Fw: notizie dal centroamerica



 
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Sent: Wednesday, March 16, 2005 4:38 AM
Subject: centroamerica

Ciao a tutti,
in allegato le Notizie Latinoamericane di marzo.
Come sempre un lungo documento da leggere con calma durante il resto del mese, questa volta molto incentrato sull'approvazione del CAFTA in Guatemala.
E' di oggi la notizia che il grande sciopero generale di lunedì è finito con grossi scontri, molti feriti ed arresti.
Il Guatemala s'aggiunge a Salvador e Honduras, paesi che hanno già ratificato il CAFTA.
Dopo Semana Santa iniziaerà la discussione sul CAFTA nel parlamento nicaraguense mentre, per venerdì prossimo, è prevista la Marcia organizzata dal Movimiento Social Nicaraguense che si concluderà nell'accamapamento dei bananeros in lotta.
Lì verrà presentato il nuovo video della Fundaciòn Luciernaga sul CAFTA (Burro amarrado y tigre suelta) e seguirà uno spettacolo musicale per raccogliere fondi per la lotta dei bananeros e i cañeros.
Buona lettura
Giorgio
 

Notizie Latinoamericane marzo 2005

 

 

Guatemala

 

Dal giorno 8 marzo, gruppi di sindacalisti, organizzazioni popolari, studenti e donne, si sono riuniti per mostrare il proprio rifiuto alla ratifica del Trattato di Libero Commercio Usa-Centroamerica e Repubblica Domenicana (CAFTA).
Si sono concentrati attorno al Parlamento del Guatemala, perché barricate di poliziotti e corpi speciali bloccavano l’entrata al Parlamento, poiché i congressisti avevano in programma l’approvazione del TLC.

Da parte del Governo Non Esiste nessuna volontà di dialogo.

 La protesta dei manifestanti è stata fino al momento pacifica, tuttavia la Polizia ha iniziato a cercare di disperdere la folla di manifestanti lanciando gas lacrimogeni per disperdere la gente.

Come organizzazioni della società civile chiediamo alle Organizzazioni Internazionali che si uniscano a questa giusta lotta.

I funzionari pubblici stanno facendo uso del loro potere per fare del nostro paese quello che preferiscono in beneficio degli Stati Uniti e delle loro multinazionali.

 

MESA GLOBAL DE GUATEMALA

 

 

Il giorno 9 marzo 2005, il Parlamento guatemalteco (Congresso della Repubblica)  riunito

in assemblea per approvare gli accordi del Cafta, non ha ascoltato le richieste delle organizzazioni popolari riunite a manifestare in piazza.

Le organizzazioni indigene, popolari e sindacali, che da ieri stanno manifestando per le strade della capitale, chiedevano ai deputati che la decisione sull’approvazione del TLC-Cafta fosse presa dopo una consulta popolare.

L'approvazione degli accordi di libero commercio tra Centroamerica e Stati Uniti prevede l'approvazione di una serie di proposte di legge fatte su misura del neoliberismo e per l’invasione dei prodotti statunitensi sul mercato centroamericano.

Nella giornata di oggi i deputati del Congresso della Repubblica hanno
approvato la prima proposta di legge di riforma alla Legge di Proprietà
Industriale, per cui verrà abolita la legge che permette l'uso in Guatemala di
farmaci generici. La battaglia sui farmaci generici era stata portata avanti con
successo negli scorsi anni da Rigoberta Menchù fino ad essere approvata lo
scorso anno.

Nel tentativo dei manifestanti di occupare la sede del Congresso, lo scontro
con la polizia ha prodotto fino ad ora 11 feriti, di cui 2 in gravi condizioni,
e 16 dispersi durante la fuga. Le manifestazioni continueranno nei prossimi
giorni. Il movimento sociale ha indetto uno sciopero generale il 14 marzo in
seguito alla non accettazione da parte del Congresso della proposta di sottoporre la decisione sul TLC ad una consulta popolare.


Flavio Tannozzini

 

 

Il Guatemala si è trasformato ieri nel terzo paese della regione a ratificare il CAFTA, nonostante le proteste di diversi settori sociali che si sono opposti all'accordo.
Dopo più di tre giorni di intense negoziazioni tra i blocchi legislativi maggioritari, ed in mezzo a violente proteste del movimento sociale, il Parlamento guatemalteco ha approvato “con urgenza nazionale” la ratifica del TLC con gli Stati Uniti.
Con l'appoggio di 126 dei 158 deputati della Camera, il Parlamento ovviò il procedimento normale di approvare una legge in tre letture, ratificandolo con carattere d'urgenza.

Dei 138 legislatori che hanno partecipato alla sessione, solo i dodici appartenenti ai partiti di sinistra hanno votato contro. I deputati guatemaltechi hanno tardato più di quattro ore per arrivare alla votazione finale.

Il Salvador era stato il primo paese della regione a ratificare il trattato commerciale il passato mese di dicembre, mentre l'Assemblea Legislativa dell’Honduras l'ha approvato la settimana scorsa con 123 voti a favore dei 128 disponibili.

