Articolo di Stedile su globalizzazione e forum Porto Alegre



Articolo per la Agenzia di notizie latinoamericana ALAI - Marzo 2002

I lunghi percorsi della Mobilitazione mondiale (di Joao Pedro Stedile)

1. Lo scenario internazionale

   Nelle ultime due decadi il mondo ha assistito a molti cambiamenti importanti. La caduta del cosiddetto socialismo reale dei paesi dell'est europeo. La crescita dell'egemonia dell'economia nord-americana alla guida del capitalismo mondiale. Una vera rivoluzione tecnologica nell'ambiente di fabbrica che ha aumentato enormemente la produttività del lavoro e ha prodotto alti indici di disoccupazione e la temporanea sconfitta dei sindacati operai.  La  trasformazione del capitale finanziario internazionale nel centro egemonico di accumulazione di capitale, come avevano previsto   Hilferding, Bukarin e Lenin.  La manipolazione degli organismi internazionali (ONU, Banca Mondiale, Nato, FMI) al servizio soltanto degli interessi del capitale internazionale.

   Ma se tutto questo potrebbe sembrare una sconfitta di coloro che vivono del lavoro e la vittoria finale del capitale, come si è azzardato a pronosticare l'ideologo nord-americano   Fukuyama, nella pratica, nel quotidiano, pare che sia prevalsa la dialettica e molte e nuove contraddizioni sono sorte

   Sul piano economico, l'egemonia del capitale finanziario ha prodotto un brutale girotondo  di speculazione, che ha denazionalizzato imprese, ha accresciuto il potere oligopolista di vari gruppi, ha sottomesso le economie di paesi interi ai propri disegni. Oggi, l'economia mondiale viene amministrata a favore di appena 500 grandi imprese transnazionali (banche, industrie e servizi) per la maggior parte di origine nord-americana.  Il valore della produzione che esse controllano è maggiore  di quello prodotto da 130 paesi. Ma questa situazione ha generato anche una maggiore necessità di collegamento dei lavoratori e dei popoli di tutti i paesi  contro lo stesso capitale.

   Sul piano sociale, questa tappa del capitalismo ha creato soltanto più povertà, più concentrazione della ricchezza, più concentrazione del consumo, più sfruttamento dei paesi periferici che inviano tutti gli anni più di 400 miliardi di dollari (rimesse liquide) come pagamento degli interessi e delle royalties ai paesi dell'emisfero nord sostenendo così i loro tassi di crescita, il loro consumo suntuoso e alimentando più povertà e fame nel sud. L'umanità non ha mai vissuto un periodo così ingrato, nel quale il modo di organizzare la produzione non garantisce lavoro a quasi il 25% di tutta la popolazione mondiale. E una persona senza diritto al lavoro, è una persona senza dignità, di scarto. I milioni di esclusi del mondo intero sanno che non avranno mai opportunità all'interno di questo sistema.

   Tuttavia, quando tutto poteva parere molto ben sistemato per gli interessi del capitale internazionale, l'economia nord-americana si è trovata ad affrontare una grave recessione. Nonostante emettano dollari senza controllo, siano l'economia nazionale con il maggiore debito estero, i loro tassi di crescita e di profitto sono stagnanti. Qual è la via di uscita adottata, quindi?
   - Il Piano strategico delle imprese nord-americane e del loro governo Bush passa ad adottare allora una strategia offensiva, economica, politica e militare, per uscire dalla crisi. E adottano gli investimenti nel complesso industriale-militare come principale forma di uscita dalla recessione e, per questo, hanno bisogno  di imporre la volontà dell'impero agli insubordinati "popoli arretrati" e cominciano a fare la guerra. Non per proteggere i loro cittadini, ma per proteggere le proprie industrie. Prima c'è stato l'Afghanistan, ora è la volta della Palestina, poi sarà quella dell'Iraq, della Somalia, della Colombia e di chi più si arrischierà….ad essere diverso.
   - La seconda strategia è preparare le imprese nord-americane per controllare il nuovo ramo della biotecnologia, sapendo che in questo secolo, il polo di accumulazione del capitale lascerà l'industria automobilistica e andrà verso la biotecnologia, come ci avverte  Pat Money.
   - E la sua terza strategia è l'applicazione dell'ALCA, area di libero commercio  per tutto il continente americano, in modo da, come ha detto il generale   Colin Powel, "trasformare l'immenso spazio che va dall'Alaska alla Patagonia in un'area in cui il territorio, le ricchezze, le risorse naturali, il commercio, i servizi, gli investimenti siano sotto controllo, in modo tale che le imprese nord-americane possano agire liberamente". E così, avendo un immenso territorio e più di 500 milioni di abitanti ai loro piedi, poter mantenere e aumentare i propri tassi di profitto.
   Se quindi, l'impero è oggi controllato dagli USA, tutti gli sfruttati del mondo si rivolteranno contro di loro.
   E per quanto sembrino forti, hanno già perso la forza principale che è quella della legittimità. Siamo tutti coscienti che gli Stati Uniti non possono fare quello che stanno facendo, dominare con la forza, imporre la loro volontà politica e militare, solo per garantire il dollaro e gli interessi delle loro imprese. Possono vincere battaglie militari, ma hanno già perso la guerra della credibilità e della giustizia. Peccato che i generali non lo abbiano ancora capito!

