Le associazioni messicane per la difesa dei diritti umani denunciano la Colombia alla Croce Rossa Internazionale



Le associazioni messicane per la difesa dei diritti umani denunciano la Colombia alla Croce Rossa Internazionale
 
Lucía Andrea Morett
Intervista esclusiva al Dr. Adrián Lopez, presidente della LIMEDDH.
La Lega Messicana per la Difesa dei Diritti Umani (LIMEDDH) , l’Associazione dei Familiari dei Detenuti Scomparsi e delle Vittime delle Violazioni dei Diritti Umani del Messico (AFADEM-FEDEFAM), l’Associazione Nazionale degli Avvocati Democratici (ANAD) ed altre associazioni messicane per la difesa dei diritti umani e civili, in un comunicato diretto al Comitato Internazionale della Croce Rossa, hanno espresso la loro ferma condanna dell’azione di guerra dell’esercito colombiano nella quale sono morte 24 persone tra cui il portavoce internazionale delle FARC Luis  Édgar Devia Silva, meglio conosciuto come  Raúl Reyes e per lo meno quattro giovani messicani studenti dell’università pubblica del Messico l’UNAM.
Una giovane,  Lucía Andrea Morett è ferita e ricoverata con grevi lesioni in un Ospedale Militare dell’Ecuador.
Gli studenti, tutti frequentanti la facoltà di Lettere e Filosofia dell’università messicana dell’UNAM, come confermato dal quotidiano messicano La Jornada del 10 marzo, si trovavano in Ecuador, a Quito  per partecipare  al II Congresso Continentale Bolivariano che riunisce i militanti sociali e le forze progressiste e di sinistra latinoamericane. Successivamente, dopo aver raccolto interviste a politici ecuadoriani e materiale per i loro studi, avevano accettato di recarsi nel campo delle FARC, dove avrebbero dovuto proseguire le loro attività di ricerca e studio e   dove nella notte del 1 marzo sono stati sorpresi nel sonno dal fuoco dell’esercito colombiano.
L’accampamento si trovava fuori dalla zona di conflitto ed era luogo di mediazione e  transito anche di visitatori stranieri per le trattative in corso per la liberazione degli ostaggi nelle mani della guerriglia, trattative che stava portando avanti con successo  proprio Raúl Reyes e di cui il governo colombiano era al corrente.
Adrián Lopez, presidente della Lega Messicana per la Difesa dei Diritti Umani ci spiega quali sono i termini della denuncia presentata alla Croce Rossa Internazionale e la posizione assunta dal governo Calderón  in questa situazione:
 
A.M. - Dr. Adrián Lopez, la LIMEDDH ha denunciato alla Croce Rossa Internazionale ciò che è stato definito “un massacro perpetrato dall’esercito colombiano in Ecuador”. 
Tra i morti sono stati recuperati i cadaveri di quattro giovani studenti messicani e una ragazza è tuttora ricoverata in ospedale in Ecuador.
Come hanno reagito alla notizia   l’opinione pubblica messicana e la stampa? Già si parla di infiltrazione delle FARC nell’ UNAM.
 
A.L.- La maggior parte dei mezzi di comunicazione  ha intrapreso una campagna per discreditare gli studenti e i giovani ricercatori e ha cercato di mettere in relazione l’ UNAM con le FARC e di conseguenza con i cartelli della droga.
La ragazza è ricoverata in Ecuador nell’Ospedale Militare e anche se non è in pericolo di vita, il suo recupero sarà molto lento  ed avrà bisogno di interventi di chirurgia ricostruttiva per la profondità e l’estensione di alcune lesioni.
 
A.M. – L’azione  del governo colombiano è sembrata soprattutto  un attacco contro le trattative in corso per lo scambio umanitario  che lo stesso Raúl  Reyes stava portando avanti con i governi del Venezuela e dell’Ecuador.
Si può parlare di violazione del Diritto Internazionale dei Diritti Umani  anche se si tratta di un’azione militare contro un accampamento della guerriglia delle FARC, organizzazione inserita nella lista dei gruppi terroristi?
 
