Perù, il "dialogo" di Ollanta: morti ammazzati,stato d'emergenza e botte ai leader sociali
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- Date: Sun, 8 Jul 2012 13:37:54 +0200 (CEST)
Perù: Il “dialogo” di Ollanta: morti ammazzati, stato d'emergenza e botte a leader sociali
Servindi, 5 luglio 2012
Il governo vuole dialogare o imporre con la forza il progetto Conga? Le botte e la detenzione del leader e pacifico attivista ambientale Marco Arana, la morte di cinque civili per colpi di pallottola e le aggressioni sofferte da alcune autorità della Defensoría del Pueblo e del Ministerio Público sembrano indicare che il dialogo di cui parlano le autorità sia un inganno.
La polizia e l'esercito che controllano tre provincie della regione di Cajamarca, Hualgayoc, Celendín e Cajamarca, stanno commettendo innumerevoli sopraffazioni nei confronti dei diritti dei cittadini, sopraffazioni che hanno, tra le altre cose, motivato la denuncia dei procuratori della regione che hanno subìto anche loro le vessazioni delle forze pubbliche.
Johny Díaz, procuratore provinciale per la Prevención del Delito di Cajamarca, ha denunciato che la polizia mena le persone anche dopo averle incarcerate. Ha dichiarato anche che la polizia ha attaccato violentemente con colpi e bombe lacrimogene le persone che stavano facendo delle dichiarazioni davanti ai procuratori.
Franchi tiratori dell'esercito?
Il 3 luglio è stato il giorno in cui si scatenata la violenza nella provincia di Celendín. Tre civili morti è stato il saldo dello scontro e, secondo la versione dei manifestanti e del leader Marco Arana, questi sarebbero stati assassinati da franchi tiratori dell'esercito che hanno sparato dagli elicotteri.
Foto di bossoli di arma da fuoco sarebbero la prova del fatto che tra le forze chiamate “dell'ordine” sono state utilizzate armi letali per disperdere i manifestanti:
“Si deve fare la necropsia per vedere come sono state causate le ferite ai morti e anche ai feriti”, ha richiesto Marco Arana. Ciò nonostante, la versione del Ministero dell'Interno è che era la popolazione civile ad essere armata.
E gli impegni di Yanacocha?
Per il governo, il dialogo sembra essersi esaurito: Ollanta Humala ha detto che “Conga va”, con il requisito di “garantire l'acqua per le necessità vitali ed economiche della popolazione”.
Tuttavia, questo requisito elementare, insieme agli altri che sono stati chiesti dal presidente nel suo messaggio alla nazione del 20 aprile scorso, non sembrano essere stati accettati dall'impresa Yanacocha. E inoltre, non esiste nessun documento che garantisca il loro compimento.
Le dichiarazioni di Roque Benavides, presidente della Buenaventura - una delle imprese azioniste di Yanacocha con la nordamericana Newmont - hanno smentito olimpicamente che Yanacocha si sia impegnata a conservare due lagune che – secondo lo studio d'impatto ambientale (EIA) - potrebbero essere convertite in discariche per le macerie.
Roque Benavides non assicura neanche che si potranno assegnare i 10.000 posti di lavoro che ha promesso il presidente Humala nel suo discorso. “Noi non possiamo più assumere gente non qualificata. Dobbiamo assumere la gente migliore e in numero adeguato”, ha dichiarato in un'intrevista al quotidiano La República.
Malgrado non abbia assunto nessun impegno, Minas Conga ha iniziato la costruzione dei reservorios e ha annunciato che non si fermeranno: “fintanto che l'autorità non ci dica di fermarci, noi non possiamo fermarci”, ha dichiarato Roque Benavides durante la sua presentazione al Foro di Investimenti “Arqcom 2012″.
Dittatura mineraria-militare?
La spudorata violenza con la quale agisce il Governo in risposta ai conflitti sociali ci fa porre la domanda se siamo in presenza di un regime che non ha la minima intenzione di praticare meccanismi democratici per risolvere i conflitti sociali propri di una società con problemi di diverso tipo.
Gregorio Santos, il maltrattato presidente regionale di Cajamarca - al quale il governo e i mezzi d'informazione di massa attribuiscono ogni male: i disordini, le proteste, le morti, etc.- ha qualificato il regime di Ollanta come autoritario e “minerario-militare”.
In una dichiarazione del 6 luglio a Canal N, Ollanta Humala ha detto che la posizione del governo è stata sempre di dialogo. Tuttavia, ha giustificato la violenza della polizia dichiarando che le forze dell'ordine avevano “pisado el palito1” per via di “supposti leader” con “cartellini” sul petto, con chiara allusione alla brutale aggressione subita da Marco Arana.
Per salvaguardare il “principio di autorità”, il governo di Ollanta Humala sta applicando politiche repressive come era solito fare il governo di Alberto Fujimori, come anticipato da Pedro Arrojo, il coordinatore della Misión Internacional de Observación della Grande Marcia Nazionale per il Diritto all'Acqua.
Humala va perdendo il sostegno dell'alleanza Gana Perù che lo ha portato al governo e ha messo da parte il Partido Nacionalista per governare unicamente con uno strettissimo entourage familiare, con i suoi ex compagni d'arma nell'Esercito e con il Servicio de Inteligencia Nacional (SIN).
Da poco, quattro congressisti della bancada oficialista Gana Perù si sono dimessi perché in disaccordo con la maniera con cui il Governo affronta i conflitti sociali. La congressista del Cusco Verónika Mendoza ha affermato che il viraggio del Governo verso la repressione della protesta sociale proviene dal fatto che il Presidente ubbidisce incondizionatamente al servizio d'intelligenza nazionale, secondo lo stile fujimontesinista della decade dei novanta.
Quando nel 1990 Alberto Fujimori arrivò al governo in modo subitaneo e sorprendente con l'aiuto del Partito Aprista e senza avere nessuna struttura o apparato politico che lo aiutasse a governare, decise di consegnarsi tra le braccia di Vladimiro Montesinos Torres, cosa che gli facilitò il convertire le Forze Armate nel suo partito di governo.
A Ollanta sembrerebbe succedere la stessa cosa, con l'aggravante che lui ha lasciato da parte il popolo e il contorno sociale che lo ha portato alla vittoria elettorale quando prometteva la Grande Trasformazione; e ha optato per governare in accordo all'interesse delle imprese transnazionali. Per questo si è mimetizzato con l'Esercito che non sente come un corpo estraneo ma come casa sua, come la sua famiglia.
Un analista attento come l'economista Oscar Ugarteche sostiene che “quello che c'è in Perù a un anno dall'elezione del nuovo governo, è un regime mafioso e smargiasso non molto diverso da quello di Fujimori” e “che potrebbe darsi che non termini il suo mandato” davanti a una crisi di governabilità che può aggravarsi se continua con gli stessi metodi e fini.
1Pisar el palito: frase idiomatica che si riferisce a quando qualcuno, per ingenuità e indotto da altri, fa qualcosa che lo pregiudica. In questo caso, chi, secondo Humala, avrebbe “pisato el palito”, è la polizia.
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