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Re: [latina] Víctor Polay Campos: una vita spesa nella guerra all'ingiustizia
- Subject: Re: [latina] Víctor Polay Campos: una vita spesa nella guerra all'ingiustizia
- From: Gennaro Carotenuto <garibaldiuy at gmail.com>
- Date: Sun, 13 Sep 2009 09:24:07 +0200
Il 12/09/09, annalisa melandri<annalisamelandri at yahoo.it> ha scritto: > > Víctor Polay Campos: una vita spesa nella guerra all'ingiustizia > > > > di Marinella Correggia, Annalisa Melandri > Fonte: Il Manifesto del 10 settembre 2009 > > «Ora soluzione politica» > Intervista dal carcere del Callao, dove è sepolto vivo da quasi 20 anni, a > Víctor Polay, leader dell'Mrta, il Movimento rivoluzionario Túpac Amaru. «La > nostra lotta era giusta e non è stata vana. Ma il tempo delle armi è finito: > in Perú e in una America latina che va vista con speranza e ottimismo» > Sepolti vivi da molti anni per aver lottato contro una dittatura militare > riconosciuta di recente colpevole di aver commesso crimini di stato e di > lesa umanità: sono gli ex-guerriglieri peruviani del Mrta (Movimiento > Revolucionario Túpac Amaru), gruppo non inserito nella lista delle > organizzazioni terroristiche dall'Unione europea che lo qualifica come > «insorgente».. Abbiamo intervistato, attraverso i suoi avvocati, il > fondatore e leader del Mrta Víctor Polay. Che chiede una campagna > internazionale per una soluzione politica. > Era in corso una festa diplomatica quel 17 dicembre 1996 alla residenza di > Lima dell'ambasciatore giapponese nel Perú dell'autocrate Alberto Fujimori > (ancora enfant gâté degli Usa e dell'occidente), quando 14 guerriglieri del > Mrta guidati da Néstor Cerpa Cartolini fecero irruzione prendendo in > ostaggio i partecipanti, contro i quali non fu usato alcun tipo di violenza. > Gli «emmeretisti» chiedevano la liberazione di 400 prigionieri politici del > Movimento, da anni rinchiusi nelle carceri del paese. Al gelo dei 4.000 > metri come a Yanamayo o in «celle tomba» come nella base navale del Callao, > una specie di « Guantanamo peruviana». Là erano già rinchiusi, fra i molti > altri, il leader supremo di Sendero luminoso, il «presidente Gonzalo» > (Abimael Guzman) e l'ideologo e capo politico-militare del Mrta Víctor Polay > Campos. > Dopo quattro mesi, nel contesto di un' America latina allora immersa nei > governi della destra neo-liberista, tutti i guerriglieri furono uccisi a > sangue freddo in un blitz delle forze speciali peruviane. Era il 22 aprile > 1997.. Dodici anni fa. Un secolo fa. Molto è cambiato in America latina. In > Perú non è così. > Nel 2003 la Commissione per la verità e la riconciliazione ha evidenziato > che la guerriglia dei Túpac Amaru si differenziava da quella di Sendero > luminoso «per metodi ed obiettivi», perché «rivendicava sempre le sue > azioni, si asteneva dall'attaccare le popolazioni inermi, e in alcune > occasioni aveva dato segnali di essere aperta a negoziati di pace». Il Mrta, > ritenuto dalla stessa Commissione responsabile dell''1.8% delle morti e > sparizioni di persona avvenute durante l'intero conflitto armato tra gli > anni 1980 e 2000 (contro il 54% causato da Sendero luminoso e il 37% dalle > forze armate), ha combattuto contro due dei governi più controversi della > storia del paese. > Víctor Polay, ora cinquantottenne, ha ormai trascorso in carcere quasi venti > anni della sua vita. Si trova nella prigione militare del Callao dal 1993. > Dapprima condannato all'ergastolo da un tribunale di giudici «senza volto» > (incappucciati per evitare le ritorsioni e poter comminare condanne a mano > libera), la sentenza fu poi annullata per la pressione delle organizzazioni > internazionali per i diritti umani. Ma un nuovo processo «regolare» nel 2006 > lo ha condannato a 32 anni, poi aumentati a 35 anni dalla Corte suprema nel > 2008. Anche al resto dei vertici del Mrta sono state aumentate le pene. Per > quasi un decennio ha vissuto in condizioni che la Croce rossa internazionale > definì «inumane»; secondo la denuncia fatta da sua moglie alla Commissione > interamericana dei diritti umani, fu tenuto prima in gelide celle andine > dove la temperatura scendeva a zero gradi senza abbigliamento adeguato, poi > in celle sotterranee con luce artificiale per 23 ore > e mezza al giorno, fra torture e minacce. > Victor Polay ha affidato ai suoi