Venezuela



San Felix, 9 dicembre 2002

Cari amici, come da alcuni ci e' stato richiesto, vi inviamo un messaggio
in cui analizziamo la situazione del paese in questo momento di grave crisi
cercando di aiutare a chiarire alcuni punti oscuri della situazione attuale.
Innanzitutto é fondamentale assumere che quanto sta accadendo qui non
deriva solo dalla degenerazione-sviluppo di dinamiche politiche ed
economiche interne, ma é strettamente legato agli equilibri energetici
mondiali ed alle scelte statunitensi di fronte ad un sempre piú imminente
attacco all'Iraq.
In conseguenza ed in funzione di tale quadro si muovono molti dei conflitti
accesi, la maggior parte dei quali ruota attorno a dinamiche dell'elite
economica venezuelana non abituata ad avere a che fare con una politica che
tuteli gli interessi nazionali.
Quindi partiamo dalla prospettiva internazionale.
Dopo l'11 settembre la questione energetica é riemersa con tutta la sua
forza, visto che le politiche che assicurano la fornitura di petrolio ai
giganti dell'economia attuale (USA, Europa e Giappone) oggi si rivestono di
una particolare aggressivitá di fronte alla minaccia "terrorista", la quale
permette e giustifica interventi in territori strategici per la produzione
e la distribuzione di petrolio convenzionale.
Alcuni studi affermano che gli Stati Uniti hanno riserve di petrolio fino
al 2020, dopodiché dovranno dipendere quasi totalmene da fornitori non
esattamente allineati con l'attuale modello globale. Questo gigante
dell'economia punta quindi ad assicurarsi bacini importanti e
all'indebolimento dell'OPEC (organismo "politico" che riunisce molti paesi
produttori di petrolio e che decide il prezzo al barile del greggio
attraverso accordi multilaterali che determinano la produzione), in modo da
poter rilanciare con forza la propria economia interna che da segni non
indifferenti di crisi (vedasi caso Enron).
Venezuela é la terza riserva al mondo di petrolio (anche se il petrolio
venezuelano é del tipo "pesante", mentre i bacini medio-orientali
possiedono l'ambito petrolio "leggero"), ma possiede forse il piú grande
bacino potenziale al mondo di petrolio non convenzionale.
Questo é sufficiente per attirare l'attenzione delle grandi multinazionali
del petrolio (BP, Shell, Standard Oil, etc.).
Negli anni passati si é assistito a una strategia politica per preparare le
condizioni della privatizzazione di PDVSA (l'industria venezuelana
estrattrice e processatrice del petrolio), come ad esempio la fusione delle
diverse sotto imprese in una sola grande azienda che ha portato quindi ad
una diminuzione dell'efficienza, l'aumento vertiginoso dei costi di
produzione e dell'operativitá attraverso tecnche di outsourcing, la
sovraproduzione e l'assenza di un appoggio politico all'OPEC che ha portato
il prezzo del petrolio a 8 dollari al barile alla fine del 1998.
Questa gestione appoggiata dai tecnocrati di PDVSA, una specie di stato
nello stato, occupati a mantenere i loro privilegi, si é vista duramente
minacciata dalla gestione del Presidente Chávez il quale con la nuova
Costituzione ha assicurato l'impossibilitá di privatizzare PDVSA ed ha
cominciato in diversi modi (in alcuni momenti diplomatici ed in altri meno)
a mettere mano alla gestione della principale industria nazionale ed a
agire a livello internazionale, portando in poco piú di un anno il prezzo
del barile a circa 25 dollari in media.
Tali considerazioni ci aiutano a vedere come Venezuela sia un territorio
strategico sulla mappa mondiale e come le dinamiche interne siano legate
intimamente con situazioni internazionali.
Attualmente gli USA intendono attaccare l'Iraq e per farlo hanno bisogno di
ingenti quantitá di combustibile e a prezzo favorevole. É davvero difficile
sapere se per ora a loro interessi che in Venezuela si concretizzi uno
scenario di guerra civile, visto che in tal caso la sicurezza nazionale
(pozzi di petrolio, autocisterne, oleodotti, etc.) sarebbero obiettivi di
costanti azioni sovversive. Sarebbe forse piú realistico pensare che a
