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Che Natale, quel Natale del 1946 all'Avana!
- Subject: Che Natale, quel Natale del 1946 all'Avana!
- From: "nello margiotta" <nellomargiotta55 at virgilio.it>
- Date: Sun, 11 Jan 2004 23:46:48 +0100
http://www.reporterassociati.org/index.php?option=news&task=viewarticle&sid=996 di Jean Guy Allard* 09 Jan 2004 C'era una volta l'Avana. Un'Avana dominata dai personaggi più in vista della malavita nord americana che facevano il bello e il cattivo tempo in quegli Stati Uniti ad appena 90 miglia a nord del Malecón dell'Avana. Nel 1946 i più mafiosi tra i mafiosi del grande paese al di là del mare decisero di organizzare una grande festa di Natale per il loro capo che sarebbe arrivato da lì a poco nella capitale cubana. Per quella festa, che nelle intenzioni degli organizzatori sarebbe dovuta rimanere memorabile, cercarono l'albergo più lussuoso di tutta l'isola e lo occuparono completamente. Vi rimasero per giorni interi. Giorni e notti. Cinquecento gli invitati e presero possesso di tutte le camere e le suites, riservarono tutti i ristoranti, le piscine e persino i giardini dell'albergo divennero, per quei giorni, privati. (L'immagine è la foto segnaletica di Lucky Luciano diffusa alla fine degli anni '40 dalla polizia di New York) Fine del racconto. Torniamoalla realtà. Perché, in realtà, questo che segue non è una favola... All'Avana, allora, era di casa il capo mafia americano Meyer Lansky. Per il Natale del 1946 era arrivato dal sud della Sicilia, dopo un avventuroso viaggio in nave e in aereo il capo di tutti i capi di Cosa Nostra, quel Salvatore Lucania, meglio conosciuto come Lucky Luciano, rimesso in libertà per ordine della giustizia statunitense come segno di riconoscenza per la collaborazione fornita all' Us Army durante la campagna italiana della seconda guerra mondiale. Lucky Luciano era arrivato segretamente a Cuba da poche settimane proveniente dal Brasile, ultima tappa del suo viaggio dalla Sicilia, atterrando nell'aeroporto internazionale di Camagüey. Lì Lansky lo aveva degnamente accolto con un piccolo esercito di guardie del corpo, con molte macchine che aspettavano lungo la pista per portarlo nella capitale in un corteo di mezzi e uomini che non poteva lasciare dubbi sulle caratteristiche di primo piano del personaggio giunto dall'Italia. All'Avana lo aspettava il comfort esclusivo dell'Hotel Nacional, autentica perla dell'industria alberghiera cubana, dove il presidente Batista aveva sempre riservati saloni privati ed anche un ascensore personale fuori da occhi indiscreti. Diedero a Luciano la stanza numero 724 con vista verso gli Stati Uniti, dove sognava di ritornare un giorno per riprendere le sue funzioni di capo dei capi della mafia. Per il momento l'amministrazione americana, pur avendolo liberato, non lo voleva tra i piedi. Luciano scelse quindi Cuba come zona franca dalla quale gestire i suoi interessi nel mondo del crimine. All'Avana la mafia aveva un potere praticamente senza limiti, era padrona del meglio dell'industria turistica, dei casinò, delle macchine da gioco che si trovavano in tutti i locali, anche dei più piccoli night club, dei bordelli di più basso livello come di quelli più esclusivi, del mercato della droga, dalla marijuana alla cocaina più pura. Per quella festa di Natale del 1946 l'Hotel Nacional venne chiuso completamente a tutti coloro che non fossero tra gli invitati. I mafiosi arrivarono in pompa magna provenienti da tutti gli States, da New York e da Chicago, dalla Florida come da Las Vegas. Cinquecento invitati in rappresentanza delle più influenti famiglie mafiose nord americane. Capi e guardiaspalle che si riunirono formando per tre giorni l'ensemble mafioso più formidabile dei più ricercati criminali degli Stati Uniti. Nei corridoi e nel celebre atrio del Nacional si moltiplicarono gli abbracci e i baci alla siciliana, decine e decine di personaggi tutti con eleganti gessati neri. Eleganti come solo sapevano essere i grandi capi della mafia di quegli anni. Con il fazzoletto bianco nel taschino e, naturalmente, un grande sigaro Habano stretto tra le dita piene di anelli d'oro massiccio. "Salve Frank, come state?" ,"Bene, molto bene e Voi, Don Vito?" Don