América del
Valle è una studentessa di pedagogia che vive da quattro anni in
clandestinità nel suo paese, il Messico. Suo padre Ignacio, insieme ad
altri 11 militanti, è stato condannato a 112 anni di prigione per gli
stessi fantasiosi crimini dei quali accusano lei: aver partecipato alla
lotta della comunità di San Salvador di Atenco, non lontano da Città del
Messico, per impedire una delle più grandi speculazioni edilizie della
storia del paese: la costruzione di un nuovo aeroporto internazionale.
Quando alle
dieci di mattina di mercoledì scorso América si è presentata
nell’Ambasciata del Venezuela a Città del Messico, neanche sua madre e il
suo avvocato erano al corrente della decisione della ragazza che potrebbe
aprire un nuovo conflitto diplomatico tra il governo di ultradestra
messicano e quello bolivariano.
América,
militante del “Frente de los Pueblos en Defensa de la Tierra”, ha
rilasciato brevi dichiarazioni telefoniche dalla sede diplomatica
venezuelana: “Sto bene. Ho preso una decisione esclusivamente mia dopo
quattro anni di vita infernale e vittima di una persecuzione politica
feroce. Non posso più vivere nascosta e minacciata. Non posso più vivere
così. La mia unica speranza per recuperare la libertà è quindi chiedere
asilo ad un paese realmente democratico e ad un popolo solidale con la
ribellione dei popoli latinoamericani”.
Appena
si è conosciuta la notizia, una sessantina di abitanti di Atenco, una
località vicino Texcoco, nello Stato del Messico, che doveva essere
spazzata via per costruire un aeroporto internazionale, e che stavano
manifestando per la liberazione dei prigionieri politici, sono andati
sotto l’ambasciata venezuelana dove hanno manifestato solidarietà ad
América e sono stati bloccati dalla polizia.
Nel
pomeriggio l’avvocato difensore ha presentato all’Ambasciatore venezuelano
la documentazione nella quale si dimostra come tutti i tentativi presso la
giustizia messicana sono stati esperiti e falliti e come finora lo stato
messicano ha applicato sentenze politiche e pene detentive sproporzionate
(tra i 30 e i 112 anni di carcere) per i militanti che resistettero
pacificamente alla polizia nell’assalto di quattro anni fa.
Il movimento
di resistenza civile dei cittadini di San Salvador di Atenco, in
particolare dei fiorai di quella località dello Stato del Messico, aveva
ottenuto una vittoria storica: impedire che la colossale speculazione
legata alla costruzione di un nuovo aeroporto internazionale cancellasse
quella comunità. Il 3 maggio del 2006 la polizia aveva deciso di sgombrare
i fiorai che vendevano i loro prodotti nel centro della località. Alla
resistenza della comunità intervenne la Polizia Federale.
Quella della
Polizia Federale Preventiva fu un vero e proprio assalto selvaggio e una
vendetta verso la comunità pacifica dei venditori di fiori di Atenco.
Assassinarono un ragazzo di 14 anni e uno studente dell’UNAM di 20 anni
che come tanti si era recato ad Atenco per appoggiare la comunità.
Entrarono nelle case, picchiarono selvaggiamente, arrestarono 290 persone
e ci sono prove che fu lasciata libertà alla soldataglia di stuprare
sistematicamente le donne. A dare l’ordine dell’assalto fu il governatore
priista dello Stato del Messico, Enrique Peña Nieto, oggi il più solido (e
scandaloso) candidato alla successione di Felipe Calderón alla presidenza
della Repubblica.
I fatti di
Atenco furono uno spartiacque e servirono a rinsaldare l’alleanza non
dichiarata tra il PAN e il PRI e avvennero a ridosso delle elezioni
fraudolente con le quali fu eletto Felipe Calderón, mostrando la vera
faccia della contiguità tra PAN e PRI. In quel periodo di tensioni
elettorali Atenco fu anche l’occasione, come successivamente Oaxaca, di
mostrare al Messico intero come le élite continuassero ad avere il
coltello dalla parte del manico attraverso un uso smisurato della forza
nella repressione dei movimenti popolari ad Atenco come a
Oaxaca. |