Fw: Honduras, polpetta avvelenata per Obama- G.Miná
- Subject: Fw: Honduras, polpetta avvelenata per Obama- G.Miná
- From: "nello margiotta" <nellomargiotta55 at virgilio.it>
- Date: Fri, 2 Oct 2009 12:39:04 +0200
----- Original Message -----
From: Mario Neri
Sent: Friday, October 02, 2009 1:51 AM
Subject: Honduras, polpetta avvelenata per Obama- G.Miná Liberazione
01/10/2009 Honduras, polpetta avvelenata per Obama Gianni
Minà
Quando, il 28 giugno scorso, l'imprenditore italiano di origine
bergamasca Roberto Micheletti accettò, senza alcun scrupolo, di sostituire alla
presidenza dell'Honduras Manuel Zelaya, deposto e spedito in esilio, poche ore
prima, da un colpo di stato militare, mi azzardai a scrivere che
quell'accadimento, voluto dalla giurassica destra economica del paese e
chiaramente benedetto da una parte dall'apparato militare Usa, da sempre gestore
della vita in Honduras, era una polpetta avvelenata confezionata per mettere in
difficoltà il neo presidente nordamericano Barack
Obama. Perché ora che il liberale Zelaya, con un colpo di mano, è
rientrato nel paese trovando rifiugio nell'ambasciata brasiliana e il suo ex
compagno di partito Micheletti, dopo giornate di repressione con morti e feriti
sfuggiti all'attenzione dell'informazione occidentale, ha sospeso tutte le
garanzie costituzionali per 45 giorni, i vari funzionari del governo di
Washington, platealmente in confusione, rilasciano dichiarazioni
contrastanti. Lewis Amelsen, rappresentante Usa all'Organizzazione degli Stati
Americani, ha definito Zelaya «un irresponsabile», mentre un portavoce del
Dipartimento di Stato ha condannato la sospensione dei diritti costituzionali,
definendoli «valori inalienabili, che non possono essere limitati senza
danneggiare seriamente le aspirazioni democratiche del popolo
dell'Honduras». Tutto questo dopo che per tre mesi Zelaya era andato avanti e
indietro dal Costa Rica (dove il presidente Arias aveva tentato una mediazione
con i golpisti), a Washington, dove Hillary Clinton aveva finalmente chiamato
«colpo di stato» quello messo in atto in Honduras, senza però azzardarsi a
classificarlo come «militare». Allora o l'aggravarsi degli eventi in Honduras rappresenta il
fallimento della dilpomazia Usa o anche Hillary Clinton ha scelto di non
risolvere, di lasciare che le cose vadano e tutto si concluda per stanchezza,
con i golpisti di fatto al potere in attesa di nuove elezioni, da loro
organizzate. Forse gli analisti di Obama non hanno previsto la durezza di un
personaggio come Micheletti, tipico fascista italiano dell'America latina, di
cui è pieno anche il Venezuela, o forse non hanno tenuto presente abbastanza che
il vento di progresso che spira in America latina non avrebbe permesso, dopo
tanti anni, il ritorno ad una pratica eversiva, frequente in passato in America
latina, ma tramontata con la fine della guerra
fredda. Sta di fatto che Obama è rimasto, più che mai, con il fiammifero
acceso in mano, specie se si considera la sua più volte affermata intenzione di
cambiare metodi e politica nel continente che una volta era il "cortile di casa"
degli Stati Uniti. E' lecito domandarsi, dunque, a questo punto, chi ha scelto di
mettere scientemente il giovane presidente nero e progressista in contraddizione
con se stesso e con i suoi principi. Ed è legittimo anche chiedersi se la miccia
accesa in Honduras con la benedizione del Pentagono, più che neutralizzare la
politica di riscatto continentale del presidente venezuelano Chavez e di altri
colleghi latinoamericani che si stanno distinguendo per una maggiore attenzione
sociale, non sia un colpo di coda, preparato da quell'apparato
militare-industriale in auge durante la presidenza Bush e di cui era il massimo
esponente il vice presidente Cheney. Non è un caso che la confusione di Washington nella politica da
portare avanti ora nell'Honduras in mano al reazionario Micheletti vada di pari
passo con la crisi che il primo presidente nero degli Stati Uniti deve
affrontare per il fallimento del suo ambizioso progetto politico, scandito in
campagna elettorale, quello di dare assistenza sanitaria pubblica a
quarantasette milioni di nordamericani che ne sono privi. Un progetto di difesa
di diritti civili e umani già fallito sotto la presidenza
Clinton. L'Honduras era la base militare di retrovia delle "guerre sporche"
degli Stati Uniti di Ronald Reagan in centro America.
E' singolare che sia ancora una volta il banco di prova con il
quale gli Stati Uniti di Obama dovranno fare i conti per riguadagnare quella
credibilità morale persa con le efferate guerre e torture dell'epoca di Bush
Junior. |
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