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Sulla congiuntura politica brasiliana
- Subject: Sulla congiuntura politica brasiliana
- From: Serena Romagnoli <md1042 at mclink.it>
- Date: Tue, 16 Aug 2005 00:37:36 +0200
· Documento della segreteria nazionale del ST sulla crisi politica 9 agosto Altri documenti in portoghese · Intervista a Stedille Folha 15 agosto · Intervista a Stedile - Correio Braziliense, 08.08.2005, · Intervista a Stedile Que fazer - agosto · Intervista a Plinio de arruda Sampaio su Brasil de fato 4-10 agosto (Il PT può salvarsi?) · Intervista a Emir Sader 5 agosto · Documento dei vescovi brasiliani 14 agosto Ano IV - nº 96 terça-feira, 09 de agosto de 2005 Posições políticas do MST nessa conjuntura Caros amigos e amigas do MST, riteniamo importante che voi, amici e amiche del MST, sappiate cosa realmente pensiamo. Durante il mese di luglio, in una riunone del Coordinamento Nazionale delMST, con più di 250 compagni e compagne di tutti gli stati e settori, abbiamo analzzato la congiuntura politica e il nostro comportamento di fronte ad essa. Prsenteremo sinteticamente le principali decisioni politiche del nostro Mvimento. Esse orienteranno le nostre azioni pratiche. 1. Sulla corruzione a corruzione è un metodo endemico con cui le classi privileiate si sono impadronite delle risorse pubbliche in uno stato scarsaente democratico. Riteniamo che esista una corruzione illegale da cui eneralmente traggono beneficio interessi personali e quella praticata conmetodi legali ma immorali e illegittimi che coinvolge l¹appropriazone di risorse pubbliche da parte di un gruppo economico, un settore speifico della classe dominante, o da arte dei ricchi in genere. I tassi di interesse praticati in Brasile e i tasferimenti di risorse pubbliche verso le banche, superiori a 100 miliardi direais all¹anno, sono un esempio inequivocabile di questo. Ci sono altre quetioni importanti: in generale i mezzi di comunicazione e le elite proteggono corruttori e ci impediscono di idntificare i veri colpevoli. Chi sono i proprietari dei milioni di risorsesviate per le campagne elettorali? Che interessi ci sono dietro gli investimnti milionari fatti nelle campagne politiche? Noi riteniamo imprescinibile esigere la punizione di tutti i casi din corruzione. E in particolareesigiamo cambiamenti profondi nel sistema di rappresentanza politica e di partito: è lunica possibilità di combattere la corruzione di sistema che regna nel aese. 2. Sul governo Lula. Il popolo brasiliano ha eletto il governo Lula erché ci fossero cambiamenti. Ha votato per un programma di impegni della ampagna elettorale distribuito a tutta la popolazione. Il governo elettosi è anche impegnato attaverso una lettera ai brasiliani, a promuovere cambiamenti, al di là del fato che avrebbe mantenuto i contratti con il cpitale. Il modo di agire del governo ha frustrato tutti e ha sfigurato la voontà manifestata dai 53 milioni di elettori ed elettrici. C¹è stata una peversa composizione di forze politiche, compresi conservatori e destra che hanno assunto posti di rilievo nella Banca Centrale, nei ministeri dell¹conomia, dell¹Agricoltura e dello Sviluppo, Industria e Commercio Nel lugio scorso, nel mezzo di una profonda crisi politica, il governo ha promoso una riforma ministeriale che ha ancor più rafforzato l¹alleanza con settoi conservatori. E¹ a partire da questo fatto che diciamo cheil governo ha cambiato faccia. Non abbiamo più di fronte lo stesso governo ch abbiamo eletto nel 2002. Non c¹è un governo di sinistra, né di centro-sinstra. Abbiamo un governo di centro, con la destra che controlla la politicaeconomica. Abbiamo detto addio al governo del PT e ai suoi impegni storici. ubiamo le conseguenze di un governo ambiguo, composto da forze politche della società che vanno dalla destra alla sinistra, e che hano da offrire molto poco. Il governo ha perso l¹opportunità, nel corso del su mandato, di consultare il popolo su questioni strategiche per la nostra ocietà come il debito estero, i tassi di interesse, i transgenici, l¹autonomia ella Banca Centrale, lo spostamento del fiume São Francisco, la Legge Kandr. etc. E certamente il popolo avrebbe scelto il cambiamento e avrebbe appggiato il governo, che ha preferito ascoltare soltanto i politici tradiionali 3. Il governo e la Riforma Agrária Abbiamo pensato che la vittoriadel governo LULA avrebbe rappresentato una modificazione nella correlazion di forze e avrebbe favorito la Riforma Agraria. E¹ stato elaborato l Piano Nazionale di Riforma Agraria che prevedeva l¹insediamento di 400.000famiglie in un periodo di 4 anni, oltre a moificazioni amministrative nell¹INCRA (Istituto nazionale di colonizzazion e riforma agraria), formazione degli insediati e matrimonio tra riforma graria e agroindustria. Trascorsi due anni e mezzo, constatiamo ce la riforma agraria cammina a passi di tartaruga. Il governo è statoincapace di realizzare il suo stesso piano. E¹ mancato il coraggio diaffrontare gli ostacoli da Reforma Agrária, che non va avanti perchè a) resta in piedi uno stato amministrativamenteorganizzato contro i poveri, che si occupa soltanto dei ricchi; b) il overno ha creduto nella falsa idea che l¹agrobusines possa essere la soluzione per la povertà nelle campagne. Ma essa favorisce slo gli esportatori e le transnazionali agricole: c) il governo non a capito che il mantenimento di una politica economica neoliberista impedice la realizzazione di qualsiasi programma di riforma agraria.. La poliica neoliberista taglia risrse di bilancio, concentra il reddito, mette al primo posto le esportazioni crea disoccupazione. La politica che noi sosteniamo distribuisce il reddito,crea posti di lavoro, sviluppa il mercato interno e fa in modo che le persoe restino in ambito rurale, E la rforma agraria è soltanto uno strumento di questa politica Insoddisfatti, abiamo fatto la Marcia Nazionale. Durante 17 giorni abbiamo riunito 12000 mariatori intorno allo stesso obiettivo. Siamo riusciti ad ottenere che il overno rinnovasse con noi sette inpegni con l¹obiettivo di accelerare la rifrma agraria. E¹ successo poco. L¹impegno a insediare 115.000 famiglie questanno si è limitato, fino ad ora, a circa 20.000. Altre 120.000 famiglie retano accampate, aspettando in condizioni subumane. La promessa modifica egli indici di produttività per il calcolo degli espropri, fino ad oggi nonè stata pubblicata. Si tratta di un semplice atto amministrativo di du ministri. Siamo stanchi di ascoltare i governanti che parlano di mancanzadi risorse, mentre le banche nuotano in miiardi di reais trasferitigli dallo stato. Il governo Lula ha un immenso dbito con i senza-terra e con la società brasiliana rispetto alla richiest di Riforma Agraria. 4. Sul PT e le sinistre. Il MST manterrà la sua lnea politica storica: è autonomo, tanto in relazione ai partiti politici quanto l governo e allo Stato. Così ci comporteremo anche in questa crisi. Individualmente, come cittadini e militanti sociali, gli appartenenti al Movimento si sommano ai brasiliani perplessi per la rivelazione dei metodi che il PT ha utilizzato per fare politica. Le campagne elettorali hanno mercantilizzato il voto. Pagate a peso d¹oro e dirette da pubblicitari stipendiati, hanno cambiato obiettivi. La corruzione ora denunciata è solo il frutto del metodo utilizzato, Quello che fa impressione è come settori di sinistra hanno utilizzato gli stessi metodi della destra e a essa si sono equiparati. Questa è la fine di quel che chiamiamo politica. Per questo sosteniamo i metodi di sinistra di fare politica, che sono centrati sulla discussione delle idee, nella formazione della militanza, nel lavoro di base e nella organizzazione cosciente del popolo, come unica forza capace di produrre cambiamenti nel nostro paese. 5. Sulla natura della crisi. Riteniamo che la crisi che stiamo vivendo non si limita alle denunce e alla corruzione. E¹ molto più grave. Si tratta di una crisi di modello. I posti di lavoro creati, molto inferiori rispetto alle promesse della campagna, sono insufficienti per rispondere alla nuova domanda dei giovani che entrano nel mercato del lavoro. Abbiamo affrontato una crisi sociale: I poveri lottano solo per la sopravvivenza e, in varie aree, si vedono segnali di barbarie sociale, con aggravarsi della violenza. Stiamo vivendo una crisi politica: la popolazione non si riconosce in questo sistema di rappresentanza, non ha potere politico e non può esercitare quel che la Costituzione federale dice: che tutto il potere emana dal popolo. Il popolo è arrabbiato nei confronti della politica e vede tutti uguali. Tutto ciò ci porta a una crisi ideologica, conseguenza della mancanza di discussione nella società su un progetto per il paese. Temiamo che questa apatia si prolunghi. 