livello internazionale interessi accentuare la conflittivitá interna per
giustificare un intervento esterno appoggiato dalla OEA (Organizzazione
degli Stati Americani) per impedire una escalation troppo violenta.
Tutte queste sono solo ipotesi ed é davvero difficile sapere quale sia la
veritá. Cerchiamo quindi di entrare nella dinamica nazionale.
Sta di fatto che la cosa piú preoccupante di questi giorni é la violenza.
Sin dall'inizio del conflitto dicembrino iniziato sottoforma di uno
sciopero generale il blocco dell'opposizione (CTV, Fedecamara, mass-media
commerciali, la nomina esecutiva di PDVSA e alcuni partiti politici creati
ad hoc negli ultimi due anni per dare un tono politico ad un conflitto che
in realtá é di classe) ha insistito con messaggi violenti che hanno avuto
il loro apice in seguito all'assassinato di tre persone appartenenti ai
manifestanti della Plaza Francia, simbolo della "resistenza anti-chavista".
Forse é questa l'unica differenza fra i fatti di aprile (ricordiamo che fra
l'11 e il 14 di aprile di quest'anno é stato perpetrato un colpo di stato a
danni dell'attuale governo, azione sventata grazie all'unione della forza
armata assieme alla massa popolare scesa in piazza a reclamare il ritorno
di Chávez, fenomeno storico senza precedenti in America Latina), assieme al
fatto che nonostante forti pressioni, la forza armata sia compatta e
allineata nell'appoggiare la Costituzione.
Torniamo quindi alla violenza. Il carattere mediatico della vicenda é
preponderante anche in questa nuova situazione di conflitto, ma invece di
puntare solo a manipolare l'informazione i mass-media stanno ora incitando
alla violenza.
I media non solo giocano con una gran quantita' di informazioni creando un
"cortocircuito informativo", saturando i cittadini di informazioni (sette
giorni consecutivi di trasmissioni sul tema della crisi senza interruzione
pubblicitaria), ma sistematicamente l'orientamento delle trasmissioni e dei
giornali va verso l'acutizzarsi del conflitto.
Da due giorni la conclusione a cui arrivano tutti i mezzi di comunicazione
privati é la rinuncia di Chávez, quindi l'invito continuo alla gente a
manifestare in piazza "a tutti i costi" per il bene del paese.
Ma é proprio questo messaggio "a tutti i costi" che é terribilmente
irresponsabile a causa dell'attuale situazione del paese.
Infatti, proprio perché l'oligarchia oppositrice del governo questa volta
sembra non contare con l'esercito, la pressione per la rinuncia di Chávez
viene da azioni terroristiche disperate che attentano alla sicurezza dello
stato.
Non ci riferiamo ai tre morti di venerdí sera, ma ad esempio al sequestro
di barche cisterna di combustibile e petrolio (delle quali una contenente
44 mila milioni di litri di combustibile, con la minaccia di un potenziale
disastro naturale) da parte di alcuni ufficiali ostili al governo. Tali
fatti non vengono denunciati come terrorismo puro, ma come azioni di alto
civismo condotte da eroi della patria che, per il bene del futuro del
paese, rischiano il tutto per tutto.
Con questo non vogliamo dire che tutta la responsabilitá dell'attuale
situazione grava sull'opposizione. Infatti pensiamo che parte del conflitto
é dovuto alla poca esperienza di gestione del governo di Chávez (che si
concretizza in una linea socio-politica poco chiara e dipendente da persone
specifiche e non da organizzazioni, creando cosí contraddizioni interne non
indifferenti) e il suo a volte imperdonabile linguaggio poco diplomatico.
Denunciamo quindi piú che il clima politico veramente complesso, un gioco
sporco che punta solo alla confusione, allo stress ed alla possibilitá di
aumentare atti disperati da entrambe le parti, promosso irresponsabilmente
dai mezzi di comunicazione.
Assieme a ció denunciamo fortemente la gerarchia della Chiesa Cattolica
venezuelana che si é di nuovo schierata dalla parte dell'opposizione in
modo acritico, giocando un ruolo parziale di fronte allo schema
terroristico dell'attuale strategia dell'opposizione.

