VALUTAZIONE DI DUE ANNI DI GOVERNO LULA - PLINIO DE ARRUDA SAMPAIO



Title: VALUTAZIONE DI DUE ANNI DI GOVERNO LULA - PLINIO DE ARRUDA SAMPAIO
BRASILdeFATO,nr 97 -  5 gennaio 2005


INDIRIZZI DEL GOVERNO
Cosa è cambiato dopo Lula?  

Plinio Arruda Sampaio

   Valutare è comparare fatti con valori. In questa valutazione dei due primi anni del governo Lula, abbiamo scelto come termine di comparazione il progetto di costruzione nazionale. Usando la formula sintetica e precisa di Caio Prado Jr.: in che misura questi due anni di governo hanno contribuito ad accelerare la transizione tra la ³Brasilcolonia di ieri e  la Brasil-Nazione di domani²?
  Tre aspetti di questa transizione saranno esaminati: riduzione della  disuguaglianza; aumento dell¹autonomia e organizzazione politica del popolo.

    1. Quanto alla riduzione della disuguaglianza sociale, bisogna dire: considerati i due anni, la crescita del Prodotto Interno Lordo è stata mediocre, non arrivando a modificare il PIL pro capite. E¹ migliorata nel 2004, ma questo non ha avuto influenza né sulla questione dell¹occupazione (che è aumentata poco in confronto alle dimensioni della forza lavoro), né riguardo ai salari (di fatto il salario medio è diminuito nel biennio). Il governo ha fatto uno sforzo per esigere la formalizzazione dei rapporti di lavoro ­ il  che potrebbe riflettersi su un miglioramento dei salari. Nonostante questo, tuttavia, il numero dei lavoratori con libretto di lavoro in regola è ancora inferiore a quello dei lavoratori con contratto informale, il che aiuta a spiegare il fatto scandaloso che il reddito di quasi un quarto (23,8% secondo l¹Ipea) dei lavoratori brasiliani sia inferiore al salario minimo. Avendo ereditato una situazione di disuguaglianza secolare, il governo potrebbe giustificarsi allegando  l¹impossibilità di rovesciare questo quadro in soli due anni. L¹argomento sarebbe accettabile se, in questi due anni, misure efficaci fossero state assunte per alterare queste strutture viziate che creano la disuguaglianza. Questo, però, non è quel che si è visto.  
        La riforma agraria non è uscita dalla forma di progetto. La meta di insediare un milione di famiglie in quattro anni, che avrebbe potuto suscitare una dinamica virtuosa di ridistribuzione di ricchezza nelle campagne, è stata ridotta alla metà e anche questa metà non è in fase di realizzazione. Non si è parlato di riforma urbana ­ altra misura strutturale di riduzione delle disuguaglianze sociali. Né è stato avviato un programma tradizionale di costruzione di case popolari di dimensioni minimamente proporzionate  alla vastità del problema.  Non si è nemmeno pensato alla utilizzazione delle tasse per redistribuire il reddito ­ strumento del quale si sono serviti i paesi sviluppati dell¹Europa e dell¹America del Nord per ridurre le distanze tra ricchi e poveri. Quel che si è visto è stata una vera furia  accaparratrice, completamente indifferente al fatto che il sistema  tributario vigente pesa in maniera sproporzionata  sulle fasce più povere della popolazione.