Questo trattato è stato approvato nonostante l'opposizione di diversi settori sociali che considerano che attenta ai diritti dei più poveri.

Per questi fattori, il CAFTA porterà solo benefici alla gran impresa di questo paese.

Il Governo, funzionari del Governo e rappresentanti dell'impresa privata hanno espresso la loro soddisfazione per la decisione del Parlamento e il Presidente Ricardo Maduro è stato uno dei primi a congratularsi con i deputati per la decisione presa.

Secondo Maduro, il TLC rappresenta per l’Honduras “crescita economica, generazione di lavoro, crescita dell'agroindustria e la maquila”.

 

 

 

COMUNICATO DI STAMPA

 

Il Movimento Indigeno, Contadino, Sindacale e Popolare (MICSP), di fronte all'irresponsabile ratifica del Trattato di Libero Commercio con gli Stati Uniti, da parte del Congresso della Repubblica, in contubernio con l'imprenditoria nazionale e sotto le vergognose pressioni dall'Ambasciata degli Stati Uniti in Guatemala:

 

Convoca al Grande Sciopero Nazionale questo lunedì 14 Marzo

 

CHIAMA TUTTE LE ORGANIZZAZIONI ED IL PAESE IN GENERALE, A PARTECIPARE MASSICCIAMENTE ALLE AZIONI DELLO SCIOPERO NAZIONALE

 

CHIEDE AL SETTORE COMMERCIO DI CHIUDERE LE SUE PORTE, E DAVANTI ALLE MINACCE DIRETTE E VELATE DEL GOVERNO DI REPRIMERE LO SCIOPERO NAZIONALE, CHIEDIAMO AI GENITORI DI NON INVIARE I PROPRI FIGLI A SCUOLA, ED AGLI AUTOTRASPORTATORI URBANI ED EXTRAURBANI DI FERMARE I PROPRI MEZZI

 

 

 

PERCHÉ LO SCIOPERO NAZIONALE?

 

IN PRIMO LUOGO. Per respingere e condannare la ratifica del Trattato di Libero Commercio con gli Stati Uniti, deciso dal Congresso della Repubblica, perché: Attenta contro la sovranità nazionale, la vita e la salute del paese; perché permetterà il saccheggio delle risorse naturali del paese da parte di imprese transnazionali; perché ridurrà gli impieghi e le entrate della classe lavoratrice delle campagne e delle città; perché colpirà la piccola e media impresa urbana, la piccola economia caontadina ed indigena, e perché aumenterà le condizioni di povertà della maggioranza del paese.

 

SECONDO. Per condannare l'atteggiamento dei deputati e partiti politici che tradendo il Guatemala ed essendo fedeli a chi finanzia le loro campagne elettorali, ratificarono il Trattato di Libero Commercio, specialmente la GANA, Unionistas, FRG ed UNE.

 

TERZO. Per denunciare le sporche negoziazioni che hanno realizzato i caciques dei partiti politici Álvaro Colom Caballeros, della Unidad Nacional de la Esperanza (UNE) ed Efraín Ríos Montt, del Frente Republicano Guatemalteco  (FRG), di votare a beneficio del Trattato di Libero Commercio in cambio di non essere perseguiti dal Pubblico Ministero e  dai Tribunali di Giustizia, il primo per ricevere risorse finanziarie del governo del FRG durante la recente campagna elettorale, ed il secondo per i massacri, sequestri, assassini e sparizioni forzate realizzate durante la sua direzione di governo negli anni 80. Mentre questo succede, il Presidente della Repubblica ed il Pubblico ministero "criminalizzano" la protesta sociale e come nel passato, minacciano ed intimoriscono la dirigenza del movimento popolare, con repressione e catture.

 

QUARTO. Per ratificare le nostre domande, esposte dal 12 di ottobre di 2004 relazionate con: a) La risoluzione della problematica agraria e la promozione dello sviluppo rurale, b) Lo stabilimento di una politica fiscale e preventiva più giusta ed equa, c) Il rispetto e promozione dei diritti economici, sociali, politici e culturali della popolazione guatemalteca in generale e soprattutto delle popolazioni Indigene, d) La definizione di una politica salariale, di creazione di posti di lavoro e di libertà sindacale che garantisca lo sviluppo sociale ed organizzativo dei lavoratori della zona rurale e della città.

 

POR LA DIGNIDAD Y LA SOBERANIA NACIONAL !!!

 

 

MOVIMIENTO INDÍGENA, CAMPESINO, SINDICAL Y POPULAR

–MICSP-

 

Guatemala, 11 de marzo de 2005.

 

CNOC, CNP-TIERRA, CNSP, COS, UASP, UNSITRAGUA, CGTG, UGT, CONGCOOP, STEG, ASAMBLEA NACIONAL DEL MAGISTERIO, MOVIMIENTO GUATEMALTECO DE POBLADORES, MESA GLOBAL, WAQIB` KEJ, ASIMEM, HIJOS,  Y MOVIMIENTO 20 DE OCTUBRE

 



El Salvador

 

DONNE SALVADOREGNE ESIGONO UGUAGLIANZA E STOP ALLA VIOLENZA

(SIEP) Migliaia di donne sono scese per le strade della capitale per esigere la fine della violenza contro le donne e per denunciare le politiche antipopolari e contro le donne del presidente Antonio Saca.

