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Fw: CENTROAMERICA: Costa Rica y Mexico
- Subject: Fw: CENTROAMERICA: Costa Rica y Mexico
- From: "nello margiotta" <nellomargiotta55 at virgilio.it>
- Date: Mon, 17 Sep 2007 22:00:43 +0200
----- Original Message -----
From: alba
Sent: Monday, September 17, 2007 4:05 PM
Subject: CENTROAMERICA: Costa Rica y Mexico dal blog icoloridelmais.blogspot.com di Luca Martinelli
Traballa il fronte del "Sì" in Costa
Rica, in vista del referendum popolare sul Cafta (Central America Free Trade Agreement) in
programma il prossimo 7 ottobre.
Il vicepresidente della Repubblica e ministro
della Pianificazione, Kevin Casas (nella
foto), si è dimesso (temporaneamente) da tutti i suoi incarichi ed è
sotto inchiesta da parte del Tribunale supremo elettorale (Tse). Casas ha
invitato il presidente della Repubblica, Oscar Arias Sanchez, ex premio Nobel
per la Pace, a "formare un comitato strategico per lanciare la campagna in
favore del 'Sì' al Trattato di libero commercio".
Nel lungo memorandum, di sei pagine, datato 29 luglio
2007, il vicepresidente chiede ad Arias Sanchez di sospendere le sedute del
Parlamento per permettere ai propri deputati di andare in giro per le comunità a
far campagna, "dato che in questo momento la vittoria nel referendum è più
importante dell'agenda legislativa". E, per promuovere il fronte del "Sì" a
livello locale, lo invita a minacciare tutti i sindaci del partito di governo
che "se non 'vincono' il referendum del 7 ottobre nel proprio canton, non
vedranno un soldo dal governo nei prossimi 3 anni".
Della strategia fanno parte anche "la pubblicazione di materiale di educazione popolare favorevole al Trattato di libero commercio" e "organizzare una mobilitazione di massa". Quello che il fronte del "No", forse del sostegno popolare, sta facendo da mesi. Casas, poi, suggerisce anche di puntare sullo spauracchio dell'ingerenza straniera. In particolare, sottolineando la vicinanza del fronte del "No" a "Fidel, Chavez e Ortega". L'indagine amministrativa in corso proverà l'eventuale complicità del capo dello Stato. **********************************************************
Una prima
vittoria per il movimento che si oppone alla costruzione della diga La
Parota, in Guerrero (nel Sud-est messicano). Un giudice federale, Livia
Larumbe Radilla, ha imposto alla Comisión
Federal de Electricidad (Cfe) la sospensione immediata di tutti i lavori
per la centrale idroelettrica (che inonderebbe una superficie di 17 mila 300
ettari, costringendo forzosamente 25 mila persone ad emigrare). A metà agosto i
contadini Víctor García Robles, Clemente Reyes Bailón, Petronila Valente
Calixto, Gregorio García Vázquez, Ricardo García Valente, Juventino García
Vázquez e Ángel Valente Vázquez hanno richiesto la protezione della giustizia
federale contro la costruzione della diga. Secondo la popolazione locale,
riunita nel Consejo de Ejidos y Comunidades
Opositores a La Parota (Cecop), la centrale idroelettrica
pregiudicherebbe la vita nell'area e la salvaguardia del fiume Papagayo. Il
giudice ha accolto la loro istanza, stabilendo che fino a quando non verrà
pronunciato il giudizio "le cose siano mantenute nello stato in cui si trovano e
le autorità si astengano dall'autorizzare lo sfruttamento e l'utilizzo delle
acque nazionali del fiume Papagayo per il progetto idroelettrico La Parota, per
i danni irreversibili che causerebbe ai denuncianti che vivono nel municipio di
Cacahuatepec”. In sostanza, se i lavori iniziassero, anche un eventuale giudizio
a favore degli oppositori sarebbe inutile, in quanto l'ambiente risulterebbe in
ogni caso gravemente compromesso. Non è una vittoria definitiva, quindi. Solo
uno stop in attesa del giudizio. La concessione per la costruzione delle diga è del 2005. La Parota ha già fatto tre vittime (tra gli oppositori). Recentemente, anche Amnesty International ha dedicato un rapporto al caso (Human Rights at Risk in La Parota Dam Project), invitando a firmare un appello. Contro il progetto si sono pronunciati anche due rappresentanti delle Nazioni Unite, che nelle ultime settimane hanno visitato la regione dello Stato del Guerrero. Secondo Rodolfo Stavenhagen, relatore speciale per i Popoli indigeni, uno Stato membro “non può ignorare i diritti della popolazione che subisce gli effetti negativi di un megaprogetto. E, in questo caso, non averlo fatto sin dall'inizio ha portato ai movimenti e ai conflitti che si vivono rispetto al progetto de La Parota”. “Da un punto di vista tecnico -ha aggiunto- La Parota non appare nemmeno tanto importante. Non risponde a un'esigenza per il Paese. La capacità di generare energia elettrica installata in Messico, infatti, eccede il fabbisogno del Paese”. Miloon Kothari, relatore speciale Onu per il Diritto all'abitare, ha invitato il governo messicano a considerare la possibilità di costruire centrali più piccole, che possano essere gestite dalla stesse comunità. “Viviamo -ha considerato- in una situazione di apartheid sociale, con modellli di sviluppo che rendono più profondi i conflitti”. ॐ
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