FW: Ferma denuncia del geografo Ariovaldo Umbelino sulla situazione dell'agricoltura in Brasile



Title: FW: Ferma denuncia del geografo  Ariovaldo Umbelino sulla situazione dell'agricoltura in Brasile

Da www.comitatomst.it

Un’agricoltura ancora strutturalmente legata a una tradizione schiavista, nonostante la maschera “moderna” dell’agrobusiness,  con proprietari che spesso occupano le terre abusivamente (il 60% delle proprietà non ha titoli legali), in cui la terra raramente svolge la sua funzione sociale, in cui si utilizza meno del dieci per cento delle terre disponibili, è una agricoltura caratterizzata da una violenza strutturale. Per chi dovrebbe fare la riforma agraria, demarcare le terre indigene e quilombolas e non lo fa, Umbelino propone l’impeachement.

FARE LA RIFORMA AGRARIA E’ UN OBBLIGO, UN DOVERE DELLO STATO!
(É una bugia dire che in Brasile la terra è produttiva) Intervista al geografo Ariovaldo Umbelino
 
 gennaio  2011   di  Márcia Junges dell’Instituto Humanista Unisinos
Una agricoltura che, storicamente ha prodotto a spese della manodopera schiava. Questa è l’agricoltura brasiliana che oggi vuole denominarsi agrobusiness, sinonimo di modernità e alta produzione. Si tratta, in realtà di una agricoltura capitalista, “che ora si presenta con questa faccia dell’agrobusiness”, un grande inganno, chiarisce il geografo Ariovaldo Umbelino, nell’intervista a IHU online. Per peggiorare la situazione, lo Stato brasiliano non vigila e non applica le leggi come dovrebbe, il che genera un sentimento di impunità e protezione.
Analizzando la relazione tra la violenza, la concentrazione di terre e l’agrobusiness, Umbelino ha spiegato che questa violenza è strutturale, poiché scaturisce dall’origine della proprietà privata della terra in Brasile. Per avere un’idea, circa il 60% degli immobili rurali non possiedono documenti in regola. Le persone recingono la terra, cominciano (o no) a produrre e si dichiarano proprietarie. Molti proprietari fanno contratti di acquisto e vendita non registrati e, a volte stanno occupando terre pubbliche, come nel caso della Cutrale. In primo luogo, la terra deve compiere la sua funzione sociale, secondo quanto dice la Costituzione brasiliana. E questo accade, dice il geografo, quando “la coltivazione rispetta la legislazione del lavoro e ambientale e quando in essa non si coltivano sostanze stupefacenti”:
Altro tema della conversazione con Umbelino è stata la questione della produttività delle terre brasiliane. Secondo il ricercatore, “è una bugia continuare a dire che la terra in Brasile è produttiva. Per cominciare a svelare questa menzogna, bisogna ricordare che, che se sommiamo tutte le aree coltivate, non arriviamo a 70 milioni di ettari. Il Brasile ha 850 milioni di ettari! L’Incra lo sa e non fa niente”.  In Amazzonia, per esempio, c’è il caso di una persona che è proprietaria di 5 milioni di ettari. “In nessun paese al mondo esiste questo ‘libero arbitrio’ della terra”. E completa: “Sembra che viviamo in un paese senza legge. Bisogna avere chiaro che non ci sarà pace nelle campagne in Brasile fino a quando lo Stato brasiliano, attraverso i suoi organi competenti, non assumerà il controllo del territorio e il controllo della proprietà privata della terra”.
 Ariovaldo Umbelino si è laureato in  Geografia, nell’ Universidade di São Paulo, nella quale ha anche ottenuto il dottorato in  Geografia Umana e la Libera Docenza.  É professore e capo del dipartimento di Geografica della USP, autore di “La geografia delle lotte nelle campagne” (São Paulo: Contexto, 1996) e “Modo Capitalista di produzione, agricoltura e Riforma Agraria (São Paulo: FFLCU/Labur Edições, 2007).

IHU On-Line - Come valuta la violenza nelle campagne in Brasile? Come rispondono attualmente le élite alle rivendicazioni dei movimenti popolari per la terra?

