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Sent: Tuesday, December 04, 2007 1:58 PM
Subject: E’ vero: Chávez ha perso. Chávez ha vinto
E’ vero: Chávez ha perso. Chávez
ha vinto
di Alessandra Riccio (04
dicembre 2007)
La marea di magliette rosse che hanno
manifestato in suo favore, non è bastata a Hugo Chávez per poter far passare la
sua proposta di una nuova costituzione, un complesso e interessante progetto di
riforma dell’organizzazione dello Stato che i nostri mass-media liquidavano come
un’astuta manovra del “caudillo rosso” per rimanere al potere per l’eternità.
Invece la costituzione prevedeva finalmente, per il disgraziato Venezuela,
disorganizzato e rapinato per decenni senza che l’opinione pubblica europea
battesse ciglio, una serie di misure per modernizzarlo, organizzarlo, ordinarlo
e, finalmente, liberarlo dalla soggezione ai paesi e ai poteri forti per
avviarlo a quel “Socialismo del secolo Ventesimo” che per alcuni è una delle
trovate dell’ex-paracadutista e per altri è la speranza che sia ancora possibile
stabilire semplici norme di giustizia ed equità fra esseri umani. Norme basate
su semplici constatazioni come quelle che ha fatto il Presidente Evo Morales a
Roma, davanti agli studenti dell’Università della Sapienza, quando ha affermato
che se la Bolivia, con undici milioni di abitanti e una ricchezza di materie
prime –dallo stagno agli idrocarburi, all’acqua- è uno dei paesi più poveri
d’America, è segno che qualcosa non va. E se il Venezuela, con l’immensa
ricchezza che gli deriva dal petrolio, ha ancora una popolazione in gran parte
analfabeta, indocumentata e miserabile, è ovvio constatare che qualcosa non va.
E quando questi sorprendenti e stimolanti (ma per alcuni, preoccupanti) nuovi
capi di stato latinoamericani, indagano sul perché di questa arretratezza e di
questa contraddizione e risalgono al loro passato di paesi conquistati,
colonizzati e poi neocolonizzati,, è scandalo. Il dodici ottobre cade
l’anniversario della “scoperta” dell’America: in quella ricorrenza, da
diciassette anni, la Spagna –che dal tempo di Franco celebra, con un termine
davvero infelice, “la giornata della razza”-, morto il dittatore ha avuto l’idea
di dar vita a un Vertice Iberoamericano insieme al Portogallo, in cui si
riuniscono tutti i paesi dell’America Latina di colonizzazione iberica. Poteva
sembrare una bell’idea per discutere progetti e problemi comuni, specialmente
adesso che in Spagna governa il socialista Zapatero e in America Latina, dal
Cile all’Ecuador, dall’Argentina al Brasile, dal Venezuela alla Bolivia e al
Nicaragua, governano dei presidenti che sono o si dicono di area progressista.
Tanto più che questo Vertice, fin dal suo primo incontro in Colombia diciassette
anni fa, ha finalmente invitato la reietta ed emarginata Cuba mentre gli Stati
Uniti, che da secoli fanno il bello e il cattivo tempo nel sub-continente,
restavano fuori da questo grande incontro continentale basato sul presupposto di
una comunità di lingua e cultura e sulla speranza di un muto appoggio. La Spagna
si è buttata a pesce sulle sue antiche colonie con le sue banche, le sue imprese
multinazionali per lo sfruttamento del gas, degli idrocarburi, dell’elettricità,
della telefonia, del turismo, con i suoi cooperanti, con le Ong. Risultato: una
neocolonizzazione del territorio. Adesso che questi nodi vengono al pettine,
invece di invertire la rotta rispetto alla sfacciata ostilità del Governo Aznar
–scandalosamente vicino alla politica internazionale di Bush- , il socialista
Zapatero ricorda ai Presidenti che l’umanità è progredita grazie ai principi
diffusi dalla Rivoluzione Francese –che è europea- e della dottrina di Marx –che
è europeo. Solo a questo punto Chávez ha interloquito per ricordare che
l’America latina ha anche le sue ragioni per non ammirare incondizionatamente la
vecchia Europa: per non andare tanto lontano, basta ricordare quello che Aznar
ha fatto quando era il capo del Governo spagnolo e continua a fare oggi. “Aznar
è un fascista” –ha detto Chávez con la stessa innocenza con cui il bambino della
favola dice: “Il re è nudo”. Zapatero, come è noto, ha invitato il collega
venezuelano a rispettare un capo di governo eletto dal popolo spagnolo mentre il
Re di Spagna (già, perché la Spagna moderna e imprenditrice è ancora una
monarchia), irritato, se ne usciva con quella frase infelice sulla quale ha
ricamato tutta la stampa. Pochi, invece, hanno raccontato la reazione degli
altri capi di Stato, da Ortega a Lage a Morales a Correa che non sono stati
zitti ed hanno replicato alla coppia Zapatero-Juan Carlos, incredibilmente
impegnati a difendere il fascista Aznar e l’onore della Spagna!
Quell’episodio dell’ottobre scorso, che ha dato a giornali e televisioni lo
spunto per gettare addosso a Chávez la croce di rozzo, irrispettoso e
prepotente, quando erano stati i due spagnoli ad interromperlo, è oggi smentito
dalle parole con cui ha accettato la sconfitta di un referendum a cui teneva
moltissimo e che lui stesso aveva detto che sarebbe stato per lui o contro di
lui. Da questa sua prima sconfitta nelle urne in nove anni, Chávez non si è
lasciato avvilire: “Por ahora no pudimos”, non ce l’abbiamo fatta ancora, ha
detto, a fare una nuova distribuzione delle terre, a mettere in discussione
l’autonomia della Banca Centrale, a far votare a sedici anni, a ridurre l’orario
di lavoro, a ristrutturare la megalopoli Caracas. E’ stata una lunga battaglia
che non si sarebbe potuta accontentata di una vittoria di Pirro. L’opposizione,
fino ad ora così violenta e radicale, accoglierà l’invito del Presidente a non
fare salti nel vuoto e a lasciar stare la strada della destabilizzazione e della
violenza? Nel gioco democratico si vince o si perde ma forse Chávez riuscirà a
trasformare questa sconfitta in vittoria.
Alessandra Riccio
http://www.giannimina-latinoamerica.it/visualizzaTaccuino.php?idtaccuino=22
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Vedi anche: Venezuela, la dittatura che non
c'è
di Gennaro
Carotenuto
Lunedì 3 dicembre 2007 - h. 12:06:27,
in America Latina
http://www.gennarocarotenuto.it/public/post/venezuela-la-dittatura-che-non-c-e-1435.asp
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Vedi anche: Venezuela: la vera dittatura è quella
dell'opposizione.
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