6. Chi sono i nemici del popolo comprendiamo che i veri nemici sono le classi dominanti, si arricchiscono sempre di più a spese del popolo. Sono gli interessi del capitale straniero, che si manifesta attraverso l¹azione delle transnazionali, delle banche straniere, del debito estero, del trasferimento di ricchezza verso l¹estero. Sono i grandi capitalisti brasiliani che si sono subordinati a quegli interessi e hanno voltato le spalle al popolo. E¹ il sistema finanziario nazionale, Sono i latifondisti che continuano ad accumulare terre e le difendono in qualsiasi modo. E¹ la politica del governo di George W. Bush, che vuole consolidare l¹America Latina solo come un mercato per le sue imprese statunitensi e controllare la nostra biodiversità e le nostre sementi. Il governo Lula può trovare nel popolo un alleato per combattere i nemici. Ma deve mostrare da che parte sta: se con le classi dominanti o con i poveri. Non bastano i discorsi. Questa scelta si fa attraverso cambiamenti chiari nell¹attuale politica economica e socilale. 7. Sulle vie d¹uscita dalla crisi. Comprendiamo che l¹uscita da questa grave crisi non dipende più solo dal governo, dal presidente. Dai partiti politici o dalle elezioni del 2006. Dipenderà da un¹ampia agglutinazione di tutte le forze sociali, organizzate per realizzare un vero mutirão per discutere e costruire un nuovo progetto per il paese. Un progetto di sviluppo per il nostro paese che metta al primo posto la sovranità popolare. Che organizzi una politica economica rivolta a trovare soluzioni ai principali bisogni della popolazione, come lavoro, reddito, terra, casa, scuola e cultura. Un modello che metta al primo posto la vita delle persone, la costruzione di una società con meno disuguaglianze e ingiustizia sociale. Abbiamo bisogno di una riforma costituzionale che modifichi l¹attuale regime politico, che inserisca meccanismi di democrazia diretta. Vogliamo avere il diritto di convocare referendum, di realizzare consultazioni popolari. Vogliamo vedere democratizzato il sistema dei partiti e della rappresentanza politica. Tutto questo richiederà un lungo cammino. Ma che dobbiamo cominciare presto. Dobbiamo stimolare il dibattito nella società in tutti gli spazi. Solo così il popolo stringerò nelle sue mani la convinzione che i cambiamenti sociali saranno conseguenza della sua organizzazione e lotta. Continueremo a formare militanti e lottatori e lottatrici del popolo, elevando il loro livello di coscienza e cultura. Abbiamo bisogno di democratizzare i mezzi di comunicazione, costruire mezzi alternativi con radio comunitarie, tv comunitarie e pubbliche, perché il popolo abbia accesso alle informazioni corrette. 8. Calendario di mobilitazioni Di fronte a questa valutazione della crisi e della congiuntura, invitiamo tutti i militanti del MST, la base dei movimenti di Via Campesina e i movimenti sociali urbani a unire gli sforzi,a mobilitarsi e organizzarsi. Invitiamo tutti e tutte a partecipare alle iniziative che sono in corso nel mese di agosto e che culmineranno con la realizzazione di un 7 di settembre grandioso, capace di emanare il vero grido degli esclusi nel maggior numero di cittò brasiliane possibile. Durante settembre e ottobre organizzeremo assemblee statali popolari per discutere un nuovo modello economico, che culmineranno nella nostra assemblea nazionale popolare: un mutirão per un nuovo Brasile, che si realizzerà a fine ottobre a Brasilia. Secretaria Nacional do MST São Paulo, agosto 2005 Breves +++++++++ Notícia de 15/08/2005 O Brasil precisa de projeto Folha de S.Paulo Versão online MST O Brasil precisa de projeto JOÃO PEDRO STEDILE ------------------------------------------------------------------------ O país precisa de rumo, de um projeto de nação que recupere a soberania nacional e popular. E isso só se constrói debatendo ------------------------------------------------------------------------ A sociedade brasileira está perplexa diante da "nudez política" a que foi exposto o Parlamento e a forma como funcionam as campanhas eleitorais no Brasil. Os partidos se abastecem nas empresas públicas ou privadas, em alguns bancos a fim de sustentar suas campanhas, obter privilégios pessoais e parlamentares, derrubando com isso as barreiras que separam as arrecadações legais das ilegais. Em troca, só Deus sabe o que é oferecido. Certamente, o que causou mais perplexidade foi a prática tradicional da direita agora ser comprovadamente realizada também pelo principal partido da esquerda. E a opinião pública espera que seja revelada a origem dos recursos, quem são os empresários pagadores e quais seus verdadeiros interesses. Afinal, ninguém entrega milhões de graça. Mas, para além dos casos de corrupção, é preciso refletir sobre a natureza dessa crise. As evidências são mais graves. Nosso país vive uma crise que abrange a economia. É verdade que o PIB cresceu, ainda que mediocremente, que a inflação está controlada, que as grandes corporações e bancos têm lucros fantásticos e que os saldos da balança comercial batem recordes. Mas a economia não está resolvendo os problemas básicos da população: emprego, renda e bem-estar social. Há uma crise social. Nossos níveis de violência social são equiparados aos dos países em guerra. (Oxalá nos lembremos disso na hora de votar contra a venda de armas no Brasil, em outubro!) Há uma crise política, a população não se vê representada pelos políticos e partidos, e uma crise ideológica. Não há debate de idéias, de projetos, de propostas para a sociedade. O neoliberalismo conseguiu reduzir e transformar a política num mero mercado de votos, controlado por "marqueteiros" de aluguel que cobram fortunas para enganar o povo. Infelizmente, nenhuma força social organizada tem claro qual projeto quer para a sociedade. E as universidades e meios de comunicação, que seriam espaços necessários para esse debate, também estão alienados dos verdadeiros problemas da população. Diante desse quadro, a avaliação do MST, da Via Campesina e de outros movimentos sociais é que a saída para a crise não está apenas na punição necessária de quem praticou corrupção. Não basta pedir aos partidos que façam a autocrítica. Não basta reduzir a questão a apoiar ou não o governo Lula. Os movimentos sociais, como o MST, devem manter sua autonomia em relação ao governo, ao Estado e aos partidos. Onde está a saída, então? A saída dessa crise requer diversas medidas, que abarcam aspectos econômicos, políticos e sociais. No campo econômico, é preciso mudar essa política econômica neoliberal que só beneficia os bancos e as grandes corporações. A imensa maioria da sociedade é contra a atual política econômica -inclusive o vice-presidente da República. É preciso subordinar a política econômica aos interesses do povo e à sociedade. É preciso que o Estado oriente a economia para resolver prioritariamente o problema do desemprego e de renda de todos os brasileiros, como, por exemplo, aumentando o salário mínimo. É preciso priorizar os gastos públicos na educação, moradia, saneamento básico, saúde, reforma agrária e incentivo a uma política de promoção de atividades culturais. O professor Fábio Konder Comparato já defendeu inúmeras vezes nas páginas desta Folha a necessidade de uma reforma política que recupere o poder de decisão do povo, incorporando o direito de convocar plebiscitos e referendos populares, o direito de revogar mandatos legislativos e executivos e o controle sobre os orçamentos públicos -entre outras medidas da democracia direta. Na reforma agrária, o governo está em dívida conosco e com a sociedade, pois o Plano Nacional de Reforma Agrária caminha a passos de tartaruga, enquanto 130 mil famílias sobrevivem debaixo de lonas pretas ao longo das estradas brasileiras, indignando a todos. É necessário realizarmos um amplo mutirão nacional de debate de um projeto para o país, como foi proposto pela semana social da CNBB e por todas as forças sociais. O país precisa de um rumo, de um projeto de nação que recupere a soberania nacional e popular, que reoriente a economia para atender às necessidades do povo. E isso só se constrói debatendo, aglutinando forças. Estamos convencidos de que qualquer outra "saída milagrosa" (de constituinte, reeleição, não-reeleição, candidatos suprapartidários ou esquerdistas...) não será a solução se não debatermos um projeto e possibilitarmos a participação efetiva da população na definição dos rumos do país. ------------------------------------------------------------------------ João Pedro Stedile, economista e especialista em economia agrária, é membro da direção nacional do MST (Movimento dos Trabalhadores Rurais Sem Terra). Sair+++++++++++++++++++++++ Correio Braziliense Correio Braziliense, 08.08.2005, Política Entrevista - João Pedro Stedile Líder do MST diz que movimentos sociais estão preocupados com a paralisia do governo ³Essa forma de democracia de mentirinha, em que o povo não tem poder nenhum de decidir sobre o seu futuro, não funciona mais.