LATINOAMERICA - Forbes su Fidel Castro: indietro tutta




Forbes su Fidel Castro: indietro tutta
di Gennaro Carotenuto

L'ultima caso di rilevanza mondiale di manipolazione di informazioni
sull'America Latina è quello della rivista Forbes che sostiene tutti gli
anni che Fidel Castro possegga una fortuna (900 milioni di dollari
quest'anno) distribuita in tutto il mondo. Nelle settimane passate avete
trovato la notizia in grande evidenza su tutti gli organi di stampa del
mondo. Adesso avrete seria difficoltà a essere informati sulla rettifica da
parte dello stesso influente mensile Forbes, che ha ammesso alla BBC di non
avere alcuna prova.

In molti avevano provato senza successo a chiedere al mensile della classe
dirigente statunitense, che prende il nome dal cognome del suo megalomane
padrone, Steve Forbes, miliardario di ultradestra legato a Ronald Reagan e
Bush padre, che giustificasse le proprie affermazioni. Ma Forbes, che dà i
numeri come Berlusconi in campagna elettorale, ha fatto finta di niente per
giorni: dovete crederci sulla parola, se diciamo che il "sanguinario
dittatore Fidel Castro" possiede una fortuna di 900 milioni, dovete
considerarlo un dogma di fede. E' dovuto intervenire lo stesso Castro, che
ha pubblicamente sfidato Forbes a dimostrare quanto afferma davanti al
mondo.

E Forbes ha dovuto fare macchina indietro, ammettendo alla BBC che
l'autorevole (sic!) mensile non ha in mano (testuale)
<http://news.bbc.co.uk/hi/spanish/business/newsid_4989000/4989154.stm>"nessuna
prova che Castro possegga una fortuna all'estero". Fantastica BBC: fa il
suo dovere informativo, ma lo annega riducendolo ad un paragrafo perso nel
mezzo di un articolo tergiversante intitolato non come sarebbe stato
corretto: "Forbes ammette che non ha nessuna prova", ma "Forbes insiste
sulla fortuna di Castro". E qui sta il capolavoro di Forbes/BBC. Forbes
ammette che Fidel Castro non possiede alcuna fortuna né all'estero né a
Cuba, ma giustifica la conduzione di un'enorme campagna mondiale di
diffamazione sulla presunta fortuna di Castro (scrivono 900 milioni, ma
potevano essere 90 o 9.000) con la seguente formula: "Se qualcuno come
Castro volesse scappare all'estero, avrebbe il potere di portarsi dietro
una somma come quella che gli attribuiamo".

E' un'originalissima interpretazione fatta con sprezzo del ridicolo.
Dall'accusa a Castro di avere malversato una fortuna si passa ad un
processo alle intenzioni sapendo che tra l'altro, Castro non ha nessuna
intenzione di scappare da Cuba. Se la stampa mondiale si affannasse a
rettificare come si affannata per pubblicare l'infondata notizia il caso
sarebbe chiuso.

Dunque serve pungolare la grande stampa che se la canta e se la suona
secondo interessi che nulla hanno a che vedere con il dovere d'informare.
Mostrate le carte, fate numeri, fatti, circostanze! E possibilmente
pubblicate le smentite! Nel <http://www.gennarocarotenuto.it>sito, il
latinoamericanista di Repubblica, Omero Ciai, chiamato più volte in causa
per il suo spensierato antichavismo militante, è amabilmente intervenuto
più volte, fino a fare pubblica ammenda per aver definito Hugo Chávez
"sinistra militarista". Ha fatto di più, ha fatto un'interessante
lezioncina, per spiegare che "La Repubblica" non deve informare, ma
vendere, e quindi pubblica le notizie più succulente, anche se romanzate,
meglio se svillaneggianti capi di stato non grati alla Casa Bianca.
Scrive tra l'altro testualmente Omero Ciai in
<http://www.gennarocarotenuto.it>gennarocarotenuto.it: "repubblica viene
accusata di occuparsi poco di Uribe. E' verissimo. Negli ultimi anni ci
siamo occupati di Colombia soltanto per il sequestro Betancourt. Pero
dovete ammettere che un giornale di solito si occupa di quello che presume
interessi ai suoi lettori (altrimenti faremmo la fine del Manifesto). Ed è
ovvio che ai lettori interessino molto di più processi in corso come il
Brasile, l'Argentina, il Venezuela, Cuba etc. piuttosto che una guerra
civile che va avanti da 50 anni".

Dunque Ciai ha il pregio della chiarezza: è vero che non abbiamo alcun
interesse a parlare della guerra civile in Colombia, incomprensibile e che
annoia i lettori e dove i cattivi sono i buoni (per Repubblica). Invece un
pezzo folkloristico quanto infondato che metta in ridicolo oggi Hugo
Chávez, domani Evo Morales, funziona sempre. E' facile da scrivere, non
abbisogna di verificare alcunché, visto che nasce infondato, e basta usare
qualche insulto ad effetto tipo "megalomane califfo rosso" o disegnare
l'infondato pericolo di un Venezuela aggressivo per ammannire il lettore.
Ne prendiamo atto e prendiamo atto che chi compra la Repubblica lo faccia
per distrarsi, non per informarsi.

INCISO: Chi scrive vive con estremo disagio questa situazione
controinformativa. Il quotidiano La Repubblica, che prendiamo ad esempio
non perché il peggiore di tutti, ma perché lo vorremo migliore, non ha mai
parlato del terrorismo di Stato degli Stati Uniti contro Cuba. Mi domando
cosa avranno pensato i lettori di Repubblica quando la Sperling&Kupfer ha
comprato spazi pubblicitari sul quotidiano romano per pubblicizzare il
documentatissimo saggio di Salim Lamrani "Il terrorismo degli Stati Uniti
contro Cuba". In molti si saranno domandati perché usciva un saggio su un
argomento scottante al quale il loro quotidiano non aveva dedicato una sola
riga.
In questo momento chissà quanti giornalisti, magari precari, in tutto il
mondo si stanno domandando se possono permettersi di dare alla macchina
indietro di Forbes la stessa evidenza che hanno dato alla falsa notizia
della fortuna di Castro. In troppi rinunceranno dal rettificare -non la
rettifica di Castro, che quella viene fatta passare come folklore, ma
quella di Forbes- pur di non finire nella lista nera dei trinariciuti amici
di Fidel.

Ma c'è di più. Chi scrive vorrebbe essere libero di criticare Cuba, anche
aspramente, dove e quando merita di essere criticata. Purtroppo -come nei
casi illustrati di Forbes e del terrorismo di stato statunitense contro
Cuba- il livello dei nemici a prescindere di Cuba (come del Venezuela,
della Bolivia...) è grossolano, aggressivo ed eticamente impresentabile.
Ciò rende un pessimo servizio a tutti, amici e nemici della rivoluzione
cubana, ma soprattutto a quella maggioranza dell'opinione pubblica mondiale
che vorrebbe solo elementi di comprensione e non guerre per bande.

Da una parte si producono notizie false e tendenziose (Forbes), dall'altra
se ne occultano altre (il terrorismo statunitense). E' un triste paradosso
che tale tecnica di inquinamento venga utilizzata proprio contro un paese
accusato di avere una rigida censura sulla stampa. Se il mezzo per
combattere la censura a Cuba è la manipolazione dell'informazione su Cuba,
è un momento grave per la libertà di stampa.

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