Ariovaldo Umbelino – Rispetto alla violenza bisogna dire che è strutturale, ossia, sta nell’origine della formazione della proprietà privata della terra. Poiché  buona parte dei latifondisti brasiliani  non hanno documenti legali che li autorizzino a collocarsi in una società democratica come proprietari della terra, usano la violenza come forma di intimidazione e pressione politica sullo Stato perché questo non faccia le leggi e non le applichi. Negli studi che faccio con un progetto finanziato dal CNPq, chiamato “Atlante della Terra Brasile”, mostriamo, con dati basati su quelli dell’Incra, che circa il 60% degli immobili esistenti non possiedono titoli legali. Questo vuol dire che, se sottraggo dall’area totale del Brasile, l’area dichiarata dal registro dell’Incra, che è un registro che si basa sulle dichiarazioni, come quello dell’imposta sul reddito (l’Incra non fa verifiche sul fatto che una persona che compila il registro abbia realmente documenti legali che lo autorizzino al possesso), quasi il 60% delle terre del Brasile appariranno come senza proprietari. In linea di massima sono terre pubbliche che dovrebbero, secondo la legge brasiliana, essere destinate alla Riforma Agraria, o essere riconosciute come terre degli indigeni o dei discendenti dei Quilombos o destinate alla costituzione di unità di conservazione ambientale. Ma queste terre sono recintate e lo Stato non fa nulla. E’ qui che risiede la ragione strutturale della violenza riguardo alla terra. Questo è un problema storico, non di oggi. Le persone recingono aree e, con la forza, creano una situazione in cui stanno là legalmente, quando in verità non è vero.  Quel che sto dicendo è talmente vero che, se guardiamo nel registro dell’Incra, anche in quel registro dichiaratorio, una parte di quelli che dichiarano dicono di non avere documenti relativi alla terra. Quindi, in realtà, lo stesso Incra, che è il massimo organo di controllo della proprietà privata della terra in Brasile, sa che una parte di quelli che si dicono proprietari non possiedono i titoli che lo certifichino.
I movimenti sociali hanno cominciato a fare occupazioni di terra come strumento politico per obbligare quanti si dicono proprietari a mostrare i documenti e far sì che lo Stato verifichi se questi documenti esistono davvero. Fare la Riforma Agraria è un obbligo, un dovere dello stato.
 
IHU On-Line – Che connessioni si possono stabilire tra la concentrazione di terre, il lavoro schiavo nelle campagne e l’agrobusiness nel nostro paese?

Ariovaldo Umbelino – Non possiamo pensare che l’agrobusiness che si fa in Brasile sia diverso da quello che si pratica nel resto del mondo. Abbiamo un’agricoltura capitalista che ora si mostra con questa faccia dell’agrobusiness. La nostra agricoltura, storicamente, ha utilizzato il lavoro schiavo. E’ cominciata con la schiavitù e, nell’immaginario del capitalista brasiliano aleggia l’idea che si possa abusare dei lavoratori. Questo fa parte di ciò che chiamiamo immaginario collettivo. Non esiste agricoltore capitalista moderno e agricoltore capitalista arretrato. Entrambi usano strumenti di oppressione. Lo Stato brasiliano, purtroppo, non applica le leggi, non controlla come dovrebbe, allo stesso modo in cui la giustizia, quando scopre un’infrazione, non punisce esemplarmente. Quindi sentendosi impuni e protetti dallo Stato, questi agricoltori hanno inventato l’inganno che l’agrobusiness è moderno e non utilizza il lavoro schiavo.
La maggior parte del lavoro schiavo si trova negli zuccherifici. Mentre si tenta di vendere all’estero un’immagine dell’alcool brasiliano come prodotto puro. Puro? E’ mescolato con il sangue dei lavoratori che tagliano la canna! Un’altra parte significativa del lavoro schiavo in Brasile compare nella raccolta delle radici, nelle aree di produzione di cereali nel cerrado.  Questo viene chiamato agrobusiness moderno. Ma il lavoro schiavo è strutturale come la violenza che circonda la questione della terra. Fanno parte della genesi dell’agricoltura brasiliana.
Bisogna smetterla con questa campagna ideologica che l’agrobusiness non utilizza il lavoro schiavo, che rispetta le leggi brailiane. Parte degli imprenditori delle campagne in Brasile rispettano le leggi, ma questo non vale per tutti. La stessa cosa si può dire del settore industriale. Se non fosse così, la Giustizia del Lavoro non sarebbe piena di azioni promosse dai lavoratori. Il non rispetto della legislazione brasiliana è un fenomeno antico ed è intrecciato con la mentalità brasiliana. Fa parte di questo tipo di capitalismo che si è sviluppato in Brasile, che pensa di poter agire a dispetto della legge.
 
