senza ironia e soprattutto senza autoironia
le rivoluzioni non sopravvivono, Alejandro
Torreguitart mi sembra uno dei tanti giovani cubani di cultura che non
rinnega la rivoluzione e le sue conquiste ma osserva disincantato le sue
contraddizioni, scrive di giovani e delle loro apsirazioni, di sesso e di musica
come farebbe chiunque giovane scrittore europeo
nello
----- Original Message -----
Sent: Wednesday, August 09, 2006 4:14
PM
Subject: Re: [latina] Fidel, fallo per
noi non ci lasciare
Chiami "ironia" questo farneticolante venditore di fumo?
Questa non è ironia, questa è mancanza di rispetto per una Rivoluzione
che ha dato al popolo cubano diritti che tutti gli altri popoli del terzo
mondo (salvo alcune eccezioni), tutti insieme, non hanno mai
avuto.
E poi hai il coraggio di dire che "autorizzi" la sua
pubblicazione?
Solo un imbecille, o uno che è in mala fede, può sostenere che siano
tutte "cazzate" le denunce relative alla minaccia imperialista nei confronti
di Cuba.
Lupi <lupi at infol.it> ha scritto:
A
proposito della situazione cubana che si è venuta a creare dopo la
malattia di Fidel Castro e il passaggio dei poteri al fratello Raul,
ricevo questo breve racconto ironico da Alejandro Torreguitart
(L'Avana, 1989) che diffondo nella sua traduzione italiana. La
diffusione del racconto non ha scopi di lucro. Autorizzo sin da ora
la sua riproduzione e la pubblicazione su internet e su carta da
chiunque fosse interessato.
Gordiano
Lupi www.infol.it/lupi
Fidel, fallo per noi non ci
lasciare
All’Avana non si commenta
Grande notizia oggi in
Cubavision. Non ci sono i cartoni animati prima del Noticiero, hanno
sospeso pure il film americano e la telenovela sui froci, quella che
piace tanto a Mariela e che io ne farei pure a meno di guardarla,
preferisco Sex and City sul satellite, lo vedo da Paco pure se è
proibito, lui ha trovato il modo. Si trova sempre il modo qui all’Avana,
tutto è proibito ma tutto è permesso, basta dare la mancia alla
persona giusta, tenersi buono il vicino, allungare qualcosa al
rappresentate del partito. Ma non divaghiamo che oggi c’è la grande
notizia. Tutto il resto non conta. Fidel sta male, deve operarsi,
pare che sarà una cosa lunga, non riuscirà neppure a festeggiare il
compleanno, ma stai sicuro che lo fa più in qua, magari mette in
piedi una megafesta con la scusa dell’anniversario della
Rivoluzione, che ormai lo scrivo maiuscolo per abitudine ma questa cosa
qui mica mi viene bene. Fidel ha lasciato il potere nelle mani del
fratello, un ragazzino di settantacinque anni, uno che quando apriva
bocca lui lo rimbeccava sempre, della serie tu stai zitto che non
capisci niente cosa ne vuoi sapere della Rivoluzione, occupati
dell’esercito, fai la guerra con i soldatini, pensa alla Cina e al
modello comunista che va verso il mercato, ma rompi poco le palle.
Insomma, ora come ora questo ragazzino di settantacinque anni che in
televisione lo vedi sempre con la sua bella divisa verde olivo
stirata di fresco, occhiali da talpa, baffetti radi, statura mingherlina
che pare il figlio scemo di Fidel sarebbe il depositario della
Rivoluzione. Stiamo messi bene.
“Comanda il partito. Raul non conta
niente” dice Paco, uno che suona con me nell’Esperanza. Lui ha una
voce che quando canta leva di sentimento, ma oggi non ha tanta voglia di
cantare.
“Non so cosa è meglio…” sussurra Pablo che ha messo da
parte la chitarra. Pure lui non prova. Non ne ha voglia.
Manuel se ne
sta fermo da una parte a guardare la sua tromba e la rigira tra le mani
come in attesa di qualcosa che non viene. Armando ha posato maracas
e timbales su un tavolo e sorseggia un caffé.
“La batteria serve a
poco se voi non collaborate” dico.
Più mercato e meno Rivoluzione,
scrivono i giornali che vengono da fuori, quelli proibiti che
raccontano le cose come stanno o almeno ci provano. La Rivoluzione è
sempre più forte, recita il Granma, ma su quello c’era da stare più
che sicuri, per il Granma la Rivoluzione è sempre mas solida y
fuerte, la musica non cambia mai.