³ O economista João Pedro Stedile, uma das principais lideranças do movimento dos sem-terra no país, avalia que a crise é muito mais grave do que aparenta.A crise não seria apenas política, segundo ele, mas também econômica e social. ³É como se o Brasil estivesse numa encruzilhada histórica. A crise que estamos vivendo é muito grave, profunda e será prolongada², afirma o coordenador nacional do Movimento dos Trabalhadores Rurais Sem Terra (MST). ³Estamos numa crise de projetos para o país, uma crise de destino do Brasil.³ Em entrevista ao Correio Braziliense e ao Estado de Minas, Stedile explica por que, há duas semanas, durante uma manifestação em Curitiba, chegou a decretar o fim do governo de Luiz Inácio Lula da Silva. Aquele governo Lula que nós elegemos em 2002 acabou. Agora, temos um governo Lula-Severino-Sarney-Calheiros. Desde que estourou a crise, Stedile se dedica a correr o país para animar a militância e alertar que não se pode apenas ficar embasbacado com a enxurrada de denúncias que varre o noticiário. É preciso, segundo ele, sair do imobilismo e deixar de lado a postura passiva. Stedile vê, assim, uma possibilidade de superação da crise: Estimular as lutas sociais e a mobilização de massas, que é o único caminho capaz de alterar a correlação de forças atual. A seguir, os principais trechos da entrevista. A esquerda precisa rever seus métodos O governo Lula acabou? João Pedro Stedile O povo brasileiro votou em Lula para realizar mudanças. Durante a campanha eleitoral, foram apresentadas promessas e, no entanto, nenhum dos compromissos relacionados com as mudanças para o povo foi cumprido. Depois veio a crise de 2005. E aí o governo faz uma reforma ministerial que representou uma aliança ainda mais conservadora. Então, quando disse que o governo Lula acabou, foi no sentido de que aquele governo Lula que nós elegemos em 2002 acabou. Agora, temos um governo Lula-Severino-Sarney-Calheiros. Como a crise está sendo vista pelas lideranças do MST e pela base do movimento? Stedile Nossa base e a militância estão acompanhando a crise com muita atenção e perplexidade, como todos os brasileiros. E estão muito preocupados, primeiro pelos descalabros dos métodos que foram utilizados. Mas sobretudo estamos preocupados pela paralisia política do governo que isso causou. E estamos ainda mais preocupados porque o governo fez um compromisso com a sociedade brasileira e com nossa base, se comprometendo a acelerar a reforma agrária e assentar 400 mil famílias em quatro anos. Até agora, a reforma agrária andou a passos de tartaruga, e continuamos tendo mais de 130 mil famílias acampadas esperando os compromissos. O que a crise do governo e do PT representa para a esquerda brasileira? Stedile A crise que estamos vivendo é muito grave, profunda e será prolongada. A crise não é só de ética ou de corrupção. Estamos vivendo, em primeiro lugar, uma crise econômica. A continuidade da política neoliberal não tirou a economia da crise. Os resultados são medíocres. Os únicos que estão ganhando dinheiro e estão faceiros são os bancos, as multinacionais e quem se dedica à exportação. Há também uma crise política, porque o povo não acredita mais nos políticos. Essa forma de democracia de mentirinha, em que o povo não tem poder nenhum de decidir sobre o seu futuro, não funciona mais. Precisamos fazer uma reforma política de fundo, que recupere formas de participação da democracia direta, do direito do povo convocar plebiscitos, revogar mandatos etc. E temos ainda uma grave crise social, que beira a barbárie, com a falta de emprego, com aumento da violência, com a falta de serviços públicos de saúde, educação e transporte coletivo para os pobres. Estamos numa crise de projetos para o país, uma crise de destino do Brasil. Quais lições podem ser tiradas? Stedile Muitas. Primeiro, é preciso que os partidos de esquerda revisem seus métodos de fazer política. O que o Campo Majoritário (grupo hegemônico dentro do PT) fez no partido foi utilizar os mesmos métodos clássicos da direita: tentar ganhar eleições apenas com dinheiro, com marketing. Caíram na ilusão dos showmícios, dos Dudas da vida. E aí saíram a cata de dinheiro para financiar um método despolitizado, atrasado, que a direita sempre usou. Portanto, é preciso recuperar os métodos corretos da política, que é a disputa de idéias, que é elevação dos níveis de consciência da população, que é estimular o debate e a participação militante dos cidadãos. O PT assumiu a Presidência como a promessa de tratar com mais sensibilidade as demandas sociais, inclusive as colocadas pelo MST. Qual será o impacto para o MST se a debacle do governo e do PT prosseguir? Stedile Nosso papel, no MST e nos movimentos sociais, não é ficar apenas embasbacados com as denúncias. Nosso papel é, em primeiro lugar, fazer reuniões na base, reunir a militância, debater, entender o momento que estamos vivendo. Tenho me dedicado a isso 24 horas por dia desde que eclodiu a crise. E, a partir da compreensão correta do que realmente está acontecendo, estimular as lutas sociais, a mobilização de massas, que é o único caminho capaz de alterar a correlação de forças atual. A crise se resolve com debate político, com as massas e com articulação de forças sociais que queiram mudanças verdadeiras. http://listas2.rits.org.br/mailman/listinfo/letraviva . ************************************************ Publicada no "O que fazer", jornal do Sindicato dos Servidores da Justiça Federal do Rio de Janeiro. agosto 2005 entrev istado por Mario Jacobksind, Rio de janeiro João Pedro Stédile fala sobre a principal tarefa do MST, a tentativa de organização dos pobres do campo Brasil enfrenta uma crise de destino Não é de hoje que a grande mídia conservadora cobre as atividades do Movimento dos Trabalhadores Rurais Sem Rerra (MST) de forma preconceituosa e utilizando a velha tática das meias verdades ou mesmo na base de que mentiras muito divulgadas acabam virando verdades, uma técnica muito difundida pelo Ministro da Propaganda do III Reich, Josef Göebbels. Exemplo concreto: ocupação de alguma área rural improdutiva é sempre divulgada como ³invasão² e assim sucessivamente. Na verdade, é desta forma que são tratados os movimentos sociais que, como o MST, têm como principal objetivo a organização dos pobres. Por entendermos que um dos objetivos do ³Que Fazer?² é dar vez e voz aos setores da sociedade que sofrem discriminação e não têm vez e voz em pé de igualdade com outros setores sociais, sobretudo os de maior poder aquisitivo, é que decidimos pautar o MST, representado aqui por João Pedro Stédile. Nesta entrevista exclusiva concedida ao editor do ³Que fazer?², o coordenador do MST fala, entre outras coisas, sobre como se deu o seu engajamento na luta pela reforma agrária e o momento político nacional visto sob a ótica do movimento social. (Mário Augusto Jakobskind) QUE FAZER? - Fale alguma coisa sobre suas origens e como foi a sua infância. João Pedro Stédile: Sou filho de família de migrantes camponeses que vieram no final do século XIX do norte da Itália e da Áustria. Morei até os 18 anos no interior, tendo uma infância como a de todos os filhos de camponeses, trabalhando desde pequeno na roça. Na região colonial italiana, do Rio Grande do Sul, todos os camponeses se dedicavam à produção de uvas, milho, trigo, frutas, criação de animais. E, ao mesmo tempo, fomos influenciados pela cultura migrante da necessidade de estudar. Você estudou em escolas públicas no Rio Grande do Sul, inclusive em escolas construídas no período do governo de Leonel Brizola, verdade? Como foi? Stédile - Coincidiu que, quando entrei no primário, Brizola estava governando o estado (1958-62). Ele tinha um governo que, na época, foi realmente popular, e quase revolucionário em alguns aspectos. Uma de suas políticas foi construir escolas primárias rurais em todas as comunidades. Essas escolas rurais ficaram conhecidas como "Brizoletas". Graças a essa política, pude estudar o primário perto de casa lá no interior e caminhar menos; ao mesmo tempo, milhares de filhos de camponeses puderam ter escola em todo o estado. Aí está a base responsável por até hoje praticamente não haver analfabetismo no meio rural gaúcho. Em que momento de sua vida efetivamente engajou-se na luta política e pela reforma agrária? Stédile: Bem, por influências da família, do meio cultural, da Igreja Católica, sempre difundiram entre as crianças e os jovens a necessidade de estudar. E, então, fui criado no amor ao estudo, e isso me ajudou a estar mais atento à realidade. E, com isso, embora sempre trabalhando para sobreviver, etc.. estudava e trabalhava. Assim, quando entrei na faculdade de Economia da PUC-RS, continuei vinculado à minha região, à agricultura, e, à medida que fui ganhando consciência, então passei a fazer militância no sindicato de trabalhadores rurais da região para organizar os camponeses que produziam uva, ajudando a organizá-los, a calcular o custo de produção da uva para poder brigar com as multinacionais que faziam vinho e compravam a uva. Aí começou a minha militância social. Depois, por