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R: [Richiesta Amministrativa] articolo "censurato" dalla stampa locale a Lecce
- To: <pck-latina@peacelink.it>
- Subject: R: [Richiesta Amministrativa] articolo "censurato" dalla stampa locale a Lecce
- From: "Marina Beccuti" <marina.b@inrete.it>
- Date: Mon, 15 May 2000 22:47:07 +0200
- References: <3.0.6.32.20000515162233.007edaf0@box.tin.it>
Inserisco l'articolo riportato da Movimondo. Prego di non postare attach.
Grazie comunque per aver fatto partecipe la lista di questa censura.
Cari saluti.
Marina Beccuti
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ECUADOR: VITTIMA E OSTAGGIO DELLA GLOBALIZZAZIONE
"Toda la tierra y el espacio de nuestro continente es sagrado. Pero el
principal lugar sagrado para los indigenas de antes y de hoy es la humanidad
(Tutta la terra e lo spazio del nostro continente è sacro. Però il
principale luogo sacro per gli indios di ieri e di oggi è l'umanità)".
Con questo motto gli indios dell'Ecuador hanno salutato l'alba del nuovo
millennio. E la forza dirompente di questo messaggio si è fatta sentire fin
nel cuore dei vecchi sistemi, sempre uguali e viziosi nell'imporre l'aumento
della povertà, nella memoria del 21 gennaio scorso. A Quito, piccolo punto
nelle Ande dell'America Latina, gli indios hanno sfidato la GLOBALIZZAZIONE
della POVERTA', dicendo il loro NO all'imposizione della DOLLARIZZAZIONE
della loro economia e dell'Ecuador tutto. Centinaia e centinaia di
campesinos e indios sono scesi dai sentieri millenari degli Incas (le forze
armate avevano bloccato le strade asfaltate pensando un loro arrivo con
pulman e camion..), e sono arrivati nel cuore della capitale ecuadoriana,
pacificamente e festosi, mettendo in fuga politici e fedeli servitori del
grande fratello!!! E' durato poco lo spazio di quel grido contro l'
IMPOVERIMENTO, è durato poco: lo spazio di un fremito di paura tra Fondo
Monetario, Banca Mondiale, USA, G7 e altri poteri globali. Lo spazio di due
parole dettate dalle agenzie internazionali "l'Ecuador è PARIA nel sistema
economico Internazionale". I militari, dapprima a fianco degli Indios due
ore dopo il "Levantamiento" hanno abbandonato gli ecuadoriani nelle mani
del vecchio sistema, e gli Indios sono rimasti soli: traditi, delusi e
amareggiati. Ma invece di restituire il colpo col sangue hanno continuato la
"marcia" e sono usciti dai palazzi della capitale per ritornare nei campi e
"comunas" delle Ande, per forgiare e rafforzare l'esperienza di
autocoscienza e autoorganizzazione dal basso. Il loro messaggio giunge oggi
anche a Lecce con la visita di Rosa Alvarado della CONAIE (confederación de
los Pueblos Indigenas del Ecuador), nell'incontro organizzato da
CTM_Movimondo nell'ambito delle iniziative per celebrare i 15 anni di
attività e solidarietà senza confini dell'associazione salentina. Il grido
dell'Ecuador e degli Indios delle Ande è anche il grido dei popoli
impoveriti con le politiche degli "aggiustamenti strutturali", dei "crediti
a lungo termine", delle "privatizzazioni necessarie", dei "tagli sociali",
degli "oneri sul debito" e di tutti quesi meccanismi che creano e mantengono
la povertà dei tanti Sud del mondo. Processo globale d'impoverimento, è
questo il risultato del voler dollarizzare l'economia di un paese come l'
Ecuador. Un paese che potrebbe essere la Svizzera dell'America Latina (pieno
di ricchezze di ogni genere) e che invece è tra quelli in America Latina
dove più alto è il tasso di denutrizione e analfabetismo. Un paese costretto
a produrre caffè, cacao e banane (le Dole) da esportare per far entrare
dollari (per pagare gli interessi sui debiti!) e che non può produrre per
soddisfare il fabbisogno interno del suo popolo; un paese produttore di
petrolio e dove la benzina costa più di quanto vale in Italia (che la
importa) perché l'estrazione dell'oro nero è nelle mani di compagnie
multinazionali (Shell, Texaco, ecc.). Dove un litro di latte può costare la
sera 2000 Sucres e la mattina dopo, appena annunciata la dollarizzazione,
12.000 Sucres!!!
Contro quest'imposizione della povertà si sono levati gli indios dell'
Ecuador! Contro tutte le forme di globalizzazione selvaggia degli interessi
dei "grandi" sono insorti le centinaia di piccoli indios delle Ande. E con
la loro resistenza mostrano anche a noi il percorso da seguire se non
vogliamo essere schiacciati nella morsa del capitalismo globalizzato dove
solo due categorie sociali valgono: quelli che possono vendere e quelli che
possono comprare (comunque alleati per arricchirsi). E questo processo è
sotto i nostri occhi ogni giorno perché ogni giorno consumiamo prodotti
coltivati in Ecuador o Zambia, con prezzi fissati a New York o Londra, con
guadagni che si fermano nelle banche svizzere o nei paradisi fiscali (dove
multinazionali come Nestlè, Del Monte e tante altre investono gli introiti),
e che lasciano nei paesi d'origine solo manodopera a basso prezzo ed
economie dipendenti e da colonizzare/dollarizzare. E questa "fame" di
guadagni facile è sempre più forte come dimostra la questione del Cacao con
l'ultima risoluzione UE, o l'affare della manipolazione genetica delle
sementi (e non solo di quelle), o il tentativo di imporre accordi strozzini
come il "Nafta for Africa" o il M.A.I. (Accordo Multilaterale sugli
Investimenti). Tutte sigle che ogni giorno passano davanti ai nostri occhi e
che determinano quotidianamente la fetta di popolazioni da impoverire, le
stesse che saranno costrette a "sbarcare" sulle nostre coste. Finché,
chissà, nel futuro anche noi saremo travolti da questa tempesta di povertà
globale, in fondo le 200 persone più ricche del mondo hanno in mano un
patrimonio finanziario pari al reddito della metà della popolazione mondiale
( e tra questi 200 c'è anche qualche connazionale), e le 10 multinazionali
più grandi ne dispongono dell'altra metà! Basta(no) poc(hi)o per essere
ricchi!!!!
Celebrare il nostro anniversario con gli indios dell'Ecuador è anche
divenire partecipi e solidali con chi, come i "campesinos" delle Ande
ecuadoriane, vuole costruire un'economia solidale dove globale sia la
libertà e sacralità di ogni uomo e donna: nella capacità di controllare
merci e capitali (frutto di rapine e inganni) prima che di uomini e popoli,
nella determinazione di poter costruire il proprio processo di sviluppo,
nella possibilità di rifiutare modelli escludenti e di povertà organizzata e
mantenuta.
Carlo Mileti,
CTM_Movimondo