La mobilitazione, per commemorare il Giorno Internazionale della Donna, è stata convocata congiuntamente dal settore delle donne del Bloque Popular Social e del Frente Farabundo Martí para la Liberaciòn Nacional (FMLN), ed è partita dal Parque Bolivar fino alla Plaza Civica.

Guadalupe Erazo, dirigente del Bloque Popular Social, ha manifestato che “in questo giorno manifestiamo il nostro rifiuto alle politiche implementate dal presidente Saca che è il responsabile del fatto che le donne stiano affrontando una delle crisi più acute nel nostro paese”.

Ha aggiunto che “non c'è denaro, non c’è lavoro, i salari sono stagnanti, le medicine care, non c’è copertura sanitaria negli ospedali  né educazione per i nostri figli e figlie, siamo il settore più colpito dalle misure di questo governo corrotto e repressivo di Antonio Saca”.

Ha Puntualizzato che “la fame invade le nostre famiglie e la violenza sociale si è moltiplicata, la Policia Nacional Civil è incapace di fermare il crimine organizzato e le donne sono le più colpite dal flagello della delinquenza, siamo insicure anche nelle nostre case a causa della violenza domestica”.

“La cosa peggiore” – ha continuato  - “è che il governo sta attentando contro le nostre organizzazioni sociali e le nostre leader. Ci sentiamo come perseguitate, minacciate, per la lotta che realizziamo per la salute e l’educazione, per l’acqua nelle nostre comunità, per il lavoro, per la dignità e l'uguaglianza”.

“Manifestiamo il nostro rifiuto rotondo al Piano Opportunità di Antonio Saca, per essere demagogico e populista e una presa in giro per il popolo salvadoregno, poiché pretende ripartire briciole senza importargli la crisi economica e sociale in cui viviamo”.

Da parte sua, María Isabel Villegas, dirigente dell'Associazione Cristiana Femminile (ACF) indicò che “stiamo manifestando affinché si riconoscano i nostri diritti come donne in questa società maschilista, androcentrica, di natura patriarcale.

Ci pronunciamo per una trasformazione radicale della nostra società, per la rottura di questo sistema capitalista che è la radice dell'oppressione di genere e di classe e per la costruzione di una nuova società in cui la donna e l'uomo godano di uguali diritti, per il socialismo”.

“È per questo motivo” – ha segnalato  - “che celebriamo questo giorno, come un riconoscimento alle lavoratrici negli Stati Uniti che furono represse da questo sistema capitalista. Il violetto è simbolo di lotta, simbolo di disubbidienza, simbolo di questa marcia che realizziamo in tutto il mondo per esigere giustizia ed uguaglianza”.

Tra i principali slogan che si sentivano c’erano: “Presidente Saca, non menta più... le donne esigono rispetto! Che cosa esigono le donne? Stop  alla violenza, e punizione per gli aggressori...!

Che cosa esigono le donne? Lavoro e salario degno... educazione e salute gratuite... per l'uguaglianza dei diritti... le donne in lotta!”

 

 

Centroamerica

 

IL CONSIGLIO DEI PROCURATORI CENTROAMERICANI RICONOSCE GLI SFORZI DEL MONITORAGGIO REGIONALE SUGLI OGMS ED ESORTA I PARLAMENTI DELLA REGIONE A RATIFICARE IL PROTOCOLLO DI CARTAGENA.



I Procuratori di El Salvador, Nicaragua e la Difesa degli Abitanti del Costa Rica, emettono una risoluzione congiunta per proteggere i diritti umani contro l’impatto negativo dei Transgenici.


 
Più di 70 Gruppi di ambientalisti, di consumatori, di agricoltori, di sindacati e dei diritti umani dei sei paesi del Centro America e dei Caraibi denunciarono la presenza non autorizzata di transgenici negli invii di aiuti alimentari da parte del Programma Mondiale degli Alimenti (PMA), e nelle importazioni commerciali di alimenti provenienti maggiormente dagli Stati Uniti.

Gli aiuti alimentari sono stati identificati come la via principale per l’introduzione dei transgenici nella maggior parte dei paesi della regione. In quattro dei paesi della regione centroamericana: Nicaragua, Honduras, El Salvador e Guatemala, tutti i campioni degli aiuti alimentari sono risultati positivi, dove la presenza dei transgenici in alcuni casi è stata superiore al 70%. Allo stesso modo per la prima volta è stata confermata la presenza di StarLink negli aiuti alimentari nella regione centroamericana. StarLink non mai è stato autorizzato per il consumo umano per l’alto potenziale allergico della proteina che contiene.

Il mais, chiamato StarLink, è stato modificato per contenere un gene del batterio “bacterium Bacillus thuingiensis”, il quale produce la proteina -Cry9C-, tossica per alcuni insetti piaghe del mais. L’Agenzia degli Stati Uniti per l’Amministrazione degli Alimenti e Medicine (FDA) non ha approvato il mais StarLink per il consumo umano dovuto all’alto potenziale allergico del Cry9C.

