Fw: (L'America centrale si rimilitarizza 2a parte) - "La guerra alla droga è un fallimento", dice Laura Carlsen
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- From: "nello margiotta" <nellomargiotta55 at virgilio.it>
- Date: Fri, 7 Dec 2012 22:09:02 +0100
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From: Alba .
To: Alba
.
Sent: Friday, December 07, 2012 9:43 PM
Subject: (L'America centrale si rimilitarizza 2a parte) - "La guerra
alla droga è un fallimento", dice Laura Carlsen In allegato la seconda di quattro parti del reportage
speciale "L'America Centrale si rimilitarizza".
"La guerra alla droga è un fallimento",
dice Laura Carlsen
ll modello di lotta contro il traffico di droga e la criminalità organizzata proposto dagli Stati Uniti in America Centrale non solo ha miseramente fallito, ma ha portato ad una intensificazione della violenza contro le popolazioni locali e la rimilitarizzazione del territorio. Questa situazione ha rivelato gli interessi occulti degli Stati Uniti, che puntano a monitorare e intervenire nei processi di emancipazione dei paesi ed in quelli di unificazione regionale. di Giorgio Trucchi | Opera Mundi/Alba
Sud/LINyM (2ª parte di “L’America Centrale si
rimilitarizza”)
"La guerra alla droga è un
fallimento", dice Laura Carlsen ll modello di lotta contro il traffico di droga e la criminalità
organizzata proposto dagli Stati Uniti in America Centrale non solo ha
miseramente fallito, ma ha portato ad una intensificazione della violenza contro
le popolazioni locali e la rimilitarizzazione del
territorio di Giorgio Trucchi |
Opera Mundi/Alba Sud/LINyM
(2ª parte di “L’America Centrale si
rimilitarizza”) Laura Carlsen (Foto Nino Oliveri) Questa situazione ha rivelato gli interessi occulti degli Stati
Uniti, che puntano a monitorare e intervenire nei processi di emancipazione dei
paesi ed in quelli di unificazione
regionale. Sulla base di questa analisi, la politologa e direttrice del Programma delle Americhe del CPI
(Centro di Politica Internazionale), Laura Carlsen, ci ha detto che l'unico
modo per combattere e sconfiggere le narco-attività è attraverso la promozione
di un modello che parta dal basso, con la partecipazione dei cittadini e con
l’obiettivo di riparare il tessuto sociale distrutto dalle politiche
neoliberiste degli ultimi due decenni. Quali sono le caratteristiche del
modello di lotta contro il traffico di droga proposta dagli Stati Uniti in
Messico e ora esportato in America
Centrale? Laura
Carlsen: è un
modello basato sulla militarizzazione del territorio e sullo scontro diretto per
intercettare e mettere sotto sequestro grossi contingenti di droghe illegali, ma
anche per arrestare o eliminare i membri dei cartelli della droga. Tutto ciò,
per definizione, implica affrontare la violenza con maggior violenza e il
risultato è l'aumento esponenziale dei morti. Ad oggi, si stima che la lotta
contro il traffico di droga e la criminalità organizzata in Messico ha fatto più
di 60mila morti. Qual è il bilancio di questo
modello? E' stato un fallimento totale. Ha generato tassi molto elevati di
violenza, non ha fermato il flusso di droghe illegali che entrano negli Stati
Uniti e anche l'arresto dei ‘signori della droga’ non ha contribuito a frenare
il 'business'. Al contrario, il loro arresto ha scatenato una guerra tra i
cartelli per assumere il controllo del territorio, generando un incremento della
violenza e delle morti. C'è stato qualche cambiamento con
l’amministrazione del presidente Barack
Obama? L'Iniziativa Merida è stata lanciata nel mese di ottobre 2007 come
piano triennale. Obama cosa ha fatto? L’ha sviluppata, intensificata e
prolungata a tempo indeterminato. Per la prima volta, gli Stati Uniti sono stati
direttamente coinvolti nella gestione di aspetti che hanno a che fare con la
sicurezza nazionale del Messico. Si tratta di un cambiamento strutturale molto
preoccupante che viene ora applicato in Centroamerica attraverso la CARSI
(Iniziativa per la Sicurezza Regionale per l'America Centrale). Uno dei primi
effetti che stiamo vedendo è la rimilitarizzazione di questi paesi e una
dinamica crescente di violenza contro i civili e di violazione dei diritti
umani. Che interesse avrebbero gli Stati
Uniti a riproporre un modello
fallimentare? Il paese (Stati Uniti) non è disposto neanche a discutere la
ragione di questo fallimento e sta ricevendo forti critiche, anche dai governi
della regione. Per noi, questo atteggiamento rivela che dietro la
militarizzazione, ci sono interessi molto
forti. Di quali interessi stiamo
parlando? In primo luogo garantire enormi profitti all'industria bellica, che
è radicata principalmente negli Stati Uniti. Sono miliardi di dollari che
entrano nel paese attraverso la vendita di armi e di attrezzature militari,
l'uso di società di sicurezza privata come la Blackwater, e realizzazione di
sistemi elettronici e di spionaggio ai danni della
popolazione. In secondo luogo vi è un interesse geopolitico. Gli Stati Uniti
vogliono un maggiore controllo sulle strategie di sicurezza interne dei paesi
dell'America Centrale, soprattutto ora che molti governi progressisti o di
