FMI come un pesce fuor d’acqua: la spallata latinoamericana




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:: Crisi della grande agenzia finanziaria internazionale: la "spallata" latinoamericana ::

Il Fondo Monetario Internazionale 
come un pesce fuor d’acqua

Di Tito Pulsinelli  (www.selvas.org)
(Analista continentale, ha pubblicato numerosi approfondimenti sulla geopolitica latinoamericana per l'Osservatorio Indipendente Selvas.org)


4 Aprile 2007 - In America latina, il Fondo Monetario Internazionale (FMI) versa in una condizione decisamente non smagliante. Non è neppure l'ombra di quella struttura di potere finanziario che dettava legge, e faceva il bello e cattivo tempo fino al decennio passato.

Nessuno si è scordato dello strapotere senza limiti conferitogli dal fatto che è una banca molto, ma molto, particolare. Unica.
Sconfina dalla sfera strettamente finanziaria ed impone misure prettamente politiche, di pianificazione delle economie nazionali dall'esterno. Più che un istituto di credito, è stato un organo di pianificazione neoliberista dei Paesi non industrializzati.
I guai non erano rappresentati solo dai tassi usurai insostenibili, quanto dal sostituirsi ai poteri legislativi locali.
 
Il FMI, nel corso del 2006 ha potuto prestare solo 50 milioni di dollari. In altre parole, è diventata una banca senza clienti, a cui pochi ricorrono. I "prodotti" che offre non incantano più nessuno. Tanto che nell'esercizio fiscale del 2007, prevede addirittura un deficit di 103 milioni di dollari. Che cos'è successo?
 
Il rimborso anticipato ed imprevisto del debito da parte dell'Argentina e del Brasile -avvenuto con la disapprovazione dei movimenti sociali che appoggiano quei governi- ha cambiato decisamente il panorama finanziario. Il FMI ne esce ridimensionato, e cessa di incamerare gli interessi da strozzinaggio di due dei suoi migliori clienti.
Argentina e Brasile hanno scelto la strada di azzerare il debito, per metter fine ad una emorragia che prosciugava i benefici anche nel contesto di crescita economica ragguardevole e sostenuta, come quella degli ultimi 5 anni.
 
Dal suo lato, anche la Russia ha anticipato il pagamento del debito al FMI, grazie alle entrate considerevoli generate dall'esportazione del petrolio e del gas che -dopo la nazionalizzazione- ora rientrano nell'erario della Federazione Russa, non più conti bancari di 3 oligarchi residenti nei paradisi fiscali anglosassoni.
 
Il FMI sta valutando la possibilità di vendere o investire parte delle sue riserve d'oro, che ammontano a 6 miliardi e mezzo di dollari, per far fronte alle perdite e ricapitalizzarsi. Ma non è più un riferimento imprescindibile, e perde anche lo status di principale erogatore di capitali.
 Il Venezuela ha concesso a vari Paesi dell'area, prestiti di ben 4 miliardi e mezzo di dollari, a condizioni incomparabilmente più vantaggiose, sia per quel che riguarda i tassi d’interesse, che per i tempi di pagamento, 

 
L'imminente apertura del Banco del Sur, da tempo promosso dal Venezuela, a cui ora hanno aderito Argentina, Bolivia, Paraguay e Uruguay, segnerà un cambio profondo del mercato finanziario sudamericano, che diventa più diversificato e plurale.
Il 10% delle riserve monetarie dei Paesi membri, saranno ritirate dal circuito del dollaro o dei Paesi del nord industrializzato.
 In altre parole, i cinque Paesi sudamericani preferiscono rinunciare al 3% di interessi che ricevono dalla banca internazionale, alimentando un proprio fondo per lo sviluppo, che libera dal giogo di pagare 10-13% di interesse per poter usare quegli stessi capitali da loro collocati all'estero.
 
L'aumento del prezzo degli idrocarburi è una delle cause dirette del declino del FMI, destinato ad accentuarsi visto che Venezuela, Bolivia ed Argentina hanno preannunciato la formazione di un OPEC del gas sudamericana. E che il 9 aprile, a Doha, Russia, Iran, Qatar, Venezuela ed Algeria -70% del gas mondiale- dovrebbero varare l'Organizzazione dei Paesi esportatori del Gas.


 
(Il presente articolo è utilizzabile con la citazione dell'autore e di Selvas.org.)
 


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