due avvocati le risposte alle nostre > domande. Un modo per rompere il silenzio che circonda la sua vicenda e > quella dei suoi compagni. E per lanciare quanto meno una campagna, in Perû e > in America latina, per il trasferimento di Polay e degli altri in un > carcere civile. > > Di recente l'Unione europea ha rifiutato la richiesta da parte del governo > peruviano di inserire il Mrta nella lista delle organizzazioni > terroristiche. E il 7 aprile scorso la Corte suprema di giustizia del Perú > ha condannato Alberto Fujimori a 25 anni di carcere per aver commesso > crimini di stato per violazioni dei diritti umani. Come legge queste due > decisioni? > Esistevano prove schiaccianti e inconfutabili della partecipazione di > Fujimori a diversi crimini in cui furono uccisi civili inermi. Certo, è > stato solo condannato per omicidio e non per terrorismo di stato come > avrebbe dovuto essere. Comunque la Corte ha riconosciuto l'esistenza di una > politica generale di guerra sucia, guerra sporca, che violava i diritti > umani, organizzata e diretta dal governo ai suoi massimi livelli. Quanto > all'Unione europea rispetto al Mrta, oggi mi sembra irrilevante come gli > enti internazionali possano considerarlo perché esso non esiste più come > organizzazione politico-militare. La destra del Perú grida allo scandalo > perché l'Europa non ci ha inseriti fra le organizzazioni terroristiche. Si > vuole denigrare per sempre chi ha osato prendere le armi contro un sistema > ingiusto: temono che possa fare scuola. > > E infatti la Corte suprema del Perú ha aumentato le condanne ai vertici del > Mrta... > Esiste nel paese quello che chiamerei un «populismo penale»: far credere che > la protesta o i conflitti sociali possano risolversi aumentando le pene. Non > è certo un caso: fa parte dell'arsenale ideologico del neo-liberismo che > utilizza a questo scopo la quasi totalità dei mezzi di informazione. Prima e > durante il nostro processo sono apparse sui giornali valanghe di > dichiarazioni, relazioni, articoli molto negativi contro di noi. I giudici > devono aver temuto la condanna mediatica. Infliggere la pena massima di 35 > anni risponde alla logica del vae victis! > > Dopo la caduta di Fujimori, lei e gli altri detenuti politici avete visto un > miglioramento delle condizioni carcerarie? > Si è gradualmente ridotto l'isolamento interno dei prigionieri. Oggi le > porte delle celle si aprono alle 9 del mattino e si richiudono alle 20. Ma è > mantenuto l'isolamento esterno: ad esempio le possibilità di visite sono > limitatissime, sono permesse solo quelle dei familiari diretti. Io ricevo la > visita di mia sorella; mia madre è in cattiva salute e mia moglie e i miei > figli vivono in Francia come rifugiati. Inoltre trovandomi in un carcere > militare ci sono restrizioni aggiuntive. Infine, mentre generalmente con il > trascorrere degli anni vengono concessi benefici, il mio status carcerario è > sempre lo stesso. Il mio mondo si riduce a mia sorella e ad altri tre > prigionieri. > > Alla luce della condanna di Fujimori, crede che il paese sia pronto per > un'amnistia per i prigionieri politici come lei e i suoi compagni? > Nei quasi 200 anni di storia repubblicana le amnistie sono state un modo per > arrivare alla riconciliazione dopo un conflitto armato interno. Accadde con > i rivoluzionari apristi nel 1932 e nel 1948 e poi con i guerriglieri negli > anni '60. Oggi il problema è principalmente politico. C'è bisogno di una > campagna molto forte affinché l'opinione pubblica nazionale e internazionale > possa esercitare la pressione necessaria per una soluzione politica del > conflitto. E' giunto il momento di prospettare questo al paese perché sono > sicuro che noi che fummo capaci di affidare le nostre vite a un ideale di > giustizia, nelle condizioni attuali del Perú possiamo contribuire alla > costruzione di una società più solidale e meno ingiusta, senza l'uso delle > armi. Al paese non basta una democrazia formale, ha bisogno di una vera > democrazia, economica, sociale e partecipativa. Centinaia di prigionieri > dell'ex Mrta che hanno ottenuto la libertà si stanno rifacendo una > vita, stanno risolvendo i loro problemi di sopravvivenza, studio, familiari > ecc. Non è facile, dopo 10-15 anni di prigione. I reazionari li vorrebbero > in ginocchio, e dimentichi del loro anelito di giustizia