IHU On-Line – Come possiamo comprendere questo paradosso del Brasile ultramoderno che convive con il Brasile che continua a escludere, discriminare e perfino uccidere persone, come nel caso di uomini e donne delle campagne?

Ariovaldo Umbelino – Sarebbe paradossale se questa attività moderna non richiedesse tappe del processo produttivo che ancora si avvalgono fortemente del lavoratore manuale. In realtà, quel che gli imprenditori dell’agrobusiness e qualsiasi imprenditore brasiliano non vogliono è usare intensamente il lavoro umano. E’ proprio per questo che il lavoro schiavo è più presente nelle regioni delle foreste al momento del disboscamento e nell’area di produzione di cereali nel cerrado, durante la raccolta delle radici, perché si tratta di attività che non possono essere svolte da macchine. Il paradosso, quindi, è apparente, perché in realtà il processo produttivo deve essere visto nella sua totalità, dalla preparazione della terra fino alla raccolta finale. Alcune tappe sono fortemente meccanizzate, mentre altre richiedono ancora braccia umane.
 
IHU On-Line – Quali sono le principali violazioni alla funzione sociale della terra?

Ariovaldo Umbelino
– Bisogna dire che gli organismi del governo federale, soprattutto l’Incra, responsabile della Riforma Agraria, dovrebbero farla quotidianamente. Bisogna richiamare lo Stato alle sue responsabilità, con i suoi rappresentanti che stanno nell’organo competente per la distribuzione delle terre. E’ il caso del presidente dell’Incra, che deve far sì che la terra compia la sua funzione sociale. Se il presidente dell’Incra non fa questo, spetta alla società civile reclamare al Pubblico Ministero perché faccia sì che il presidente dell’Incra faccia quel che deve. Visto che nessuno di questi percorsi legali viene seguito, che fanno i contadini senza terra? Si uniscono in movimenti sociali e occupano le terre. I movimenti sociali nascono da questa contraddizione tra il compito dello Stato di fare la Riforma Agraria e  la non realizzazione di questo compito. Allo stesso tempo, c’è anche il problema che molti che hanno recintato le terre non ne sono i legittimi proprietari.
 
 
IHU On-Line – Come valuta la questione del lavoro all’interno dell’agrobusiness?
Ariovaldo Umbelino
– Il caso più eclatante è quello che avviene nel settore della produzione di alcool, che vive un processo di forte meccanizzazione. L’anno scorso, circa il 60% del processo di raccolta della canna è stato realizzato in forma meccanizzata. E’ un settore che cammina in questa direzione, diversamente dal settore dei cereali che già da molto tempo fa le raccolte con le macchine. Quel che succede è una pressione brutale da parte degli imprenditori perché i tagliatori di canna aumentino la produttività del lavoro manuale, questo vuol dire che questi lavoratori devono aumentare la quantità di canna tagliata al giorno. Questa quantità è espressa in tonnellate. Negli anni 80, un lavoratore tagliava da 4 a 6 tonnellate di canna al giorno, secondo la produttività della piantagione. Negli anni 90 il lavoratore è stato spinto a tagliare dalle 8 alle 12 tonnellate di canna al giorno. Oggi, la pressione  arriva a spingerlo a tagliare dalle 12 alle 16 tonnellate. Questo esige un dispendio enorme di energia per un essere umano. Secondo alcuni studi, la quantità di energia spesa da un tagliatore di canna in un giorno equivale a quella consumata in una maratona, ossia 42 chilometri al giorno.
Questo è disumano e fa sì che ci siano perdite assurde di acqua, sali e altre sostanze importanti per il corpo umano. Per questo, alcune aziende hanno introdotto l’uso  di isotonici per i loro lavoratori, per migliorare il loro rendimento lavorativo. Siamo di fronte a una situazione crudele che mostra che quel che di più moderno esiste nell’agricoltura assomiglia alla barbarie del XIX secolo. Neanche i lavoratori delle miniere di carbone, all’origine della rivoluzione industriale in Inghilterra, sono stati sottoposti a questo tipo di giornata di lavoro.