PROGRAMMI ALTISONANTI E INSUFFICIENTI
         Di fronte alla mancanza di riforme strutturali, la lotta alla disuguaglianza sociale si è limitata alle spese assistenziali dello Stato. In questo piano, quel che si costata è che, dopo due anni di Fame Zero, Borsa Scuola, Reddito Minimo e tutti gli altri programmi con titoli altisonanti, il governo non è riuscito a liberarsi del tutto del concetto neoliberista delle ³spese sociali focalizzate². L¹annunciato vettore ³strutturante² di questi trasferimenti di reddito ai settori più poveri, non è andato oltre il campo delle buone intenzioni. La sproporzione tra le risorse allocate (anche se sono state superiori rispetto a quelle del governo precedente) e la dimensione delle domande dell¹immensa massa dei poveri ha frustrato questo obiettivo. Minuscoli trasferimenti di reddito non generano una dinamica sociale favorevole al protagonismo politico e sociale dei marginalizzati.  In altre parole: nonostante le buone intenzioni, non si è riusciti ad uscire dalla linea tradizionale dell¹assistenzialismo praticato dalle elite dominanti e destinato soltanto ad attenuare situazioni spaventose ed esplosive di povertà.
        Il grande argomento dei conservatori, sul terreno della redistribuzione del reddito, è la necessità  che ci sia un reddito da redistribuire. Così il governo si starebbe occupando di realizzare questa condizione previa a una politica redistributiva significativa. I risultati ottenuti sono motivo di vanagloria perché l¹economia è cresciuta, nel 2004, a un tasso vicino al 5% - il miglior risultato in nove anni. Il tasso di crescita è esibito come prova del successo della politica economica. Ma, per analizzarlo, bisogna compararlo con la crescita delle economie  del   Venezuela (18%); Uruguai (12%); Argentina (8,2%); Equador (6%); Panama (6%); Cile (5,8%), nello stesso periodo. In questo contesto più ampio, bisogna indagare se lo sbandierato 5% del Brasile sia il risultato di una scrupolosa conduzione dell¹economia o di una congiuntura in espansione del mercato internazionale, dati i risultati degli USA e della Cina. Che garanzie ci sono che questo tasso si manterrà per qualche tempo?  Ma il punto centrale della polemica sulla redistribuzione non è questo. Anche se il tasso del 2004 si mantenesse per cinque, dieci e anche più anni (il che nessun economista si arrischia a prevedere), se lo schema strutturale della ripartizione del reddito non sarà alterato, la situazione di disuguaglianza sociale  sarà sostanzialmente la stessa, anche se ad un livello di reddito un po¹ superiore. La conclusione di quest¹analisi è che non c¹è stato, nei primi due anni di governo Lula, nessun risultato significativo in temini di riduzione delle disuguaglianze sociali.


L¹AGGIUSTAMENTO NEOLIBERISTA CONTINUA
         2. Per misurare il disimpegno del governo Lula sul piano della riduzione della dipendenza ­ il secondo elemento di questa valutazione ­ l¹analisi ha bisogno di prendere in considerazione due aspetti: quello economico e quello politico. Dal punto di vista economico, il fatto centrale e scioccante è constatare la continuità del processo di aggiustamento strutturale dell¹economia brasiliana ai canoni del modello neoliberista: riforma della previdenza sociale; rimozione  degli ostacoli costituzionali all¹autonomia della Banca Centrale; riforma del Potere Giudiziario; e Legge  sui fallimenti: tutta questa legislazione strutturante, patrocinata col ferro e col fuoco dal governo petista, si inquadra rigorosamente nella ricetta del   Consenso di Washington ­ Stato debole e mercato libero.
        La politica economica ha seguito le stesse direttive. Tutto è stato subordinato allo stesso motto: ³Costruzione della fiducia²   (confidence building, come si legge nei manuali che hanno formato l¹équipe economica) dei centri del capitalismo finanziario nei confronti del governo brasiliano. Per ottenere questa fiducia, sono state fatte concessioni ingiustificabili alle multinazionali dell¹energia e delle telecomunicazioni, sono state concesse esenzioni indebite agli speculatori e agli investitori stranieri, si è chiuso un occhio sulle trasgressioni delle  aziende del legname straniere rispetto alle norme di protezione delle foreste e si è sanzionato un passo indietro della legislazione di protezione dell¹ambiente, al fine di favorire le multinazionali dei transgenici. Senza parlare del mantenimento di un superavit primario incompatibile con una minima risposta alle domande sociali e con la necessità urgente di recuperare le infrastrutture economiche del paese. Questo inventario di misure strutturali e congiunturali porta solo alla conclusione che, dopo due anni di governo Lula, lo Stato brasiliano è diventato più debole e meno equipaggiato a realizzare politiche economiche, poiché un numero maggiore di decisioni rilevanti è stato trasferito ai centri decisionali esteri.   Nella dimensione politica della questione della dipendenza, il governo e   Itamaraty hanno ottenuto di ³spingere l¹Alca con la pancia², silurare la cessione della base di Alcântara; di creare il  G-22; di sconfiggere, per la prima volta nella storia dei negoziati commerciali, proposte appoggiate, insieme, da USA e Europa. E¹ vero tuttavia che nessuno dei risultati favorevoli ottenuti è definitivo, e che il brillare di queste realizzazioni è offuscato  dall¹inesplicabile invio di truppre brasiliane per servire  come  paravento  delle oscure manovre della diplomazia USA e francese ad Haiti.   


