Cuba: Bush: farò cadere il regime di Castro



 10.10.2003

di Bruno Marolo
http://www.unita.it/index.asp?SEZIONE_COD=HP&TOPIC_TIPO=&TOPIC_ID=29583

 Ora tocca a Cuba. Il presidente George Bush ha annunciato ieri una nuova
offensiva. «Il regime di Castro - ha dichiarato - non cambierà di sua libera
scelta, ma Cuba deve cambiare. Perciò ho preso iniziative per affrettare
l'avvento di una nuova Cuba, libera e democratica». Una commissione
presieduta dal segretario di Stato Colin Powell ha ricevuto l'incarico di
«preparare i piani per il giorno felice in cui il regime di Castro non ci
sarà più e la democrazia arriverà nell'isola». Secondo l'agenzia Reuters,
che cita fonti della Casa Bianca, gli Stati Uniti stanno già organizzando
l'invio di aiuti umanitari di emergenza a Cuba per prevenire la guerra
civile dopo la caduta di Castro.
Il governo americano cerca di evitare ogni parallelo con l'Iraq, ma non
nasconde che anche a Cuba l'obiettivo è il cambiamento di regime. Questa
volta non ci sarebbe bisogno di mandare i marines. Secondo Bush basterà
girare la vite dell'embargo che ha messo in ginocchio la fragile economia
cubana. Gli Stati Uniti incoraggeranno i cubani alla fuga dall'isola e
daranno loro asilo. Aumenteranno la propaganda anticastrista, applicheranno
più strettamente le sanzioni e in particolare impediranno i viaggi a Cuba
dei turisti americani.
«Lavoriamo - ha affermato Bush - per accertarci che i cubani in fuga dalla
dittatura non rischino la vita in mare. Li informeremo delle rotte da
seguire per un arrivo sicuro e legale negli Stati Uniti, attraverso una
campagna di annunci al pubblico in Florida e nella stessa Cuba». Il
dipartimento della sicurezza interna, costituito per prevenire il terrorismo
negli Stati Uniti, da ieri è incaricato di arrestare i cittadini americani
che cercheranno di visitare Cuba, passando dal Messico e dal Canada. Dovrà
forse distogliere dalla caccia al terrorismo una parte delle risorse dello
spionaggio all'estero. L'impiego di grandi mezzi secondo Bush è giustificato
da un nobile fine: «Una parte crescente del turismo a Cuba è attirata da
illeciti commerci sessuali, una moderna forma di schiavitù incoraggiata dal
governo cubano. Questo crudele sfruttamento delle donne deve finire».
L'editto di Bush è una completa inversione di rotta rispetto
all'amministrazione Clinton, che aveva preso provvedimenti per limitare
l'afflusso di profughi e avviato alcuni scambi economici, culturali e
turistici con Cuba. L'idea di Clinton era che un'apertura graduale avrebbe
incoraggiato la transizione verso la democrazia. In un primo tempo anche
Bush aveva scelto un approccio morbido. Aveva promesso che i rapporti
sarebbero migliorati se Castro avesse autorizzato libere elezioni. Il
disgelo è durato poco. «Ho offerto una via di uscita al dittatore - ha
sostenuto ieri Bush - ma egli ha risposto alle nostre iniziative
diplomatiche con una sfida sprezzante. Le elezioni a Cuba si svolgono ancora
in modo vergognoso, gli oppositori si organizzano a loro rischio e
pericolo».
Il discorso del presidente, nel giardino delle rose della Casa Bianca, è
stato pronunciato nel giorno in cui Cuba festeggia l'indipendenza dalla
Spagna, ma era rivolto a un'altra comunità cubana, agli esuli che in Florida
aspettano l'ora della rivincita. In luglio la folla di Little Havana, il
quartiere cubano di Miami, era scesa in piazza quando il governo americano
aveva rimpatriato 15 cubani che per scappare avevano dirottato una nave. In
quella occasione a Washington era prevalsa l'idea che i dirottamenti non
dovessero essere incoraggiati. Il dipartimento di Stato americano si era
limitato a chiedere a Cuba la garanzia che i fuggiaschi non sarebbero stati
condannati a morte. Bush aveva sottovalutato la reazione degli esuli cubani.
Suo fratello Jeb, governatore della Florida, era stato costretto a
criticarlo apertamente.
Ora i nodi elettorali vengono al pettine. Il presidente ha bisogno dei voti
della Florida per essere confermato in carica nel novembre 2004. Inoltre,
una nuova crociata contro il comunismo cubano serve a mobilitare la destra
senza bisogno di mobilitare le truppe, e a creare un diversivo per giornali
e televisioni che danno troppo risalto alle notizie negative sull'Iraq e
sull'economia americana. A Washington si torna a parlare di armi proibite.
La scorsa settimana Roger Noriega, sottosegretario di stato per l'America
Latina, ha sostenuto davanti a una commissione del congresso che Cuba «ha un
programma per lo sviluppo di armi biologiche e fornisce ad altri stati
avventuristi biotecnologie per un doppio uso, civile e militare». Il regime
di Castro ha accusato gli americani di mentire e di comportarsi «come cow
boys senza legge». Il regolamento dei conti è vicino.