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Honduras, il golpe dimenticato
- Subject: Honduras, il golpe dimenticato
- From: annalisa melandri <annalisamelandri at yahoo.it>
- Date: Fri, 22 Jan 2010 22:09:28 +0000 (GMT)
Honduras, il golpe dimenticato di Annalisa Melandri www.annalisamelandri.it Il golpe avvenuto in Honduras il
28 giugno scorso che ha deposto e cacciato dal paese il presidente
democraticamente eletto nel 2006 Manuel Zelaya e che ha visto l’insediamento
manu militari di Roberto Micheletti (dello stesso partito di Zelaya,
il Parito Liberale) che ricopriva la carica di presidente del Congresso
Nazionale, è stato oramai di fatto legittimato con le elezioni del 30
novembre, realizzate in un clima di paura e di tensione, tra repressione,
detenzioni arbitrarie, omicidi e senza la presenza di osservatori
internazionali. Porfirio Lobo è il nuovo presidente del paese e si insedierà
formalmente il 27 gennaio prossimo. Il governo uscente del golpista
Roberto Micheletti e il nuovo esecutivo stanno tentando di conquistare adesso
agli occhi miopi della comunità internazionale un volto democratico che convince
veramente poco. E nel frattempo tentano di salvare gli autori
materiali del golpe garantendo l’impunità sia a Roberto Micheletti (che proprio
in questi giorni è stato nominato dal Congresso deputato a vita per i suoi 28
anni di lavoro svolti per il paese), sia ai generali delle Forze Armate che
sono sotto accusa da parte della Procura Generale per “abuso di potere” e “invio
in esilio” del presidente deposto Manuel Zelaya (la Costituzione del paese
infatti vieta esplicitamente di mandare in esilio cittadini honduregni). I
militari rischierebbero in caso di condanna pene irrisorie che vanno dai 3 ai 5
anni di carcere.
Manuel Zelaya dall’ambasciata
brasiliana dove si trova tuttora denuncia che il Procuratore Generale Luis
Rubí con questo provvedimento “appoggia l’impunità dei militari accusandoli di
reati minori e di abuso di potere e non per i gravi delitti che hanno
commesso” e cioè “tradimento della Patria , omicidio, violazione dei diritti
umani e torture al popolo” . Secondo Zelaya è chiaro inoltre che “ciò che si sta
mettendo in pratica sono gli atti preliminari per ottenere l’impunità dei
militari e lasciare senza condanna gli altri autori materiali e intellettuali
del colpo di Stato militare”.
Andres Pavón, presidente del
Comitato per la Difesa dei Diritti Umani (Codeh) ha ricusato formalmente il
giudice in quanto “si è sostenuto e si continua a sostenere che è totalmente
evidente che la rottura dell’ordine costituzionale in Honduras, avvenuta tramite
un colpo militare di Stato, si è realizzata con la partecipazione e l’avallo
diretto della Corte Suprema di Giustizia”.
In Italia, a parte le sporadiche
notizie di agenzie che si leggono in rete sulle vicende più propriamente
politiche del paese centroamericano, il golpe è stato completamente dimenticato
e quindi legittimato e perfino uno dei pochi spazi informativi onesti rimasti,
Radio Tre Mondo, lo ha “ratificato” recentemente, intervistando Carlos Lopez
Contreras, ministro degli Esteri del governo golpista. La redazione del
programma, lo ha presentato infatti come rappresentante del “Governo di
Transizione”.
La stampa invece ormai ignora
completamente e ha calato un velo di silenzio sulle violazioni dei diritti umani
accadute e che continuano ad accadere in Honduras. Dalla resistenza honduregna,
dal COFADEH (Comitato dei familiari di detenuti scomparsi) e dalle altre
associazioni umanitarie continuano a giungere denunce di omicidi di difensori
dei diritti umani, come quello di Walter Trónchez ucciso il 14 dicembre a colpi
di pistola mentre camminava per il centro di Tegucigalpa (era stato già
arrestato e sottoposto a torture nel luglio scorso). Walter era stato anche
testimone dell’arresto da parte di alcuni membri della polizia di Pedro Magdiel
Muñoz Salvador, poi ucciso il 25 luglio durante una manifestazione. Walter, che
faceva parte del Fronte nazionale di resistenza popolare e che si occupava dei
diritti della comunità LGTB già il 4 dicembre scorso era stato sequestrato da
quattro uomini incappucciati che dopo averlo picchiato ripetutamente lo avevano
minacciato di morte. In quell’occasione riuscì a fuggire e sporse denuncia alle
autorità. Inutilmente. Il 15 dicembre è stato trovato anche il corpo senza vita
e senza testa di Santos Corrales, anche lui appartenente al Fronte che era
stato arrestato dieci giorni prima da membri della Direzione nazionale di
investigazione criminale (DNCI).
