rassegna stampa- Brasile: perché il MST marcerà su Brasilia



Grande è, in questi giorni, la mobilitazione popolare nel sud del mondo
contro i processi di privatizzazione delle risorse naturali (acqua, terra,
gas, etc) imposti da organismi internazionali attraverso l'applicazione di
accordi economici iniqui, a favore degli USA (i cosidetti trattati di libero
commercio come il TLC/CAFTA).
Contadini e cittadini di Brasile e Nicaragua, due paesi tormentati e da
tempo terra della rinascita sociale in latino america, ci danno un esempio
di democrazia e partecipazione contro lo strapotere del sistema bancario
internazionale.
Fra pochi giorni inizierà, in Brasile, la marcia dei contadini Sem Terra
verso la capitale. La marcia è uno dei tanti momenti di lotta per
l'attuazione della riforma agraria in Brasile. Senza riforma agraria il
Brasile non avrà ne la possibilità di sfamare i suoi cittadini ne la
possibilità di avere un futuro di sviluppo e conquistare l'indipendenza
dalle politiche di rapina imposte dal Fondo Monetario Internazionale. Questi
contadini del Brasile sono una grande speranza per l'agricoltura del mondo,
il loro rispetto ed amore per la terra costituiscono il contrappeso alla
nostra agricoltura industrialista vocata al saccheggio del territorio, alla
produzione di un cibo indistinto e troppe volte pericoloso per la salute
pubblica. La strada della "Sovranità Alimentare" percorsa con tenacia dai
contadini Sem Terra è la strada che può ricondurre i processi agricoli e
alimentari nelle mani di tutti i cittadini liberandoci dalle inique
politiche monopolistiche dei gruppi agoalimentari e finanziari
transnazionali. Avere conoscenza, attenzione e solidarietà per questi
movimenti contadini significa potere ragionare anche sullo stato della
nostra agricoltura e cominciare a trasformarla nel rispetto dell'ambiente,
degli animali e dell'uomo.
Di seguito vi proponiamo due articoli su Brasile e Nicaragua.
a cura di AltrAgricoltura Nord est
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tratto da "www.peacelink.org" - 19 aprile 2005
Brasile: perchè il MST marcerà su Brasilia
(di João Pedro Stedile)

Non potremo mai dimenticare
Il 17 aprile del 1996 due plotoni della Polizia Militare del Pará, con
duecento soldati ciascuno, ha ricevuto l'ordine di accerchiare un
accampamento di senza terra alla curva dell'S, nel comune di Eldorado de
Carajás, e dare una lezione a quei vagabondi che insistevano nel voler
lavorare la terra. Ogni plotone è uscito ben preparato dalle proprie caserme
a Parapuebas e Marabá. Senza elemeni di identificazione nella divisa. Senza
registrazione delle armi e munizioni. Erano ordini superiori. Governava la
provincia del Pará il signor Almir Gabriel (PSDB), governava la colonia
Brasile, il proconsole americano e principe dei sociologi, Fernando Henrique
Cardoso. Dopo alcune ore, il massacro: diciannove senza-terra assassinati.
Uno di loro, il giovane Oziel da Silva, di soli 18 anni e leader
dell'accampamento, fu preso, immobilizzato e colpito (con il calcio della
pistola) di fronte a tutti i soldati mentre gli chiedevano di continuare a
gridare: "Viva il MST!" Altri 69 furono gravemente feriti, e ancor oggi
soffrono delle conseguenze, che li hanno resi inabili al lavoro agricolo.

Di fronte alla barbarie perpetrata dallo Stato brasiliano, a servizio delle
elite, la Via Campesina internazionale, che per caso era riunita, in quello
stesso giorno, per la sua seconda conferenza a Città del Messico, dichiarò
allora il 17 aprile, Giornata internazionale di Lotta Contadina. Da allora,
tutti gli anni, in un numero crescente di paesi, le organizzazioni contadine
realizzano mobilitazioni, all'interno della lotta per la riforma agraria e
per la difesa dei loro diritti. Il massacro di Carajás è servito almeno come
spinta perché i contadini di tutto il mondo lottassero di più. Qui in
Brasile, abbiamo l'obbligo di non scordare mai queste scene della barbarie
compiuta dalla nostra elite, che grida tutti i giorni, nei suoi canali
televisivi, contro le barbarie commesse dai lumpen nelle prigioni, nelle
Feben, durante gli odiosi sequestri. Ma si dimentica della sua propria
barbarie. Si dimentica che la proliferazione dei lumpen è il prodotto della
barbarie istituzionale del sistema capitalista, che organizza la società
solo per l'individualismo e la ricerca del lucro. E i poveri, quando cercano
di imitare questo, si trasformano anche loro in barbari.

