da ollantay a ollanta



Dal Capitano Ollantay a Ollanta Humala
Federico Mastrogiovanni
7 aprile 2006
In Perù, come in Italia, il 9 aprile i cittadini dovranno scegliere il prossimo capo del governo. Come molti paesi latinoamericani, il Perù è una terra in cui per secoli si sono susseguite ribellioni, colpi di stato militari e guerre civili, quasi senza soluzione di continuità. Se si considerasse la quantità di "salvatori della patria" che si sono avvicendati, si dovrebbe dedurre che il Perù, vive oggi sicuro e felice, senza corruzione, violenza e disuguaglianza sociale. Sembra abbastanza evidente che qualcosa non ha funzionato.

Si racconta che il primo insubordinato di cui si abbia memoria in Perù sia il Capitano Ollantay (o Ollanta, che in lingua aymara significa "Il guerriero che dalla sua fortezza vede tutto"). Ollantay, innamorato di Cusi-Coyllur, figlia dell'imperatore Inca Pachacútec, chiese la mano della principessa al temibile padre. Pachacútec naturalmente rifiutò e Ollantay, per amore della fanciulla si sollevò contro il suo imperatore e si rinchiuse in una fortezza. Successivamente la principessa diede alla luce la figlia di Ollantay e l'imperatore Pachacútec, per l'indignazione e la vergogna, morì. Il principe erede al trono, fratello di Cusi-Coyllur, vendicò il disonore e la morte del padre assediando la fortezza di Ollantay e chiudendo in prigione la sorella. Dopo molti anni di assedio il principe riuscì a costringere alla resa Ollantay e si preparava a giustiziarlo, quando Hima-Súmac, figlia del Capitano e della principessa, intercedette per lui e ottenne il perdono per il padre e la libertà per sua madre.

Dall'eroe di questa ribellione per amore, leggenda popolare che si tramanda nelle terre del paese andino, viene il nome di uno dei protagonisti della saga familiare degli Humala: Ollanta, favorito nelle prossime elezioni presidenziali.

Ollanta Humala è un ex ufficiale dell'esercito di 43 anni che il 29 ottobre del 2000 organizzò e guidò, insieme al fratello Antauro, ufficiale anche lui, una rivolta e un tentato golpe per destituire il dittatore Alberto Fujimori, accusato di corruzione e di illegittimità. Il colpo di stato fallì, e i fratelli Humala accettarono di abbandonare le armi se Fujimori avesse lasciato il potere. Quando il dittatore, al governo da dieci anni, fuggì in Giappone, i golpisti guidati dai fratelli Humala mantennero la promessa e si arresero. Ollanta e Antauro furono "perdonati" dal governo di transizione guidato da Valentin Paniagua e Ollanta venne nominato aggregato militare nelle ambasciate peruviane prima di Parigi e poi di Seul. Questi incarichi di prestigio lo hanno tenuto lontano dalla politica nazionale per qualche anno ma al suo ritorno in Perù si è candidato alla presidenza del paese con una campagna elettorale altalenante che lo ha visto prima favorito, poi in calo e che ora lo attesta al 30 percento circa delle preferenze. Per le elezioni presidenziali del prossimo 9 aprile la rosa dei candidati è molto ampia, ma i cinque favoriti sono Lourdes Flores Nano, la candidata esponente della destra del Partido de Union Nacional, Alan García, vecchia conoscenza della politica peruviana, dato che vent'anni fa da presidente trascinò il paese sull'orlo del baratro, Valentin Paniagua, presidente di transizione dopo la cacciata di Fujimori nel 2001, Martha Chávez, fujimorista che segue le indicazioni del suo leader in arresto nell'esilio dorato di Santiago del Cile, e Ollanta Humala, candidato per il partito nazionalista Unione per il Perù.

Leggendo il programma del Partido nacionalista peruano si ritrovano molti dei temi sostenuti dai movimenti indigeni di tutto il cono sud che hanno trovato spazio nelle proposte politiche del neoeletto presidente della Bolivia Evo Morales, come la nazionalizzazione delle risorse ambientali e la partecipazione nel governo di chi non ha mai avuto accesso al potere in America Latina, cioè ai popoli indigeni stessi, attraverso una nuova assemblea costituente. Quello che però lascia perplessi nel caso del partito dell'ex tenente Ollanta è il riferimento al ruolo che dovranno avere le forze militari peruviane. L'esercito sembra essere un elemento troppo decisivo nelle proposte del PNP. Ollanta Humala, educato nella Scuola Militare di Chorrillos, a Lima, ne uscì nel 1984. Nel suo curriculum però compare anche un corso speciale di cinque settimane nel 1983 in "operazioni nella giungla" presso la famigerata School of Americas di Fort Gullick a Panamá. La SOA è tristemente nota per aver ospitato e formato i peggiori aguzzini e paramilitari nonché qualche presidente dell'America Latina, che si sono macchiati di genocidi e di altri crimini atroci. Se a questo si aggiungono le accuse di violazione dei diritti umani e di tortura (mossegli soprattutto per il periodo che lo ha visto impegnato militarmente contro la guerriglia di Sendero Luminoso nei primi anni '90) l'immagine del candidato etnocacerista assume toni decisamente cupi.