minhas ligações com a CPT (Comissão Pastoral da Terra) acabei me envolvendo também com os Sem-Terra, quando os Kaingans expulsaram mais de mil famílias de posseiros pobres e a CPT me ajudou a ir lá organizá-los. Como se deu a sua formação de economista? É formado em economia em universidade do México? Como foi parar no país asteca? Stédile: Fui estudar em Porto Alegre, como disse, por essa vocação e espírito de que pobre tem que estudar, se não, não melhora de vida. Aí trabalhava de dia e estudava de noite. No meio do curso, fiz concurso para a Secretaria da Agricultura do RS e aí me mantive vinculado à agricultura. E, depois de formado, pelos contactos que mantive na universidade, descobri que havia um curso de mestrado em economia política na UNAM (Universidade Nacional do México), que reunia muitos bons professores e uma orientação marxista, porque juntava os exilados de toda América do Sul no final da década de 70. Aí consegui uma bolsa, fiz o teste e fui para lá fazer o mestrado em economia política. E, de fato, lá pude conhecer muitos bons professores que orientaram e influenciaram minha formação acadêmica. Pude ser aluno de Ruy Mauro Marini, Vânia Bambirra, Pedro Vuskovic, (ex-ministro da Fazenda de Allende) e tantos outros que circulavam pela universidade. Daria para lembrar alguns fatos mais relevantes dos mais de 20 anos de história do MST? Stédile: São muitos os fatos dessa longa jornada do MST. Já temos até diversos livros que contam a história oficial, e também histórias regionais da luta pela terra que envolveu o MST e que representa a vida do Movimento. Sinto-me um militante privilegiado porque pude participar de muitos fatos importantes da construção do MST, desde a primeira ocupação no Rio Grande do Sul, em setembro de 1979. Depois, as articulações junto com a Comissão Pastoral da Terra (CPT) e sindicatos, que foram transformando as ocupações num movimento consolidado em nível nacional a partir de 1984. Estive na Encruzilhada Natalina que enfrentou a intervenção do Coronel Curió, temido agente da ditadura militar. E estive em muitos momentos de ocupações importantes e reuniões que marcaram a vida de nosso movimento. Mas tudo isso sempre foi fruto de um processo social, onde a vontade coletiva de milhares de companheiros e companheiras foi construindo um movimento social. Acredita que o MST pode vir a se tornar um partido político, já que os atuais partidos políticos, inclusive de esquerda, pouco representam em termos de respaldo popular? Stédile: Não, de jeito nenhum. O MST é um movimento social que procura organizar os trabalhadores pobres do campo, na luta contra a pobreza e contra a desiguladade social. E sempre procuramos manter autonomia, como organização camponesa, em relação aos partidos, aos governos, ao Estado, e às igrejas. Mas somos um movimento de novo tipo, diferente da tradição camponesa, porque procuramos incorporar princípios organizativos que a classe trabalhadora foi gestando ao longo dos duzentos anos de luta contra o capitalismo. Os setores mais conservadores do espectro político nacional e mesmo alguns órgãos de imprensa o consideram, entre aspas, uma liderança radical. O que dizer sobre isso? Stédile: Em geral há muito preconceito destilado pela imprensa, sempre a serviço dos interesses do capital e nunca dos trabalhadores. Um dos métodos utilizados por ela para é atribuir políticas, declarações a apenas algumas lideranças a fim de criminalizá-las. Quando, na verdade, todos sabemos que num movimentos social tudo é coletivo, se não, não funciona. Mas com relação ao atributo radical, acho que eles têm razão. Mas é o movimento que é radical. É radical no sentido estrito da palavra, já que lutamos para mudar a pobreza e a desigualdade pela raiz do problema. E a raiz da pobreza e da desiguladade no campo brasileiro é a existência da grande propriedade latifundiária. Então, como determina a Constituição, devemos eliminar o latifúndio para promover a distribuição de terra, de renda, de justiça social. Como está vendo o atual panorama político brasileiro? Stédile: Muito complicado. O Brasil vive uma grave crise. Não é só crise pelas denúncias de corrupção. No fundo é uma crise de destino. Uma crise de modelo econômico. Nossa sociedade não tem mais projeto. Veja bem: nós tivemos o modelo agro-exportador imposto pelo capital colonizador nos quatro primeiros séculos de nossa existência. Depois, a partir da revolução de 30 até 1980, tivemos o projeto do modelo de industrialização dependente, que industrializou e urbanizou o país. Aí veio a crise. As elites tentaram sair da crise impondo o modelo neoliberal, que na verdade não é um projeto de país, mas sim apenas a subordinação aos interesses do capital internacional. Então, o neoliberalismo nem tirou o país da crise econômica e social e nem representa um projeto nacional. O Lula, motivado por aspirações de chegar ao governo, aceitou fazer alianças com essa elite neoliberal, sem discutir com o povo um projeto. E o resultado é esse ai: continuamos em crise. Acredita que o governo Lula pode ainda retomar a linha programática prometida na campanha que o elegeu em outubro de 2002? Stédile: Claro. Mas tudo depende da correlação de forças. Não depende mais de declarações de boa vontade, nem do Presidente, nem de setores do governo e nem do PT. Depende agora da possibilidade de realizamos mobilizações de massa exigindo mudanças na política econômica e uma reforma política ampla, que tire o governo Lula de sua condição de refém de suas alianças conservadoras e seus compromissos com os neoliberais. Se não houver mobilizações de massa, ainda assim, teremos um governo de natureza neoliberal. Acha que Lula está sendo mesmo desestabilizado pela direita? Em caso afirmativo, explique como entende que funciona o esquema? Stédile: O governo está em crise. Mas ainda não se desestabilizou. Como já disse, a direita joga com várias alternativas - a primeira é manter o governo refém de acordos neoliberais. Visa derrubá-lo ou derrotá-lo politicamente por antecipação para que, com sua desmoralização política, volte a ganhar as eleições em 2006. Esse esquema de ofensiva contra o governo e o PT, faz parte de uma articulação que envolve o PFL, o PSDB, as áreas influenciadas pela política do governo Bush (como os serviços de inteligência que operam aqui dentro) e em conluio com o monopólio que exercem os meios de comunicação de massa. Esse triunvirato é que operou uma estratégia de desmoralizar o governo para derrotá-lo politicamente. E o MST, como vai, depois da Marcha de Goiânia a Brasília, que reuniu 12 mil trabalhadores? Stédile: O MST fez um acordo com o Governo Lula, esse se compromete a retomar o Plano Nacional de Reforma Agrária, garantindo que vai cumprir seu compromisso de assentar as 400 mil famílias previstas (até agora assentou ao redor de 100 mil) e priorizar a solução para as famílias acampadas. Mas acontece que a possibilidade de massificar a reforma agrária e acelerar a implantação do Plano depende, mais do que nunca, de mudanças na política econômica. Por isso, o MST se junta a outros movimentos sociais e forças políticas, na Coordenação de Movimentos Sociais, para levantar o coro das exigências de mudanças na política econômica. Sem mudanças na política econômica não teremos reforma agrária. E aí teremos que ampliar nossas mobilizações nos próximos meses. Acha que o governo Lula vai cumprir as promessas feitas na área de reforma agrária? Stédile:Isso vai depender também de como o governo vai sair dessa crise política. Se o governo encontrar uma saída pela direita, de ampliar seus compromissos com o capital internacional, diminui as chances de implementar a reforma agrária. Mas se o governo for cada vez mais para direita, se afasta também de todo povo, e não apenas do MST. É o governo quem fará essa escolha. Nós do MST continuaremos com nossa autonomia e aplicando nossa linha política. Precisamos permanentemente organizar os trabalhadores e mobilizá-los. A única certeza da possibilidade de mudanças, em qualquer parte do mundo (no Brasil, no Uruguai, na Argentina, na China) é os trabalhadores se organizarem de forma independente, se mobilizarem e lutarem por mudanças. Nunca nenhum governo deu nada de graça. E 2006, a sucessão presidencial? Stédile: Se é verdadeira a tese de que nossa crise é de projeto, de modelo, de destino, somente eleições presidenciais não resolverão o problema. Podemos reeleger o Lula, o FHC, podemos eleger o Garotinho, a Heloisa Helena... quem quisermos, dependendo de nossas simpatias partidárias. Nada disso, porém, vai resolver a crise. Porque somente sairemos da crise se tivermos um projeto de desenvolvimento nacional que coloque como prioridade a solução dos principais problemas do povo. Os problemas do povo são o direito ao emprego, à renda, à terra, à moradia, à escola, e à cultura. E, para isso, é preciso enfrentar a divida externa, os banqueiros, as grandes multinacionais e o latifúndio. E