La marcia a Brasilia
E quest'anno abbiamo deciso, l'MST con i movimenti sociali organizzati in
Via Campesina/Brasile, di realizzare una grande marcia a Brasilia. Usciremo
da Goiania il 1 maggio e cammineremo per 17 giorni fino ad arrivare alla
capitale federale. La novità di questa marcia non è il fatto in se stesso di
metterci in cammino, perché le marce fanno parte dei vari tipi di
mobilitazione dei contadini, ma è nel numero dei partecipanti. Riuniremo più
di 10.000 persone, uomini, donne, bambini, venuti da 23 stati del Brasile,
per camminare insieme, protestare e richiarmare l'attenzione della società
brasiliana sulla grave situazione di povertà e disuguaglianza nelle
campagne.



E perché un così grande sforzo e sacrificio?
Far muovere tutti i giorni 10.000 persone, portando con noi cucine, bagni,
acqua, in una marcia che esigerà un enorme sacrificio di tutti i
partecipanti, è un grosso impegno, ma il sacrificio maggiore è aspettare
tutta una vita, fermi, immobilizzati dalla povertà e dall'ingnoranza.
Mobilitare, lottare è già un atto di dignità contro il sacrificio sociale
storico che è imposto ai poveri nel paese. Cammineremo per richiamare
l'attenzione della società brasiliana sul fatto che la riforma agraria è
ferma. Abbiamo fatto un accordo con il governo Lula nel novembre del 2003,
nel quale il governo prendeva l'impegno di insediare 430.000 famiglie nei
tre anni di mandato che restavano ancora. E il governo si impegnava a
mettere al primo posto le famiglie accampate. E' passato, da allora, quasi
un anno e mezzo, e fino ad ora il governo non ha onorato il suo impegno e ha
insediato meno di 60.000 famiglie. Mancano 20 mesi di mandato e 370.000
famiglie devono ancora essere insediate. Il governo non sta mettendo in
pratica il piano nazionale di riforma agraria e, addirittura, annuncia tagli
al bilancio, per pagare gli interessi del debito interno, ai banchieri.
E questo sarà il secondo motivo della nostra marcia. Sappiamo che la
realizzazione della riforma agraria non è solo una questione di volontà
politica o d'impegno personale del presidente. Dipende da una politica
economica. Dipende da un progetto nazionale di sviluppo.
E marceremo, quindi, per andare a Brasilia a dire al governo che cambi la
sua politica economica, se vuole rendere possibile la riforma agraria e
risolvere i problemi del popolo. Tutti sappiamo che la politica economica
attuale è il proseguimento della politica neoliberista del governo
anteriore. I mandatari del Ministero delle Finanze e della Banca Centrale
sono ancora gli stessi "tucani" degli scorsi otto anni. Questa politica, che
si basa sulla priorità del superavit primario, sugli alti interessi e sullo
stimolo alle esportazioni, ha come risultati soltanto: profitti fantastici
per le banche e le transnazionali, concentrazione di reddito e aumento della
disoccupazione. Basta leggere i giornali, non è necessario essere economisti
per capire la sua natura.
Andiamo a Brasilia a dire che è ora di utilizzare i 60 miliardi di reali di
superavit primario per applicarli in investimenti che garantiscano lavoro
per tutti. Investirli nell'educazione, nell'università pubblica e nella
salute pubblica. Vogliamo dire che, se vogliono tanto imitare gli Stati
Uniti, devono adottare il tasso di interesse degli Stati Uniti, che è di
appena il 2,5% e non del 19% che riscuotono da noi.
Andiamo a Brasilia a dire che il nostro popolo merita un salario minimo
dignitoso. Economie più povere e più piccole, come quelle dell'Argentina e
del Paraguai, pagano salari minimi intorno ai 500 reali. Perché l'economia
brasiliana non può pagare salari simili? Tutti i mezzi di comunicazione
delle elite, tutti gli imprenditori dicono ipocritamente di sostenere la
distribuzione del reddito, ora, l'aumento del salario minimo è la misura più
efficace per distribuire il reddito. Perché non lo accettano? Andiamo a
Brasilia a sostenere l'idea che, il nostro popolo si libererà dalla povertà
e dalla disuguaglianza sociale, solo se il governo metterà realmente al
primo posto la maggioranza e garantirà che ogni giovane abbia accesso
all'università pubblica e gratuita. Anche su questo punto, le elite
accettano la tesi che l'educazione deve essere la priorità, ma non accettano
che il governo smetta di pagare i debiti interni e esteri e investa le
risorse nell'educazione.
Andiamo a Brasilia a sostenere l'idea che è necessario fare una discussione
pubblica, un auditing sul debito estero, perché il popolo sappia cosa è gia
