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Venezuela
- Subject: Venezuela
- From: "giacomo e federica signoroni" <giacomofede at hotmail.com>
- Date: Sun, 15 Dec 2002 23:23:57 +0100
San Felix, 9 dicembre 2002 Cari amici, come da alcuni ci e' stato richiesto, vi inviamo un messaggio in cui analizziamo la situazione del paese in questo momento di grave crisi cercando di aiutare a chiarire alcuni punti oscuri della situazione attuale. Innanzitutto é fondamentale assumere che quanto sta accadendo qui non deriva solo dalla degenerazione-sviluppo di dinamiche politiche ed economiche interne, ma é strettamente legato agli equilibri energetici mondiali ed alle scelte statunitensi di fronte ad un sempre piú imminente attacco all'Iraq. In conseguenza ed in funzione di tale quadro si muovono molti dei conflitti accesi, la maggior parte dei quali ruota attorno a dinamiche dell'elite economica venezuelana non abituata ad avere a che fare con una politica che tuteli gli interessi nazionali. Quindi partiamo dalla prospettiva internazionale. Dopo l'11 settembre la questione energetica é riemersa con tutta la sua forza, visto che le politiche che assicurano la fornitura di petrolio ai giganti dell'economia attuale (USA, Europa e Giappone) oggi si rivestono di una particolare aggressivitá di fronte alla minaccia "terrorista", la quale permette e giustifica interventi in territori strategici per la produzione e la distribuzione di petrolio convenzionale. Alcuni studi affermano che gli Stati Uniti hanno riserve di petrolio fino al 2020, dopodiché dovranno dipendere quasi totalmene da fornitori non esattamente allineati con l'attuale modello globale. Questo gigante dell'economia punta quindi ad assicurarsi bacini importanti e all'indebolimento dell'OPEC (organismo "politico" che riunisce molti paesi produttori di petrolio e che decide il prezzo al barile del greggio attraverso accordi multilaterali che determinano la produzione), in modo da poter rilanciare con forza la propria economia interna che da segni non indifferenti di crisi (vedasi caso Enron). Venezuela é la terza riserva al mondo di petrolio (anche se il petrolio venezuelano é del tipo "pesante", mentre i bacini medio-orientali possiedono l'ambito petrolio "leggero"), ma possiede forse il piú grande bacino potenziale al mondo di petrolio non convenzionale. Questo é sufficiente per attirare l'attenzione delle grandi multinazionali del petrolio (BP, Shell, Standard Oil, etc.). Negli anni passati si é assistito a una strategia politica per preparare le condizioni della privatizzazione di PDVSA (l'industria venezuelana estrattrice e processatrice del petrolio), come ad esempio la fusione delle diverse sotto imprese in una sola grande azienda che ha portato quindi ad una diminuzione dell'efficienza, l'aumento vertiginoso dei costi di produzione e dell'operativitá attraverso tecnche di outsourcing, la sovraproduzione e l'assenza di un appoggio politico all'OPEC che ha portato il prezzo del petrolio a 8 dollari al barile alla fine del 1998. Questa gestione appoggiata dai tecnocrati di PDVSA, una specie di stato nello stato, occupati a mantenere i loro privilegi, si é vista duramente minacciata dalla gestione del Presidente Chávez il quale con la nuova Costituzione ha assicurato l'impossibilitá di privatizzare PDVSA ed ha cominciato in diversi modi (in alcuni momenti diplomatici ed in altri meno) a mettere mano alla gestione della principale industria nazionale ed a agire a livello internazionale, portando in poco piú di un anno il prezzo del barile a circa 25 dollari in media. Tali considerazioni ci aiutano a vedere come Venezuela sia un territorio strategico sulla mappa mondiale e come le dinamiche interne siano legate intimamente con situazioni internazionali. Attualmente gli USA intendono attaccare l'Iraq