esse projeto não basta estar escrito ou termos clareza do seu significado. Para viabilizá-lo precisamos aglutinar forças sociais que debatam e defendam-no junto à sociedade. Por isso que os problemas do Brasil não se resolvem apenas com eleição presidencial. E nós do MST estamos preocupados com o futuro do Brasil, não em quem será o próximo Presidente da República. E a América Latina? Como analisa o nosso continente hoje? Stédile: O continente latino-americano está vivendo um verdadeiro pesadelo nos últimos trinta anos. Uma geração inteira de nosso povo latino foi perdida, derrotada. Tivemos 15 anos, em média, de ditaduras militares que assolaram todos os paises. E, depois, tivemos 15 anos de neoliberalismo, que trouxe a redemocratização formal, burguesa, ampliou os problemas sociais e espoliou ainda mais o continente. Os economistas já calcularam que somente na década de 90 o neoliberalismo levou um trilhão de dólares de nossas riquezas dos paises latinos para os Estados Unidos e Europa. Ou seja, o nosso povo empobreceu e aumentaram todos os problemas sociais. Em muitos países e regiões do Brasil vivemos uma verdadeira de barbárie social, representada pela ausência do Estado e pela ampliação da violência social. Bem, agora começamos a ver sinais no final do túnel. Pois em muitos países os trabalhadores, o povo pobre, começam a se mobilizar, fazendo uma verdadeira resistência de massas às políticas neoliberais. Ainda não estamos numa ofensiva de projeto, porque infelizmente nossos povos ainda não compreenderam que precisam construir projetos, e não apenas mudar presidentes. Então, as revoltas ainda são para mudar presidentes, mas logo teremos um processo de ofensiva para construir projetos de liberação nacional, de liberação popular. E é isso que assusta os capitalistas estadunidenses, pois eles sabem que o neoliberalismo não resolve os problemas do povo. Se o povo tiver consciência, vai um dia enxotá-los do continente. Daí a proposta deles da Alca e de bases militares. A Alca é a institucionalização do livre comércio, ou seja, colocar em lei, por acordos internacionais, os planos do capital. E as bases militares para garantir o livre comercio e a apropriação de nossas riquezas de petróleo, gás, água e biodiversidade. O governo Chávez, em especial. Stédile: O governo Chavez representa a síntese da resistência popular do povo venezuelano, que viu nele um líder dessa resistência contra o neoliberalismo e a corrupção das elites venezuelanas A direita e os Estados Unidos tentaram a todo custo derrotar Chávez, para que não sirva de exemplo aos outros países. Até agora estamos ganhando. Mas é uma situação muito perigosa. De fato, o presidente Chávez corre risco de vida, como tantos outros líderes populares que foram assassinados pela CIA em nosso continente na ofensiva popular das década de 50, 60 e 70, como Jacob Arbenz, Omar Torrijos, Velasco Alvarado, etc. Mas espero que, com a ampliação da resistência popular em outros países, altere a correlação de forças em todo continente e, com isso, o processo venezuelano possa avançar, agora para a construção de um projeto de desenvolvimento diferente, popular, antineoliberal, anticapitalista. Veja que o próprio Chávez já vem propagando que no futuro a Venezuela será socialista. Em que pé se encontra o projeto que dispõe sobre consultas populares, via plebiscito ou referendo, de questões importantes para a sociedade brasileira? Stédile: A OAB, através do eminente jurista Fábio Konder Comparato, preparou uma proposta de projeto de lei que regulamenta o uso do plebiscito pelo povo brasileiro. O que acontece até agora: há o direito ao plebiscito na Constituição; porém, os deputados seqüestraram esse direito. Somente são convocados plebiscitos se os deputados aceitarem. Ora, eles não têm mandato para isso. O plebiscito representa justamente a soberania do povo, o direito de ele decidir. Então, o projeto da OAB resgata o sentido da Constituição que é dar o direito do próprio povo convocar plebiscito, com assinaturas de 10% do coeficiente eleitoral, e poder assim decidir em voto direto qualquer tema relevante da sociedade - assim como realizaremos em outubro o plebiscito contra a venda de armas. Só o povo é quem deveria também poder decidir sobre a reforma política, sobre o mandato dos deputados, sobre os transgênicos, sobre a dívida externa, etc.. temas relevantes para toda sociedade. Por isso os movimentos socias da CMS, a Via Campesina, as igrejas, estamos engajados para pressionar o parlamento brasileiro para que seja aproveitado o projeto de lei apresentado pela OAB. É verdade que o deputado Roberto Freire, na Comissão de Constituição e Justiça, deu parecer contrário a esse projeto? Como analisa esse procedimento? Stédile: Infelizmente é verdade. Logo ele, que teve um passado respeitado. Mas já nos advertia um velho lutador da reforma agrária, o nosso querido e falecido José Gomes da Silva, "o pior conservador é um ex-comunista", como parece ser o caso do deputado Freire. Ficam todo tempo puxando o saco das elites, para mostrar que agora são um deles. A prática desse senhor representa um tapa na cara de todos os históricos lutadores de nosso povo que militaram no Partido Comunista do Brasil. Fale um pouco da Carta ao Povo Brasileiro que o MST firmou também junto com outras representações do movimento social. Stédile : A carta ao povo brasileiro foi uma iniciativa unitária de 43 entidades nacionais e movimentos sociais. Assinaram a carta as mais importantes entidades e forças sociais que o povo brasileiro organizou, como a CUT, as pastorais sociais da CNBB, o MST, a Via Campesina, e entidades como IBASE, a Ação da Cidadania, do Rio, e outras entidades e movimentos igualmente importantes. Representou um esforço de mostrar ao governo que um outro caminho para sair da crise. Já que o PFL quer seu impedimento; o PMDB só quer cargos e vantagens; e o PSDB quer sua sangria, como bem explicou FHC. E que se o governo Lula ficar refém dessas alianças, vai acabar mal. Ou seja, sem saída. Por isso, os movimentos sociais e as entidades nacionais, usando nossa autonomia, fomos ao governo para dizer: ³se você quiser uma saída, deve se aliar ao povo; mas, para isso, precisa mudar a política econômica, fazer uma reforma ministerial, antineoliberal e buscar uma reforma política profunda, orientando todo o seu governo para a garantia dos direitos sociais². Fomos lá dar o recado, avisá-lo. Ele que decida. Acredita que o país tem jeito mesmo? Stédile: Claro. Só tem jeito. Quem não tem jeito nesse país são as elites, a classe dominante, os donos do capital, os latifundiários, os que mandam nossas riquezas para fora. Veja bem, há 10 mil brasileiros que declaram no imposto de renda depósitos no exterior - um total de 82 bilhões de dólares. Esses não têm jeito mesmo. Os grã-finos que ficam sustentando lojas de luxo nos centros comerciais, esses não têm jeito mesmo. Mas o povo brasileiro é trabalhador, generoso, sábio e lutador. Tem tudo para dar certo; basta a gente se livrar das influências dos de cima. Alguma mensagem especial para os leitores associados do Sindicato de Servidores das Justiças Federais no Rio de Janeiro? Stédile: Espero que vocês, acima de tudo, como brasileiros conscientes e de certa forma privilegiados (porque hoje quem tem trabalho e escola no Brasil já é privilegiado), se somem a esse esforço de todas as forças sociais brasileiras, para lutarmos e construírmos um novo projeto para o Brasil. Um projeto que tenha o povo como prioridade, e não o pagamento de juros ou a dívida externa. Il PT può salvarsi ? Intervista a Plinio de Arreda Sampaio su Brasil de fato Uma história de 25 anos não pode ser abandonada sem luta. Essa, em síntese, é a idéia que move o professor Plinio Arruda Sampaio a lançar sua candidatura à presidência do PT. Fundador do partido, o ex-deputado federal não superdimensiona o poder da legenda: "Nenhum partido é sagrado. Se amanhã o PT, de fato, não for corrigível, vamos ter de construir um outro instrumento". No entanto, para Sampaio, o partido merece ainda uma aposta. "Dado o apoio e a esperança que o PT despertou, vale a pena fazer um investimento nesse Processo de Eleições Direta (PED)", avalia, em referência às eleições internas do partido marcadas para setembro. Para o advogado, na raiz da crise que ameaça o PT, está uma escolha equivocada pelas campanhas milionárias, distantes do povo, definidas por marqueteiros. Uma opção tomada pela cúpula do partido que mostra desvios ideológicos. "Já temos um bom número de dirigentes, parlamentares, representantes que não acredita mais na transformação socialista", explica. A saída desse beco em que o PT se encontra não é fácil e passaria, assim, por uma revisão das distorções que levaram o partido a essa situação. Nesse novo caminho, para Sampaio, o PT deve se reencontrar com a militância. "É preciso voltar ao núcleo de base e exigir as consultas à base", aponta o candidato. Brasil de