Vedere la pagina Web http://www.fda.gov/fdac/features/2001/201_food.html 

Questo mais inizialmente fu autorizzato per l’alimentazione animale dalle autorità competenti negli Stati Uniti, ma successivamente fu trovato nell’anno 2000 in alimenti a base di mais per il consumo umano negli Stati Uniti e poi in Corea e Giappone e fu ritirato dal mercato e nello stesso anno, il suo uso venne completamente proibito negli Stati Uniti.



Otto giorni dopo la denuncia, nell’ambito della 39° Riunione del Consiglio dei Procuratori e dei difensori Centroamericani, il Centro Nicaragüense dei Diritti Umani (CENIDH) e il Centro Humboldt, come rappresentanti dell’Alleanza Centroamericana per la Protezione della Biodiversità e attraverso la Procura dei Diritti Umani del Nicaragua, hanno presentato la Denuncia sulla presenza di OGM al plenario del Consiglio.

I Procuratori hanno fatto conoscere nella loro dichiarazione ufficiale, che riconosceva gli sforzi della Società Civile ed hanno promesso di realizzare più monitoraggi; così come hanno esortato i poteri legislativi che non hanno firmato o ratificato il Protocollo di Cartagena ad accelerare questi processi.

“La Dichiarazione dei Procuratori costituisce un prezioso passo in avanti, che garantisce la protezione dei diritti umani della regione, davanti all’impatto degli OGM” ha segnalato Julio Sánchez coordinatore Regionale dell'Alleanza Centroamericana.
Allo stesso modo El Salvador, Costa Rica e Nicaragua, hanno emesso una risoluzione dove si sollecitano i loro Governi a emettere una moratoria e a prendere misure legislative e di controllo che garantiscano la protezione della popolazione di questi paesi.


Risoluzioni dei procuratori in: http://www.humboldt.org.ni

Per informazioni:

En Nicaragua, Julio Sanchez, Centro Humboldt, Tel: +505 250 6454 o

+505 6269504 , biodiversidad at humboldt.org.ni

En Guatemala, Mario Godinez, CEIBA, Tel: +502 7839 6033 or +502 7839

10 33 or +502 5718 28 40, ceibauno at terra.com.gt

En El Salvador, Dr.Ricardo Navarro, CESTA Tel: +503 220 3000,

cesta at cesta-foe.org
En Honduras, Dr. Juan Almendarez , Madre Tierra Tel: +504 237 5700,

atoldeelote at hotmail.com
En Costa Rica, Isaac Rojas, COECOCEIBA, Tel: +506 399 7203,

gavitza at rasca.co.cr Fabian Pacheco, AESO, Tel: +506 810 9999,

ecologismoprofundo at hotmail.com

 

 

Perù

Il lato oscuro di un presidente

14 agosto del 1985: 62 contadini vengono uccisi da una pattuglia dell’esercito peruviano comandata dal sottotenente Telmo Hurtado Hurtado. Il massacro avviene ad Accomarca, nella provincia andina di Ayacucho dove è nato Sendero Luminoso.

Pochi giorni prima, il 28 di luglio era salito al potere Alan Garcia, esponente della sinistra moderata.

Il medesimo 14 agosto il movimento dei Tupacamaros aveva annunciato una tregua di un anno per aprire una porta di dialogo con il nuovo governo, mentre Sendero Luminoso aveva optato per la continuazione della lotta armata.

Il 27 agosto 1985, altri 59 contadini vengono massacrati dall’esercito a Umaro e Bellavista, nella provincia di Ayacucho.

Gli anni successivi (sotto la presidenza di Garcia prima e di Fujimori poi) vedranno l’intensificarsi del conflitto interno in un susseguirsi atroce di abusi e stragi: 69.000 le vittime civili secondo la Commissione della Verità, la maggioranza delle quali vittima dell’esercito o della polizia.

3 febbraio 2005: il giudice Cristina Olazabal denuncia l’ex presidente Alan Garcia per delitto di omissione nel caso del massacro di Accomarca. Nella denuncia include anche il comandante José Williams Zapata e il maggiore Telmo Hurtado.

La denuncia provoca un putiferio essendo Alan Garcia tuttora una figura di primo piano, candidato alle elezioni presidenziali del 2006.

Il suo avvocato arriva ad accusare il giudice Olazabal di essere stata una “dirigente rossa e pro-senderista”, mentre altri esponenti del suo partito dichiarano che chi parla di diritti umani in realtà è pro-senderista.

Di fronte al linciaggio morale del giudice, il 18 febbraio 150 familiari delle vittime hanno organizzato una marcia per le strade di Ayacucho con un presidio al palazzo della Corte Superiore di Giustizia.

Il 25 febbraio l’avvocato Gloria Cano, esponente di primo piano del movimento per i diritti umani in Perù, ha specificato che la responsabilità di Alan sta nell’essere stato a capo del sistema di difesa nazionale, dove si elaboravano le tattiche della lotta contro le organizzazioni guerrigliere.