Andres Pavón (Codeh) denuncia che
squadre di paramilitari percorrono le vie di Tegucigalpa e dei centri
minori sequestrando e uccidendo giovani appartenenti al FNRP. Dal 30
novembre giorno delle elezioni, sarebbero già 30 i militanti uccisi, che vanno
ad aggiungersi a quelli morti immediatamente dopo il colpo di Stato e nei mesi
successivi. Si tratta di una “vera e propria offensiva” contro un movimento che
va crescendo sempre di più e che trova sempre maggior consenso in Honduras ma
anche fuori dal paese.
La repressione si sta accanendo
duramente anche contro la comunità gay, come dimostra l’omicidio di Walter
Trónchez , e contro le associazioni femministe, mentre quanto mai pericoloso e
difficile è il lavoro di giornalisti e operatori dell’informazione. Le sedi di
giornali e radio comunitarie vengono ripetutamente perquisite con uso
sproporzionato di forza e violenza, quando non sono oggetto di attentati
compiuti da paramilitari, come avvenuto recentemente alla radio Faluma Bimetu,
che da anni denunciava i crimini e gli interessi dei gruppi finanziari che
cercavano di cacciare la comunità degli indigeni Garifuna dai loro territori
(gli stessi dove è stata girata l’Isola dei Famosi per capirsi). Alcuni
giornalisti invece sono stati arbitrariamente detenuti e poi rilasciati dopo
aver subito percosse e torture.
Le elezioni del 30 novembre sono
state riconosciute valide da pochi paesi. Oltre ovviamente agli Stati Uniti, la
cui partecipazione diretta o indiretta al golpe è ormai stata definitivamente
accertata (e poca rilevanza ha se ciò sia avvenuto con o senza il consenso di
Obama), anche il Messico, Panamá, Costa Rica, Perú, Colombia, Italia, Francia,
Germania , Israele e Giappone hanno salutato favorevolmente il risultato
elettorale, mentre nella regione ha un certo peso, anche se alla nuova classe
dirigente honduregna sembra non interessare particolarmente, la posizione di
Brasile, Argentina, degli altri paesi aderenti all’Alba e del Mercosur che non
riconoscono Porfirio Lobo come presidente.
Il Congresso tra l’altro ha
ratificato proprio in questi giorni la decisione di uscire dall’Alba,
la cui adesione era stata fortemente voluta da Manuel Zelaya e che di fatto è
stato il motivo scatenante del colpo di Stato.
Il 7 gennaio si è tenuta la prima
manifestazione del nuovo anno contro il governo proprio in protesta contro
questa decisione, ma anche per chiedere un’Assemblea Costituente e per esprimere
ancora una volta solidarietà a Zelaya. A Tegucigalpa hanno sfilato decine di
migliaia di honduregni dall’ Università Pedagogica al palazzo del Congresso e
si sono dati appuntamento nuovamente a fine gennaio per la data di
insediamento di Lobo.
Mentre nelle strade della capitale
una folla pacifica e chiassosa, in un clima di relativa tolleranza, gridava
slogan contro il governo e in favore di Mel Zelaya, nelle campagne e
nelle zone più rurali del paese, dove le telecamere sono assenti e i
giornalisti difficilmente arrivano, l’esercito e la polizia mostrano invece il
vero volto di quella che nessuno chiama dittatura ma che non lascia dubbi
rispetto alla sua vera natura.