Chiediamo a tutti voi di mantenere vivo l'interesse sul tema del Venezuela,
aiutare a capire quanto sta succedendo e sviluppare un movimento di
solidarieta' con il popolo venezuelano che, lo ricordiamo ancora una volta,
in libere elezioni ha votato per l'attuale Presidente e che in piu'
occasioni ha ratificato il suo appoggio all'attuale processo.

Un abbraccio a tutti.

Federica Nassini - Giacomo Signoroni
Volontari in servizio






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Servicio Voluntario Internacional
Casa Parroquial, calle Matasiete
Las Batallas
Ciudad Guayana - Venezuela
Tel. 0286/9710165
e-mail: giacomofede at hotmail.com


San Felix, 11 dicembre 2002

Nel precedete comunicato vi abbiamo inviato un'analisi della situazione
nazionale, ovviamente dal nostro punto di vista, oggi vorremmo solo
scrivere alcune righe sulla situazione, come noi vediamo le cose e come le
vede la gente con cui stiamo condividendo il progetto SVI.
Attualmente si vive in due paesi: quello mediatico e quello reale. Nel
paese della televisione (ovvero tutti i canali privati nonche' i giornali),
siamo praticamente in guerra, il paese e' parallizato e lo restera finche'
il loco (pazzo) rinuncera' alla Presidenza, o interverranno i militari per
eliminarlo o le Nazioni Unite o meglio ancora gli Stati Uniti.
I mezzi di informazione trasmettono quasi a reti unificate, senza
interruzioni pubblicitarie,  con una banda nera di "Lutto Attivo" (a causa
dei tre morti della Piazza Altamira, gli unici morti in Venezuela degni di
un lutto nazionale) per tutta la giornata solo speciali sulla crisi, il
"massacro" della Piaza Altamira, gli eroici dirigenti dell'impresa
nazionale del Petrolio (PDVSA) che hanno sabotato vari impianti produttivi
dell'azienda ecc...
Secondo questi canali la situazione sembra veramente tragica, sull'orlo di
una guerra civile, i sondaggi dicono che ormai tutti sono contro il
Presidente meno una piccolissima minoranza di violenti, fanatici e armati
circoli bolivariani.
Poi c'e' il paese reale, quello dove viviamo noi: i negozi sono aperti, le
attivita' procedono normalmente, la gente lavora, addobba le case con le
luci di Natale, compra i giocattoli per il 24 di dicembre...
Noi, su esplicita richiesta delle persone con cui lavoriamo, continuiamo
con le attivita' di routine: stiamo preparando una festa comunitaria per il
22 di dicembre e nessuna persona del gruppo ha messo in discussione una
modifica del programma, cosi' come proseguono le attivita' dei portavoce di
strada, dei gruppi produttivi, dei gruppi si salute, del progetto di
recupero dei bambini di strada.
Ancora una volta a Brescia si commentera': il prolema e' che voi siete
parziali, siete chavisti, siete fanatici...
Quello che possiamo dirvi e' che qui le persone con cui noi lavoriamo sono
al 99% a favore del processo liderizzato dal Presidente, molti lo sono da
sempre, altri si sono convinti nei giorni del colpo di stato, quando si
sono resi conto di quel che sarebbe successo se avessero vinto i golpisti.
Un altro dato interessante e' il fenomano del "cacerolazo", tutte le sere a
partire dalle 19.00 comincia questa forma di protesta tipicamente latina:
si esce in strada con una pentola ("cacerola") e un cucchiaio o un
coperchio e si fa sentire la propria opinione, in questo caso contro lo
sciopero indetto da Federcamara e CTV e in appoggio alla Costituzione.
L'altra sera dieci minuti prima delle sette abbiamo sentito i nostri vicini
di casa che manifestavano con petardi, padelle e una copia della
Costituzione, poi siamo usciti in auto a fare il giro della citta' per
renderci conto personalmente della situazione. Possiamo testimoniare che
mai nella nostra vita, nemmeno in occasione di una vittoria dell'Italia ai
Mondiali di calcio, avevamo visto tanto entusiamo e partecipazione
popolare: tutti gli incroci, le piazze, le rotonde, le strade principali
erano letteralmente invase dalla gente, con le pentole, i tamburi, la
musica, i cappellini rossi, la Costituzione, le bandiere.
Abbiamo incontrato almeno dieci manifestazioni grandi e un infinita' di
piccoli gruppi, che non avendo trovato un mezzo di trasporto per
raggiungere una concentrazione, manifestava nel proprio quartiere, come era
il caso dei nostri vicini di cui vi parlavamo.
Manifestazioni pacifiche e contagiose, distribuite non solo a San Felix, la
parte povera, ma anche a Puerto Ordaz, la zona ricca dove ha preso forza
ultimamente il gruppo "Clase media en positivo" e "Profesionales de
Venezuela".
Per quanto il suono delle "cacerolas" tutte le sere, da una settimana a
questa parte, risuoni ovunque dalle sette di sera fino quasi a mezzanotte,
da parte dei mezzi di comunicazione non viene nemmeno una parola, a volte
si commenta brevemente che un piccolo gruppo di manifestanti chavisti
violenti ha inscenato un'ultima disperata manifestazione in appoggio al
Presidente.
Molti amici con cui siamo in contatto ci dicono che quanto succede qui in
citta' avviene allo stesso modo in altre parti del paese e in misura
maggiore a Caracas.
Cio' nonostante sembra che non serva a niente, perche' l'opposizione per
bocca del presidente della CTV ha gia' dichiarato che bisogna liberarsi di
Chavez "in qualsiasi modo".