stato pagato e quel che continuiamo a pagare invano. Il nostro popolo invia
annualmente più di 50 miliardi di dollari all'estero. La nostra elite
mantiene 85 miliardi di dollari depositati in conti esteri. La Costituzione
brasiliana stabilisce la realizzazione di un auditing sul debito estero. Ma,
in questo caso, nessuno esige il rispetto della Costituzione!
Andiamo a Brasilia a dire al Congresso Nazionale che è ora di regolamentare
il diritto del plebiscito popolare, delle consultazioni e referendum
previsti nella Costituzione, che fino ad oggi, non sono stati regolamentati.
Il popolo ha bisogno di avere il diritto di esercitare il suo mandato. I
deputati non possono usurpare il diritto del popolo a decidere. Per questo
appoggiamo il progetto di legge elaborato dalla OAB e dalla CNBB, che sta
passando per la Camera dei Deputati, che regola il diritto del popolo a
realizzare plebisciti popolari, per decidere su tutte le questioni sulle
quali ritenga necessario esprimere il proprio parere.
Andiamo a Brasilia a sostenere la democratizzazione dei mezzi di
comunicazione di massa. Perché il governo smetta di chiudere le radio
comunitarie. Non ci sarà democrazia senza che il popolo e le sue
organizzazioni sociali abbiano il diritto all'informazione. E, per questo,
le radio, le televisioni comunitarie sono fondamentali, così come
democratizzare le concessioni pubbliche della televisione.
Andiamo a Brasilia a dire che siamo contro l'accordo dell'ALCA e chiedere
che il governo ritiri da Haiti i nostri soldati. Il popolo di Haiti deve
essere sovrano, e decidere da solo il suo futuro. Il popolo di Haiti ha
bisogno del nostro aiuto umanitario, non di soldati.
E per dire tutto questo a Brasilia, speriamo di poter contare sulla
partecipazione di tutti voi. Alla fine della marcia il 17 maggio a Brasilia,
realizzeremo una grande manifestazione per consegnare ai tre poteri le
nostre richieste.
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tratto da "www.peacelink.org" - 19 aprile 2005
La societa' civile nicaraguense dice "NO" al TLC/CAFTA e alla
privatizzazione dell'acqua
(di Giorgio Trucchi)
Una grande manifestazione ha attraversato ieri le strade di Managua
chiedendo la non ratificazione del Trattato di libero commercio tra Stati
Uniti e Centroamerica (TLC/CAFTA) e la non privatizzazione dell'acqua.
La marcia, pur non autorizzata dalla Polizia, è stata convocata da varie
organizzazioni della società civile come il Movimiento Social Nicaraguense e
l'Alleanza per la non privatizzazione dell'acqua ed a cui hanno aderito un
numero considerevole di gruppi ed associazioni provenienti da tutto il
Nicaragua.
L'attività rientra nella Settimana di Azione Globale sul Commercio, che si
svilupperà dal 10 al 16 aprile in tutto il mondo con azioni di resistenza
all'attuale modello di sviluppo neoliberista.
Questo modello ha già dato come risultato la crescita dei livelli di povertà
nella regione. Paesi come l'Honduras e il Nicaragua, dove la maggior parte
della popolazione vive con meno di due dollari al giorno, hanno visto
incrementarsi i livelli di povertà in una misura del 10 per cento ogni 10
anni da quando sono stati introdotti i Programas de Ajuste Estructural della
Banca Mondiale e del Fondo Monetario Internazionale (Fmi).
Per quello che riguarda la Sicurezza Alimentare, 1 di ogni 4 centroamericani
soffre di denutrizione, fame e insicurezza alimentare a causa delle
politiche che strangolano la produzione locale di alimenti, a favore degli
interessi delle grandi imprese agricole internazionali.
L'entrata in vigore del Cafta distruggerà quel poco che resta della
produzione nazionale e lascerà i consumatori e i piccoli e medi produttori
in balia delle multinazionali nordamericane.

La marcia si è snodata lungo la Avenida Bolìvar arrivando nei pressi della
Asamblea Nacional dove migliaia di ex lavoratori delle bananeras e cañeros
ammalati a causa dei pesticidi, accampati qui da ormai quasi due mesi in
attesa di risposte concrete alle loro richieste, si sono sommati alla
manifestazione.
Un cordone della Polizia impediva al corteo di arrivare nelle vicinanze
della Asamblea Nacional, ma in pochi minuti la gente ha forzato il blocco e
le transenne e si è spinto fin sotto il Parlamento nicaraguense, chiedendo
che una delegazione venisse ricevuta dai deputati per consegnar loro una
petizione in cui si riafferma il rifiuto della società nicaraguense al CAFTA
e alla privatizzazione dell'acqua.

