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Dal Manifesto del 17 aprile
- Subject: Dal Manifesto del 17 aprile
- From: Serena Romagnoli <md1042 at mclink.it>
- Date: Wed, 18 Apr 2007 19:12:43 +0200
- Thread-topic: Dal Manifesto del 17 aprile
Il Brasile dell'anti-riforma agraria e dell'etanolo Nell'anniversario della strage (impunita) di 19 braccianti a Carajas, il 17 aprile '96, il «vescovo dei Senza Terra» scrive delle promesse mancate di Lula Tomás Balduino * Oggi è l'undicesimo anniversario della strage di Eldorado di Carajas, sud del Pará, dove il 17 aprile '96, una manifestazione pacifica di Sem Terra fu attaccata dalla polizia statale. I senza-terra uccisi furono 19. Nonostante i processi, con le solite teoriche condanne a centinaia d'anni, i poliziotti responsabili di quel massacro sono ancora liberi. E la riforma agraria promessa da Lula è più lontana che mai. Dom Tomás Balduino * Vi presento un piccolo eroe: si chiama Eduardo Sousa Pereira junior. Ha compiuto 9 anni. Dall'età di 3 mesi fino a oggi vive con suo padre, Eduardo, e sia madre, Maria Aperecida, nell'accampamento «Gurita», municipio di Jataí, stato di Goiás, sotto una tenda nera, fra il confine del latifondo e la strada, in attesa della terra, insieme ad altre famiglie. Ha visto e sentito molte cose. Dalle visite minacciose dei poliziotti e degli sgherri dei fazenderos, agli insulti dei camionisti di passaggio. Vive la durezza inenarrabile del giorno per giorno. Questa è la sua infanzia. Eduardo è un piccolo anti-erore dell'anti-riforma agraria. Cè anche la gente della canna da zucchero. Secondo cifre ufficiali, nello stato di San Paolo nel 2005 sono morti 416 lavoratori rurali del settore alcol-zuccheriero. Loro e altri sono gli eroi e le vittime dell'attuale politica fondiaria. Ci troviamo di fronte, quindi, a una anti-riforma agraria nel nostro paese? Ci sono due dati che lo confermano. Primo il mancato rispetto dell'articolo costituzionale che parla della «funzione sociale della proprietà». Secondo la nuova mega-politica energetica governativa degli agro-combustibili. La costituzione del 1988 produsse una gioia immensa riconoscendo «la funzione sociale della proprietà», che figura nel capitolo fondativo dei «Diritti e garanzie fondamentali». Era un'innovazione giuridica copernicana. Era la fine del nefasto diritto assoluto della proprietà privata. La costituzione assunse un meccanismo di garanzia di questa funzione sociale e anche dell'ordinamento fondiario. E' nell articolo 184 che prevede «l'esproprio per interesse sociale, ai fini della riforma agraria, degli immobili rurali che non rispondano alla loro funzione sociale». Ora, sfortunatamente, assistiamo invece all'abbandono della terra da parte del potere esecutivo alla voracità delle privatizzazioni nazionali e straniere. Per portare avanti il timido piano di riforma agraria, il governo preferisce comprare la terra anziché espropriarla. E il potere giudiziario, salvo qualche onorevole eccezione, non sa fare altra cosa che garantire la difesa del latifondo attraverso i ricorsi sospensivi degli espropri e le condanne penali. Nel 2006 sono state sgomberate dalle terre occupate 19.449 famiglie. L'80% degli espropri degli ultimi 10 anni si deve alle occupazioni di terre da parte delle organizzazioni contadine. Senza di esse l'istituto costituzionale dell'esproprio sarebbe restato lettera morta. E intanto il «gruppo ruralista» del Congresso porta avanti la criminalizzazione delle occupazioni come fosse terrorismo e pertanto, «crimine odioso». La riforma agraria oggi è scomparsa perfino dai discorsi del governo. Le stime dicono che nel 2006 siano state insediate non più di 40 mila famiglie. Nel 2007, con gli stessi irrisori finanziamenti del 2006, non ci si può aspettare nessun progresso significativo. E' la pratica sfacciata dell'anti-riforma agraria. E gli agro-combustibili? Qui, al contrario, il denaro corre a fiumi. Ora con l'alleanza del grande capitale internazionale, specialmente quello Usa, in vista dell'agro-business dell'eneregia cosiddetta «pulita», si vuole aprire nel paese un impianto per l'alcol al mese fino al 2010. E' grande quindi la corsa alla terra da parte di imprese nazionali e straniere. Che resta allora della riforma agraria?Della sovranità territoriale e della sovranità alimentare? Si fa un gran parlare di nuovi posti di lavoro. C'è una corsa sfrenata verso le piantagioni di canna. Molte scuole del Nord-est si sono chiuse perché gli studenti sono emigrati per diventare tagliatori di canna. In conclusione: né lavoro, né terra, né riforma agraria. Resta solo l'anti-riforma agraria. Finalmente le organizzazioni sociali si stanno di nuovo muovendo, dopo un periodo di paralisi nell'attesa dell'avverarsi del sogno di un cambio che partisse dal governo. E' venuto il tempo di una riforma che ci restituisca uno Stato strutturato per compiere la sua vera ragion d'essere al servizio del popolo, anziché lo Stato che ci troviamo di fronte, impegnato soprattuto a favore dell'impresa capitalista. *Consigliere della Commissione pastorale della Terra della Conferenza episcopale brasiliana, vescovo-emerito di Goías
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