A.L. Ricordiamo che l’attacco si produce durante un momento di distensione del conflitto, che stava già dando i suoi frutti per la liberazione degli ostaggi da parte delle FARC, dal momento che gli ultimi quattro ostaggi erano stati liberati  il 27 febbraio scorso. Fu una dimostrazione chiara dei risultati del processo di negoziazione che le parti stavano portando avanti in modo coerente e responsabile, con la mediazione e il notevole intervento della Francia e Svizzera, dell’Unione Europea e di paesi come il Venezuela e l’Ecuador, nell’ambito dell’Accordo Umanitario.
Noi, come  organizzazioni messicane firmatarie, denunciamo la gravità di quest’accaduto, dal momento che il governo colombiano con il suo operato ha dimostrato soltanto disprezzo per la vita e per la pace. Tale crimine, inoltre, non solo ha provocato la morte  di 24 persone, ma è stato condotto  contro l’accordo umanitario e la liberazione degli ostaggi ( mentre  in questo senso invece c’erano stati notevoli progressi negli ultimi mesi) contro  l’apertura dei processi di pace  e di distensione in Colombia e  nello stesso momento ha minacciato  gravemente la sicurezza della regione.
In questo modo, con il suo operato,  il governo colombiano non soltanto ha violato il territorio e quindi la sovranità dell’Ecuador, ma ha anche condotto un attacco diretto, smisurato, sleale e premeditato a un accampamento situato in un luogo chiaramente stabilito come punto comune di dialogo e di connessione nella trattativa, violando tanto il Diritto Internazionale, quanto il Diritto Internazionale dei Diritti Umani e il Diritto Internazionale Umanitario.
 
A.M. – Come hanno  risposto il governo messicano e il presidente Calderón alle accuse del vicepresidente Santos che ha affermato che quello che è accaduto deve far preoccupare il governo del Messico e che le FARC sono ramificate in tutto il contiente? Inoltre in una sua recente dichiarazione egli  ha affermato che i messicani uccisi “non erano certamente angioletti...”
 
A.L.- Il governo di Calderón ha assunto una posizione di silenzio e non ha dato il via ai procedimenti necessari che ha a disposizione  lo stato messicano per proteggere i suoi cittadini in qualsiasi paese del mondo. Tale posizione, sommata a quella della Procura Generale della Repubblica,  che sta indagando sui giovani in Messico, lo rende  complice del governo colombiano.
 
A.M. – Dovrà rispondere la Colombia di fronte a qualche organismo internazionale per quanto accaduto in territorio ecuadoriano?
 
A.L.- La Corte Penale Internazionale è un tribunale di giustizia internazionale la cui missione è giudicare le persone che hanno commesso crimini di guerra, genocidio o lesa umanità. La sua base giuridica si poggia su tre documenti fondamentali: Lo Statuto di Roma, la risoluzione 808 del 22 febbraio del 1993 e la risoluzione 827 del 25 maggio 1993.
Nello stesso modo è possibile presentare i casi davanti alla Commissione Interamericana dei Diritti Umani e questa a sua volta li può presentare alla Corte Interamericana dei Diritti Umani.
Purtroppo in ogni caso passerebbero da 5 a 10 anni per ottenere giustizia, per questo ci stiamo preparando insieme con i familiari e con i sopravvissuti per predisporre  un piano di azione a lungo termine e presenteremo un appello alla solidarietà internazionale affinché ci appoggi.
 
A.M. – Come presidente di un’ associazione in difesa dei Diritti Umani come vede la situazione in Colombia e come lei crede che si possa raggiungere la pace in questo paese?
 
A.L.- Innanzitutto la situazione dei diritti umani in Colombia è la più grave in America ed è una delle più gravi nel mondo, per tanto richiederebbe  grandi sforzi politici e diplomatici, impresa che nell’attuale situazione geopolitica è difficile, non sarà facile ottenere infatti  che gli Stati Uniti e il governo della Colombia possano modificare la loro dottrina di “sicurezza democratica” e guerra totale.
Quello che possiamo fare è continuare a costruire ponti di solidarietà internazionale per cercare di evitare stragi maggiori e d’altra parte andare avanti con la costruzione di  azioni di protezione a livello mondiale dei diritti umani e nello stesso momento, ottenere vincoli più stretti di solidarietà internazionale.


Annalisa Melandri
www.annalisamelandri.it


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