Fato - Como o senhor está vendo a crise? Plinio Arruda Sampaio - Primeiro, a crise não vem de agora, mas sim desde 1995, quando o PT deixou de lado a pressão popular e se concentrou em montar uma máquina eleitoral. Em 1998, o partido fez a opção pela eleição do marketing, contratou um especialista na área para fazer a eleição. Ora, essa escolha foi catastrófica, um desastre. Você não faz eleição do marketing sem muito dinheiro, essas companhias cobram um enormidade para trabalhar. Então, você acaba tendo de recorrer a quem tem dinheiro. E quem tem dinheiro nesse país? Banqueiros, empresários, especuladores... E o PT foi bater na porta dessa gente, os Valérios da vida. Mas isso ainda não é o mais grave. O mais grave é o seguinte: o PT fez uma campanha que não politizava o povo. O povo brasileiro sempre acha que é preciso um poderoso lá em cima que lhe dê as coisas. O povo brasileiro não foi conscientizado de que precisa conquistar as coisas, de que precisa lutar. Porque não é um príncipe bom, nem um operário bom, nem um patrão bom que vai lhe atender. É preciso ter o preço da conquista. Com o maqueteiro, você não diz isso. O princípio dele é que você não pode falar para o povo aquilo que ele não quer ouvir. Então, você está enganando o povo. É preciso dizer o que é importante. BF - Qual a conseqüência dessa opção? Sampaio - A grande massa da população sofre os efeitos dessa política autoritária, neoliberal. Boa parte do povo que não tem consciência política quer sempre um protetor. É isso que fazem as campanhas de marketing, criam uma figura poderosa que vai dar dez mil casas, gerar milhares de empregos, fazer a reforma agrária em uma canetada. Isso é o que o cara gosta de ouvir. Ele não quer ouvir que será feito um esforço conjunto para lutar, que é preciso se organizar e lutar para conquistar. BF - Mas mesmo assim não deu em 1998... Sampaio - Não deu, mas em 2002 deu para fazer com o melhor dos maqueteiro, com o Duda Mendonça. Então, foi feita uma campanha marqueteira que, no final, não deu ao presidente a segurança de que ele terá o apoio do povo se enfrentar o latifúndio, o agronegócio, o Fundo Monetário Internacional (FMI), os grandes banqueiros. Porque se Lula enfrentar, eles tiram o dinheiro e, daí, você tem inflação, dólar mais caro e turbulência na economia. Se isso ocorresse, poderia começar a faltar produto e nessa hora, ou você tem um povo do seu lado capaz de entender que a luta consiste em não se importar com isso, ou você tem um povo que não entende e vai dizer que a vida está piorando. Na verdade, Lula hesita e não tem suficiente confiança nos 53 milhões de votos que conseguiu. Acho que ele cometeu um grave equívoco. Se tomasse essas medidas no primeiro mês de governo, teria o povo inteirinho na rua. Hoje, já tem problemas, não sei mais se o povo irá atender a uma convocação sua. BF - E qual a saída desta crise? Sampaio - Eu acho que a saída é pela esquerda, pela mudança da política econômica, pela redução da base parlamentar. Com o povo mobilizado, mas eu não sei se o presidente Lula tomará essa decisão. BF - Mas a opção pelo marketing feita pelo PT, pelo dinheiro, não acarreta também uma série de compromissos que justamente nega uma reviravolta dessas? Sampaio - Em julho de 2002, no meio da campanha, quando viram que Lula tinha condições de ganhar, a direita fez a primeira chantagem. Começou a fazer um processo de crescimento do dólar. Daí, Lula cometeu um outro erro, que foi assinar aquela Carta ao Povo Brasileiro se comprometendo com os compromissos acertados por Fernando Henrique Cardoso. Todos de caráter neoliberal. Tenho defendido a tese de que toda vez que você faz um contrato, é preciso cumpri-lo. Mas se eu tiver um revólver no peito e for obrigado a assinar um documento, não sou obrigado a cumpri-lo, porque foi feito sob coação. Essa é a situação daquele momento. Lula não tinha liberdade, foi uma manobra para assustar a população. Ele tinha uma base ética para dizer que não cumpriria aquele acordo. BF - E o senhor pensa que ainda há condições de dar uma virada? Sampaio - Eu acho que ainda tem, não sei por que o presidente Lula não dá uma virada. As entidades da sociedade civil, os movimentos populares foram todos lá pedir. E o presidente não mudou nada. Então, eu sinto também que esses mesmos movimentos sociais estão desanimados. Passaram-se dois meses e não aconteceu absolutamente nada. BF - O governo não deu nenhum sinal... Sampaio - Pior. Ele foi buscar apoio no deputado Delfim Netto... Então, a saída para os movimentos agora é ir para as ruas e fazer mobilizações. BF - Ainda sobre as origens da crise, já faz algum tempo que o PT foi se tornando cada vez mais verticalizado, uma série de manobras internas consolidou um núcleo duro, uma cúpula se apoderou da militância e conduziu o partido para o caminho neoliberal. O senhor não acha que o problema do PT, no fundo, é ideológico? Sampaio - Exatamente. O partido ao optar por ser uma máquina eleitoral não podia ter a democracia de base que possuía antigamente. O PT começou com as consultas ao núcleo de base, as plenárias. Na hora em que vira uma máquina, torna-se um partido de mandatos, o partido dos deputados. O poder vai ficando cada vez mais concentrado a tal ponto que três ou quatro caras sabiam de tudo e o resto não sabia nada. Tem gente da esquerda que faz parte da Executiva Nacional do PT que não tinha noção das coisas que estavam acontecendo. O PT perdeu o rumo, descarrilou por causa dessa idéia de que se virasse uma grande máquina conquistaria o governo. BF - E o que fazer com essa máquina? Sampaio - Eu sou candidato à presidência do PT exatamente para desmontar essa máquina. Se eu ganhar, vamos desmontar essa máquina. BF - O senhor acredita que é possível ainda recuperar o PT? Sampaio - Acredito. Acho que ainda é possível. Vejo vários partidos que enveredaram durante muitos anos para uma situação difícil, mas depois conseguiram corrigir. Por exemplo, o Congresso Nacional Africano (organização que lutava contra o apartheid) é criado em 1912. Em 1960, Nelson Mandela foi ao presidente do Congresso e propôs a desobediência civil. Foi ridicularizado: "Isso é loucura, nós levamos 50 anos para conseguir respeitabilidade com os brancos e você quer jogar isso fora?". Quer dizer, eles tinham se desviado. Mas o que aconteceu? O Mandela botou o cara para fora e mudou o partido. O Ghandi fez sua carreira e seu nome na África do Sul e, quando chegou na Índia, tinha um tremendo de um prestígio. Foi recebido pelo Partido do Congresso e disse a eles, na primeira reunião: "Vocês estão todos errados, não é por aí, vocês estão aceitando a dominação estrangeira, não vão fazer a independência nunca. Eu vou para a rua fazer com o povo". E ele mudou o Partido do Congresso. Então, acho que é possível recuperar o PT, não que seja fácil. Vai depender muito de como avançará essa crise. Penso que dado o apoio e a esperança que o PT despertou, vale a pena fazer um investimento no partido, nesse Processo de Eleições Direta (PED). BF - O PT é um patrimônio da esquerda... Sampaio - Patrimônio do povo, da história. Eu vou me sacrificar ao máximo, vou percorrer esse país inteiro para ver se conseguimos ganhar a eleição e reestruturamos imediatamente o partido. É preciso voltar ao núcleo de base e exigir as consultas à base. Com a internet, não há razão para não fazer estas consultas. Agora, vamos ser claros: nenhum partido é sagrado. O partido é um instrumento, um instrumento da luta do povo. Se amanhã o PT, de fato, não for corrigível, vamos ter de construir um outro instrumento. Não há dúvida. O povo irá procurar um novo instrumento. Só que se o povo puder aproveitar esse, que levou tanto tempo para ser criado, vamos tentar. BF - Nas suas viagens, como o senhor tem sentido os militantes de base diante dos escândalos de corrupção e roubalheira dentro do seu próprio partido? Sampaio - O sentimento é de desânimo muito grande. Porque o petista é aquele que se punha no bairro dizendo: "Vocês estão todos votando errado, são todos bobos". E o sujeito respondia: "Mas na política é tudo igual". Daí, o petista se diferenciava: "Nós, não!". E agora "nós somos iguais". Enfim, o petista está muito abatido. Mas tenho sentido que ele quer bem o PT. Quando a gente aponta o caminho para a saída, a gente tem uma outra reação: "Ah, então, eu fico no partido, vou fazer força". Estou vendo muita receptividade. Ontem (31 de julho), esteve aqui o senador Eduardo Suplicy (PT-SP) para apoiar minha candidatura. BF - Nesse momento de crise, como o senhor vê a perspectiva da esquerda brasileira diante da gravidade da atual situação? Sampaio - Em um momento de crise é que a gente vê quem tem realmente compromisso - e quem não tem. A situação está mudando de momento a momento. É muito difícil compor um cenário, o que também dificulta a tomada de uma decisão racional em termos de eficácia. Todo mundo pode errar aqui. Mas não estamos no mato sem cachorro. Há uma