La vicenda personale e familiare di Ollanta Humala rende agevole l'accusa di populismo e lo può rendere una macchietta grottesca. Ollanta Humala è però un personaggio che merita uno sguardo accurato, perché non è facile inquadrarlo negli schemi classici della politica e nemmeno nei clichè dei caudillos latinoamericani da realismo magico. Isaac Humala, padre di Ollanta e Antauro è il capofamiglia del "clan Humala". Avvocato, ex comunista ed ex insegnante di marxismo-leninismo dello scrittore Mario Vargas Llosa, fece parte anche del Movimento de Izquierda Revolucionaria. Quando le sue posizioni si scontrarono con la necessità di opporsi all'esercito peruviano cambiò rotta, perché nella sua visione le forze armate sono un elemento imprescindibile per un effettivo cambiamento sociale. Isaac, che parla le lingue quechua e aymara senza essere un indigeno, ha cresciuto i suoi otto figli (Ollanta è il secondogenito) all'ombra delle sue teorie nazionaliste indigeniste. Il recupero dei valori delle popolazioni andine e la rivendicazione di una superiorità rispetto alla razza bianca hanno fatto definire le posizioni politiche di Isaac razziste. L'etnonazionalismo degli Humala (detto "etnocacerismo" in riferimento ad Andrés Avelino Cáceres, maresciallo che nel 1879 organizzò una ribellione armata e prese il potere nel 1886) che esalta la "raza cobriza" (letteralmente la razza dalla pelle color del rame) e rigetta il potere dei bianchi, corrotto e dannoso, è una dottrina politica che agli occhi di molti osservatori risulta pericolosamente populista e razzista. A questo proposito va ricordato che il leader delle comunità ebraiche peruviane, Isaac Mekler, dopo aver accusato in un primo momento il partito degli Humala di antisemitismo, ha decisamente cambiato idea ed è entrato nelle sue fila, abbracciando la causa etnocacerista. Nella dottrina degli Humala si mescolano riferimenti ad antichi valori comunitari delle popolazioni aymara o quechua (come la condanna della menzogna, del furto e della "flojera", la pigrizia) con in aggiunta la convinzione della necessità di un ruolo forte delle istituzioni militari nel governo. Negli altri paesi a forte presenza indigena, quali la Bolivia o l'Ecuador i popoli andini propongono il superamento dei confini nazionali per favorire la ricomposizione degli antichi stati andini preispanici, separati proprio dal nazionalismo postcoloniale delle elite creole nella metà del secolo XIX. La tensione verso questo tipo di integrazione è un elemento che accomuna il programma di Ollanta Humala a quello di Evo Morales e di molti dei movimenti sociali andini. In questo senso sembra contraddittoria la forte spinta nazionalista e militarista che caratterizza i discorsi e la campagna elettorale del leader peruviano. Le accuse di populismo che vengono mosse nei confronti di Humala sono giustificate anche dal fatto che non sarebbe la prima volta che un leader latinoamericano cavalca le istanze degli strati più poveri ed esclusi della popolazione, che coincidono sempre con le maggioranze indigene, per assicurarsi l'accesso al potere. Anche i presidenti Fujimori e Toledo hanno ricevuto in un primo momento il sostegno delle popolazioni indigene, presentandosi come estranei alla politica corrotta e come uomini nuovi. Questo tratto caratterizza anche la figura di Ollanta Humala, che si propone come uomo forte, lontano dalla corruzione dei palazzi del potere e realmente vicino ai problemi e alle rivendicazioni del popolo. Nel panorama dei candidati è quello che in maniera più decisa abbraccia le istanze delle molte culture indigene che popolano il Perù, ma questo, come dimostra continuamente la storia dell'America Latina, non è una garanzia sufficiente. Si delinea quindi un ritratto molto complesso e contraddittorio di un movimento politico sicuramente interessante che ha la possibilità di cambiare la vita di milioni di peruviani in senso positivo o negativo. Non rimane che attendere il verdetto dell'elettorato, augurandosi che, come il leggendario Capitano Ollantay, anche Ollanta Humala combatta solo per sincero amore.