ricordare SARAMAGO



 In questo 2010 ci hanno, purtroppo, lasciato tanti e tante compagni/e TUTTI insostituibili, ma questo fa parte della vita, e lo sappiamo. Ma fa parte della vita anche il ricordo vivo, il crescere e lo svilupparsi delle idee e delle forme di reazione all' attuale assurdità del mondo e dei suoi spaventosi sistemi di potere, più o meno occulti, ma tutti uguali nella loro vile e violenta disumanità e nella loro volontà di disumanizzarci, che altri compagni ci lasciano in eredità. Vorrei ora ricordare, tra i tanti, Josè Saramago,
e magari, per ricordarlo meglio, rileggermi "Cecità", libro  che, secondo me, rimane sempre un ottimo spunto di riflessione per cercare, o almeno provare, a non essere eccessivamente ciechi.
Prendo in prestito, per ricordarlo, le parole pubblicate nel maggio 2010, subito dopo la morte di Saramago, dai compas del coordinamento toscano alla lotta zapatista, che sono quelle in cui più mi riconosco. Buon anno nuovo a tutti voi,
Gaia

martedì 22 giugno 2010

José Saramago


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Alcuni giorni fa se ne è andato, a 88 anni, José Saramago. All'improvviso se ne è andato, e troppo presto: lo volevamo ancora con noi. Sì, lo volevamo ancora con noi, volevamo altri libri, volevamo altre analisi, puntuali e precise, mai scontate. Mi ricordo l'ultima volta che l'ho visto, sei anni fa, a Pontedera, nello stabilimento Piaggio. Teneva una conferenza, c'era anche sua moglie Pilar, erano passati pochi giorni dalla strage di Atocha. Il tema trattato era "la libertà delle idee". Ad un certo punto Saramago parlò di Democrazia, quella con la D maiuscola, non quella svuotata, deturpata, e sbandierata dai governanti, di destra e sinistra, di mezzo mondo. E disse una cosa che mi colpì. Disse più o meno così: oggi siamo qui a parlare della libertà delle idee, e ce lo permettono. In questo stesso momento in altre centinaia di luoghi, altre persone sono riunite per parlare di diritti civili, di razzismo, di pena di morte, terrorismo, globalizzazione ..., e glielo permettono. Il potere ci lascia riunire e parlare di tutti questi temi. Se però, ci riunissimo per parlare di Democrazia, per interrogarci se viviamo in Democrazia, allora il potere non ce lo permetterebbe, perché la verità è che non viviamo in una società democratica. Poi spiegò le ragioni per cui la nostra società, quella occidentale, non può essere definita democratica.

Quelle sue riflessioni mi accompagnano ancora oggi. Il presente che stiamo vivendo, giorno dopo giorno, sta drammaticamente confermando l'analisi di Saramago.


Vogliamo ricordare José Saramago per quello che ci ha regalato attraverso i suoi libri.

Vogliamo ricordare José Saramago per la sua lotta per la Democrazia, quella vera, quella con la D maiuscola.

Vogliamo ricordare José Saramago per il suo camminare a fianco degli ultimi.


Vogliamo ricordare Josè Saramago, scrittore erudito, intellettuale onesto,compagno, uomo.


E vogliamo condannare la codardia, la cialtroneria, la bassezza, la disonestà intellettuale dell'Osservatore Romano, per l'attacco a Josè Saramago, sferrato, attraverso un comunicato stampa, il giorno dopo la sua morte. Un'analisi, quella del periodico della "Santa Sede", che dimostra la pericolosa grettezza del dibattito culturale interno al Vaticano. E un tempismo che mette in evidenza una mancanza di rispetto dolosa e codarda, verso l'uomo, prima ancora che verso l'intellettuale.


Nella postfazione di "Desde las montañas del sureste mexicano" del Subcomandante Marcos, Saramago scrive: "Il Chiapas è un luogo di dignità, un fuoco di ribellione in un mondo pateticamente addormentato". Ecco, forse il modo migliore per ricordarlo è creare tanti Chiapas per provare a svegliare il mondo.