FRAMMENTAZIONE DELLA SINISTRA
         3. Ciò detto, si può cominciare ad esaminare il terzo elemento dell¹analisi: l¹organizzazione politica del popolo ­ un aspetto essenziale, poiché tutti sappiamo che riduzione della disuguaglianza e autonomia non sono doni  dei ricchi e delle potenze straniere. Al contrario sono conquiste strappate a questi potenti,  a costo di molta lotta e di molto sacrificio. Richiedono pertanto un popolo cosciente, organizzato e mobilitato. Su questo piano, si trova senza dubbio il peggior risultato del governo Lula, dei primi anni. Per cominciare, la conduzione politica del governo si è adeguata integralmente ai livelli tradizionali della corrotta élite brasiliana: accordi sottobanco; dà a me che do a te; alleanze spurie; finanziamento non chiaro delle campagne elettorali ­ niente di diverso dalle condannabili pratiche del governo Cardoso nel porsi in relazione con la ³base di appoggio² parlamentare e di partito. Questo comportamento è servito solo a  confermare lo scetticismo della gran parte della popolazione nei confronti di tutto quel che si dice sulla politica (³sono tutti farina dello stesso sacco²) e a demoralizzare le avanguardie popolari che, durante due decenni, hanno lottato per convincere il popolo che il PT era diverso.
            Alla delusione rispetto al comportamento etico, è seguito lo sconcerto di fronte alla mancanza di misure che hanno sempre fatto parte del programma del partito e del discorso di Lula durante tutta la sua vita politica. Gli indigeni, per esempio, non sono riusciti a capire perché il governo non demarca la riserva Raposa Serra do Sol; le duecentomila famiglie, che sono corse ad accamparsi appena hanno saputo dell¹elezione di Lula,  non si rassegnano a restare sui bordi delle strade, o in aree di occupazione, prese di mira dai pistoleiros; gli ambientalisti hanno visto frustrate le loro speranze di una azione decisiva di repressione del disboscamento e della penetrazione di transgenici; le persone cacciate dalle loro terre dalla costruzione di dighe non sono riuscite a ricevere gli indennizzi a cui hanno diritto; i sindacalisti autentici chiedono l¹aumento del salario minimo e si schierano contro la proposta   relativa alla struttura sindacale; senza parlare degli anziani, colpiti dalla nuova legislazione sulla previdenza. Un rosario di delusioni
           Sapendo che tutte queste domande costituivano le bandiere di lotta delle avanguardie popolari, si può concludere che, oggi, il movimento popolare è più debole, più confuso, più diviso che due anni fa. Per avere un¹idea di questo, basta osservare il fatto che tutte le tendenze interne del PT    "si sono spaccate" e che vari sindacati importanti si sono separati o sono sulla via di separarsi dalla CUT. Gli altri partiti di sinistra e movimenti popolari delle campagne e della città non sono sfuggiti a questo processo. Sono tutti di fronte al dilemma: rompere con il ³proprio governo² o arretrare, allo scopo di non scontrarsi direttamente con esso. Il governo Lula non reprime la sinistra o il movimento popolare, tuttavia provoca la sua diluizione e frammentazione.

            Questa valutazione apparentemente non esprime il sentimento popolare, poiché le indagini di opinione mostrano l¹approvazione di quasi il 70% all¹attività del Presidente Lula e del 45% al suo governo. Perché questa dura critica se il   popolo  è  contento?
            E¹ presto per trarre conclusioni  definitiva da queste ricerche. Indicano forse che Lula sta sostituendo la sua base di appoggio ­ il PT e i movimenti popolari combattivi - e si indirizza verso un nuovo tipo di "populismo", fondato sul suo carisma personale e sulla trasformazione del PT in una formidabile macchina elettorale? O le ricerche fotografano solo una situazione congiunturale che può cambiare rapidamente se il 2005 non porterà i benefici che la massa popolare aspetta ancora? Qualsiasi siano le risposte, una cosa è sicura: il governo Lula sta costringendo tutti quelli che lottano per accelerare la transizione dal ³Brasile ­ Colonia di ieri al Brasile ­ Nazione di domani² a un profondo sforzo di revisione delle loro strategie, del loro discorso e delle loro pratiche.


Plinio Arruda Sampaio direttore del  Correio da Cidadania. Fondatore del PT e leader del partito nella Costituente    (1987/1988)