[Prec. per data] [Succ. per data] [Prec. per argomento] [Succ. per argomento] [Indice per data] [Indice per argomento]
Kissinger: In politica estera le regole sono cambiate
- Subject: Kissinger: In politica estera le regole sono cambiate
- From: "selvas" <info at selvas.org>
- Date: Thu, 08 May 2003 12:41:39 +0200
da: http://www.lastampa.it/edicola/sitoweb/Esteri/art4.asp Kissinger: In politica estera le regole sono cambiate Waltraud Kaserer 8/5/2003 HENRY Kissinger, lei è d¹accordo con il grande filosofo tedesco Jürgen Habermas, quando dice che gli Stati Uniti, con il loro attacco preventivo all¹Iraq, hanno perso l¹autorevolezza per dettare legge al mondo? «Rispetto profondamente Habermas, ma le sue critiche non tengono conto di un fatto essenziale: il passaggio dal sistema internazionale creato nel 1648 dal Trattato di Westfalia a un nuovo sistema ancora in gestazione. I princìpi di Westfalia fondavano l¹ordine mondiale sulla sovranità degli Stati e definivano l¹aggressione come l¹attraversamento di confini internazionali da parte di eserciti organizzati. L¹11 settembre ha portato una nuova sfida, lanciata dalla privatizzazione della politica estera nelle mani di gruppi non governativi, tacitamente o direttamente appoggiati da Stati tradizionali. Con la minaccia di devastazione globale portata dalla proliferazione delle armi di distruzione di massa». Ma qual è il legame con l¹Iraq? «Secondo chi aveva la responsabilità delle decisioni, il problema delle armi si è fuso con quello del terrorismo nella regione dalla quale sono partiti gli attacchi dell¹11 settembre. Intellettualmente, io concordo. Entrambi i problemi richiedono in qualche misura una soluzione preventiva, nel senso che non si può aspettare che l¹aggressione avvenga effettivamente». Lei intende un attacco preventivo? «Solo nel senso che la minaccia dev¹essere affrontata prima che diventi reale. Non sono invece d¹accordo sul fatto che, alla lunga, una nazione possa definire da sola la natura della minaccia e l¹intensità dell¹attacco preventivo. Per questo occorre un¹ampia discussione tra l¹America, i suoi alleati e altri Paesi coinvolti per stabilire quando un attacco preventivo è giustificato e plausibile. Nel caso dell¹Iraq, si trattava di una situazione di emergenza che aveva una lunga storia e richiedeva una risposta a breve termine. Per questo ho appoggiato l¹Amministrazione Bush, mentre non appoggerei questo principio come regola generale, senza ulteriori sforzi per dargli un fondamento internazionale». Lei ritiene che si possa portare la pace con la guerra? «Dipende da che cosa s¹intende per pace. L¹idea che possa esistere pace senza tensione è una costruzione filosofica che non è mai esistita nella storia. Ci sono stati, comunque, periodi di pace prodotti dalle guerre. Ad esempio, dopo Napoleone per cent¹anni non ci sono state grandi guerre. La guerra può risolvere tutti i problemi? Certamente no. La guerra dev¹essere la prima opzione? No. La guerra può risolvere qualunque cosa? Nel bene e nel male, le guerre portano sempre cambiamenti». Pensa che avessero ragione gli Stati Uniti a iniziare la guerra all¹Iraq senza mandato Onu? «La maggior parte delle crisi della Guerra Fredda sono state gestite senza mandato Onu. Solo due delle guerre scoppiate dalla fine della II guerra mondiale hanno avuto un mandato del Consiglio di Sicurezza». Se l¹Amministrazione americana era così sicura che in Iraq c¹erano armi di distruzione di massa, perché Colin Powell ha presentato al Consiglio di Sicurezza informazioni che poi si sono rivelate infondate? «Quella era certamente l¹onesta opinione di Colin Powell». Allora l¹errore sta nei servizi segreti... «Non accetto la sua premessa». Che cosa succederà se gli ispettori mandati dagli Stati Uniti non troveranno quelle armi? «Non credo che accadrà». Quando andrebbero tolte le sanzioni all¹Iraq? Subito? «Poiché erano state imposte a Saddam, e Saddam non è più in carica e chi governerà dopo di lui non ha più i mezzi per costruirle, che senso ha mantenere ancora la sanzioni? Uno degli obiettivi principali della sua politica estera, era quello di avere «Paesi stabili» più che democrazie. «E¹ una semplificazione grossolana. Ci sono limiti ai cambiamenti