Dopo alcuni minuti di tensione, i corpi speciali della Polizia hanno
protetto l'entrata della Asamblea Nacional mentre, i manifestanti, hanno
cominciato a inscenare balli popolari e a leggere comunicati.
"Noi, come società civile, dimostriamo il nostro rifiuto al Cafta, alla
privatizzazione dell'acqua, all'aumento dei trasporti e dei servizi basici.
Da molto tempo sogniamo di avere un paese diverso e non ci piace quello che
vediamo intorno a noi.
Sogniamo un Nicaragua senza povertà e miseria, con medicine e sanità
gratuita, con acqua e servizi pubblici non privatizzati, con scuola e libri
per i nostri figli, con quartieri che abbiano acqua potabile e fognature,
con strade asfaltate, boschi pieni di alberi e di vita, con lavoro per
tutti. Un Nicaragua in cui i contadini abbiano terra ed accesso al credito
per poter vivere con dignità. Quando parliamo di "giustizia" vogliamo che
questa parola sia uguale per tutti.
In poche parole non vogliamo più che poche persone abbiano tutto e la
maggior parte della popolazione non abbia niente.
In questi giorni i deputati dovranno decidere se approvare o no il Cafta. Il
governo dice sempre che sarà positivo per il paese, perché sanno che sarà
positivo solo per le persone che hanno già tutto. sarà positivo per loro. I
poveri, gli esclusi continueranno ad essere invitati a guardare come i
ricchi diventano sempre più ricchi e i poveri sempre più poveri.
Deputati, non ratificate questo Trattato di libero commercio con gli Stati
Uniti e non approvate la Legge dell'Acqua che permetterà la privatizzazione
di questo bene attraverso il meccanismo della Concessione ad imprese
straniere.
Vi invitiamo tutti e tutte a non restare in silenzio, a non essere schiavi,
a non accettare questo mondo che ci vogliono imporre dall'alto. Vi invitiamo
a resistere per non essere sfruttati e sfruttate, a lottare per non essere
umiliati e umiliate, ad alzare la fronte con dignità e sentirvi uomini e
donne libere, con il diritto a pensare e decidere da soli, a sognare e
lottare per un mondo e un Nicaragua possibile.
Basta stare zitti, basta essere sottomessi, basta braccia incrociate mentre
altre persone decidono per noi. Siate ribelli contro questo sistema
neoliberista, continuiamo a prenderci le strade, a gridare tutti e tutte
insieme...BASTA".


Più passava il tempo e più gente si univa, soprattutto bananeros afectados
por el Nemagòn, creando così un'unione di lotte, un collegamento tra quello
che potrebbe succedere lasciando via libera alla multinazionali e quello che
è successo e che migliaia di persone hanno già provato sulla propria pelle,
un esempio da non ripetere.


"Le vittime del Nemagòn sono l'esempio vivo dell'operato delle
multinazionali qui in Centroamerica. Popolo del Nicaragua, il progetto degli
Stati Uniti di un unico trattato per tutta l'America Latina è già fallito.
La maggior parte degli stati del sud hanno rifiutato questo trattato (ALCA)
ed hanno deciso di formare un proprio mercato libero. In Nicaragua, circa il
40% dei deputati si sono impegnati a respingere il Cafta.
Con la nostra lotta lo interreremo per sempre. Passeremo casa per casa a
spiegare di che si tratta, chiedendo di non consumare prodotti transgenici.
Il mais bianco, importato dagli Stati Uniti e convertito in farina in Costa
Rica, sta entrando in Nicaragua attraverso la multinazionale Maseca. Sta
facendo fallire le migliaia di donne che vivono facendo tortillas e ci sta
obbligando a mangiare queste tortillas di cartone, avvelenate con mais
transgenico.
Non permettiamo che il Nicaragua si trasformi in una grande drogheria,
perché i famosi investimenti per lo sviluppo, tanto pubblicizzati dal
governo, non sono altro che investimenti per la costruzione di centri
commerciali che distribuiscono prodotti elaborati negli Stati Uniti.
I contadini abbandonano le campagne. Le città sono stracolme e la gente non
sopporta più gli aumenti dei prodotti basici. A migliaia se ne vanno in
Costa Rica a cercare lavoro. La disoccupazione è enorme e la guerra sociale
in Nicaragua è cominciata.
Non convertiamo il Nicaragua in un'immensa massa di afectados come lo sono i
compagni e le compagne del Nemagòn. No al Cafta, no a una governo
oligarchico che pulisce le scarpe alle multinazionali, che invece di aiutare
i nostri lavoratori ed essere solidale con la propria gente ed i paesi che
ci aiutano, il prossimo mese tornano da Cuba trecento studenti laureati in
medicina grazie alle borse di studio del governo cubano, cosa fa? Si unisce
agli Stati Uniti e chiede la condanna di Cuba alla Onu" (Orlando Nuñez)