La Cano ha anche ricordato come Alan prima di salire alla presidenza criticò la politica repressiva del governo precedente, ma una volta in carica non fece nulla per cambiarla.

Attualmente, in vista delle elezioni, Alan Garcia sta tessendo alleanze con ex esponenti della dittatura fujimorista ...

(Fonti: La Republica)

 

 

El Salvador

 

FMLN denuncia piano per assassinare  Schafik Handal

Il Frente Farabundo Martí per la Liberazione Nazionale (FMLN) ha denunciato che il governo prepara in gran segreto l'assassinio del suo principale leader ed ex candidato presidenziale, Jorge Schafik Handal.

“Individui di organi dello Stato programmano l'assassinio. Quello che si sta sviluppando è un attentato sul compagno Schafik Handal. Abbiamo conoscenza che qualche apparato, alcuni individui che appartengono ad organi dello Stato, sono implicati in questa situazione”, ha denunciato in conferenza stampa il coordinatore generale del FMLN, Medardo González.

Il dirigente efemelenista non ha voluto rivelare i nomi degli autori intellettuali della trama criminale, ma ha rivelato che hanno inviato una lettera al presidente del  Salvador, Elías Antonio Saca, sollecitando le garanzie per la vita di Handal.

“Abbiamo avuto informazione di fonti che meritano di ogni credito che è in funzione un piano per attentare alla vita del compagno Schafick Jorge Handal”, esprime la missiva la cui copia è stata distribuita ai mezzi di comunicazione.

Il leader rivoluzionario, di 74 anni, è stato l'ultimo segretario generale del Partito Comunista Salvadoregno, prima di dissolversi insieme agli altri quattro raggruppamenti guerriglieri e fondare il FMLN. Attualmente Handal, è il capo del gruppo parlamentare del FMLN nel Congresso.

Blanca Flor Bonilla, deputata del FMLN e membro della Commissione Politica del partito, ha detto che “non sappiamo se quest'azione è prossima ad eseguirsi, ma ci sembra che sia grave e per questo motivo abbiamo inviato una lettera al presidente Saca.
Bonilla ha detto che questa è la terza occasione in cui il FMLN sa che si pianifica un attentato contro Handal, poiché due delle minacce avvennero durante la campagna per le elezioni presidenziali del marzo 2004.

 

 



 

 

Guatemala

 

Una beffa per i parenti dei desaparecidos

La Corte Costituzionale concede l'amnistia a sedici soldati accusati di massacro. Si tratta di una delle pagine più nere per i diritti umani

Alcuni giorni fa è stata scritta una delle pagine più nere nella storia dei diritti umani in Guatemala. La Corte Costituzionale del paese centroamericano ha infatti annullato il processo contro 16 soldati colpevoli di aver ucciso 226 abitanti del villaggio di Dos Erres durante gli anni della guerra civile.

Questo provvedimento, oltre che discutibile, ha sorpreso l'opinione pubblica, soprattutto dopo la recente sentenza relativa al caso del villaggio di Xaman. Nell'ottobre del 1995 infatti l'esercito guatemalteco assassinò vecchi, donne e bambini senza alcuna apparente giustificazione, ma questo crimine non era rimasto impunito, tanto che il processo si era concluso con pene inflitte a soldati e ufficiali che avevano raggiunto anche i 40 anni di carcere, tanto da essere giudicato come un passo significativo in tema di diritti umani nella storia di questo tormentato paese.
La sconcertante decisione della Corte Costituzionale è stata presa sulla base di una legge di amnistia che dichiara non più condannabili alcuni reati commessi durante la guerra civile protrattasi dal 1960 al 1996 e che ha ritenuto non valide le testimonianze dei sopravvissuti alla strage. L'impunità garantita ai soldati accusati del massacro non solo è "scandalosa", come ha dichiarato alla Misna il commissario presidenziale per i diritti umani Frank La Rue, ma sembra un preciso avvertimento anche a tutti coloro che si occupano di diritti umani in Guatemala ed un insulto alla memoria di Monsignor Gerardi, il vescovo ucciso per aver pubblicato l'ampio documento "Guatemala Nunca Mas", nel quale la Chiesa cattolica denunciava il genocidio delle popolazioni maya.

Inoltre, particolare da non sottovalutare, l'amnistia per i militari sembra quasi avallare l'operazione sistematica denominata "tierra asada" perpetrata dall'esercito durante i 36 anni di guerra civile e consistente, come nel caso del villaggio di Dos Erres, nell'uccidere in modo indiscriminato la popolazione per il suo presunto appoggio alla guerriglia.