e per farlo hanno bisogno di ingenti quantitá di combustibile e a prezzo favorevole. É davvero difficile sapere se per ora a loro interessi che in Venezuela si concretizzi uno scenario di guerra civile, visto che in tal caso la sicurezza nazionale (pozzi di petrolio, autocisterne, oleodotti, etc.) sarebbero obiettivi di costanti azioni sovversive. Sarebbe forse piú realistico pensare che a livello internazionale interessi accentuare la conflittivitá interna per giustificare un intervento esterno appoggiato dalla OEA (Organizzazione degli Stati Americani) per impedire una escalation troppo violenta. Tutte queste sono solo ipotesi ed é davvero difficile sapere quale sia la veritá. Cerchiamo quindi di entrare nella dinamica nazionale. Sta di fatto che la cosa piú preoccupante di questi giorni é la violenza. Sin dall'inizio del conflitto dicembrino iniziato sottoforma di uno sciopero generale il blocco dell'opposizione (CTV, Fedecamara, mass-media commerciali, la nomina esecutiva di PDVSA e alcuni partiti politici creati ad hoc negli ultimi due anni per dare un tono politico ad un conflitto che in realtá é di classe) ha insistito con messaggi violenti che hanno avuto il loro apice in seguito all'assassinato di tre persone appartenenti ai manifestanti della Plaza Francia, simbolo della "resistenza anti-chavista". Forse é questa l'unica differenza fra i fatti di aprile (ricordiamo che fra l'11 e il 14 di aprile di quest'anno é stato perpetrato un colpo di stato a danni dell'attuale governo, azione sventata grazie all'unione della forza armata assieme alla massa popolare scesa in piazza a reclamare il ritorno di Chávez, fenomeno storico senza precedenti in America Latina), assieme al fatto che nonostante forti pressioni, la forza armata sia compatta e allineata nell'appoggiare la Costituzione. Torniamo quindi alla violenza. Il carattere mediatico della vicenda é preponderante anche in questa nuova situazione di conflitto, ma invece di puntare solo a manipolare l'informazione i mass-media stanno ora incitando alla violenza. I media non solo giocano con una gran quantita' di informazioni creando un "cortocircuito informativo", saturando i cittadini di informazioni (sette giorni consecutivi di trasmissioni sul tema della crisi senza interruzione pubblicitaria), ma sistematicamente l'orientamento delle trasmissioni e dei giornali va verso l'acutizzarsi del conflitto. Da due giorni la conclusione a cui arrivano tutti i mezzi di comunicazione privati é la rinuncia di Chávez, quindi l'invito continuo alla gente a manifestare in piazza "a tutti i costi" per il bene del paese. Ma é proprio questo messaggio "a tutti i costi" che é terribilmente irresponsabile a causa dell'attuale situazione del paese. Infatti, proprio perché l'oligarchia oppositrice del governo questa volta sembra non contare con l'esercito, la pressione per la rinuncia di Chávez viene da azioni terroristiche disperate che attentano alla sicurezza dello stato. Non ci riferiamo ai tre morti di venerdí sera, ma ad esempio al sequestro di barche cisterna di combustibile e petrolio (delle quali una contenente 44 mila milioni di litri di combustibile, con la minaccia di un potenziale disastro naturale) da parte di alcuni ufficiali ostili al governo. Tali fatti non vengono denunciati come terrorismo puro, ma come azioni di alto civismo condotte da eroi della patria che, per il bene del futuro del paese, rischiano il tutto per tutto. Con questo non vogliamo dire che tutta la responsabilitá dell'attuale situazione grava sull'opposizione. Infatti pensiamo che parte del conflitto é dovuto alla poca esperienza di gestione del governo di Chávez (che si concretizza in una linea socio-politica poco chiara e dipendente da persone specifiche e non da organizzazioni, creando cosí contraddizioni interne non indifferenti) e