sociale. Ma questo > è impossibile per chi ha affidato la propria vita a un ideale. E poi, > nonostante tutte le campagne di demonizzazione contro di noi, il popolo > conserva rispetto e affetto per chi ha combattuto con coerenza e non si è > sottomesso alla dittatura. > > E quanto alla reintegrazione degli ex Mrta nella vita politica del paese? > Lei ha affermato davanti alla Comissione per la verità e riconciliazione che > la lotta armata non è più la soluzione per risolvere i problemi del popolo. > Purtroppo molte delle cause che avevano provocato la nostra lotta armata > sono tuttora presenti nel mio paese. La crescita economica non ha portato > sviluppo sociale. Il modello neo-liberista basato sulla manodopera a basso > prezzo, sullo sfruttamento delle materie prime e sull'export continua a > rendere i ricchi più ricchi e perpetua l'esclusione delle maggioranze. Il > compito odierno è formare una forza sociale e politica capace di sviluppare > un programma di trasformazione. Oggi molti membri dell'ex Mrta, insieme a > nuove generazioni di militanti, stanno organizzando il Movimiento Patria > Libre, che intende partecipare alla lotta politica e alle prossime elezioni > nel 2011. Chiedo solo che non siano perseguitati come sta succedendo: le > libertà democratiche non possono essere a geometria variabile. La democrazia > è per tutte e tutti. > > Dal Callao, che speranze ripone nel processo in corso in America latina, > dove paesi come Bolivia, Ecuador, Venezuela, Cuba propongono un altro > modello di organizzazione sociale, di giustizia ecologica interna e > internazionale, un modello dove gli ideali e le conoscenze indigene sono > essenziali? > Governi come quelli citati stanno dimostrando che un altro mondo è possibile > insieme ai lavoratori delle campagne e delle città, alle donne, ai popoli > indigeni, alle minoranze, agli ambientalisti, ai dimenticati. Sono un punto > di riferimento di un movimento che avanza impetuosamente alla conquista dei > diritti storici. > > Con l'occupazione dell'ambasciata giapponese oltre dieci anni fa il Mrta > cercò di parlare al mondo. Nessuno ascoltò. Ora sarebbe diverso? E quale > sarebbe il messaggio? > La condanna penale di Fujimori ha dimostrato che la guerriglia del Mrta era > giusta. Oggi darei un messaggio di ottimismo e speranza perché gli anni > peggiori della repressione sono passati. Retrospettivamente, gli anni della > lotta dei nostri popoli, degli uomini e delle donne per la liberazione non > sembrano passati invano. I loro sogni vivono in nuove braccia che si stanno > alzando in America latina e anche in Perú. > > SCHEDA Víctor Polay, nato nel 1951, è figlio di Víctor Polay Risco, uno dei > padri fondatori negli anni '20 dell' Alleanza popolare rivoluzionaria > americana (Apra), uno dei movimenti progressisti di sinistra più > interessanti di quegli anni in America latina (poi con il tempo passato a > destra), e di Otilia Campos, di origine incaica e militante aprista. La > famiglia conosce fin dal principio carcere e persecuzione che segnano Víctor > fin da piccolo, formando così precocemente la sua coscienza politica. Dopo > aver studiato sociologia ed economia poltica in Europa, fonda il Movimento > Rivoluzionario Túpac Amaru (Mrta) nel 1980. Conosciuto come «comandante > Rolando», viene arrestato una prima volta nel 1989. Nel 1990 insieme ad > altri 47 compagni evade dal carcere di Canto Grande. Arrestato nuovamente > nel 1992, dal 1993 è rinchiuso nel carcere militare di massima sicurezza > della base navale del Callao. > L'Mrta nel nome si ispira a Túpac Amaru II, leader in Perú della grande > rivolta indigena contro la colonizzazione spagnola del 1780. Il Mrta ha > lottato e combattuto contro due dei governi più controversi della storia del > paese. Il primo del presidente Alan García (nuovamente in carica dal 2006), > tra il 1985 e il 1990, accusato di gravi violazioni dei diritti umani per i > massacri avvenuti nelle carceri di San Juan di Lurigancho e di El Frontón. > Il secondo quello di Alberto Fujimori, condannato recentemente a 25 anni di > carcere come mandante dei massacri di Barrios Altos e di La Cantuta, > considerati «crimini contro l'umanità secondo il diritto penale > internazionale» come riportato nella sentenza. > > > > > > -- Inviato dal mio dispositivo mobile
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