Per quanto il presidente Berger persegua, in linea con la sua attività di imprenditore, una politica apertamente liberista, la partecipazione di Rigoberta Menchù al suo governo nel ruolo di ambasciatrice per la pace con delega speciale per la questione indigena sembrava aver aperto una speranza in tema di diritti umani. Se il quotidiano lavoro del Premio Nobel è dedicato ai desplazados, alle comunità delle popolazioni in resistenza e alla questione del risarcimento ai parenti delle vittime della guerra civile, una buona parte degli omicidi finiscono ugualmente per rimanere impuniti poiché una parte della nuova classe dirigente è comunque rimasta legata ai personaggi che hanno governato il Guatemala durante il periodo della guerra civile, e quindi le popolazioni maya vivono in uno stato di insicurezza e nel continuo timore di una eventuale repressione nei loro confronti.

 

David Lifodi

 

 

 

Perù

 

MASSACRO ALLA RESIDENZA DELL’AMBASCIATORE GIAPPONESE A LIMA

UN PICCOLO PASSO CONTRO L’IMPUNITA’

La Commissione Interamericana per i Diritti Umani ha reso noto che nei prossimi mesi dibatterà il caso di tre dei Tupacamaros uccisi nell’aprile del 1997 dalle forze armate peruviane dopo che si erano arresi. (Peru 21, 11-2-2005)

La Commissione aveva accettato di occuparsi del caso nel mese di marzo del 2004.

Si tratta di un piccolo passo in avanti nella faticosa marcia contro l’impunita’ e l’indifferenza.

Nell’agosto del 2002 le autorità peruviane avevano deciso di sottoporre il caso al tribunale militare che nel dicembre del 2003 lo aveva archiviato. (Expreso, 18-3-2004)

Il 25 marzo 2004 il giudice Pablo Sanchez aveva rifiutato la richiesta di arresto nei confronti dell’ex direttore dell’Unita’ Sanitaria della Polizia, Martin Solari, che aveva occultato i rapporti relativi alle autopsie dei corpi dei tupacamaros uccisi. (Peru 21, 25-3-2004)

L’11 maggio del 2004 Amnesty International aveva denunciato che la decisione del Consiglio Supremo della Giustizia Militare di archiviare il caso, dimostrava come l’uso dei tribunali militari permetta di “perpetuare il circolo vizioso dell’impunità nei casi di violazioni dei diritti umani da parte di agenti dello Stato”.

Nella sua denuncia Amnesty aveva fatto riferimento anche alla presa posizione della Commissione per la Verità e la Riconciliazione che aveva dichiarato che “esistono prove e testimoni che ‘suggeriscono’ che i Tupacamaros feriti e quelli che si erano arresi furono uccisi dai membri dell’esercito”.

Nell’ottobre del 2004 il giudice Jorge Barreto aveva ordinato la scarcerazione per decorrenza dei termini di Vladimiro Montesinos, accusato di essere il mandante del massacro.

L’avvocato Gloria Cano dell’associazione per i diritti umani peruviana Aprodeh aveva dichiarato che, ancora una volta, il sistema giudiziario peruviano dimostrava la sua inefficacia e che questo caso non può essere trattato come un caso semplice trattandosi di un delitto di lesa umanità (El Comercio, 20-10-2004).

L’occupazione della residenza dell’ambasciatore giapponese a Lima avvenne nel dicembre 1996 e si concluse violentemente nell’aprile del 1997 con l’intervento delle teste di cuoio dell’allora presidente Fujimori (ora sotto accusa per corruzione e violazioni dei diritti umani).

Dall’inizio vi furono proteste per le uccisioni a freddo dei guerriglieri avvenute dopo la loro resa.

La denuncia fu portata avanti formalmente dall’allora diplomatico giapponese Hidetaka Ogura secondo il quale vi furono numerosi altri testimoni che videro i guerriglieri arresi: si tratta di diplomatici, imprenditori, magistrati, anche loro ostaggi nella residenza.

(A nessuno degli ostaggi fu torto un capello durante tutto il periodo dell’occupazione. L’unica vittima peri’ durante l’operazione militare di Fujimori).

Il governo Toledo, incaricato di riportare la democrazia in Perù, ha promosso indagini sulle uccisioni, facendo disseppellire i corpi e sottoponendoli allo studio di un’équipe forense. Qui sotto riportiamo i risultati delle autopsie resi noti nel dicembre del 2003.

Risultati dell’équipe forense:

 

Eduardo Cruz Sanchez (detto Tito)

La testa era iperflessa quando ha ricevuto il colpo tiratogli dal lato. Chi ha sparato doveva stare più in alto della vittima. Presentava poi una lesione alla caviglia destra che non mostrava infiammazione, da che si deduce che sarebbe stato catturato prima di essere ucciso.

 

Nestor Cerpa Cartolini

Ha ricevuto 11 proiettili sparati da dietro e da davanti, così come dall’alto al basso. Ha poi una perforazione nella parte posteriore del collo.

 

Rolly Rojas Fernandez

Presenta due buchi al lato posteriore destro della testa e altri due alla nuca. Ha ricevuto i colpi dal basso all’alto, cioè quando già era sottomesso. Aveva anche un’altra perforazione alla nuca, però il proiettile lo ha colpito quando aveva il collo inclinato, la testa girata verso destra e la bocca aperta.

 

Bosco Honorato Salas

E’ stato colpito dall’alto con due proiettili al lato frontale e destro della testa.