Concludiamo ora in pochi punti che ci piacerebbe servissero a definire in
modo chiaro la nostra posizione.
1. Il governo di Chavez non e' perfetto, ha molti difetti e problemi, sono
molte le critiche che abbiamo da fare a questi tre anni di gestione, pero',
lo ripetiamo ancora una volta come sempre abbiamo fatto in tutti i nostri
comunicati, e' un governo democratico, liberamente eletto dalla popolazione
(e riconfermato varie volte dalla stessa in differenti occasioni come per
la formazione dell'assemblea Costituente, la votazione alla nuova
Costutuzione e le elezioni successive all'entrata in vigore della stessa).
Il governo di Chavez, a differenza di tutti i precedenti in Venezuela, non
ha nemmeno un prigioniero "politico", nessun giornale e' stato chiuso e
nessuna televisione e' stata sanzionata.
2. Cio' nonostante sappiamo che l'appoggio popolare, di questi poveri che
vivono con meno di un dollaro al giorno e che per la prima volta si sentono
rappresentati e identificati nella figura del Presidente, non e' sufficente
a mantenere in piedi un governo o un sistema democratico. Ben altri sono
gli interessi e i poteri in gioco.
3. Noi, come volontari e come osservatori internazionali, esprimiamo
fortemente la nostra denuncia per quanto sta avvenendo qui: un tentativo di
colpo di stato (questa volta non militare ma economico) ai danni di una
libera democrazia, con l'appoggio manipolatore dei mezzi di comunicazione,
con l'appoggio parzializzato della gerarchia della Chiesa cattolica locale
e tra l'indifferenza internazionale.

Per qualsiasi chiarimento o per maggiori informazioni potete scrivere
(giacomofede at hotmail.com) o telefonare (0058-286-9710165), in ogni caso
saremo in Italia a partire dalla fine di gennaio.


Federica Nassini - Giacomo Signoroni
Volontari in servizio, Ciudad Guayana (Venezuela)