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Caso Mohammad, Amnesty accusa l'Italia: «Ha messo a rischio la vita di sei persone»
- Subject: Caso Mohammad, Amnesty accusa l'Italia: «Ha messo a rischio la vita di sei persone»
- From: "Nello Margiotta" <animarg at tin.it>
- Date: Tue, 17 Dec 2002 12:43:42 +0100
di Maristella Iervasi http://www.unita.it È stato strappato dalle braccia di sua moglie e dei suoi quattro bambini. Ed è scomparso. Una mancanza di notizie che allarma le organizzazioni umanitarie, perchè Mohammad Said Al-Sahri rispedito con imperdonabile leggerezza dall'Italia nel paese dove è condannato a morte, la Siria, è oggi in "incommunicado". Termine che significa che nessuno può avere informazioni sul luogo, sulle condizioni e sullo stato di salute del detenuto. Nel più recente rapporto di Amnesty International sulla Siria si legge che «...migliaia di prigionieri politici, compresi i prigionieri di coscienza sono in carcere, la maggior parte dopo processi iniqui tenutisi dinanzi alla Corte di sicurezza suprema dello Stato e alle corti militari da campo. Torture e maltrattamenti continuano ad essere perpretrate nei confronti dei prigionieri politici, soprattutto durante le detenzioni in incommunicado». È il caso di Al-Sahri, i cui drammatici aggiornamenti non lasciano presagire nulla di buono: lui è scomparso; il più piccolo dei suoi quattro figli (2 anni) è ricoverato in ospedale. Mentre la moglie e gli altri tre bambini sono in prigione, in un carcere di sicurezza dell'esercito nella città Hama. Ma nel corso della serata, dopo una giornata di richieste di informazioni provenienti da Roma, Londra, Parigi, Hayrtham Manna, il portavoce della Commissione araba dei diritti dell'uomo ci comunica che è riuscito ad ottenere notizie fresche sulla sorte dei sei membri della famiglia: «Mohammad e suoi tre figli più grandi - rivela - sono sotto interrogatorio nell'ex carcere dismesso di via Al Matar, nel distretto Meza di Damasco. Il bambino di due anni con la sua mamma sono nell'ospedale di Hama». Il presidente di Amnesty, Marco Bertotto, accusa l'Italia: «Ha esposto sei persone al rischio di sparizione e tortura», spiega. «Per nessuna ragione l' Italia avrebbe dovuto rimandare in Siria la famiglia di Mohammad - sottolinea Bertotto -. Ogni giorno che passa, aumenta il rischio che una grave violazione del diritto internazionale, quale quella compiuta dalle nostre autorità, abbia conseguenze ancora più drammatiche». E mentre il nostro governo si trincera dietro il silenzio e la Farnesina dice: «Non possiamo confermare ne smentire nulla. L'ambasciata italiana a Damasco si è mossa», il caso politico accaduto dall'aeroporto di Malpensa è arrivato all' orecchio di Tony Blair. Al primo ministro britannico si sono rivolti le Commissioni per i diritti umani nel mondo arabo di Parigi, Londra, Stoccolma e della Svizzera, cogliendo l'occasione della visita del presidente siriano Assad a Londra. Chiedono che si «investighi» sulla sorte di Mohammad «deportato dalle autorità italiane con la sua famiglia a Damasco il 28/11/2002 e che rimane sino ad oggi in "incommunicado"». E ricordano a Blair, nel loro appello, che la legge marziale imposta nel 1963 è ancora in vigore e che al «potere senza limiti delle forze di sicurezza siriane si deve la scomparsa di 17mila persone e di continui massacri ed esecuzioni di massa nelle prigioni». Intanto continuano le pressioni del Consiglio italiano per i rifugiati (Cir) per far tornare l'intera famiglia in Italia. Giovanni Conso ha dato mandato ad uno studio legale specializzato di intervenire contro il governo italiano per la drammatica vicenda accaduta allo scalo milanese di Malpensa, perchè resta inverosimile che sei persone bloccate per cinque giorni consecutivi (dal 23 al 28 novembre scorso) all'aereoporto non abbiano fatto capire in qualche modo quale fosse il perchè del loro arrivo in Europa dall'Iraq: presentare una domanda di asilo politico. Considerando anche che un parente da Londra gli aveva tradotto la frase dall'arabo all'inglese "we are refugee" (siamo rifugiati). Mentre l'eurodeputato di Prc Giuseppe Di Lello ha sollevato il "caso" all'Europarlamento, chiedendo al presidente Pat Cox di intervenire presso le autorità italiane. Intervenendo in apertura della sessione di dicembre, l'ex magistrato ha contestato la decisione di rimandare in Siria Mohammed e la sua famiglia, ricordando in particolare che sul capo dell'ingegnere siriano pende una condanna a morta emessa in Siria nel 1982 in quanto oppositore del "Leone di Damasco". Oggi i Ds alla Camera presentereanno un interropgazione a risposta immediata (a firma Violante, Turco, Leoni, Innocenti e Folena) per sapere come sono andati i fatti ed accertare eventuali responsabilità su quanto accaduto a Malpensa, oltre che per chiedere quali passi l'esecutivo intende fare per evitare la condanna a morte o altri atti che possono mettere in pericolo l' incolumità fisica delle perone deportate in Siria. Il ministro Giuseppe Pisanu dovrebbbe rispondere nel corso del question time di mercoledì. ************************************************** Nello change the world before the world changes you because another world is possible
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