il suo a volte imperdonabile linguaggio poco diplomatico. Denunciamo quindi piú che il clima politico veramente complesso, un gioco sporco che punta solo alla confusione, allo stress ed alla possibilitá di aumentare atti disperati da entrambe le parti, promosso irresponsabilmente dai mezzi di comunicazione. Assieme a ció denunciamo fortemente la gerarchia della Chiesa Cattolica venezuelana che si é di nuovo schierata dalla parte dell'opposizione in modo acritico, giocando un ruolo parziale di fronte allo schema terroristico dell'attuale strategia dell'opposizione. Chiediamo a tutti voi di mantenere vivo l'interesse sul tema del Venezuela, aiutare a capire quanto sta succedendo e sviluppare un movimento di solidarieta' con il popolo venezuelano che, lo ricordiamo ancora una volta, in libere elezioni ha votato per l'attuale Presidente e che in piu' occasioni ha ratificato il suo appoggio all'attuale processo. Un abbraccio a tutti. Federica Nassini - Giacomo Signoroni Volontari in servizio _________________________________ Servicio Voluntario Internacional Casa Parroquial, calle Matasiete Las Batallas Ciudad Guayana - Venezuela Tel. 0286/9710165 e-mail: giacomofede at hotmail.com San Felix, 11 dicembre 2002 Nel precedete comunicato vi abbiamo inviato un'analisi della situazione nazionale, ovviamente dal nostro punto di vista, oggi vorremmo solo scrivere alcune righe sulla situazione, come noi vediamo le cose e come le vede la gente con cui stiamo condividendo il progetto SVI. Attualmente si vive in due paesi: quello mediatico e quello reale. Nel paese della televisione (ovvero tutti i canali privati nonche' i giornali), siamo praticamente in guerra, il paese e' parallizato e lo restera finche' il loco (pazzo) rinuncera' alla Presidenza, o interverranno i militari per eliminarlo o le Nazioni Unite o meglio ancora gli Stati Uniti. I mezzi di informazione trasmettono quasi a reti unificate, senza interruzioni pubblicitarie, con una banda nera di "Lutto Attivo" (a causa dei tre morti della Piazza Altamira, gli unici morti in Venezuela degni di un lutto nazionale) per tutta la giornata solo speciali sulla crisi, il "massacro" della Piaza Altamira, gli eroici dirigenti dell'impresa nazionale del Petrolio (PDVSA) che hanno sabotato vari impianti produttivi dell'azienda ecc... Secondo questi canali la situazione sembra veramente tragica, sull'orlo di una guerra civile, i sondaggi dicono che ormai tutti sono contro il Presidente meno una piccolissima minoranza di violenti, fanatici e armati circoli bolivariani. Poi c'e' il paese reale, quello dove viviamo noi: i negozi sono aperti, le attivita' procedono normalmente, la gente lavora, addobba le case con le luci di Natale, compra i giocattoli per il 24 di dicembre... Noi, su esplicita richiesta delle persone con cui lavoriamo, continuiamo con le attivita' di routine: stiamo preparando una festa comunitaria per il 22 di dicembre e nessuna persona del gruppo ha messo in discussione una modifica del programma, cosi' come proseguono le attivita' dei portavoce di strada, dei gruppi produttivi, dei gruppi si salute, del progetto di recupero dei bambini di strada. Ancora una volta a Brescia si commentera': il prolema e' che voi siete parziali, siete chavisti, siete fanatici... Quello che possiamo dirvi e' che qui le persone con cui noi lavoriamo sono al 99% a favore del processo liderizzato dal Presidente, molti lo sono da sempre, altri si sono convinti nei giorni del colpo di stato, quando si sono resi conto di quel che sarebbe successo se avessero vinto i golpisti. Un altro dato interessante e' il fenomano del "cacerolazo", tutte le sere a partire dalle 19.00 comincia questa forma di protesta tipicamente latina: si esce in strada con una pentola ("cacerola") e un cucchiaio o un coperchio e si fa sentire la propria