IHU On-Line - Come valuta il plebiscito sul  limite della proprietà della terra, che c’è stato nel 2010? Che passi avanti effettivi ha portato questa mobilitazione e quali sono stati i suoi limiti?

Ariovaldo Umbelino
– La campagna per il limite della proprietà della terra in Brasile è una decisione presa da molto tempo, nel Forum Nazionale di Lotta per la Riforma Agraria e la Dignità e la Giustizia nelle Campagne. Il Forum è un grande raggruppamento di forze che comprende movimenti sociali, organizzazioni sindacali e altre che si interessano all’area rurale brasiliana. Il Plebiscito è stato ampiamente appoggiato dalla Chiesa Cattolica, attraverso la Commissione Pastorale della Terra, in particolare. L’anno scorso, il Forum ha deciso che, insieme alla campagna, che è di lungo periodo, doveva realizzare il plebiscito. L’idea era richiamare l’attenzione della società brasiliana sul fatto che attualmente la proprietà privata della terra nel nostro paese non ha limiti. Se prendiamo lo Statuto della Terra del 1964, vedremo che c’è una limitazione alla proprietà. Con la Costituzione del 1988, questo limite è stato messo da parte. A rigore, in Brasile, si potrebbe arrivare all’assurdo di una sola persona che compra tutte le terre della Nazione e sarebbe protetta legalmente, nel caso possedesse i titoli di proprietà. Questa è una cosa pazzesca in una società moderna e democratica. In nessun paese del mondo esiste questo ‘libero arbitrio’ della terra.
In secondo luogo, la Costituzione del 1988 e lo Statuto della Terra del 1964, fatto dai militari, dicono chiaramente che la terra non è uguale a qualsiasi  altro tipo di proprietà. Se io possiedo un’automobile, posso lasciarla arrugginire in garage. Nessuno può metterci bocca, salvo che questo provochi problemi di salute pubblica. Questo vuol dire che io ho un potere assoluto su questo bene. Il diritto di proprietà prevale nella sua pienezza e totalità. Con la terra non è così. La Costituzione dice chiaramente che la terra deve, prima di tutto, compiere la sua funzione sociale. Quando è che la terra compie la sua funzione sociale? Quando è produttiva, quando la coltivazione rispetta la legislazione del lavoro e ambientale  e quando in essa non si coltivano sostanze stupefacenti. A partire da qui, abbiamo esattamente la situazione del compimento della funzione sociale della terra.
Se gli ispettori del lavoro scoprono che una proprietà utilizza lavoro schiavo, questa proprietà dovrebbe essere immediatamente espropriata per la Riforma Agraria, perché non compie la sua funzione sociale. Quanto ai problemi ambientali, basta che ricordiamo quel che sta succedendo nella discussione sulle modificazione del Codice Forestale, quando vogliono abolire la riserva ambientale del Brasile in nome della distruzione, in cambio di una quota di denaro che non sappiamo quale sarà.
La campagna per il limite della proprietà ha l’obiettivo di collocare  un parametro relativo alla dimensione che le proprietà possono avere nel nostro paese.
In Amazzonia ci sono signori che possiedono titoli relativi ad aree di 5 milioni di ettari. Nel sito di una impresa di cellulosa si dice che essa possiede 1,7 milioni di ettari. La società e il Congresso devono discutere di questo.
 Non vogliamo imporre niente, ma decidere di discuterne e proporre il limite. Per questo bisogna far venir fuori le dimensioni delle proprietà. L’Incra deve divulgare i dati sulle maggiori proprietà del paese. E’ un organo di governo, pubblico, e nasconde questo tipo di informazioni. Inoltre è bene che si dica che parte di questi dati sono nascosti anche all’interno dell’Incra. Solo chi lavora nel settore del registro delle proprietà rurali ha accesso a queste informazioni.
 Per questo dico che la questione della proprietà privata della terra in Brasile non è ben spiegata alla società. E la società ha bisogno di prendere coscienza del fatto che se qualcuno recinge una terra e dice che è sua, non vuol dire che questo sia vero. Bisogna provare con i documenti alla mano che del possesso di quella terra ci sono titoli legali emessi da organi competenti.
 Molte persone fanno usa di contratti di acquisto e vendita, strumenti giuridici firmati tra due persone, che sono validi solo se vengono convertiti in documenti pubblici registrati all’ufficio del catasto. Al di là di questo, il contratto di acquisto e vendita non dà diritto a nessun titolo di proprietà.
Esiste una massima, un immaginario sociale, che se tu recingi un pezzo di terra e lo coltivi, hai dei diritti su quella terra. Questo è vero per i piccoli produttori che possiedono fino a 100 ettari. Ma lo stesso principio è usato da produttori con centinaia di ettari, il che è molto diverso. Nel Rio Grande del Sud, per esempio, ci sono circa 7 milioni di ettari recintati, i cui “padroni” non hanno documenti legali. In Minas Gerais, questo numero salta a 9 milioni di ettari. E lo Statuto della Terra dice che è un crimine impossessarsi di terre pubbliche. La pena prevista è di tre anni di reclusione. E’ per questo che l’agrobusiness investe massicciamente in propaganda negli organi di comunicazione poiché sa che ha “i piedi nel fango” non avendo protezioni legali. Così, usa la violenza perché la società civile non si schieri contro l’uso che fa della terra.