Edgard Huamani Cabrera

Prima è stato colpito da un colpo alla testa, poi gli hanno sparato alla parte sinistra del naso, per dargli infine il tiro di grazia alla nuca.

 

Eber Borda Hurtado

Ha ricevuto uno sparo alla nuca dopo aver ricevuto cinque proiettili ai lati sinistro e destro della testa quando si trovava di spalle rispetto a chi ha sparato.

 

Ivan Meza Espiritu

 E’stato colpito alle spalle al lato destro della testa e poi con un colpo alla nuca.

 

Alejandro Huamani Contreras

Ha ricevuto il tiro di grazia alla nuca dopo essere stato colpito da dietro al lato sinistro.

 

 

Colombia

 

A CARTAGENA LA CONFERENZA DEI PAESI DONATORI. I PIANI DI URIBE PER GLI AIUTI EUROPEI


UNIONE EUROPEA-COLOMBIA: RELAZIONI PERICOLOSE

(Tratto da Liberazione)


Si è aperta ieri a Cartagena la Conferenza dei Paesi donatori della Colombia a cui parteciperà, tra gli altri, l’Unione Europea. A partire  dall’approvazione del cosiddetto “Plan Colombia” da parte del Congresso statunitense, Washington ha fatto pressioni su Bruxelles per convincere l’Europa ad appoggiarne la “parte sociale”.

Una divisione dei compiti che ricorda “il bastone e la carota”. La strategia di cooperazione europea è stata in questi anni profondamente contraddittoria, nonostante i forti richiami del Parlamento di Strasburgo e della Commissione al rispetto dei diritti umani da parte del governo colombiano. La Commissione europea è il principale donatore della Colombia per quanto riguarda la tutela dei diritti umani e, con la ragguardevole somma di 67,8 milioni di euro, concentra i suoi sforzi nei cosiddetti “Laboratori di Pace”, un progetto attivato in quattro zone della geografia bellica colombiana e totalmente funzionale alla politica neoliberale e di guerra del presidente Uribe.

La strategia dei “Laboratori” è infatti l’elevazione a dogma della cosiddetta “resistenza della società civile contro gli attori armati”, perorata fino alla nausea dai generali. Gli alti comandi non si stancano di ripetere che «44 milioni di colombiani che vogliono il bene, devono unirsi all’esercito per vincere 30.000 violenti» (leggi le guerriglie), un tentativo di arruolare il rifiuto alla guerra in una funzionale militanza contro le FARC e l’ELN. Nella pratica, i paramilitari, con l’appoggio dell’esercito, provvedono a “ripulire” con il terrore le zone dal conflitto sociale, vi si insediano ed eleggono i loro “rappresentanti istituzionali”, della “società civile”, creano “organismi non governativi”, ed in alcuni casi clamorosi prendono in mano addirittura il sindacato. Si “fa! nno Stato” e “società civile”, legittimati a “negoziare” ed a ricevere fondi internazionali.

La regione del Meta


Vale la pena ricostruire la storia di un progetto per capirne i reali
beneficiari.
Uno dei casi, in cui agiscono i “laboratori di pace” è quello del Meta, culla del paramilitarismo degli squadroni della ! morte, strumento di contenimento dei movimenti contadini di sinistra nella zona.

Curiosamente, grazie alle pressioni del governo e del Programma delle Nazioni Unite per lo Sviluppo (UNDP), proprio alla vigilia della Presidenza Uribe, venne assegnato il “premio nazionale di pace 2002” a due municipi del Meta per “aver raggiunto la pace”. Insieme al premio arrivò anche il 21° battaglione dell’esercito. In quel periodo si registrarono, come purtroppo accade spesso, violenze e massacri di civili, e l’espulsione di interi villaggi (per esempio Puerto Esperanza e Puerto Toledo), i cui abitanti oggi affollano le favelas di Bogotà. La “riconciliazione” non venne sottoposta a verifica, né dai governi europei, né dalla stampa, né da molte delle Ong (anche italiane), ma fu premiata e benedetta dalla cooperazione internazionale e da alcuni funzionari delle Nazioni Unite.



