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Articolo di Frei Betto
- Subject: Articolo di Frei Betto
- From: Serena Romagnoli <md1042 at mclink.it>
- Date: Sat, 09 Feb 2002 17:17:37 +0100
- Organization: Comitato di appoggio MST www.citinv.it/associazioni/MST/
L'economia del casinò Frei Betto C'è chi cerca di salvare l'ordine capitalista mondiale che ha fallito in relazione ai 2/3 dell'umanità, cambiandogli il trucco, come è successo negli anni 30, quando il liberalismo cedette il passo al keynesismo. Le teorie di Keynes furono presentate come una specie di terza via tra il libero mercato e la pianificazione centralizzata. In effetti stimolarono un programma strategicao capace di salvare gli interessi privati del grande capitale. Non era importante la sorte dei poveri. Era importante disciplinare il gioco capitalista, in modo tale che l'acutizzarsi della competizione non finisse per distruggere lo stesso sistema. Il keynesismo vincolava investimenti e crediti alla sfera produttiva, un binomio che stimolò la crescita economica delle nazioni industrializzate e favorì le politiche di pieno impiego e di distribuzione del reddito. Grazie ai fattori che regolavano l'economia centrata sulla produttività, la sfera finanziaria non fu contaminata dalla febbre del gioco di casinò e Borse valori. L'ordine monetario assicurava la parità fissa delle monete e la conversione da una moneta all'altra obbediva ad alcune restrizioni. I crediti internazionali erano gestiti da relazioni intergovernative e, in generale, legati a progetti di sviluppo. Dagli anni 70, Keynes è emigrato nel limbo delle voci delle enciclopedie e dei ritratti alle pareti. Il capitale privato ha spezzato le manette che lo legavano alla sfera produttiva. E poiché, all'interno dei propri rispettivi paesi, il capitale privato non riusciva a spogliarsi dalla sua fantasia di bravo-ragazzo, si è inserito nel vagabondaggio internazionale, dove non ci sono restrizioni legali o è più facile burlarsene con il controllo di organismi come il FMI e la OMC e con la creazione del FarWest finanziario nei paradisi fiscali. E' uscito Keyes è entrato il neoliberismo. Il credito privato si è canalizzato verso il panno verde del mercato dei capitali. Nel casinò globale, la speculazione ha superato la produzione. E poiché il capitale speculativo non genera capacità produttiva, a poco a poco è diminuita la possibilità di remunerare il lavoro ed è aumentata quella di concentrare sempre più il reddito in un numero sempre minore di mani. Con tanto denaro pirata che viaggia per i mari e i cieli del pianeta, i paesi periferici hanno steso i loro piattini. Quanto più denaro prendevano nelle mani, tanto più si allargava il buco per terra (vedi Argentina). Negli anni 80, la crisi del debito e(s)terno ha portato alla svalutazione delle monete e ha gettato i paesi periferici nelle acque agitate dell'instabilità monetaria. Nel 'si salvi chi può', è stata abbandonata la parità fissa e il libero flusso di capitali ha stimolato i venti speculativi, sommergendo sempre più le economie del Terzo Mondo. Barchette tirate dal galeone del FMI, i paesi periferici, affogati dai loro debiti esteri hanno raccolto il suggerimento di liberarsi di pesi per evitare il naufragio. Così hanno sospeso le loro barriere doganali e hanno ipotecato le loro infrastrutture produttive. Strangolati, hanno aperto le loro porte ai prodotti stranieri, rafforzando le imprese transnazionali e indebolendo le proprie. Nel 1982, la partecipazione delle 200 maggiori imprese al PMB (Prodotto Mondiale Lordo) era del 24%; oggi, è del 35%. Più del 50% del PML è in mano di 35.000 imprese transnazionali, secondo Jorge Beinstein (La crisis de la economia global, Buenos Aires, Corrigidor, 1999). In sintesi, il mercato mondiale è controllato da imprese transnazionali a danno di economie nazionali. E' il controllo di questo mercato che assicura il lucro esorbitante di queste imprese e non l'aumento della loro produttività. Queste potenti imprese forzano i governi a privatizzare i patrimoni pubblici e statali e sottomettono l'iniziativa privata nazionale a fusioni e incorporazioni, in modo di concentrare il capitale in un numero sempre più ristretto di mani. E' l'uovo di Colombo, che alla fine sta in piedi: si ottengono vantaggi concentrando in poche mani il reddito mondiale senza stimolare la crescita di questo reddito. In questo modello escludente, ogni fusione, acquisizione o privatizzazione, significa più tagli di personale. Pertanto, più disoccupazione, meno reddito famigliare e più perdita di cittadinanza. Il reddito accumulato non privilegia gli investimenti produttivi, ma quelli speculativi. E' l'economia del casinò. Gli investimenti non creano necessariamente ricchezze e, ancor meno, posti di lavoro. I debiti pubblici e privati si aggravano. Viene ipotecato così il futuro che, inevitabilmente entrerà in una fase di collasso. Questa economia del casinò ha vita breve In Borsa, la quotazione delle azioni non corrisponde al valore delle imprese. Il denaro virtuale non ha copertura nella ricchezza reale. Le Borse salgono, gli indici sociali calano. La crescita economica decresce e, anche così; è puramente virtuale, poiché non si traduce in benefici per la maggioranza della popolazione (vedi Brasile). Keynes ha evitato il collasso negli anni 30 perché ha ristretto i vincoli tra investimento e sfera produttiva, favorendo l'occupazione e la redistribuzione di reddito. Una alternativa post-capitalista dovrà vincolare gli investimenti alla produttività e adottare una redistribuzione di reddito su scala planetaria. Poiché quanto maggiore è la concentrazione di reddito a livello mondiale, tanto minore è la domanda. Confrontati con la maggioranza povera della popolazione, i più ricchi destinano una porzione minore al consumo. I salariati canalizzano tutte le loro risorse verso il consumo. Solo l'ambizione smisurata impedisce ai padroni del denaro di capire che, quanto maggiore è la concentrazione di reddito, maggiore è la paralizzazione della domanda. Per questo l'indice di crescita reale del PML si è abbassato dal 5,2%, nel 1966-1973, al 3,4% nel 1974-1980. Ed è caduto al 3,1%, tra il 1981 e il 1990, al 2,8% tra il 1991 e il 1999.
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