sinistra sono stati eletti in America Latina, governi che non condividono più le
politiche neoliberiste e promuovono processi innovativi. In questo senso, gli
Stati Uniti cercano di rafforzare la loro presenza militare per affrontare ciò
che percepiscono come una minaccia alla loro tradizionale egemonia nella
regione. C’è anche un grande interesse per le
risorse naturali di questi paesi ... E’ un altro dei punti direttamente legati alla militarizzazione e
ha precedenti in Colombia, dove, con il pretesto della lotta contro il traffico
di droga, più di cinque milioni di persone sono state allontanate dalle loro
terre. E la cosa più assurda è che ora il Dipartimento di Stato americano sta
presentando la Colombia come un esempio di sicurezza e un modello da esportare
in tutto il continente latinoamericano. In Messico, ad esempio, attraverso
l'Iniziativa Merida, gli Stati Uniti hanno militarizzato il TLCAN (Trattato di
Libero Commercio dell’America del Nord) per salvaguardare i loro interessi
economici e tutelare gli investimenti degli Stati Uniti in termini di risorse
naturali. In ogni caso, questo è il punto: si tratta di una militarizzazione che
non solo protegge gli investimenti stranieri, ma incoraggia un processo di
sfollamento delle aree in cui ci sono ricchezze
naturali. In molti paesi dell'America Centrale,
la protesta sociale contro lo sfruttamento delle risorse naturali viene
criminalizzata. Condivide questa
preoccupazione? Non vi è alcun dubbio che si stia reprimendo la protesta sociale,
in particolare nei paesi del Triangolo Nord. C'è una criminalizzazione
accompagnata dalla repressione delle organizzazioni che lottano contro le
miniere, i megaprogetti turistici e idroelettrici, l'espansione delle
monoco0ltivazioni in gran scala. Dobbiamo approfondire l'analisi e la ricerca
per avere elementi sufficienti che ci aiutino a prevedere dove si concentrerà la
repressione. Che ruolo stanno giocando la DEA
(Drug Enforcement Administration) e il flusso di denaro che finanzia la lotta
contro il traffico di droga in America
Centrale? Abbiamo cercato di indagare sui movimenti del denaro che viene poi
utilizzato per finanziare la lotta contro il traffico di droga, ma è stato molto
difficile a causa della mancanza di trasparenza. In alcuni paesi, come
l'Honduras e il Guatemala, gli agenti della DEA sono autorizzati a portare armi
e a sparare sui civili. Ci sembra assurdo ed è anche una violazione assoluta
della sovranità nazionale e dei diritti umani internazionali. Abbiamo inoltre
documentato le sofferenze causate dalla criminalizzazione della protesta e, in
particolare, l'impatto sulle donne. Tutti ciò avviene con la totale mancanza di
interesse da parte del Dipartimento di Stato
americano. Quali sono gli effetti di questa
politica sulle donne? Ci sono tassi molto elevati di vessazioni, torture e violenze
sessuali. Le donne spesso si
mettono alla testa della protesta e della difesa delle loro comunità, contro la
militarizzazione e lo sfruttamento delle risorse naturali. Nel caso
dell’Honduras, questa situazione coincide con l'aumento della violenza che si è
generata dopo il colpo di stato e che è aumentata con l'attuale regime di
Porfirio Lobo. Non possiamo nemmeno dimenticare la repressione contro gli
oppositori al colpo di stato e l'uso di una presunta guerra contro le droghe
illegali per reprimere l'opposizione politica. E tutto questo nella più completa
e totale impunità. In Honduras, i casi che arrivano a una sentenza finale nei
tribunali sono meno del 2 per cento e le accuse di corruzione nelle istituzioni
sono all'ordine del giorno. Anche in Guatemala la situazione è molto preoccupante. Le comunità,
che non hanno certo dimenticato gli orrori della campagna genocida militare
degli anni 80, stanno assistendo a una nuova militarizzazione dei propri
territori, rivivendo la stessa repressione di un
tempo. Come combattere, quindi, il traffico
di droga e la criminalità organizzata? Non esiste una risposta unica, né un modello sicuro, ma sappiamo
che la risposta non è la militarizzazione. È importante che questo nuovo modello
sia costruito dal basso, con la partecipazione dei cittadini e con la prospettiva di una ‘sicurezza’ che abbia
come obiettivo primario la sicurezza della persona, della sua
vita. Bisogna inoltre riparare e recuperare il tessuto sociale distrutto
dalle politiche neoliberiste degli ultimi due decenni. È necessario ricomporlo
con programmi sociali che creino posti lavoro, che garantiscano sviluppo
economico, accesso alla salute, all'educazione, al rispetto dei diritti umani.
Bisogna tornare indietro e incominciare nuovamente a costruire una società
forte, affinché possa resistere ai tentativi d’infiltrazioni del crimine
organizzato, il reclutamento dei giovani e l'estorsione.
Bisogna infine forzare la volontà politica, affinché ci sia un
sistema di giustizia al servizio della popolazione, eliminando l'impunità e la
corruzione. (continua) (Traduzione cortesia Raffaella
Cristofori) © Testo Giorgio Trucchi - Lista Informativa "Nicaragua y más" di Associazione Italia-Nicaragua - www.itanica.org
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