coisa que precisa estar clara sempre: a decisão ética. A esquerda está desafiada a um comportamento ético. Se jogar com qualquer oportunismo, estará liquidada. O que foi feito é inaceitável e temos de apurar e punir seja quem for. Se a esquerda tomar essa atitude, pouco a pouco, a situação vai desanuviando e poderá tomar uma decisão posterior coerente. Nesse momento, não tem jeito. Agora é a hora de uma atitude ética, inequívoca, clara, doa a quem doer. Seja essa atitude compreendida ou não. Não interessa isso. BF - E quais devem ser as reivindicações imediatas da esquerda, principalmente do PT? Sampaio - A esquerda não pode conceder nem reduzir. É preciso mudar a política econômica, substituir a equipe, essa tem de ser a reivindicação. A esquerda tem que cobrar a saída dos partidos de direita do governo. Nós somos um partido socialista, de esquerda. Podemos fazer aliança com a direita, mas com uma hegemonia nossa. Essa aliança que nos entrega a eles não interessa. Quem está bloqueando o decreto de atualização da produtividade da terra? O ministro da Agricultura, Roberto Rodrigues, é ele quem não assina. Você tem um ministro do agronegócio que faz o que você quer. Ele pára a reforma agrária, o que ele está fazendo no ministério? A esquerda está no momento que o toureiro chama de a "hora da verdade". Esse é o desafio. Passar tudo isso a limpo. BF - E o PED será esse momento de decisão? Sampaio - Sim, por isso, decidi sair candidato. É preciso alguém colocar esse debate, o que estou fazendo. É preciso fazer a direita do PT dizer a que veio. A situação do partido é difícil pelo seguinte. Você pode concordar com a pessoa em três pontos - ou discordar. Eu, por exemplo, tenho um objetivo: quero ir para Santos e você para o Rio de Janeiro. Se esse for o caso, não podemos ir juntos. Agora, se você também quer ir para Santos, temos de decidir como vamos, de ônibus ou de carro. Bem, a discordância que não tem problema é se você quer sentar na frente do ônibus que vai para Santos e eu atrás. Agora, se discordamos do objetivo, não tem como seguirmos juntos. Acontece que nós já temos no PT um bom número de dirigentes, parlamentares, representantes que não acredita mais na transformação socialista. Que acham que com a globalização, com o poder do capital, a informática, a pós-indústria, enfim, um monte de besteira, não haveria mais lugar para o socialismo no mundo moderno. Então, não são mais nossos companheiros, porque nós continuamos socialistas. BF - De que socialismo o senhor fala? Sampaio - Igualdade. Socialismo é isso. Como você consegue igualdade? Abolição da propriedade privada dos bens de produção e abolição da iniciativa livre do dono do capital. Sem igualdade, não dá para falar em liberdade nem em fraternidade. O ponto é a igualdade, a mudança do capitalismo. Mas dizem que não há condições de fazer isso agora. É verdade, mas não vamos fazer isso amanhã. É preciso fazer as lutas para dar poder ao povo para que tenha mais poder do que a classe capitalista. Só, assim, dessa forma, a gente pode ir fazendo as várias transformações. BF - Um dos argumentos mais usados para esses recuos ideológicos do PT foi o de que há, no Brasil, uma correlação de forças desfavorável ao projeto popular... Sampaio - Olha, o conceito da correlação de forças já foi usado mais de duzentas vezes em debates comigo. Na hora do Plano Nacional de Reforma Agrária, diziam: "Nós estamos de acordo, queremos atender até dois milhões de famílias, mas não temos correlação de força". Bom, correlação de força não é um conceito estático. Se eu fizer uma determinada ação, amanhã poderemos ter uma situação diferente. O que eu sinto é que a correlação de força é uma desculpa para o imobilismo, algo como "a vida como ela é". Bem, isso é uma desgraça, um mundo cão. Todo a minha briga nos 90 dias do plano foi essa. É apenas um pretexto. BF - E por que o Plano Nacional de Reforma Agrária não foi posto em prática? Sampaio - O presidente me pediu para coordenar o plano. Reuni especialistas, professores, todos com 25 anos de pesquisa, docência, assessoria, fizemos uma seleção de funcionários do Instituto Nacional de Colonização e Reforma Agrária (Incra) comprometidos, chamei todos os movimentos... Trabalhamos 90 dias e entregamos para o Lula um projeto de assentar 1 milhão de famílias em quatro anos, com tudo redondinho, os custos, como seriam usados os recursos. Mas e aí? Parou no Palocci. O plano custava R$ 6 bilhões por ano, dos quais R$ 3 bilhões seriam pagos em até 20 anos, pois se referiam ao pagamento da terra. Mas não foi possível vencer a barreira do Fundo Monetário Internacional (FMI) e do superavit primário. Acho que isso foi a maior falha do governo Lula. Se ele tivesse agüentado a pressão dos mercados, mas fizesse a reforma agrária, ele teria mudado a cara do país, alterando o modelo agrícola, que precisa ser mudado. Minha posição no governo foi: eu procurei ajudar, mas estou convencido de que sem pressão de opinião pública não vai mudar. O governo fez as suas opções. BF - Tudo em nome da governabilidade... Sampaio - Governabilidade quem dá é o povo. Se tiver firme com o governo, há governabilidade. Ou Cuba não é governável? Se há uma economia que é uma desgraça, é a cubana. Não tem nada. Tem o mínimo, mas a sociedade é tranqüila, porque o povo está de acordo com as políticas. Quando chega 26 de julho, Fidel põe dois milhões nas ruas e explica direitinho o que está ocorrendo. Mas, aqui, a governabilidade é dada pelo Antonio Carlos Magalhães, José Sarney... Eles estão brincando. É claro que se você tem uma correlação de forças muito desfavorável, você coloca um objetivo menos ambicioso. Mas um objetivo que uma vez atingido permita que você avance. Mas se seu objetivo é dar mil réis, isso é um programa rebaixado. É clientelismo. BF - E em relação ao governo, o momento exige o quê? Sampaio - Os movimentos populares já deram ao governo todas as demonstrações de lealdade, a um preço altíssimo. Jogaram suas reputações ilibadas para apoiar o governo na esperança de um gesto. Não era nem mais uma política. Estão todos tensionados, as correntes internas do PT racharam todas. Não tem mais o que conversar. O diálogo agora tem de ser na rua. Tem pouca gente na rua? Vamos, então, com pouca gente para as ruas. Não tem correlação de forças. Mas o primeiro comício pelas diretas que fizemos, no Pacaembu, estava vazio. Depois, no final, todos candidatos entravam com Lula para não serem vaiados. Eram multidões. Se os movimentos populares tiverem de sair às ruas sem muita gente por um bom tempo, aí que é a hora da verdade. E é fundamental, agora, fazer uma agenda comum. Precisamos dar esse passo, de fazer uma reivindicação conjunta, como está fazendo a Coordenação dos Movimentos Sociais (CMS). A estratégia do povo está muito clara, mas é preciso dar esse salto de qualidade agora: a unidade. Quem é Ex-deputado federal, advogado e militante de longa trajetória na luta pela reforma agrária no Brasil e na América Latina. Plinio Arruda Sampaio participou da elaboração de um dos primeiros projetos de democratização de acesso à terra em São Paulo: a Lei de Revisão Agrária do governador Carvalho Pinto (1959-62). Eleito deputado, em 1962, Plinio Sampaio foi nomeado relator do projeto de reforma agrária do governo João Goulart e deu parecer favorável à iniciativa. Depois do golpe militar, o advogado foi buscar exílio no Chile e lá colaborou com a realização do plano de reforma agrária do país. Foi convidado a prestar assessoria na mesma área para a Organização Mundial para a Alimentação e Agricultura (FAO-ONU). Nessa função, Sampaio esteve em praticamente todos os países da América Latina, conhecendo a situação camponesa no continente e implementando a reforma agrária. No início de 2003, foi chamado pelo presidente Lula para coordenar a realização do Plano Nacional de Reforma Agrária. Concluído em 90 dias, o plano previa o assentamento de 1 milhão de famílias, mas não foi colocado em prática por resistência da equipe econômica de Lula. Depois da crise e da avalanche de denúncias de corrupção no PT e no governo, Plinio Sampaio decidiu sair candidato à presidência do partido. ************************************************** > > >> "A dívida é o hiper-mensalão do capital financeiro" >> >> Emir Sader é o sociólogo marxista de maior influência e respeitabilidade >> no País. Professor da Universidade de São Paulo (USP) e da Universidade >> do >> Estado do Rio de Janeiro (UERJ), é coordenador do Laboratório de >> Políticas >> Públicas da UERJ. >> >> Em entrevista exclusiva ao jornal carioca Bafafá, Emir Sader fez uma >> avaliação da >> conjuntura política no Brasil com ênfase para a crise que atinge o >> governo >> Lula e o problema da dívida externa. "A dívida é o hiper-mensalão do >> capital financeiro. O Estado deixou de ser um contraponto ao mercado e >> passou também a ser um fator de transferência de recursos do setor >> produtivo para o setor especulativo. A