IHU On-Line – Quali sarebbero i principali cambiamenti nell’agricoltura brasiliana se la proprietà della terra fosse limitata?
Ariovaldo Umbelino
–  Non succederà niente. La maggioranza della terra sarebbe destinata alla produzione. Se guardiamo il catasto dell’Incra, con gli indici di produttività del 1975, ci sono 120 milioni di ettari improduttivi delle grandi proprietà, fatto dichiarato da quegli stessi che si dicono i suoi proprietari. E’ una menzogna continuare a dire che la terra in Brasile è produttiva. Per cominciare a svelare questa bugia, bisogna ricordare che, se sommiamo tutte le aree coltivate, non arriviamo a 70 milioni di ettari. Il Brasile ha 850 milioni di ettari! L’Incra lo sa e non fa niente. La Giustizia lo sa e non fa niente.
Vediamo quel che è successo due anni fa in relazione all’occupazione del MST nella   Fazenda Cutrale, nell’interno dello stato di São Paulo. I media hanno detto che il MST ha invaso e distrutto la proprietà privata della Cutrale. La Cutrale ha comprato quelle terre sapendo che erano state indebitamente appropriate e erano terre dello stato.  Nonostante questo, le ha appunto acquistate e ha piantato aranceti. I media hanno detto che quella terra era della Cutrale,  ma se consultiamo i documenti vediamo che non è vero. La Cutrale ha comprato documenti falsi, cosa già appurata dalla giustizia di   São Paulo. I proprietari terrieri hanno un’idea fissa, una vera ossessione, pensano di poter sopraffare la giustizia e le leggi. Per questo è successo lo scandalo. I media sono stati ben pagati per dire quello che hanno detto sul caso Cutrale. La società è stata ingannata.
La terra è sotto processo e l’Incra farà un insediamento per la Riforma Agraria. Sapendo che perderà la terra, la Cutrale ha mandato negoziatori all’Incra per comprare delle terre altrove e tenersi quelle terre pubbliche. E’ come se la legislazione brasiliana permettesse che una terra pubblica potesse passare a un cittadino o a una impresa. La legislazione brasiliana è chiara: quella è una terra pubblica destinata alla Riforma Agraria.
Quindi, se si limiterà la proprietà della terra, in un primo momento, non succederà niente, perché le grandi proprietà non sono produttive. In Brasile le proprietà produttive sono quelle medie e piccole. La media proprietà è protetta dalla legislazione brasiliana e non può essere espropriata se il proprietario non ne possiede più di una. (…)
 
