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Argentina:che presidente sarà Nestor Kirchner?
- Subject: Argentina:che presidente sarà Nestor Kirchner?
- From: Gennaro di Latidoamericano <gennaro at latidoamericano.org>
- Date: Mon, 28 Apr 2003 13:23:44 +0200
Ore 12.00 italiane, Argentina: ballottaggio il 18 maggio tra Carlos Menem e Nestor Kirchner. Quest'ultimo sarà presidente.
Con il 97% dei seggi scrutinati, Carlos Menem ha il 24.14% e Nestor Kirchner il 22.04%. Si ferma al 16,4% il bulldog fondomonetarista Ricardo López Murphy, confermatosi, come Radioitaliana aveva anticipato, solo un fenomeno mediatico creato a suon di dollari dai principali gruppi economici del paese e multinazionali e dal quotidiano La Nación. Rodriguéz Saá, anche lui peronista, e Lilita Carrió, sfiorano il 15%. Disastrosa elezione per la Sinistra Unita: Patricia Walsh non raggiunge il 2%.
E' possibile - in anticipo su tutti gli altri media italiani e come Radioitaliana ha già fatto dalle 23 di ieri sera ed inserendo un primo commento già alle 3 di questa mattina - un primo bilancio del voto argentino. I due candidati fondomonetaristi, López Murphy e Menem, sommano il 40% dei voti, ma non riescono ad arrivare insieme al ballottaggio. Quindi per la logica del voto contro, per la quale due argentini su tre ripudierebbero Carlos Menem il quadro politico del ballottaggio del 18 maggio appare definito fin da oggi.
Vi arriva Carlos Menem, ma è una sconfitta politica chiara per l'ex-presidente. Per avere speranze di vittoria, infatti, avrebbe dovuto distanziare il suo concorrente di almeno 8-10 punti. Con appena due punti di vantaggio su Kirchner, e sapendo che con difficoltà riuscirà a sommare una metà dei voti ottenuti da López Murphy, non supererà nel ballottaggio il 35-40% dei voti. L'analisi dei flussi parla chiaro. Menem sommerà al suo 24%, 8-10 punti da parte degli elettori di López Murphy. Sono i voti della destra "d'ordine" e di quella neoliberale, ma non sommerà quelli che ha ottenuto LM in quanto non peronista. A questi potrà aggiungere un 3-5% da Rodríguez Saá, nulla o quasi dalla Carrió ed un 2-3% dagli altri candidati minori. Nella migliore delle ipotesi per lui, supererà a stento il 40% dei suffragi. Al contrario Nestor Kirchner potrà sommare quasi automaticamente i voti di Carrió (14%), la maggioranza di quelli di Rodríguez Saá (almeno un 8-10%) ed i voti non irriducibilmente "gorilla" - antiperonisti - di López Murphy (3-8%) e dei candidati minori, soprattutto del radicale Moreau e della sinistra, per un totale di un altro 3-5. In proiezione rappresenta un minimo del 50% ed un massimo anche del 65%.
E' la conferma di un dato positivo: dopo Fox in Messico ed Uribe in Colombia, nessun
candidato di Washington è più riuscito a vincere elezioni in America Latina. Dove questo è successo, in Bolivia, ciò è stato causato dalla diretta ingerenza statunitense, che ha impedito con minacce e ricatti l'elezione di Evo Morales ed ora il paese appare del tutto ingovernabile. E' però vero che se sia Menem che López Murphy rappresentavano un pericolo di ultradestra perfino fascistoide ben conosciuto, Kirchner è un'incognita. Deve moltissimo, forse troppo, all'attuale Presidente Duhalde.
Lo dimostra la decisiva vittoria nella Provincia di Buenos Aires dove pesa l'appoggio dell'apparato duhaldista. L'uomo del sud patagonico solo stringendo un patto con l'apparato peronista più importante, appunto quello della Provincia di Buenos Aires, poteva sperare di assicurarsi il ballottaggio e poi la vittoria. I legami tra Duhalde e gli apparati polizieschi, che fanno dell'Argentina uno dei pochi paesi al mondo dove la gente teme più la polizia che la microcriminalità, non fanno sperare altro che una continuazione ed un incremento della repressione verso un movimento popolare peraltro molto isolato.
Nestor Kirchner, sa già di poter contare sulla quasi totalità dei voti di Elisa Carrió e Adolfo Rodríguez Saá. Una ex-radicale ed un ex-compagno di partito. Se il radicalismo esce di scena, è il peronismo stesso che nel momento stesso in cui porta due propri candidati al ballottaggio, appare in crisi irreversibile.
Un ballottaggio tra due peronisti vuol dire che il Partito Giustizialista arriva ad una frattura definitiva e senza ritorno. I peronisti che perderanno il ballottaggio staranno all'opposizione contro un governo peronista.
Rappresentano oggi due opzioni che al momento sono difficilmente conciliabili: da una parte l'ultraliberismo, dall'altra l'embrionale e difficile progetto di reintroduzione di elementi di capitalismo keinesiano in un paese dove tutto è già stato venduto. In questo contesto è probabile che anche Nestor Kirchner si riveli alla lunga più realista del re. Del resto la scottatura per chi nel 1999 appoggiò l'alleanza tra radicalismo e peronismo di sinistra (ben più a sinistra di Kirchner) che portò a quello che può definirsi a tutti gli effetti un governo fantoccio del Fondo Monetario Internazionale, quello di De la Rúa - amatissimo da Massimo D'Alema - è ancora cocente.
Anche con Kirchner -qualora effettivamente vincesse le elezioni - quindi è da temere che il conflitto sociale di un paese impoverito in maniera drammatica da trent'anni di neoliberismo, dove disoccupazione e fame dominano, sarà risolto a pistolettate dalle "forze dell'ordine". La spaventosa repressione delle operaie della fabbrica Bruckman della scorsa settimana è già un segno di continuismo in questo senso.
Fino ad ottobre, quando sono previste le elezioni parlamentari, Kirchner dovrà navigare a vista e sarà in ottobre quando si vedrà se avrà la forza di governare per tutto il mandato ed in che direzione. Sapremo anche se davvero la sua elezione possa considerarsi sgradita per l'FMI e favorevole ad un coordinamento con il governo di Brasilia che rilanci il Mercosur e politiche di maggiore equità sociale in un continente dove mille o centomila morti per neoliberismo fanno sempre meno rumore dei tre - pur condannabili - fucilamenti di Cuba.
Gennaro Carotenuto - Radioitaliana
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