opinione, in questo caso contro lo sciopero indetto da Federcamara e CTV e in appoggio alla Costituzione. L'altra sera dieci minuti prima delle sette abbiamo sentito i nostri vicini di casa che manifestavano con petardi, padelle e una copia della Costituzione, poi siamo usciti in auto a fare il giro della citta' per renderci conto personalmente della situazione. Possiamo testimoniare che mai nella nostra vita, nemmeno in occasione di una vittoria dell'Italia ai Mondiali di calcio, avevamo visto tanto entusiamo e partecipazione popolare: tutti gli incroci, le piazze, le rotonde, le strade principali erano letteralmente invase dalla gente, con le pentole, i tamburi, la musica, i cappellini rossi, la Costituzione, le bandiere. Abbiamo incontrato almeno dieci manifestazioni grandi e un infinita' di piccoli gruppi, che non avendo trovato un mezzo di trasporto per raggiungere una concentrazione, manifestava nel proprio quartiere, come era il caso dei nostri vicini di cui vi parlavamo. Manifestazioni pacifiche e contagiose, distribuite non solo a San Felix, la parte povera, ma anche a Puerto Ordaz, la zona ricca dove ha preso forza ultimamente il gruppo "Clase media en positivo" e "Profesionales de Venezuela". Per quanto il suono delle "cacerolas" tutte le sere, da una settimana a questa parte, risuoni ovunque dalle sette di sera fino quasi a mezzanotte, da parte dei mezzi di comunicazione non viene nemmeno una parola, a volte si commenta brevemente che un piccolo gruppo di manifestanti chavisti violenti ha inscenato un'ultima disperata manifestazione in appoggio al Presidente. Molti amici con cui siamo in contatto ci dicono che quanto succede qui in citta' avviene allo stesso modo in altre parti del paese e in misura maggiore a Caracas. Cio' nonostante sembra che non serva a niente, perche' l'opposizione per bocca del presidente della CTV ha gia' dichiarato che bisogna liberarsi di Chavez "in qualsiasi modo". Concludiamo ora in pochi punti che ci piacerebbe servissero a definire in modo chiaro la nostra posizione. 1. Il governo di Chavez non e' perfetto, ha molti difetti e problemi, sono molte le critiche che abbiamo da fare a questi tre anni di gestione, pero', lo ripetiamo ancora una volta come sempre abbiamo fatto in tutti i nostri comunicati, e' un governo democratico, liberamente eletto dalla popolazione (e riconfermato varie volte dalla stessa in differenti occasioni come per la formazione dell'assemblea Costituente, la votazione alla nuova Costutuzione e le elezioni successive all'entrata in vigore della stessa). Il governo di Chavez, a differenza di tutti i precedenti in Venezuela, non ha nemmeno un prigioniero "politico", nessun giornale e' stato chiuso e nessuna televisione e' stata sanzionata. 2. Cio' nonostante sappiamo che l'appoggio popolare, di questi poveri che vivono con meno di un dollaro al giorno e che per la prima volta si sentono rappresentati e identificati nella figura del Presidente, non e' sufficente a mantenere in piedi un governo o un sistema democratico. Ben altri sono gli interessi e i poteri in gioco. 3. Noi, come volontari e come osservatori internazionali, esprimiamo fortemente la nostra denuncia per quanto sta avvenendo qui: un tentativo di colpo di stato (questa volta non militare ma economico) ai danni di una libera democrazia, con l'appoggio manipolatore dei mezzi di comunicazione, con l'appoggio parzializzato della gerarchia della Chiesa cattolica locale e tra l'indifferenza internazionale. Per qualsiasi chiarimento o per maggiori informazioni potete scrivere (giacomofede at hotmail.com) o telefonare (0058-286-9710165), in ogni caso saremo in Italia a partire dalla fine di gennaio. Federica Nassini - Giacomo Signoroni Volontari in servizio, Ciudad Guayana (Venezuela)
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