IHU On-Line – Come il governo  Dilma gestirà la questione della Riforma Agraria e della limitazione della proprietà della terra? Ariovaldo Umbelino – Visto che ci sono stati cambiamenti nel Ministero dello Sviluppo Agrario, spero che il nuovo ministro, imbevuto di quello spirito patriottico, che ogni ministro quando assume la carica giura di possedere, cominci a fare quello che l’ex ministro non ha fatto.  Guilherme Cassel, prima di andar via, ha divulgato dati sostenendo che c’era stata la riforma agraria. Non è vero. Negli otto anni del governo Lula, l’Incra ha insediato 200.000 famiglie e ha diffuso un numero di 600/700.000 famiglie insediate. Questa è una menzogna. Questi dati divulgati si riferiscono alla relazione relativa ai beneficiari.  L’Incra emette una relazione dei beneficiari per ogni nuova famiglia insediata, ma anche per riconoscere antichi insediamenti. Che vengono quindi calcolati come fossero nuovi insediamenti, ma non è vero. Nei due mandati di Lula non è stata fatta la riforma agraria e, il che è peggio: dal 2008 ad oggi, si è passati a fare la controriforma agraria, che è il programma Amazzonia Legale. Questo programma destina la terra dell’Incra ai grileiros (persone che si appropriano della terra con documenti falsi) attraverso le Misure Provvisorie 422 e 458. L’Incra ha 67 milioni e 800.000 ettari di terra  nell’Amazzonia Legale e queste terre saranno destinate a grileiros attraverso il programma che ha fatto il signor   Guilherme Cassel.
In realtà, nel  primo mandato di Lula c’è stata Riforma Agraria, nel secondo mandato no. Spero che il nuovo ministro interrompa questo indirizzo, perché si  tratta di terre per la riforma agraria destinate a grileiros. Visto che sono un brasiliano pieno di speranze, spero che il nuovo governo adempia alla legge e la rispetti perché se no dovremo rivolgerci al Pubblico Ministero per far sì che lo Stato brasiliano adempia alla legge. Dobbiamo continuare a fare studi e mostrare tutte queste piaghe. La nuova presidente deve prendere coscienza di questo e non credere alle menzogne che dicono molti ministri come Cassel

IHU On-Line – E che prospettive ci sono per il riconoscimento delle terre indigene e quilombolas nel governo che comincia?
Ariovaldo Umbelino
– Il governo eletto democraticamente deve fare in modo che si compia la Costituzione.  Quando si assume l’incarico si fa un giuramento. Riconoscere le terre indigene è obbligo del Presidente della Repubblica attraverso l’organo competente che è la Funai. Se non lo fa spetta al Pubblico Ministero agire perché il presidente della Funai agisca. E se anche così la Funai non realizza il suo compito spetta al presidente della repubblica  entrare in azione. Se nemmeno il presidente si mostra all’altezza, si deve chiedere l’ impeachment per le due cariche. Questo è il procedimento legale. La stessa cosa vale per le terre dei discendenti degli abitanti dei quilombos. In Brasile, tuttavia, sembra che quello che sto dicendo faccia parte di un discorso che viene dal pianeta Marte. E’ come se la Costituzione brasiliana non esistesse. Pare che viviamo in un paese senza legge. Bisogna che sia chiaro che non ci sarà pace nelle campagne in Brasile fino a che lo Stato brasiliano, attraverso i suoi organi competenti, non assumerà il controllo del territorio e il controllo della proprietà privata della terra. Se questo non accadrà prevarrà il disordine, l’illegalità, che apparirà come legale. L’agrobusiness è abile ideologicamente. Fa propaganda per ingannare e nascondere che agisce nell’illegalità. E’ di questo che il nuovo governo si deve occupare.

IHU On-Line – Oggi si è creato un certo clamore tra i coltivatori di riso del Rio Grande del Sud, sul fatto che le coltivazioni verranno bloccate nel caso che il Nuovo Codice Forestale non sia approvato. Dicono che perderanno le loro terre e che sarà impossibile produrre. Che cosa dimostra questo tipo di discorso sul modo in cui l’agrobusiness si mette in relazione con l’ambiente e anche con l’intelligenza della popolazione brasiliana?

Ariovaldo Umbelino
– Dicevano la stessa cosa nel caso fosse stata demarcata la terra indigena  Raposa Serra do Sol. Si diceva che sarebbe venuto meno il riso in Roraraima. E’ venuto meno? No… Questo è l’inganno del discorso dell’agrobusiness, sia tra i coltivatori di riso che nel settore zucchero-energetico. La canna da zucchero è piantata in Brasile dal periodo coloniale, nelle aree più povere del nostro paese.  Tuttavia si vuole vendere l’immagine  che siano aree ricche. La Zona della Mata, nel Nordest è una di quelle che continuano ad avere il problema della fame. In realtà, bisogna attaccare questo discorso ingannatore dell’agrobusiness,  che lui è la cosa più produttiva e moderna del paese. Certo c’è modernità e meccanizzazione, ma non dappertutto. C’è anche barbarie, cosa che deve essere detta a chiare lettere.
 
 

 
 

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