l'Accordo sugli Aspetti Relazionati al
Commercio dei Diritti di Proprietà Intellettuali (TRIPS). Si tratta del
regime internazionale che legittima la pirateria delle conoscenze dei
popoli indigeni sull'agicoltura, sulla salute e sulla conservazione della
biodiversità. Anzi, di più, questo regime legittima le patenti sulla vita
che per i popoli indigeni sono la peggior forma di mercificazione e
svalutazione della vita. La raccolta e la "patentazione" del materiale
genetico dei popoli indigeni, dalle tradizionali piante sacre e medicinali
(ayahuasa, kava, zucca amara) agli alimenti (quinoa), sono alcuni esempi
del nuovo biocolonialismo e della biopirateria.
Razzismo e Discriminazione
Altri problemi che sono stati sottolineati includono la violenza contro le
donne indigene e lo sviluppo del numero di donne e bambine indigene di
India, Tailandia, Nepal e Filippine, che sono vittime delle reti del
traffico sessuale.
La liberalizzazione degli investimenti nel settore dei servizi ha
significato l'ingresso di agenzie straniere di turismo e di viaggi. Tali
agenzie promuovono aggressivamente il turismo e attirando i turisti con
l'esotismo delle donne e delle culture indigene.
La liberalizzazione degli investimenti ha significato anche uno sviluppo
delle incursioni delle imprese minerarie e del petrolio nei territori
indigeni. I conflitti sul controllo e sull'utilizzo delle risorse primarie
che si trovano nelle terre e nelle acque indigene si aggravano giorno dopo
giorno.
I popoli indigeni vengono cacciati dalle proprie terre o segregati in
accampamenti all'interno delle stesse o sono spinti ad attraversare le
frontiere artificiali, apparse con la creazione degli stati-nazione.
I conflitti armati e non armati sono aumentati, sia in Africa, che in Asia,
che in Centro e Sud America. I popoli indigeni si trovano coinvolti in
conflitti ed in guerre occasionati da altri. Un numero crescente di popoli
indigeni si è rifugiato alle frontiere. La resistenza dei popoli indigeni
contro l'espropriazione delle proprie terre e risorse, contro la
privatizzazione dell'acqua in Bolivia, per esempio, o contro la
dollarizzazione dell'economia in Ecuador, è interpretato dai rispettivi
governi come un atto di ostilità ed una minaccia alla sicurezza nazionale.
La risposta comune è la militarizzazione crescente, che conduce a peggiori
violazioni dei diritti umani, soprattutto per le donne indigene.
In altri casi, le Nazioni ed i Popoli Indigeni del Canada, degli Stati
Uniti e dell'Australia hanno portato in giudizio le corporazioni ed anche
le stesse agenzie governative. Questi casi includono il deposito dei
rifiuti tossici o nucleari nei territori indigeni, l'inquinamento delle
acque e delle terrre da parte delle imprese di estrazione mineraria e
petrolifere, la deforestazione degli ultimi boschi e terreni di caccia che
rimangono, e la distruzione causata dalla costruzione di strade e grandi
dighe.
Le donne indigene, anche quelle di paesi ricchi come Canada, Stati Uniti e
Australia, hanno notato poi una crescente povertà e problemi di salute.
Nonostante che il Canada risulti come il primo paese nell'indice di
Sviluppo Umano delle Nazioni Unite, la crescente povertà tra i nativi
canadesi non risulta rispecchiata in tale indice. Tra di loro si rilevano
infatti i più alti tassi di mortalità infantile e materna; l'incidenza del
HIV/AIDS è più alta che nel resto della popolazione; allo stesso modo che
per i Popoli Aborigeni dell'Australia, ci sono poi proporzionalmente più
indigeni nelle carceri, rispetto agli altri gruppi della popolazione.
Tutti questi sono sintomi dei problemi strutturali del razzismo e della
discriminazione, della mancanza di riconoscimento dei diritti dei popoli
indigeni all'autodeterminazione ed al proprio controllo sulle terre e sulle
risorse.
Queste sono anche le conseguenze della crescente monopolizzazione della
ricchezza e del potere nelle mani di ogni volta meno paesi, corporazioni e
miliardari.
Il governo globale, ogni voltà di più, si trova nelle mani di istituzioni,
come sono la Banca Mondiale, il Fondo Monetario Internazionale,
l'Organizzazione Mondiale del Commercio e il Gruppo dei G8, che non sono
trasparenti e non rispondono davanti ai cittadini.
Victoria Tauli-Corpuz,
Coordinatrice della Rete delle Donne Indigene Asiatiche
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