Argentina renegociou a sua dívida. >> É uma indicação de que não é uma irresponsabilidade, loucura ou >> populismo", >> assegura. >> >> 1. Como fica a esquerda brasileira em função da crise de corrupção no >> governo >> Lula? >> >> A crise do governo Lula não é a crise de corrupção e sim o fato de ter >> adotado uma política econômica neoliberal. Os dois pilares fundamentais >> que o PT assumiu historicamente - ética na política e a prioridade >> social - foram violados. Se tivesse feito isso teria tido mais facilidade >> em fazer uma política de alianças sem necessariamente fazer negociações. >> Acho que é preciso uma refundação da esquerda. Eu sou um dos que acredita >> que não se deve rifar o PT como alguns pregam. Não se troca de partido >> como quem muda de camisa. Sair do partido é uma primeira parte da >> questão. >> A segunda é saber qual é o melhor espaço de acumulação de forças para >> resgatar a identidade da esquerda. Não creio que seja o P-SOL que teve >> uma >> atitude apressada, eleitoreira. O partido está com posições de >> ultra-esquerda, sectário. Perdeu a oportunidade de ser um pólo de >> aglutinação fora da esquerda. Isso favorece também a fragmentação, que é >> na verdade um subproduto da crise geral da esquerda. A renovação da >> esquerda não vem só do PT, vem de quem está dentro e fora do partido. É >> ruim com o Lula, pior sem ele. Um governo que venha substituir Lula pode >> retomar o processo de privatizações (Petrobrás, Banco do Brasil, Caixa >> Econômica Federal) e também mudar a política externa, passando a ser >> subserviente dos Estados Unidos, como foi com os tucanos e o PFL. Seria >> um >> desastre para a aliança entre o Brasil e a Venezuela, Cuba, Argentina e >> Uruguai, da qual o País é o eixo. A alternativa ao governo Lula é pior >> ainda, é a direita tradicional. >> >> 2.Como está vendo a crise política? >> >> A crise é provocada porque o velho, que é o neoliberalismo, trata de >> sobreviver quando não é mais exeqüível. As políticas neoliberais não têm >> base social de apoio. Elas não permitem a construção de políticas sociais >> universalizantes, promovem a estagnação em função da taxa de juros, >> canalizando recursos para o capital financeiro, para o pagamento dos >> juros >> da dívida. Então não têm capacidade de gerar base de apoio. Isso acaba >> fazendo com que todos os governos percam credibilidade com maior ou menor >> rapidez. A isso se acrescenta uma crise de representação política. As >> forças políticas não representam mais os interesses sociais. Acho que é >> uma crise profunda que deve permanecer por um bom tempo, dado que o >> governo Lula não ameaça mudar a política econômica e a alternativa seria >> perpetuá-la. >> >> Leia a íntegra da entrevista no Bafafá On Line: >> http://www.bafafa.com.br >> >> ++++++++++++++++++++++++++++++++++++++++++++ NACIONAL O ESTADO DE S.PAULO Domingo, 14 de Agosto de 2005 Resgatar a dignidade da política Nós, Bispos da Igreja Católica no Brasil, reunidos na 43.ª Assembléia Geral da CNBB, de 09 a 17 de agosto de 2005, em Itaici, Indaiatuba, São Paulo, nos preocupamos com a situação do País. Diante das reiteradas denúncias de corrupçãonas diferentes instâncias do Poder Público, e face à indignação que elas levantam, conclamamos o povo brasileiro a recuperar a esperança,concretizando-a em compromissos de participação política. A atual crise está levando o povo ao descrédito da ação política,em contraste com as expectativas de mudanças que haviam sido suscitadas nos últimos anos. É indispensável, por isto, renovar a convicção de que a política é uma forma sublime de praticar a caridade, quando colocada ao serviço da justiça e do bem comum. O uso de fontes escusas para o financiamento de campanhas eleitorais, o desvio de recursos públicos, a manipulação de empresas estatais em benefício de partidos, e tantas outras denúncias de corrupção que vêm acontecendo de longa data, e que nos últimos dias emergiram de forma escandalosa, provocam, em todos nós, a indignação ética. É preciso buscar as raízes históricas da perversa cultura de corrupção implantada no País. Ela se nutre da impunidade, acobertada pela conivência, que se torna cumplicidade, incentivada por corporativismos históricos, habituados a usar em benefício de interesses particulares as estruturas do poder público. A indignação ética, que nasce da consciência da violação de valores fundamentais, resulta estéril caso não leve a um maior comprometimento pessoal com ações concretas, em favor do aprimoramento da ordem política. É indispensável contribuir para uma maior participação popular nas decisões sobre os rumos do nosso País, fortalecendo a prática da democracia, sem omitir-nos ou desistir. Para que esse compromisso ético com o Brasil seja efetivo, é preciso ter presente a corrupção pessoal e a estrutural. A corrupção pessoal deve ser investigada, punida inclusive com devolução dos recursos desviados, e também prevenida por meio de maior transparência na administração dos bens públicos.Sua erradicação requer um esforço de conversão pessoal e uma sólida consciência moral, cultivada por uma educação permanente para a cidadania, para a renovação do tecido social da Nação. A corrupção estrutural convive com o atual sistema político-eleitoral brasileiro, e vem associada à estrutura econômica que acentua e legitima as desigualdades. É urgente uma radical reforma deste sistema. Este é o clamor mais evidente que emerge em meio a esta crise. Não se pode desperdiçar este momento para realizar uma profunda reforma política, como oportunidade de assegurar a fidelidade partidária; aprimorar os institutos da democracia representativa e favorecer os institutos da democracia direta, participativa e deliberativa, por meio de referendos, plebiscitos e conselhos, em todos os níveis de decisão, conforme o Art. 14.º da Constituição Federal. Urge assegurar a lisura nas campanhas eleitorais pela aplicação mais rápida e severa da lei 9840 contra a corrupção eleitoral. Apoiamos e incentivamos todo o trabalho de averiguação criteriosa dos fatos, quando fundamentada no direito e no respeito à dignidade da pessoa, levada adiante pela Polícia Federal, pelo Ministério Público, pela Controladoria Geral da União, e pelas diversas Comissões Parlamentares de Inquérito. Reconhecemos a importância da imprensa para divulgar os fatos, e colocá-los à disposição da cidadania, para aprimoramento da consciência política dos cidadãos. É importante, no entanto, manter o discernimento, a busca incansável da verdade, sem hipocrisias e sem prejulgamentos, para formarmos uma opinião pública esclarecida e operante. Em sintonia com o povo, devemos ter a lucidez e o senso crítico de não somente enxergar a corrupção na administração dos recursos públicos, mas perceber igualmente o grande mal do nosso País, que é sua enorme desigualdade social. Esta desigualdade é mantida e acentuada por uma política econômica que aumenta a concentração de renda e da riqueza, mediante mecanismos que privilegiam o capital financeiro e frustram políticas públicas mais eficazes e abrangentes. Os pobres são as maiores vítimas da crise. Ninguém pode roubar-lhes a esperança de justiça e de condições dignas de vida. A experiência de participação popular na política - por meio de movimentos sociais, sindicatos, pastorais sociais, e partidos políticos - é uma conquista e um patrimônio histórico do povo brasileiro, que não podem ser perdidos pela ação nefasta de políticos que buscam o poder e vantagens pessoais a qualquer custo. Associamo-nos, portanto, aos governantes e ao povo brasileiro, para fazer desta crise um momento de purificação política e de maior comprometimento na ação concreta pela construção de um Brasil justo, solidário, democrático e respeitoso da vida e da ecologia. Reafirmamos nossa confiança no povo brasileiro, cuja cultura, apesar de alguns aspectos ambíguos, guarda valores de grande significação ética, como a solidariedade, a cordialidade e o senso de justiça. O povo já deu, ao longo da história, muitas provas de energia e capacidade de superar crises. Alicerçados nos valores do Evangelho, proclamamos com todo vigor: não vamos desistir do projeto de construir uma Nação justa, pacífica e democrática. A Palavra de Deus nos conforta e sempre nos assegura que "a Verdade vos libertará" (Jo: 8,32). Nos momentos difíceis, a graça de Deus se manifesta mais. Podemos contar com sua ajuda. Apostamos nas convicções éticas e cristãs do povo brasileiro, capazes de reanimar a todos, na superação dos impasses que a crise atual nos apresenta. Reanimando-nos mutuamente, vamos todos nos unir ao mutirão por um novo Brasil, conforme a convocação da 4.ª Semana Social Brasileira, que neste momento queremos encorajar, "dando as razões da nossa esperança" (1 Pd 3, 15) Que Deus nos ajude e proteja por intercessão de Nossa Senhora Aparecida. Itaici, 12 de agosto de 2005. >
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