che un Paese può indurre nel mondo. Soprattutto nelle situazioni interne di altri Stati. Ci sono però situazioni estreme nelle quali è un dovere intervenire, come in Bosnia o in Ruanda. D¹altro canto non può esserci un vero progresso senza stabilità. Quanto più l¹ordine viene distrutto, tanta più forza occorrerà per ristabilirlo. Non vedo stabilità e progresso come elementi opposti, ma piuttosto come condizioni reciprocamente necessarie. Una cosa è certa: siamo in un periodo di cambiamenti globali straordinari». Questo implica un nuovo ordine mondiale? «C¹è sempre un sistema internazionale che rappresenta una sorta di ordine mondiale. Il mondo ora sta costruendo un nuovo ordine mondiale a partire dal crollo del comunismo, dalla disponibilità di armi di distruzione di massa, dalla privatizzazione della politica estera, dalla globalizzazione dell¹economia e dal solco tra la globalizzazione economica e politica. Tutti questi sono problemi enormi. Non era mai successo prima che la politica estera dovesse essere gestita su base globale. E neppure era mai capitato che la gente potesse osservare qualunque cosa nel momento in cui accade. Abbiamo un enorme bisogno di un pensiero a largo raggio, che però è limitato dalle pressioni della politica interna e dalla natura della comunicazione moderna». Che cosa intende per «privatizzazione della politica estera»? «I gruppi terroristi sono essenzialmente gruppi privati e non governativi. Vengono finanziati da Stati reali, ma i loro scopi non coincidono con quelli dei loro finanziatori. Alcuni degli attuali princìpi di politica estera per loro non valgono. La deterrenza non funziona con gruppi che non hanno nulla da difendere. Perciò i princìpi del sistema Westfalia non possono funzionare quando di fronte hai o gruppi privati che fanno una politica estera rivoluzionaria o una minaccia di grandezza tale che non puoi permetterti di aspettare che diventi reale. Questo è un problema che il mondo si troverà davanti con la Corea del Nord e quasi certamente con altri Stati». In che modo il nuovo ordine mondiale influenza la politica estera degli Stati Uniti? «Nei prossimi cinque anni noi, come tutti gli altri Paesi, ne discuteremo molto. In Europa, soprattutto in Germania e in Francia, c¹è l¹idea che l¹America abbia una sorta di governo illegittimo, un governo con il quale non si riesce a comunicare. Questo è sbagliato, occorre dialogare con le persone che fanno la politica estera americana, cioè con il presidente». A cominciare da Francia e Germania? «Dopo quanto è successo, penso che aiuterebbe, se il primo sforzo - almeno simbolico - lo facessero la Francia e la Germania. Gli Stati Uniti dovrebbero poi rispondere in modo costruttivo e magnanimo. L¹alleanza verrà distrutta, se non ci sarà uno sforzo. Il mondo occidentale, che può vantare grandi conquiste di civiltà, registra però anche un fallimento organico: si è autodistrutto attraverso le rivalità interne. La domanda è: la civiltà occidentale riuscirà a trovare una definizione comune del suo mondo, ma anche delle opportunità e dei pericoli che deve affrontare?». E la risposta qual è? «Io spero che, nonostante i casi recenti, riusciremo a tessere un dialogo su temi come la proliferazione delle armi di distruzione di massa, la globalizzazione, il terrorismo. Dobbiamo arrivare a posizioni comuni. La mia generazione credeva nel mondo atlantico, oggi gran parte della politica europea si definisce come sfida agli Stati Uniti». E¹ solo un problema di comunicazione, o anche di filosofia? «In parte è un problema di filosofia. Si è insistito troppo su opinioni a breve termine. Ora, più si enfatizzano i punti di vista diversi, più sarà difficile ritrovare la strada per una relazione costruttiva. Entrambe le parti devono decidere se cinquant¹anni di legami stretti debbano essere gettati via, concentrandosi sugli errori altrui. Io spero che troveremo una base per dialogare in modo più conciliante, senza dogmatismi né da una parte né dall¹altra». Copyright Welt am Sonntag
- Prev by Date: LULA INCONTRA CONFESERCENTI NAZIONALE
- Next by Date: GENOVA - Evento Argentina
- Previous by thread: LULA INCONTRA CONFESERCENTI NAZIONALE
- Next by thread: GENOVA - Evento Argentina
- Indice: