Hugo Chávez, la nuova
Costituzione, il laboratorio venezuelano e le bugie sulla rielezione a
vita
Il tam-tam mediatico organizzato
dalla NED statunitense per i media mainstream, punta tutto su un solo punto
"Chávez presidente a vita". Non solo è falso, ma è un nuovo passo della campagna
di diffamazione portata avanti dal governo degli Stati Uniti -che nel 2002
fomentò un fallito colpo di stato in Venezuela- ma serve per occultare
l'importanza della riforma costituzionale proposta nella Repubblica bolivariana.
Vediamone i dettagli.
di Gennaro Carotenuto
Il presidente venezuelano Hugo
Chávez ha presentato ieri la sua proposta di riforma costituzionale. Questa
dovrà adesso subire ben tre letture da parte del Parlamento e quindi sarà
sottomessa ad un Referendum popolare per l'approvazione definitiva. La proposta
di Chávez vuole adeguare la Costituzione della V Repubblica venezuelana al nuovo
mandato concesso dagli elettori al presidente lo scorso 3 dicembre 2006, con il
63% dei voti: la costruzione del Socialismo del XXI secolo.
I principali
punti della proposta, che riforma la Costituzione bolivariana in 33 dei 350
articoli, e che prevedono l'eliminazione del limite di una rielezione per il
Presidente della Repubblica, concernono il dare sostanza all'idea di Potere
popolare e di democrazia partecipativa. Tale Potere dovrà stabilire i meccanismi
di controllo popolare su ogni scelta degli altri poteri, tra i quali quello
esecutivo e legislativo e sovrintendere alla gestione di tutte le risorse
pubbliche, dall’acqua all’energia. Come si fa a restituire potere ai
cittadini? Intanto bisogna provarci. E in Venezuela, uno stato che
negli anni ’80 era arrivato ad appaltare perfino i propri servizi segreti ad un
paese straniero, raggiungendo parallelamente un’esclusione sociale di tre quarti
della popolazione, ci stanno provando. Magari in maniera imperfetta, ma chi
blatera a casa propria di “poteri forti”, di grandi interessi, di
multinazionali, di precarietà, dovrebbe guardare con simpatia al tentativo
venezuelano.
Punto sostanziale della proposta è quello che garantisce,
nell'ambito del socialismo del XXI secolo, il diritto alla proprietà
privata. Una delusione per tutti quelli che aspettavano di poter sparare a
vista su Chávez. La proprietà privata resta e anzi viene affiancata da altre
forme di proprietà tra le quali quella cooperativa e quella comunale.
Quest’ultima è ripresa delle forme di proprietà collettiva tradizionale,
spazzate via dal latifondo e dalla modernizzazione capitalista. Un salto
indietro per costruire il Venezuela del futuro? Dall’Inghilterra delle
enclosures, gli storici sanno come proprio la guerra contro le proprietà
comunali, ebbe un ruolo fondamentale nella nascita del capitalismo
moderno.
Avrà inoltre dignità costituzionale il fatto che i venezuelani,
per privilegiare lo sviluppo integrale della persona, non potranno dedicare al
lavoro salariato più di sei ore al giorno. Sono 36 ore alla settimana, un
orario normale, o che era normale in Europa, prima dell’avvento del
neoliberismo, ma che desta scandalo nel Terzo mondo delle maquilladoras, dove è
considerato giusto che decine di milioni di lavoratori vengano sacrificati al
modello, lavorando 14 ore al giorno per salari di fame per produrre beni di
consumo a basso costo per i cittadini del Primo mondo. E’ il sacrificio di
intere generazioni l’unico pass-partout al progresso? In Unione Sovietica
pensavano di sì. In Venezuela, il Socialismo del XXI secolo pensa tutto il
contrario e lo scrive sulla propria Costituzione.
Una parte fondamentale
della riforma si preoccupa di stabilire poteri per disegnare il Venezuela del
futuro, creare dal nulla, nuove provincie e nuove città ecologiche ed entità
come un Distretto Federale, che ridisegni l’urbanistica di Caracas. Tutte
le grandi metropoli latinoamericane –e non solo- hanno bisogno di ripensarsi, ma
la primazia del liberismo economico lo proibisce. Va tenuto presente che il
Venezuela è un paese enorme, grande tre volte l'Italia e sostanzialmente vuoto,
visto che tre quarti della popolazione di 26 milioni di abitanti vive a ridosso
della costa. L'esigenza di dotarsi di strumenti per pensare il paese del futuro
(nel 2050 il CEPAL stima che avrà 41 milioni di abitanti) investendo le non
eterne risorse petrolifere, è una questione chiave che trova oggi dignità e
strumenti costituzionali. Dodici milioni di persone vivono in favelas,
addirittura il 60% della popolazione a Caracas, una città cresciuta su di un
sistema di vera segregazione tra cittadini, i benestanti nella valle, i poveri
abbarbicati sulle colline. Il tutto dovrà avvenire, secondo la proposta di
Chávez decentrando, laddove il decentramento dei poteri e l'approfondimento
della democrazia partecipativa, sono la premessa e la base della riforma.
Dunque, la proposta di cambiamento della Costituzione
bolivariana è sul tappeto. Da oggi in decine di migliaia di assemblee, in quel
calderone ribollente di idee che è il Venezuela bolivariano, si comincerà a
discutere de “La Cosa”. Il dibattito andrà avanti per mesi, fino a
concludersi con un referendum popolare. Centinaia di migliaia di persone di
tutti i ceti e di tutti i livelli di istruzione ne parleranno con passione, con
cognizione, si divideranno o si troveranno d'accordo. Si sommeranno speranze,
aspettative, delusioni, esperienze, proposte, distinguo. Insomma, tutto
quello che la democrazia deve essere: partecipazione popolare.
Chi è
che fa prevalere la diffidenza e non l’ammirazione per un progetto di paese
nuovo e più giusto come il Venezuela bolivariano. E’ un progetto che per la
prima volta nella storia mette nero su bianco aspirazioni storiche della
sinistra e dei progressisti di tutto il mondo, in una Costituzione che vieta la
brevettabilità della vita, che difende la biodiversità, che
condiziona l'uso delle risorse naturali all'approvazione delle comunità che
vivono dove quelle risorse si trovano e che tra aborigeni e multinazionali
sceglie senza esitare i primi.
Questo è quello che sta succedendo in
Venezuela, per chiunque ha occhi per vedere. Ma sui giornali di tutto il
mondo la notizia vi verrà presentata in ben altro modo: "Chávez vuole essere
presidente a vita e propone una serie di riforme velleitarie e ridicole". Tutto
il resto, tutto il dibattito, progetti, militanza, inserimento alla vita
pubblica, partecipazione attiva di centinaia di migliaia di persone, deve essere
svilito, non se ne deve parlare.
Sgombriamo subito il campo sul punto
meno importante ma più polemico. Nessuno al mondo pensava che il Presidente
venezuelano Hugo Chávez potesse andare in pensione al termine del
presente e secondo mandato. Neanche l’opposizione.
Il tema della
rieleggibilità è complesso in America fin dai tempi di Porfirio Díaz e della
Rivoluzione messicana. Chávez propone di superare questo limite. Lo fa per
potersi ricandidare, come parallelamente vogliono fare anche Lula in Brasile
e Tabaré Vázquez in Uruguay (e Nestor Kirchner passa la presidenza alla moglie
Cristina, nella speranza di vederselo restituire poi) senza destare alcuno
scandalo. E' legittimo discutere sull'opportunità di tale scelta, e di come i
venezuelani si pronunceranno su questo punto con il referendum. Ma non è
legittimo, anzi, è canagliesco sostenere che la riforma fa eleggere Chávez ”a
vita”, “indefinitamente”, "come Castro". Da dove salta fuori quel “come Castro”,
palesemente falso?