Vito Genovese e Frank Costello erano due tra i personaggi più importanti e rispettati tra i cinquecento invitati. Passeggiavano per i magnifici giardini dell'albergo Giuseppe "Joe" Bonanno, Tom Lucchese, Willie Moretti, Toni Accardi, i fratelli Fischetti, (parenti di quell'Al Capone che nel frattempo soffriva per i postumi della sifilide nella sua villa di Palm Beach, in Florida). Impossibile dimenticare tra quei giardini e i saloni dell'hotel la presenza di Santo Trafficante, potentissimo capo mafia della Florida, che negli anni successivi diventerà prezioso confidente della Cia nell'azione di contrasto all'inarrestabile marcia della rivoluzione cubana... Intanto nei saloni vestiti a festa dell'Hotel Nacional i vassoi colmi di caviale si incrociavano con fiumi di champagne. Il rum più prezioso e il cognac più invecchiato, i gamberi e le aragoste, i filetti mignon, i cibi più raffinati poassavano di mano in mano, di bocca in bocca. Un giovane cantante di origine italiana, Frank Sinatra, cantava accompagnato dall'orchestra del Nacional strizzando l'occhio a tutte le più belle accompagnatrici dei boss, indaffarati a parlare di affari con il boccone in bocca e il sigaro in mano. La festa di Natale si prolungò' fino alla notte del 26 dicembre. Descrivere come quella clientela tanto selezionata si divertiva durante l'interminabile festa sarebbe di cattivo gusto. Basti pensare che la casa d'appuntamenti più esclusiva dell'Avana , la "Casa della Marina" aveva inviato all'hotel tutte le sue ragazze più belle, e non da meno avevano fatto il Tropicana, il San Souci e il Montmartre. Nel garage del complesso alberghiero erano a disposizione degli illustrissimi ospiti cinquanta limousine e cinquanta autisti, 24 ore su 24. La sicurezza degli ospiti era assicurata al meglio: praticamente dietro ogni porta di accesso dell'albergo stazionavano decine di gurdiaspalle pieni di muscoli e sospetti rigonfiamenti sotto le giacche e all'altezza delle ascelle e della cinta dei pantaloni. Furono giorni molto intensi e pieni di misteriosi conciliaboli che immancabilmente terminavano, davanti la stanza 724, la stanza riservata per Lucky Luciano, che passò il tempo chiuso nella sua suite a ricevere gli ospiti, dispensare consigli e concedere la sua benedizione davanti agli affari più loschi, ma anche più lucrosi, che gli venivano illustrati. Luciano riceveva da ogni capo famiglia in segno di rispetto e ubbidienza una busta di qualche centimetro di spessore: 100.000 dollari in una, 200.000 in un'altra. Naturalmente rigorosamente dollari Usa, e in contanti. Finita la grande festa di Natale, gli ospiti ripresero la strada di casa liberando gli ambienti del Nacional e restituendoli alla loro vocazione turistica di alto bordo. Anche Lucky Luciano lascià la sua suite, ma decise di rimanere a Cuba. Scelse una bellissima villa a un paio di isolati di distanza. A più di 57 anni di distanza da quel fastoso natale mafioso all'Avana non esiste più alcun segno di quella singolare invasione. Tutti quegli invitati ed i loro amici (e gli amici degli amici) si ritrovarono molti anni dopo a Miami per cercare di arginare quel terremoto che fu la rivoluzione cubana del 1959 che azzerò completamente tutti i loro affari criminali e contro la quale non smisero mai di cospirare. La mafia, negli anni successivi, si radicò in Florida e da lì mantenne sempre i suoi contatti con la Cia in ordine agli affari cubani. Ancora oggi a Washington operano almeno una trentina di rappresentanti dell'attuale mafia cubana, che a buon titolo si possono definire gli eredi naturali di quella del 1946. Personaggi che pesano con la loro influenza non solo nelle stanze della Casa Bianca, ma anche all'interno del Dipartimento di Stato e del Congresso degli Stati Uniti. Oggi come ieri questi personaggi continuano ad incontrasi nei più eleganti hotel di Miami per divedersi i proventi dei loro affari, metterne in cantiere di nuovi e fantasticare di poter un giorno spartirsi nuovamente il territorio, l'economia e la dignità della Repubblica di Cuba. (*giornalista di "Granma" e scrittore) (traduzione per Reporter Associati di Roberto di Nunzio) redazione at reporterassociati.org
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