2. Il Forum Social Mundial di Porto Alegre

   E' in questo scenario che si è svolto il Forum sociale di Porto Alegre.
   Come uno spazio di riflessione su ciò che sta succedendo  nel mondo, su quali sono gli interessi e le iniziative del capitale internazionale dominato da appena 500 grandi imprese. Eravamo in più di 60.000 persone, delle più diverse origini, con i più diversi interessi sociali.  E, durante una settimana, ognuno ha potuto collegarsi con altri, discutere, riflettere sulle vie di uscita da questo scenario così perverso. Le alternative di discussione, collegamento e mobilitazione sono state le più diverse possibili, come è nella natura del Forum. E certo le valutazioni e le analisi sui suoi risultati e limiti saranno anch'esse molto diversificate. E non potrebbe essere diversamente perché ciascuno  osserva la realtà e la congiuntura a seconda del luogo che occupa nella società e della sua volontà di intervenire in essa.
   E' certo che la composizione dei partecipanti del Forum è ancora molto occidentale-cristiana e che, nonostante ci fossero rappresentanti di 130 paesi, la maggioranza assoluta apparteneva all'emisfero occidentale. E naturalmente non si possono stilare documenti e conclusioni unitarie perché è il pluralismo che ci garantisce l'unità.
   Certamente nel Forum non si è ancora costituito un polo agglutinatore della lotta anti-globalizzazione. E' solo un porto di confluenza, per incontri, scambi di idee; la possibilità per ciascuno di incontrarsi con chi vuole. Ma è anche certo che la maggioranza dei partecipanti al Forum è convinta che i cambiamenti nel mondo, come è dimostrato dalla storia dell'umanità, saranno prodotti dalle mobilitazioni di massa, dalle lotte popolari. E pertanto, non possiamo neanche illuderci che solo grandi incontri internazionali, o documenti unitari, i più radicali possibili, possano alterare la correlazione di forze, nei nostri paesi e ancora meno a livello internazionale.
   Sappiamo anche, che gli incontri di Porto Alegre, non sarebbero stati possibili se prima non ci fossero state le grandi mobilitazioni che sono avvenute in molti paesi, come quelle di Seattle, Stoccolma, Barcellona e Genova, per citarne solo alcune.

3. Le nostre sfide

   E' certo che  il Forum Sociale di Porto Alegre è stato un successo. E' evidente a tutti che è riuscito ad attrarre una enorme pluralità di forze che si oppongono al neoliberismo e all'offensiva nord-americana. E' evidente che è riuscito a contrapporsi al Forum Economico e a demoralizzare le sue "buone e ipocrite intenzioni". E' evidente che la realizzazione della grande manifestazione per le vie di Porto Alegre, con più di 60.000 persone, che gridavano contro l'ALCA e il dominio imperialista nord-americano, è stato un grande successo ed ha animato tutta la militanza sociale presente.
   Ma solo questo non basta.
   Siamo di fronte a grandi sfide.
- Prima. E' necessario che discutiamo, ci organizziamo e creiamo una grande alleanza popolare, non solo contro il neoliberismo, il tema  che ci unifica oggi, ma una vera piattaforma anti-capitalista. Il capitalismo ha già dimostrato di non saper risolvere i problemi dell'umanità, così come  il socialismo di stato del  modello dell'est europeo. Quindi, dobbiamo costruire una nuova utopia di mutamento radicale dell'attuale sistema economico e di ricerca di un sistema economico e di un regime politico, che realmente garantiscano la soddisfazione delle necessità fondamentali di tutti gli abitanti di questo pianeta.
   In questo senso, non basta aderire a proposte riformiste, di umanizzazione del capitalismo o di tassazione della circolazione del capitale finanziario internazionale. Abbiamo bisogno di cambiamenti radicali nelle nostre società e nelle relazioni tra i popoli
- Secondo. Abbiamo bisogno di alimentare e stimolare le grandi mobilitazioni di massa, all'interno di un ampio processo di coscientizzazione dei popoli, sul fatto che è possibile cambiare e che soltanto con grandi lotte di massa sarà possibile alterare la correlazione tra le forze.
- Terzo. Abbiamo bisogno di riflettere, scambiare idee sui nostri metodi di lavoro. Abbiamo bisogno di trovare nuove modalità, creative e pedagogiche per informare, coscientizzare e organizzare il popolo, sulla situazione dei nostri problemi e le vere vie di uscita.  C'è mancanza di fiducia nei metodi tradizionali, nelle vie formali della democrazia, come il parlamento e le istituzioni pubbliche.
Dobbiamo rinnovare i nostri metodi e generare una vera rivoluzione nella forma di coscientizzare e informare. E nei metodi di lotta e negli obiettivi.
- Quarto. Come parte di questo lungo e permanente processo di comunicazione e scambio  di esperienze internazionali, dobbiamo andare creando un accumulo di idee, di esperienze, e di rappresentanze popolari che possano, nel medio periodo, generare una vera articolazione internazionale di tutte le forme di rappresentanza sociale e popolare. Una vera assemblea mondiale dei popoli. Questo è il nostro sogno.

   Andando avanti in questo lungo cammino, del quale il FSM fa parte, continueremo a lottare quotidianamente contro tutte le forme di sfruttamento, sia delle imprese che dei governi, ecc. sia, a livello internazionale, contro quelle rappresentate dalla politica degli organismi internazionali (FMI, BM, WTO) e dagli interessi delle imprese transnazionali.

   "Il Futuro appartiene ai popoli e non al capitale" ha pronosticato, prima di morire, il nostro amato Paulo Freire.
 
 

João Pedro Stedile, 48 anni,  membro della direzione nazionale del MST e del comitato organizzatore del  FSM- Porto Alegre.