Quel "come Castro" appare adesso, d’improvviso e viene
fatto schizzare come fango da un media all'altro, spunta come un fungo da
una lingua all'altra, da un lancio d'agenzia all'altro, in maniera identica a
quando lo scorso dicembre un pronunciamento di Reporter senza Frontiere, l'ong
finanziata dal NED (ovvero dalla CIA) diffuse l'informazione palesemente falsa,
che Chávez avesse "chiuso" l'unico media rimasto all'opposizione, la televisione
commerciale RCTV. Sorprendente: il giorno prima nessuno diceva che RCTV era
l’unico media rimasto all’opposizione e il giorno dopo lo scrivevano tutti,
anche se era facilissimo verificare che fosse totalmente falso. Da un momento
all'altro quel palese "errore", cominciò a riprodursi a macchia d'olio su
centinaia di media. Lo stesso succede oggi con la "rielezione come Castro" e
succederà domani con altro. E non è che il NED o RSF o chi per loro, rilancino
gli argomenti dell’opposizione. Altrimenti per esempio rilancerebbero
l’argomento con il quale la greve opposizione venezuelana attacca TVES, la
televisione che ha sostituito RCTV: “è la televisione dei negri”,
alludendo al fatto che per la prima volta nella storia televisiva del paese una
televisione dia spazio alla cultura degli afrovenezuelani, oltre un terzo del
paese. Il NED non seleziona le denunce palesemente razziste che pure sono così
tanta parte dell’odio anti-chavista. Seleziona e manipola solo quelle
presentabili.
Parliamo di cose serie: se la proposta di riforma sarà
approvata dal referendum popolare, Chávez si ricandiderà e potrà essere eletto o
meno. E’ naturale e perfino opportuno che sia così, semplicemente perché il
massimo dirigente politico di una trasformazione così ampia dello Stato, non
poteva fare agli oppositori di tale trasformazione il favore di andare in
pensione tra cinque anni. E’ quello che le destre e il governo degli Stati Uniti
avrebbero voluto e che i media mainstream ammanniscono, ma la verità è che
sarebbe stato irresponsabile da parte di Chávez scegliere di
ritirarsi!
Per chi è obnubilato dall'idea che la democrazia abbia una
sola forma possibile nel tempo e nello spazio, quella anglosassone (e chissà
perché si debba copiare tutto da un solo paese, compreso il numero di elezioni
di un presidente), e l'economia abbia un solo ordine naturale possibile nel
liberismo, tutto è velleitario in Venezuela. E pericoloso. Ed esecrabile. E per
fermare l’esperimento bolivariano, che sta restituendo dignità a milioni di
persone, tutto è lecito, dal colpo di stato, come fecero l’11 aprile 2002, alla
manipolazione sfacciata dell'informazione.
Ma chi ha la fortuna di
fare informazione, alcune cose ha il dovere di dirle. Ha il dovere di
spiegare che, anche così, anche con la possibilità di essere rieletto in
elezioni che continueranno ad essere le più monitorate e pulite del mondo (come
hanno sempre certificato l'Unione Europea, e l'Organizzazione degli Stati
Americani), Hugo Chávez continuerà ad essere il presidente con meno poteri di
tutto il continente americano, Stati Uniti compresi ovviamente.
E
continuerà ad esserlo perché la Costituzione bolivariana del 2000, con quella
balzana idea della democrazia partecipativa, messa per la prima volta
nella storia nero su bianco in una Costituzione, introduceva (e da domani
rafforza) un ribilanciamento di potere a favore del popolo minuto, i diritti del
quale, la tradizionale divisione di poteri ispirata dalla Costituzione
statunitense, negava invece di garantire.
E lo strumento del
referendum revocativo (quello che permette la revoca di qualsiasi carica
elettiva a metà mandato) ha funzionato, continuerà a funzionare e sarà invidiata
da sempre più paesi, costretti a tenersi per molti anni presidenti con indici di
approvazione sotto zero. Altro che "Chávez presidente a vita"! I suoi nemici
volevano pensionarlo per normalizzare il paese. Suo dovere era non cadere nella
trappola e rispettare il mandato degli elettori e dotare il suo paese degli
strumenti costituzionali per costruire il Socialismo del XXI secolo. I
venezuelani hanno, e continueranno anche con la riforma ad avere, più strumenti
di tutti gli americani (statunitensi compresi, ovviamente) per revocare la
fiducia ai loro eletti, a partire dal presidente Chávez. I media che lo negano vi stanno
mentendo.
Parole chiave: America Latina, Venezuela, Costituzione
bolivariana, Hugo
Chávez
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