Le
ombre di Papa Francesco: i legami con Videla e la Guardia di
Ferro
Un giornalista argentino
svela i legami che il nuovo Papa, Francesco, avrebbe intessuto, tra il 1976 e il
1981, con il governo dittatoriale di Videla, colpevole di migliaia di
morti.
-Redazione-
-14 marzo 2013- Appena eletto e
già deve iniziare a fare i conti con le macchie del suo
passato.
C'è voluto
pochissimo prima che la notizia si diffondesse: il nuovo papa, Francesco, è tacciato di collusione con la dittatura argentina, che
tra il 1976 e il 1981 sterminò oltre novemila
persone.
A
dichiarare la complicità del neo pontefice, è stato il giornalista argentino
Horacio Verbitsky, nel suo libro
“L'isola del silenzio. Il ruolo della Chiesa
nella dittatura argentina”, pubblicato nel 2006. Nel volume, il
cronista indaga riguardo i rapporti che legarono il Vaticano al regime
dittatoriale del generale Videla.
E non pochi riferimenti sono presenti riguardo Jorge Mario
Bergoglio.
Da
quanto riportato dal giornalista, nei primi anni Settanta, il nuovo papa, allora
appena trentaseienne, divenne il Superiore provinciale della
Compagnia di Gesù nel paese sud americano. Una posizione che gli
permise di configurarsi come “coordinatore” di tutte le comunità ecclesiastiche
gesuite che operavano nelle
baraccopoli di Buenos Aires. Il
compito di queste istituzioni era quello di tutelare e aiutare i poveri che
vivevano nelle bidonville argentine.
Dalle ricostruzioni di Verbitsky,
emerge però che, nel febbraio del
’76, un
mese prima del colpo di stato, Bergoglio domandò a due dei suoi “dipendenti”
gesuiti, impegnati nelle comunità, di abbandonare il proprio lavoro. Li invitò
ad andarsene, senza motivi apparenti. I due ecclesiastici, Orlano Yorio e Francisco Jalics, rifiutarono
categoricamente, adducendo come motivo il fatto che non potevano lasciare da
sole tutte le persone facevano affidamento sul loro aiuto. Una disobbedienza che
costò loro due provvedimenti
immediati da parte del Superiore: vennero esclusi, a loro insaputa, dalla
Compagnia di Gesù e vennero privati dell'autorizzazione di celebrar messa.
A detta dei due sacerdoti, quella
revoca fu un segnale chiaro, attuato da Bergoglio, per far capire a Videla che
la protezione della Chiesa nelle baraccopoli era venuta a meno. Pochi giorni
dopo il golpe, infine, i due vennero
rapiti, probabilmente proprio perché segnalati come
“sovversivi”, in quanto s'adoperavano per
sensibilizzare i più poveri riguardo
i diritti e la libertà.
Condotti nella Scuola di Meccanica
della Marina, l' Esma, il più grande centro
di detenzione illegale e di tortura del governo militare, furono trattenuti per
sei mesi. Grazie, poi, alle pressioni del Vaticano, vennero rilasciati. Appena
liberi, accusarono immediatamente Bergoglio, per averli traditi e denunciati: il
cardinale, però, si difese spiegando che la richiesta di allontanamento dalle
baraccopoli aveva origine dal tentativo di avvisarli di un pericolo imminente.
Versione a cui i padri gesuiti non
creddero.
A smentire Bergoglio, vi sarebbe
anche diversi atti ministeriali
citati da Verbistky, tra cui uno custodito negli
archivi del dicastero degli Esteri. Nel 1979, infatti, padre Jalics si era
rifugiato in Germania, dove aveva domandato il rinnovo del passaporto per
evitare di dover essere rimpatriato nel paese sudamericano. Una richiesta che
venne respinta, proprio per causa di Bergoglio, il quale raccomandò agli uffici
competenti di rifiutare l'istanza, in quanto il padre gesuita era “un
sovversivo, già detenuto nell'Esma.”
Inoltre, nel libro, il giornalista spiega di come
Bergoglio, durante la dittatura militare, abbia collaborato attivamente con la
Guardia di Ferro,
un'organizzazione della destra peronista. “Io non conosco casi
moderni di vescovi che abbiano avuto una partecipazione politica così esplicita
come è stata quella di Bergoglio”, ha scritto
Verbitsky. “Lui agisce con il tipico stile di un politico. È in relazione
costante con il mondo politico, ha persino incontri costanti con ministri del
governo.”
Ma, ancora
prima, nel '76, era stato un altro autore, Emilio Mignone, a descrivere il nuovo
pontefice come un esempio della“sinistra complicità ecclesiastica con i militari che
si incaricarono di compiere lo sporco compito di lavare il cortile interno della
Chiesa con la accondiscendenza dei prelati.”, nel libro “Chiesa e dittatura”.