Una comunità di contadini nella Valle
del Aguàn è stata infatti violentemente sgomberata dalla polizia e dall’esercito
da alcuni territori statali nei quali aveva costruito povere capanne e seminato
mais e cereali, territori che erano invece reclamati da alcuni latifondisti che
spesso in Honduras assoldano anche bande paramilitari per liberare le terre.
Le colture sono state distrutte, le
capanne incendiate e i contadini, circa 600 famiglie, cacciati con lacrimogeni
e proiettili (di piombo).
Sono innumerevoli le situazioni come
queste nel paese, a dimostrazione anche del fatto che i latifondisti e i grandi
proprietari terrieri sono stati una delle anime del golpe e che proprio quella
Riforma Agraria della quale si era timidamente iniziato a discutere durante la
presidenza di Manuel Zelaya adesso si rende estremamente necessaria. Appare
invece sempre più lontana.
Riforma Agraria e Assemblea
Costituente sono le due battaglie sulle quali l’eterogeneo Fronte Nazionale di
Resistenza Popolare dovrà investire nel prossimo futuro forze ed energie,
canalizzandole probabilmente in espressioni e iniziative che abbiano
sicuramente più rilevanza e peso politico di quello che hanno oggi le grandi
mobilitazioni per le strade di Tegucigalpa.
Le associazioni per la difesa dei
diritti umani intanto puntano sulla giustizia internazionale: Luis Guillermo
Peérez Casas segretario generale della Federazione Internazionale dei Diritti
Umani (FIDH) e Manuel Ollé Sesé, presidente dell’ Associazione Pro Diritti
Umani (Spagna) hanno sporto denuncia contro Roberto Micheletti e il capo delle
Forze Armate Romeo Vásquez Velásquez, per il delitto di persecuzione politica
contro il popolo honduregno. Anche se questa, a voler essere pragmatici, sembra
un’inutile iniziativa. L’Honduras ha ormai il suo nuovo presidente. E’ contro il
nuovo governo, e il silenzio che circonda quanto accade nel paese che adesso
bisogna lottare.
.......................
Segnalo:
Usa-Honduras-America Latina alla
battaglia finale
IL RITORNO DEL CONDOR
Di FULVIO GRIMALDI
Il ritorno del Condor. Il racconto
del colpo di Stato effettuato in Honduras contro il presidente progressista
Manuel Zelaya dai militari agli ordini dell’oligarchia honduregna e degli Stati
Uniti. L’inizio di un’operazione Condor 2, con la quale Washington si propone di
rinnovare i nefasti dell’operazione Condor degli anni ’70 che installò Pinochet
in Cile e altre sanguinarie dittature in America Latina. Una controffensiva
statunitense, con nuove basi militari in Colombia e manovre di destabilizzazione
in tutto il Cono Sud, per strappare ai governi e movimenti progressisti e
rivoluzionari quello che Washington considera il suo “cortile di casa”.
L’irriducibile resistenza del popolo honduregno e dei popoli
latinoamericani.
Fulvio Grimaldi. Giornalista,
scrittore, inviato di guerra ex-Rai i cui docufilm sullo scontro tra popoli e
imperialismo non verranno mai trasmessi dalla Rai. E’ il quarto documentario sul
“continente della speranza”, dopo “Cuba, el camino del sol”, “Americas
Reaparecidas”, “Cuba, Venezuela, Bolivia, Ecuador: l’Asse del Bene”. Si affianca
ai suoi popolari lavori di controinformazione su Balcani, Iraq, Libano,
Palestina – ultimo “Araba fenice, il tuo nome è Gaza” – e ai libri sugli stessi
argomenti e sulla crisi della Sinistra italiana.
Produzioni VisioNando-Roma –
visionando at virgilio.it – tel/fax 06 99674258
Dal 16 gennaio al 7 febbraio Il
Circolo di Italia-Cuba della Tuscia organizza, insieme ad altri circoli e
strutture, un tour italiano di una dirigente del Fronte Nazionale della
Resistenza al Colpo di Stato in Honduras, nel corso del quale verrà presentato
anche il nuovo documentario "Il ritorno del Condor".
Per le date degli appuntamenti
consultare :
blog Mondo
Cane Annalisa Melandri http://boicottaisraele.wordpress.com La rivoluzione è un fiore che non muore La revolución es una flor que no muere |
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