Il Magdalena Medio

Facciamo un passo indietro. Il primo “Laboratorio di Pace” è il figlio putativo della marcia contadina nella regione del Magdalena Medio nell’agosto 1998. Il governo Pastrana si era appena insediato dopo aver vinto le elezioni anche grazie alla famosa foto in cui il suo collaboratore Víctor G. Ricardo, appariva al fianco di Manuel Marulanda, comandante in capo delle Farc. Nei primi giorni del suo governo Pastrana cercò di capitalizzare (via Onu) quella foto. Fu così che quando i contadini del c! entro della Colombia diedero il loro “benvenuto” al governo marciando nella città di Barrancabermeja, Pastrana dovette rinunciare di ricorrere alla repressione e fu obbligato a negoziare davvero. Le organizzazioni contadine riuscirono a strappare un piano di sviluppo integrale della zona del Magdalena Medio. Un piano che, attraverso i fondi dell’Unione Europea per il primo “Laboratorio di Pace”, cercava di innescare uno sviluppo partecipato e di riequilibrare la drammatica ingiustizia agraria (l’indice Gini di concentrazione della proprietà è superiore all’85 %). Ma i fondi, arrivati nel 2001, non furono dati ai contadini che li avevano ottenuti grazie alla mobilitazione. Il governo, timoroso della forte autonomia campesina e con l’appoggio della Commissione Europea, consegnò i primi 37 milioni di euro all’allora piccola Ong del sacerdote gesuita Francisco Deroux, da sempre tollerante con il paramilitarismo. Un settore della Chiesa cattolica finiva così per utilizzare risorse piovute dal cielo. Il
religioso non perse tempo nel benedire le neonate “organizzazioni non governative” create dai paramilitari e dai servizi di sicurezza dello Stato colombiano, dando loro finanziamenti senza alcun controllo serio. Da quel momento i fondi non solo non sono arrivati ai contadini, ma al contrario sono stati serviti su un piatto d’argento ai loro sica! ri. E¹ così che i contribuenti europei hanno finanziato in parte la conquista paramilitare di Barrancabermeja e del Magdalena Medio. Non basta: un’altra parte delle risorse è stata utilizzata per un esperimento di mini-fondi coltivati a! palma africana per la produzione di olio, un progetto fortemente sponsorizzato dalle multinazionali dell’agro-alimentazione che, lungi dal contribuire all’autosufficienza alimentare, serve anche per occultare il finanziamento del paramilitarismo.



Pressioni sulla Unione Europea (UE)


Il fatto che i laboratori si concilino con la sua politica neoliberale e di guerra, non basta al presidente Uribe, che vuole disfarsi di qualsiasi voce critica anche negli uffici della Ue a Bogotà. Il governo ha aumentato le pressioni affinché la cooperazione europea si pieghi a quella statunitense, attraverso l’Agenzia Colombiana di Cooperazione Internazionale e della “Rete di Solidarietà Sociale” (entrambe dirette dal cortigiano di Uribe, Luis Alfonso Hoyos). Un pressione esercitata accusando di “mancata trasparenza” la decisione di assegnare all’italiana Nomisma e ad una Ong del belpaese il contratto di assistenza tecnica europea per le tre zone comprese nel secondo Laboratorio. Certo la necessità di trasparenza ci trova d’accordo. Peccato che esista un’indagine della magistratura colombiana nei confronti dello stesso Hoyos, accusato di aver stornato i fondi destinati ai contadini sfollati a favore della costruzione di un campo sportivo nel suo paese natale. L’attacco del governo appare avere un unico scopo reale: fare in modo che le risorse europee vadano a sommarsi a quelle della Banca Mondiale. Ciò significa ad esempio che, nel contesto dei Paesi andini produttori di coltivazioni illecite (come la coca), la politica europea sulle droghe dovrà cambiare, allineandosi alla “guerra alla droga” made in Usa che prevede sradicamento forzato delle coltivazioni, repressione indiscriminata, fumigazioni con glifosato della Monsanto. Una scelta che è l’antitesi di quello che avrebbero dovuto rappresentare i “Laboratori” presentati come progetti di sviluppo alternativo.



I guardaboschi


Nei piani dei governi di Washington e Bogotà la divisione dei fondi è chiara: loro forniscono i soldi per armi e soldati, mentre Bruxelles finanzia la “politica sociale”. Il cosiddetto “ritorno” e l’appoggio alle “famiglie dei guardaboschi”. Di che si tratta? Il “ritorno” è quello dei contadini espulsi dalle loro terre, a cui è permesso tornare, però solo nelle zone controllate dai paramilitari a lavorare in condizioni di lavoro feudali. Parallelamente, con il pretesto “ambientalista”, si è messo in piedi il progetto di aiuti alle “famiglie di guardaboschi” (finanziato anche dall’Italia). Un piano che ha un preciso scopo: insediare i paramilitari sul territorio e consolidarne il controllo, ampliando in ambito rurale la cosiddetta “rete di un milione di informatori”, parte centrale della dottrina “comunitaria” e di “sicurezza democratica” del presidente Uribe per reprimere e criminalizzare la protesta sociale. Ma qualcosa sfugge al suo controllo. Ieri il parlamento colombiano ha deciso di interrompere il dialogo con il governo, opponendosi alla proposta di legge che avrebbe dovuto regolare la “smobilitazione” dei paramilitari e far ripartire i “negoziati farsa” di Santa Fe di Ralito. Il governo Uribe si presenta a Cartagena sempre più screditato ed in difficoltà. L’ambizioso obiettivo è quello di una cooperazione apertamente funzionale alla sua strategia contro-insurrezionale, di concentrazione della proprietà terriera, di strapotere delle multinazionali. Sta all’Europa, con le risorse dei suoi contribuenti, decidere se aiutare a consolidare un modello autoritario e quasi feudale in pieno XXI secolo o puntare davvero ad un dialogo di pace e di giustizia sociale. Il prossimo 11 febbraio il presidente Uribe
sarà a Bruxelles. Una visita di ringraziamento o verrà a perorare la sua
causa.