Mentre la gente aspetta di essere ricevuta dai deputati, prendono la parola
i bananeros.
"Noi abbiamo già tentato cinque volte di essere ricevuti dai deputati, ma
nessuno ci ha preso in considerazione. Un membro di questa fauna ha detto
ieri che i nicaraguensi possono saltare, gridare, fare quello che vogliono
perché il Cafta verrà approvato in ogni caso.
Questo si chiama sfida al popolo nicaraguense e disobbedienza dei funzionari
e rifiuto di dare l'appoggio che i nicaraguesi hanno bisogno.
Che cosa faremo nei loro confronti?
L'unica alternativa è che tutti i cittadini delle varie regioni del paese
vengano a Managua e restino qui fino a sconfiggere questi signori, perché
solo con le parole e la confusione non facciamo nulla.
Devono e dovete venire qui, con noi, per restare come stanno facendo gli
Afectados por el Nemagòn.
Grazie a tutti, ma non bastano i discorsi di protesta, bisogna essere decisi
e sempre presenti, qui, davanti al Potere Legislativo e quello Esecutivo".


Pochi attimi dopo, il deputato del Frente Sandinista, Marcelino Garcìa, è
uscito per ricevere la petizione delle organizzazioni sociali.
La sua presenza, quanto mai inopportuna, ha scatenato l'ira dei settori
bananeros e cañeros, che con questo deputato hanno conti in sospeso in
quanto lo accusano di essersi appropriato di enormi quantità di denaro che
spetta ai lavoratori grazie agli Accordi di Transizione del 1992.
Dopo la firma della petizione, il deputato ha dovuto rintanarsi velocemente
dietro i cancelli della Asamblea Nacional dato che cominciava ad essere
bersagliato da borse di acqua.
La manifestazione si è poi spostata verso la Casa Presidencial per
consegnare la stessa petizione al Presidente Bolaños.
Nei pressi della Casa Presidencial, la presenza della Polizia era ancora più
forte e la gente si è fatta compatta dietro allo striscione che apriva il
corteo. In prima fila la maggior parte dei leader bananeros e cañeros,
settori che hanno ingrossato a dismisura la manifestazione.
I visi cotti dal sole e dalle lunghe giornate all'aperto degli abitanti
della Ciudadela del Nemagòn si sono mischiati ai visi di studenti,
attivisti, stranieri, giornalisti, donne, uomini ed hanno marciato gridando
e cantando a squarciagola.

Anche in questo caso l'azione è stata pacifica, con manifestanti e polizia a
pochi passi di distanza.
Dopo circa mezz'ora una delegazione è stata fatta passare ed ha raggiunto la
Casa Presidencial dove ha presentato la petizione al Segretario privato del
Presidente della Repubblica.
Al ritorno la gente ha letteralmente travolto la delegazione,
abbracciandola, saltando e ballando in segno di gioia. A stento hanno
raggiunto il microfono.
"Oggi abbiamo dato una lezione di cittadinanza e questa è la principale
vittoria. Siamo arrivati fino alla Asamblea e poi alla Presidenza e anche la
polizia ha capito cosa volevamo.
La cittadinanza si costruisce dall'organizzazione civile, per cambiare la
cultura politica e l'economia del paese. Quello che è successo oggi è
importante. La Polizia non deve più reprimere il popolo e noi cercheremo di
cambiare in modo civico questo paese.
Se il Presidente non ci ascolterà vorrà dire che continueremo ad occupare le
strade, tutte le strade del Nicaragua. Abbiamo il diritto ad essere
ascoltati ed ora tocca a loro correggere gli errori che hanno commesso".

Alla fine dei discorsi la gente si è ritirata ed è tornata verso casa o
verso l'accampamento.
Ora tocca ai deputati prendere una decisione e prendersi le proprie
responsabilità verso questa popolazione che non sopporta più le condizioni
di vita in cui è costretta a vivere.
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N.B. se volete essere cancellati da questa lista scrivete a
altragricoltura at italytrading.com



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