“Paco, cazzo, adesso leggi pure il
Granma?” dico.
“Che cosa devo fare? Dovrò informarmi in qualche
modo…”
“Se t’informi con il Granma sei a posto…”
No, le palle
del Granma proprio no, quelle me le risparmio e se oggi non è giornata e
non si prova finisce che me ne torno a casa e mi metto a studiare
che c’ho un esame di letteratura cubana tra poco e mica sono preparato.
Un amico mio che viene dalla Spagna m’ha portato l’opera completa di
Cabrera Infante e io me la sono letta quasi tutta, pure se lo so che
nell’esame di letteratura mica ce la trovo, non serve a niente.
Magari dovrei studiare Abel Prieto e la narrativa contemporanea,
quella che piace tanto al partito perché sta dentro alla Rivoluzione,
come ha detto Fidel. Dentro la Rivoluzione tutto, fuori dalla
Rivoluzione niente. Preferisco fuori, comunque, anche perché non
riesco mica più tanto a capire che cosa sarebbe questa Rivoluzione,
vorrei essere così sicuro di difenderla come chi non la deve subire,
ché loro ci riescono bene, non hanno la tessera, non devono fare i conti
con il riso che manca dopo sette giorni e con i fagioli da
risparmiare. Sarei rivoluzionario pure io se mangiassi bistecche
ogni giorno, guarda, sarei un compagno perfetto, crederei a tutto quello
che dicono, al pericolo che viene dagli Stati Uniti, alla prossima
invasione, alla minaccia americana, all’embargo che è la sola causa dei
nostri problemi. Credo a tutto, Raul. Te lo giuro. Però dammi da
mangiare un po’ di carne, magari già che ci sei trovami pure un vestito
nuovo, ché questa camicia bianca e i pantaloni sono consumati, più
li lavo più si strappano, magari dammi anche un paio di scarpe nuove
che queste sono tutte rattoppate, magari vedi se m’insegni come fare
per arrivare alla fine del mese con cinque dollari in tasca. Magari
è meglio se me ne sto zitto. Magari.
E insomma, gira picchia e mena,
me ne torno a casa che le prove non le ho fatte, il concerto chissà
se lo faremo, forse i turisti che c’hanno chiamato si faranno vivi e noi
improvviseremo Hasta siempre comandante, tanto si sa che vogliono
quella, specie se sono italiani, e a me viene sempre la voglia di fare
il rap di Rey el vikingo, quello che dice Hasta cuando comandante,
sarebbe più in tema, ma tanto per cambiare è proibito, mica si può.
Torno a casa e penso ancora alla notizia del giorno, quella che tutti
si sussurra e nessuno c’ha il coraggio di affrontare. Mica sarà
morto davvero, penso. Mica ci lascerà nelle mani del partito comunista?
Mica ci farà governare dal fratello che pare un cartone animato e
quando ride sembra Speedy Gonzales? Non lo so cosa succederà ancora. Non
lo so proprio. Forse niente come al solito e lui ritornerà come
prima, magari malato, stanco, lo sentiremo dire le solite cazzate di
sempre, la minaccia americana, l’embargo, la Rivoluzione mas solida
y fuerte, il coraggio di Cuba. Sì, lo so che sono tutte balle, ma dette
da lui hanno un altro sapore e magari si sopportano
meglio.
Fidel, fallo per noi. Non ci lasciare.
Alejandro
Torreguitart - L’Avana, 7 agosto 2006
Traduzione Gordiano Lupi -
diritti riservati
Alejandro Torreguitart Ruiz (L’Avana, 1979). Ha
esordito in Italia con Machi di carta - confessioni di un
omosessuale (Stampa Alternativa, 2003) che ha avuto un buon successo
di critica e di pubblico. A gennaio 2004 ha pubblicato il romanzo
breve La Marina del mio passato (Edizioni Nonsoloparole - Napoli) e a
maggio 2005 il romanzo di ampio respiro Vita da jinetera (Il Foglio
- Piombino) sul mondo della prostituzione. Sono in attesa di
pubblicazione: Bozzetti avaneri, una raccolta di racconti che non
sono racconti e La casa del piacere - notti di sesso all’Avana, storia
di vita quotidiana nella Cuba del periodo speciale tra jineterismo e
arte di arrangiarsi. Alcuni suoi racconti di impronta
politico-esistenziale sono stati pubblicati da quotidiani e riviste.
Gordiano Lupi è il traduttore e il titolare per lo sfruttamento dei
diritti sulle sue opere in Italia e per l’Europa.
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